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3DNews/L’Europa è alle corde. Di budello.

di Riccardo Palmieri

Ma cosa c’entra la “sindrome della mucca pazza” con la produzione di chitarre ? E soprattutto perchè una disposizione europea fa chiudere un settore artigianale pregiatissimo come quello di chi fabbrica corde armoniche in budello naturale ? Sono queste le prime domande che vengono in mente quando si legge, in un comunicato stampa, che poco più di 15 giorni fa uno dei cinque ultimi cordai al mondo in grado di fabbricare, applicando una tecnica millenaria, le tradizionali corde in budello naturale, Mimmo Peluffo, ha ufficialmente annunciato la chiusura della sua produzione, dichiarando : “ In tutta onestà, non sono più in grado di offrire ai musicisti un prodotto adatto alla musica ”.

Il motivo sta nel provvedimento di legge che vieta l’utilizzo del budello bovino nei laboratori artigianali. Questa misura dovrebbe proteggere gli umani dal contagio del morbo detto “della mucca pazza”.
Ora, ci saranno sicuramente degli ottimi motivi sanitari per tutto ciò.

Il principale è tutelare i cittadini dal rischio di contrarre la sindrome da BSE (encefalopatia spongiforme), morbo che ebbe una fiammata mediatica negli anni ’90, con gran fracasso televisivo, ma per fortuna non più di una ventina di vittime. Da molti anni, non se ne sente più parlare, anche perchè i media si sono dedicati a malattie più recenti, come l’aviaria ( anche qui, per fortuna, molto rumore per nulla ).

Solo che l’effetto collaterale è l’estinzione quasi totale di un settore artigianale che pure era rinato dopo la crisi dovuta all’introduzione delle corde in metallo. “ Già negli anni 50, con la cosiddetta rinascita della Musica Antica, eseguita su strumenti originali con montature storiche in budello, la produzione di corde è cresciuta fortemente, tanto da aver creato in tutta Europa le premesse per la rinascita di un fiorente mercato. Dal dopoguerra ad oggi i maestri cordai italiani hanno fatto più degli altri ricerca e sperimentazione, tanto che oggi siamo nuovamente di fronte ad un prodotto d´eccellenza, sempre più apprezzato in Europa e con un elevato grado di esportazione anche nei paesi extraeuropei “.

Ora invece dopo l´annuncio della cessata produzione in budello della ditta Aquila Corde Armoniche Srl, ci troviamo di fronte alla desolante situazione per cui è rimasto un unico maestro cordaio attivo (maestro Pietro Toro, Eurostylgut snc di Salle – PE) in tutto il Paese.
Da qui l’urgenza dell’appello a Monti e la petizione per aiutare la rinascita di questo spicchio di artigianato ad altissimo valore aggiunto.

Con una considerazione che viene naturale: ma se invece di dedicarsi cosi’ tanto ai dettagli della “serosa bovina”, i gran commis dell’Europa si fossero occupati un pò più dell’euro, non staremmo meglio tutti ? Noi, loro, i cordai e le mucche.

Ma come uscirne adesso ? Nella petizione si chiede :
1) Una deroga urgente alla legge attualmente in vigore (Decreto 16 Ottobre 2003: ‘Ministero della salute: Misure sanitarie di protezione contro le encefalopatie spongiformi trasmissibili’, GU n° 289 del 13 Dicembre 2003) che consenta di tamponare l´emergenza, legalizzando l´importazione della serosa vaccina da stati EU o Extraeuropei, in particolare Brasile, Gran Bretagna, Irlanda (come già indicato nel Regolamento CE 1069/2009 21 Ottobre, alla sez. 3, DEROGHE, art. 17: “ (…) in deroga agli articoli 12, 13 e 14 l´autorità competente può consentire l´uso di sottoprodotti di origine animale e di prodotti derivati in esposizioni, attività artistiche (…) nel rispetto di condizioni idonee a garantire il controllo dei rischi (…)”;

2) Un provvedimento che consenta ai produttori italiani di utilizzare serosa bovina di provenienza italiana (su modello di quello emesso dal Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali in data 8 Maggio 2009);

3) L´appoggio, sia a livello nazionale che in sede europea e internazionale (UNESCO), del riconoscimento dell´ARTE CORDAIA come patrimonio dell´umanità, in quanto garante della sopravvivenza dell´arte della Musica nella sua consequenzialità storica.

L’arte cordaia potrà vivere e continuare a servire la grande musica, solo se sarà dichiarata patrimonio dell’umanità.

Non lasciamo morire l'arte dei cordai.
E questo chiediamo, con le seguenti petizione online che si possono firmare a questi link :
Petizione Governo Italiano / Italian Government petition http://www.petizionionline.it/petizione/ita-richiesta-provvedimenti-urgenti-a-tutela-dell-arte-cordaia-a-indirizzo-musicale/5598
Petizione Unione Europea / European Union petition http://www.petizionionline.it/petizione/eur-richiesta-provvedimenti-urgenti-a-tutela-dell-arte-cordaia-a-indirizzo-musicale-request-for-urgent-measures-to-protect-the-art-of-stringmaking-for-musical-use/5599V

foto di Alfonso Toscano – da www.alfonsotoscano.it

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Sempre più in basso? Andiamo al voto.

Moody’s ha declassato l’Italia. Siamo vulnerabili alle turbolenze dei mercati. Cioè, il governo è una pappa molle. Basta giochetti politici: al voto. Beh, buona giornata

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L’Italia è diventata un Paese di venditori. (Tanto non lo legge nessuno.)

L’Italia è diventato un Paese di venditori. Si vende il proprio sesso per avere un posto in parlamento, un ministero. Si vende il sesso degli altri, meglio sarebbe dire delle altre, per avere un appalto, una commessa per la fornitura di apparecchiature mediche. Si vende la propria professione per avere un posto da direttore di telegiornale. Si vende la propria faccia sui manifesti elettorali per un posticino in un consiglio regionale. Non produciamo più idee, prodotti innovativi, personalità istituzionali, intuizioni creative.

Non siamo più il Paese che si risollevò dalla tragedia della Seconda Guerra Mondiale, per diventare uno dei paesi più industrializzati del Mondo, un Paese che si rimboccò le maniche e ricostruì case, ponti, strade, fabbriche, ma anche diritti, competenze, convivenza civile, scuole per alunni, ma anche scuole di pensiero.

No, ormai vendiamo il vendibile. Così non è per nulla strano che si vendano onorificenze ai pompieri, quelli che si ammazzano di fatica, e spesso ci lasciano la pelle per salvare altre pelli, per toglierci dai guai. I guai, quelli che inavvertitamente facciamo contro di noi. I guai, quelli di cui siamo vittime, per colpa di “inavvertiti” politici e amministratori della cosa pubblica: che sono quelli che chiamano i pompieri quando frana un collina, sulla quale si sono date allegramente licenze edilizie; quando esonda un fiume, attorno al quale si è lottizzato senza pensare alle conseguenze; quando vengono giù le case, costruite con l’ingordigia dell’affarismo, invece che col cemento armato.

Quando è stato intervistato il responsabile amministrativo della Protezione Civile, a proposito della vendita delle onorificenze, egli mostrava orgoglioso il campionario: una medaglia e un paio di fregi alla comoda cifra di 130 euro. Un affare, no!? Ma certo che è un affare.

Il nostro Paese non è forse una grande, smisurata televendita? Alcune centinaia di migliaia di persone parteciperanno a una minifestazionde pubblica in piaza San Giovanni in Laterano. Compreranno la tesi del Governo.

Le posizioni politiche non si confrontano, si vendono nei talk show. Il talento non si esercita, si vende nei talent show. La politica non progetta, vende candidati.

La giustizia non sanziona comportamenti criminali, no, la giustizia vende l’ingiustizia del complotto contro gli eletti dal popolo. E gli imputati vendono la loro impunità.

L’informazione non vende giornali, no, vende “fango” contro quelli che presi con le mani nel sacco, vendono in saldi la loro sfacciata impunità.

Fin tanto che ci sarà qualcuno disposto a comprare la merce (della politica, dell’informazione, dell’intrattenimento, addirittura dell’architettura istituzionale), beh, che volete? È la legge della domanda e dell’offerta.

Ci stanno pignorando beni comuni, libertà collettive, diritti condivisi, l’idea della democrazia, la visione stessa del futuro dei nostri figli. Berlusconi, ogni giorno batte l’asta.

Un piccolo, forse prezioso “consiglio per l’acquisto”: cerchiamo, almeno di non comprare prodotti scaduti (così in basso). È un consiglio gratis.
Beh, buona giornata.

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Italia, 5 marzo 2010, ore 21,38: il Consiglio dei Ministri ha approvato il decreto interpretativo per risolvere il ‘nodo’ delle liste alle Regionali. Il Cdm è durato 35 minuti.

(liberamente tratto da) Ecco la versione “definitiva” sulla scomparsa dei dinosauridi Nicol Degli Innocenti -Il Sole24ore

Ci sono voluti 65 milioni di anni, ma alla fine gli esperti hanno risolto in modo “definitivo” uno dei grandi misteri della scienza, scoprendo perchè i dinosauri si sono estinti. Un asteroide di enormi dimensioni è precipitato vicino alla penisola di Yucatan, che fa ora parte del Messico, con una forza superiore di un miliardo di volte alla bomba atomica sganciata su Hiroshima e creando un cratere con un diametro di cento chilometri. Nel giro di pochi giorni tutti i dinosauri sono morti.

Un team internazionale di 42 scienziati ha pubblicato sulla rivista Science i risultati della loro ricerca ventennale. L’esplosione causata dall’impatto dell’asteroide ha provocato incendi, terremoti, giantesche frane e tsunami, ma l’effetto più devastante è stato il lancio di rocce, detriti e polveri nell’atmosfera, che ha oscurato completamente il sole e ha creato un inverno globale. “Nel giro di due ore la Terra è stata completamente avvolta da una nuvola di polvere, – spiega uno degli scienziati, Joanna Morgan di Imperial College a Londra. – Sul pianeta è diventato buio e molto molto freddo.”

Il crollo della temperatura ha ucciso tutti i rettili a sangue freddo come i dinosauri, mentre alcuni piccoli mammiferi sono riusciti ad adattarsi alle nuove condizioni e a sopravvivere aprendo la strada, con il tempo, all’evoluzione degli esseri umani. “Questa giornata infernale ha segnato la fine del regno dei dinosauri, durato 160 milioni di anni, ma si è rivelata un gran giorno per i mammiferi, che fino ad allora avevano vissuto all’ombra dei dinosauri,” spiega Gareth Collins di Imperial College.

Gli esperti di Science escludono la teoria alternativa propugnata da molti scienziati che una serie di eruzioni vulcaniche abbia raffreddato l’atmosfera e provocato piogge acide causando l’estinzione dei dinosauri. (beh, buona giornata).

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L’antiberlusconismo della signora Berlusconi.

La moglie del premier attacca dopo l’articolo su “Fare Futuro”
“Io e i miei figli siamo vittime e non complici di questa situazione”
Veronica Lario: “Le veline candidate?
“Ciarpame senza pudore per il potere”
Difende il ruolo delle donne nella politica “da Nilde Jotti alla Prestigiacomo”
“Ma qui emerge la sfrontatezza e la mancanza di pudore” da repubblica.it

“Ciarpame senza pudore”. Il vaso si è colmato di nuovo e Veronica Lario esplode come già fece alla fine di gennaio di due anni fa con la famosa lettera a Repubblica. Questa volta, la moglie del premier attacca sull’uso delle candidature delle donne che a suo avviso si sta facendo per le elezioni europee.

Questa volta, Veronica Lario ha deciso di mettere per iscritto in una mail – in risposta ad alcune domande poste dall’Ansa sul dibattito aperto dall’articolo pubblicato ieri dalla Fondazione Farefuturo – il suo stato d’animo di fronte a ciò che hanno scritto oggi i giornali sulle possibili candidate del Pdl alle europee. “Voglio che sia chiaro – spiega – che io e i miei figli siamo vittime e non complici di questa situazione. Dobbiamo subirla e ci fa soffrire”.

Alla domanda su cosa pensa del ruolo delle donne in politica, alla luce delle polemiche di queste ore, Veronica Lario risponde: “Per fortuna da tempo c’è un futuro al femminile sia nell’imprenditoria che nella politica e questa è una realtà globale. C’è stata la Thatcher e oggi abbiamo la Merkel, giusto per citare alcune donne, per potere dire che esiste una carriera politica al femminile”.

“In Italia – aggiunge la moglie del presidente del Consiglio – la storia va da Nilde Jotti e prosegue con la Prestigiacomo. Le donne oggi sono e possono essere più belle; e che ci siano belle donne anche nella politica non è un merito nè un demerito. Ma quello che emerge oggi attraverso il paravento delle curve e della bellezza femminile, e che è ancora più grave, è la sfrontatezza e la mancanza di ritegno del potere che offende la credibilità di tutte e questo va contro le donne in genere e soprattutto contro quelle che sono state sempre in prima linea e che ancora lo sono a tutela dei loro diritti”.

“Qualcuno – osserva Veronica Lario – ha scritto che tutto questo è a sostegno del divertimento dell’imperatore. Condivido: quello che emerge dai giornali è un ciarpame senza pudore, tutto in nome del potere”.

La signora Berlusconi prende anche l’iniziativa di parlare della notizia, pubblicata oggi da la Repubblica, secondo cui il premier sarebbe stato domenica notte in una discoteca di Napoli a una festa di compleanno d’una ragazza di 18 anni: “Che cosa ne penso? La cosa mi ha sorpreso molto, anche perchè non è mai venuto a nessun diciottesimo dei suoi figli pur essendo stato invitato”.

Berlusconi: “Candidature inventate”. E proprio poche ore prima, lo stesso premier era intervenuto da Varsavia sul tema sollevato da “Fare Futuro”. Berlusconi definisce “deludenti” le polemiche sulle “soubrette” nelle liste del Pdl: “Le candidature che ho letto sui giornali sono quasi tutte inventate. E’ veramente assurdo – continua – che se una persona ha una o due lauree e conosce due o tre lingue, per il solo motivo che sia stato in tv o abbia fatto cose nell’informazione o nello spettacolo sia da considerarsi preclusa per quanto riguarda la politica”.

Il premier si lamenta delle critiche: “Si dice sempre che si vuole il 50 per cento di donne. Poi quando vai a prendere candidate, che non ho scelto io, e che vengono a fare un corso, per il semplice motivo che hanno un aspetto gradevole si polemizza. È Una delusione totale. Escludo comunque che ci sia qualche candidata che non sia stata attiva in An o in Forza Italia”. Berlusconi ‘sponsorizza’ però uno dei nomi usciti sulla stampa. “Sono supporter di Lara Comi, è bravissima”.

Non sapeva ancora che Veronica Lario era pronta a lanciare il suo secondo grande attacco. (Beh, buona giornata).

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Peste suina: quando lanciano gli allarmi, spesso esagerano. E se esagerassero anche quando dicono che non c’è pericolo?

Il Messico tra polemiche e panico
“Ci staranno dicendo la verità?” da repubblica.it

Strade semideserte, l’esercito che distribuisce a tutti mascherine azzurre, l’ordine di evitare ogni contatto non necessario con la gente, di non stringere mani, non condividere posate o bicchieri, non baciarsi. E’ quasi surreale l’atmosfera asettica che si respira a Città del Messico, paralizzata dall’emergenza influenza suina, e nelle altre zone del Messico dove si trovano i focolai del contagio. E la gente non sa bene come reagire all’allarme: le numerose testimonianze che arrivano ai giornali, alle reti tv, siti e network – locali ed internazionali – raccontano di persone spaventate, trovatesi da un giorno all’altro in un incubo che ha cambiato loro la vita, anche se qualcuno è convinto che l’allarme dato dai media sia esagerato.

“Ho paura, lavoro per una grande compagnia e credo che questa influenza sia molto contagiosa” scrive Nallely L alla Bbc. “E’ tutto molto strano”, continua, “la gente rimane in casa o esce solo per andare a fare la spesa o all’ospedale. La maggioranza gira con le mascherine sulla bocca, concerti, festival, perfino la messa sono stati cancellati. Le trasmissioni alla radio e alla tv sono interrotte da comunicati che informano sui sintomi, e dicono di andare subito dal dottore se ci si sente malati”.

Molti temono che le autorità non stiano dicendo tutta la verità: “Mia cognata vive nello stato di San Luis Potosi”, racconta Migdalia Cruz, da Phoeniz, in Arizona. “Lì ci sono già stati almeno 78 morti, solo in città, non 68 in tutto il Messico come continuano a dire”.

“La verità è che le cose sono ben lontane dall’essere sotto controllo” le fa eco Carla, da Città del Messico. “E’ peggio di quello che crediamo, qualcuno la prende come uno scherzo, ma io no”.

Neppure le famose mascherine azzurre, distribuite per le strade e su bus e metropolitane riescono a tranquillizzare e la fobia è ormai generalizzata: “Mi preoccupa vedere come stanno lavorando i soldati che distribuiscono le protezioni. Perché non si mettono i guanti di lattice?” chiede Amelia Batani, che scrive al forum online del quotidiano messicano El Universal.

Ansia condivisa anche da Araceli Cruz, studentessa di 24 anni, che dice: “Potevano fermarla in tempo, ora hanno lasciato che si diffondesse fra la gente”.

Si ha paura di ammalarsi anche andando al lavoro. Due colleghi di Adriana, che scrive sempre da Città del Messico, hanno avuto sintomi influenzali qualche giorno fa, ma il dottore li ha fatti tornare al lavoro. “Io lavoro in un call center, non ci sono finestre e non è possibile aerare i locali e ci sono almeno 400 persone che ci lavorano”, racconta preoccupata. “Fate voi i calcoli: i locali non sono stati sterilizzati e il rischio di contagio è altissimo”.

La preoccupazione non è solo della gente comune. Anche i medici non sono tranquilli: uno di loro, che si firma “medico mexicano” in servizio negli ospedali messicani scrive nella sezione dedicata di El Mundo, descrivendo una situazione da panico, dando vita ad un’accesa discussione sul forum. “Sono specializzato in malattie respiratorie e in terapia intensiva”, dice. “I trattamenti antivirali non stanno avendo il successo sperato e la gente continua a morire, anche giovani di meno di 30 o 20 anni. Il personale è molto spaventato, data la virulenza del virus. Nella struttura dove lavoro, almeno 3-4 persone al giorno muoiono per questa epidemia”. E aggiunge: “Ci dicono di non parlare con la stampa, che verremo sanzionati se lo facciamo”.

Qualche voce fuori dal coro c’è. Come Jordi, che invita tutti a darsi una calmata e dice che il quadro non è poi così fosco: “Siamo in uno stato di preoccupazione, ma non c’è alcun panico”. Difficile, però, che riesca a rasserenare qualcuno. (Beh, buona giornata).

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Peste suina: la Fattoria degli animali di Orwell si è globalizzata.

La peste nascosta fra i grattacieli
nelle strade un nemico invisibile
di VITTORIO ZUCCONI-Repubblica

WASHINGTON – Nella città della perenne Apocalisse reale e immaginaria, non poteva non sbarcare anche la peste orwelliana, la vendetta dei maiali sugli umani, sotto forma dell’influenza suina, un nemico invisibile che ha colpito il quartiere di Queens con otto studenti ammalati.

Con una densità di undicimila abitanti per chilometro quadrato, più del triplo di Milano, e una umanità che ogni giorno si accalca nelle sue strade, nella carrozze della metropolitana, nei treni dei pendolari, nelle conigliere dei suoi grattacieli, i quattro borghi che formano New York sono il terreno di cultura ideale per ogni batterio, virus e microrganismo che si trasmetta per contatto umano. E dunque l’incubatrice perfetta per la diffusione della nuova psicosi da fine del mondo che dalle porcilaie del Messico ha attraversato la frontiera del Rio Grande e si sta allargando al Nord.
Casi di questa variante del virus influenzale trasmissibile dai maiali e agli umani sono stati registrati anche in passato, creando addirittura una campagna di vaccinazione collettiva del tutto inutile e in molti casi micidiale ordinata dal presidente Ford nel 1976, e da giorni sono segnalati nelle zone di confine con il Messico, Stati come la California, l’Arizona e il Messico.

Ma è lo sbarco a New York del virus, individuato in otto studenti del Liceo San Francesco a Queens a trasformare l’epidemia di questa forma temibile, ma non nuova come le prime notizie frettolosamente indicano, di influenza in un evento che ha raggiunto addirittura la Casa Bianca, dalla quale il Presidente Obama è stato costretto a comunicare di star benissimo, al ritorno dal viaggio in Messico.

Queens è, ancora più di Brooklyn lentamente rinconquistato dalla borghesia middle class debordata da Manhattan, l’ultimo e il massimo melting pot, crogiolo di razze e di lingue, di New York, lo sterminato “borough”, borgo, nel quale convivono emigrati arabi e africani, latinos e asiatici. Fu sopra le casette di Queens, che pochi giorni dopo l’11 settembre, precipitò un aereo di linea, facendo subito pensare a una nuova ondata di attacchi terroristici, che nei mesi scorsi virò senza più motori in funzione il jet che poi miracolosamente planò sul fiume Hudson.
Queens ospita quell’aeroporto nel quale si affolla ogni giorno la babele del mondo, il John F. Kennedy, e che le agenzia per la sicurezza guardano come al formicaio nel quale potrebbero annidarsi le cellule maligne del prossimo attacco.

Era dunque ovvio, se non atteso, che sarebbero stati i leggendari tabloid di New York a sporcare per primi le loro prime pagine con gli annunci della nuova peste, a mettere in guardia, e quindi a causare, l’onda di panico che sta afferrando il popolo della “Grande Mela” e che ha spinto 100 degli studenti del Liceo San Francesco a farsi visitare in massa tutti convinti di avere contratto il virus dell’influenza suina dopo una gita scolastica di massa proprio a Città del Messico. Risultandone infetti soltanto in otto, forse nove, in forme blande, anche grazie alla loro età e salute generale. Ma da ieri, dopo l’esplosione dei titoli e delle news locali, gli ospedali e i pronto soccorso di questa nazione città sono invasi da tutti coloro che esibiscono quei sintomi vaghi e insieme sinistri, mal di gola, stanchezza, brividi, tosse, particolarmente diffusi grazie alle allergie primaverili.

Da sempre, con orgoglio e con ansia contenuta, New York sa di essere, vuole essere la terra dove il mondo finirà, per essersi vista tante volte al cinema in quel ruolo. Anche questa ennesima “pandemia” che spazzerà via l’umanità, come la dovevano spazzare via l’influenza aviaria, la Sars, il prione della mucca pazza, l’Ebola, la febbre gialla, la nuova tubercolosi resistente agli antibiotici, il retrovirus, ha ora in New York il proprio palcoscenico ideale, capace di toccare il mondo che in questa città la lasciato qualcosa di se stesso e porta quel senso oscuro, orwellianamente perfetto, della vendetta del mondo dei maiali contro il mondo degli umani. (Beh, buona giornata).

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Chi non ha il telefonino è un sospetto terrorista.

Chi possiede un telefonino è rintracciabile in ogni momento e in ogni luogo. Chi non ce l’ha evidentemente nasconde qualcosa.
da ZEUS News – www.zeusnews.com
La comodità che deriva dall’avere un cellulare è innegabile: si può raggiungere tutti e da tutti essere raggiunti in qualunque momento. Il prezzo di questa flessibilità? Lasciare che qualcuno conosca tutti i nostri spostamenti.

Ogni telefonino è sempre rintracciabile: non solo – per i modelli più evoluti – grazie al Gps integrato, ma per tutti tramite le celle che costituiscono la rete di telefonia mobile.

Grazie alle leggi sulla data retention (specialmente quelle approvate nel Regno Unito, che seguono la direttiva europea entrata in vigore lo scorso 15 marzo) la polizia può facilmente avere accesso a questi dati se ritiene di averne bisogno nel corso delle indagini: i gestori sono tenuti a conservarli (insieme a quelli relativi alle comunicazioni) per 12 mesi.

Questa situazione, poco piacevole per chiunque ami difendere la propria privacy, scatena un ulteriore meccanismo perverso: se tutti coloro che hanno il cellulare sono rintracciabili – potrebbero ragionare le autorità – e se praticamente tutti hanno un cellulare pur sapendo ciò, quei pochi che ne sono privi evidentemente nascondo qualcosa di sospetto.

Che questo ragionamento non sia frutto di fantasia è provato da almeno due casi, uno accaduto in Germania e l’altro in Francia.

Nel primo caso, quattro persone sono state arrestata con l’accusa di far parte di gruppi terroristici: per due di questi – Andrej Homl e Matthias B., insegnanti universitari – l’iscrizione nel registro degli indagati è avvenuta perché durante le loro lezioni avrebbero usato “frasi e parole chiave usate dai gruppi militanti” e perché non avrebbero portato con sé il cellulare a un incontro considerato cospiratorio.

Il caso francese è ancora – a suo modo – più buffo: nove persone sono state arrestate perché accusate di “associazione a delinquere connessa a iniziative di stampo terroristico”. Gli indizi? Vivevano in una fattoria in campagna, a Tarnac, e gestivano una drogheria, senza possedere alcun cellulare.

“Hanno adottato i metodi della clandestinità. Non usano mai il telefonino. Hanno reazioni amichevoli con persone che potrebbero avvertirli della presenza di stranieri” ha spiegato il Ministro dell’Interno parlando dell’arresto.

Se questo è l’indirizzo preso dalle forze dell’ordine dell’Unione Europea – che già in Inghilterra come in Irlanda viaggia verso il controllo totale delle comunicazioni – converrà tenersi stretti i cellulari: una banale dimenticanza potrebbe costare una notte in guardina. (Beh, buona giornata).

http://www.zeusnews.com/index.php3?ar=stampa&cod=10061

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A passo di lumaca contro l’effetto serra.

Le esalazioni da combustione del carbone sono da sempre state una delle principali cause della sovrapproduzione di CO2, tanto caro all’inquinamento dell’atmosfera. Ma un rimedio c’è: non sono i trattati, che tanto non vengono né ratificati, né applicati. Alla lentezza della politica sulle problematiche della difesa ambientale ci stanno pensando le icone della lentezza: le lumache, appunto.

La principale compagnia mineraria ed esportatrice di carbone della Nuova Zelanda, la ‘Solid Energy’, ha perso circa 25 milioni di dollari neozelandesi in profitti (13,6 milioni di euro) da quando è stata scoperta la presenza di rare lumache giganti presso la sua miniera di Stockton, 19 mesi fa.

‘Powelliphanta Augustus’ è la denominazione esatta della rara specie di lumaca, carnivora e davvero gigante, che ha messo nei guai la altrimenti fortunata azienda neozelandese. Il suo guscio è grande quanto un pugno, fino a nove centimetri di larghezza, e le sue origini risalgono a 200 milioni di anni fa. Grazie all’isolamento in Nuova Zelanda queste lumache giganti hanno sviluppato caratteristiche uniche fra cui il gigantismo, a testimonianza della bio diversità unica del Paese. E i neozelandesi ne sono fieri, al punto da aver dedicato loro anche un francobollo.

Però, la Solid Energy, la compagnia mineraria di proprietà statale, è costretta dal momento dell’invasione delle lumache a procedere appunto a passo di lumaca nell’estrazione di carbone, a causa delle leggi per la salvaguardia dell’ambiente che prevedono la protezione della specie in estinzione. Non solo, la compagnia neozelandese è inoltre obbligata sostenere i costi per il trasloco in una zona migliore, oltre che per il monitoraggio e la protezione delle 5300 lumache trovate, per un totale di circa 5,45 milioni di euro.

Le lumache sono tenaci ambientaliste. Tanto che la compagnia neozelandese è stata costretta in flagrante violazione degli impegni contrattuali e a causa dei ritardi perderà fino a cinque forniture di esportazione che ammontano a circa 300 mila tonnellate di carbone e che dovrebbero essere spedite entro fine giugno in Cina, India, Giappone e Sudafrica. Chi va piano, va lontano, per la difesa dell’ambiente e contro l’inquinamento. 10, 100, 1000 ‘Powelliphanta Augustus’. Beh, buona giornata.

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Davide mi scrive ancora.

Davide mi scrive ancora, con l’arguzia che merita di essere pubblicata. Beh buona giornata.

“Ad essere sincero per capire di chi tu stia parlando sono dovuto andare su
internet digitare i tre nomi da te citati per vedere e sapere chi sono
questi personaggi. Lo sconforto, la pena e la preoccupazione per la sorte
dei poveri animali abbandonati si è centuplicata.
Il lavoro dell¹agente di spettacolo non è facile specialmente con tre
personaggi di questa caratura, d’altronde si trattava di sensibilizzare le
persone, sul problema dell¹abbandono e chi meglio di loro poteva parlare di
questo problema.
Alcune cose mi lasciano perplesso: ma ai cani abbandonati è stato detto a
chi dovevano fare da testimonial, e poi saranno stati pagati?”

Carità cristiana

Er Chirichetto d’una sacrestia
sfasciò l’ombrello su la groppa a un gatto
pe’ castigallo d’una porcheria.
– Che fai? – je strillò er Prete ner vedello
– Ce vò un coraccio nero come er tuo
pe’ menaje in quer modo… Poverello!…
– Che? – fece er Chirichetto – er gatto è suo? –
Er Prete disse: – No… ma è mio l’ombrello!-

Trilussa

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Cani abbandonati e attori cani

Neanche fossero animali da palcoscenico, tre personaggi del piccolo schermo fanno da testimonial contro l’abbandono degli animali: Edoardo Costa, Silvia Rocca e Sylvie Lubamba. Ne dà notizia l’Ansa, ricordandoci che negli ultimi anni in Italia sono stati abbandonati oltre 100.000 cani, l’80% muore nei primi venti giorni dopo l’abbandono.

Per questo, sempre secondo l’Ansa sarebbero state chiamate in piazza Castello, a Milano alcune star (?!), nella speranza che le loro parole servano a sensibilizzare la gente. Edoardo Costa ha anche parlato e ha detto, (prendete nota): ‘i cani e i gatti vanno trattati come bambini, bisogna educarli e volergli bene’.

Ecco un caso esemplare in cui la cura è peggiore del male. Forse i testimonial era testominial di se stessi, nella speranza di non essere abbandonati dal pubblico del piccolo schermo.
Forse i pr che hanno messo su sto baraccone da circo soffrono il caldo milanese. C’è da rimpiangere i tempi di Angelo Lombardi, “ l’amico degli animali”, personaggio televisivo della tv in bianco e nero, che esordiva dicendo “amici dei mie amici, buona sera”.

Ma si può affidare la sorte di 100 mila cani abbandonati a tre attori “cani” del piccolo schermo? Non era meglio fare una campagna un po’ più intelligente, invece che sta inutile cagnara?
Beh, buona giornata.

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