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Il ritorno al nucleare in Italia è una follia energetica.

(fonte:www.rispondeferrero.com) L’articolo è tratto da http://prcserrenti.blogspot.com/2009/08/un-fisico-nucleare-spiega-il-perche-del.html

LA VIA ITALIANA AL NUCLEARE: UNA FOLLIA ENERGETICA

Autore: Prof. Massimo De Santi, Fisico nucleare, esperto di protezione dalle radiazioni ionizzanti Responsabile Dip.to Energia, Prc Toscano

Il popolo italiano si è già espresso per il NO al nucleare fin dal 1987 attraverso un Referendum che vide tra l’altro una forte partecipazione al voto. Eppure oggi, ancora una volta, così come dopo la grande crisi petrolifera del 1973, il governo ha approvato in fretta e furia una programma di emergenza per la costruzione di centrali nucleari per la produzione di energia elettrica, con la scusa di contribuire anche alla risoluzione del problema dei gas serra.

Il partner di turno in questa dissennata scelta sarebbe la Francia che ha certamente accumulato un grande background in campo nucleare sia esso civile che militare (non dimentichiamo mai questo dettaglio che non è trascurabile), ma che non ci sembra offrire tante certezze sotto il profilo della sicurezza, dell’impatto ambientale/sanitario e dello smaltimento delle scorie. Nonostante i suoi 50 anni di esperienza e le sue19 centrali atomiche con 58 reattori in funzione, la Francia oggi si trova in seria difficoltà per le scelte nucleari del passato, in particolare nello sviluppo del cosiddetto reattore veloce autofertilizzante (il cui intento era il risparmio di combustibile nucleare) che è stato un fallimento completo dal punto di vista economico-energetico, ma anche della sicurezza. Nel corso del 2008 proprio in Francia si sono verificati una serie di incidenti agli impianti nucleari che, anche se definiti di lieve intensità, non hanno ancora trovato una giustificazione plausibile da parte delle autorità competenti. Inoltre, a tutt’oggi non sono state eseguite le necessarie valutazioni di impatto sanitario (effetto delle radiazioni ionizzanti) nelle zone interessate. Non risulta, tra l’altro, che siano mai state eseguite da parte degli organi competenti studi approfonditi sul genoma umano nelle zone vicine agli impianti nucleari.

Questa cosiddetta rinnovata via italiana al nucleare è una follia energetica. E non c’è bisogno di essere degli esperti di economia energetica o di nucleare per comprendere le ragioni principali che andrò di seguito riassumendo. Siamo di fronte a un vero e proprio crimine ambientale, sanitario, sociale ed economico. Ma procediamo con ordine.

1. La costruzione di una centrale nucleare richiede mediamente 10 anni, mentre il nostro paese avrebbe, invece, bisogno di iniziare da subito la transizione dai combustibili fossili alle fonti rinnovabili di energia. Ciò significa che le centrali, anche partendo oggi a costruirle, entrerebbero in funzione in ritardo rispetto agli scopi che si prefigge il governo. E poi le centrali non contribuirebbero alla diminuzione dell’effetto serra, in quanto l’estrazione dell’uranio, il suo trasporto, la sua lavorazione e la produzione delle barre di combustibile, la costruzione stessa della centrale , ecc. sono tutti processi che richiedono l’uso di combustibili fossili con la produzione di enormi quantità di CO2.

2. Il nostro paese dovrebbe importare “chiavi in mano” le centrali nucleari dalla Francia con ingente esborso di denaro pubblico e ciò in una situazione di crisi economica è un crimine sociale.

3. L’Italia non ha più tutte le competenze nucleari degli anni ‘60 e ‘70 che aveva accumulato attraverso un impegno crescente in ricerca, sperimentazione e nella stessa produzione di parti importanti delle centrali nucleari (Ansaldo Meccanica Nucleare, Fiat, Breda, ecc.).

4. Le 4 centrali nucleari previste, coprirebbero solo una parte minima del segmento della produzione elettrica che tra l’altro è solo una frazione del consumo totale di energia per il nostro paese. La maggior parte dei consumi, infatti, è coperto dai combustibili fossili (trasporti, riscaldamento delle abitazioni, ecc).

5. Per la realizzazione del nucleare lo Stato dovrebbe investire ingenti risorse finanziarie a scapito di un efficace programma di emergenza per il risparmio, l’efficienza dell’energia e le fonti rinnovabili, in linea con quanto previsto a livello europeo con le percentuali del 20%-20%-20% al 2020 con il rischio del superamento dei parametri di Kyoto e le relative sanzioni previste per i paesi che non raggiungono questi obiettivi.

6. Sulla sicurezza delle centrali non avremo garanzie sufficienti. Ciò in relazione al fatto che c’è una sicurezza intrinseca all’impianto che deriva dal tipo di tecnologia usata (in questo caso di importazione francese) sulla quale non possiamo intervenire, una sicurezza derivante dall’ubicazione dell’impianto stesso e una sicurezza di esercizio di cui, come dicevo al punto 3, non abbiamo più le competenze di alta specializzazione necessarie, che probabilmente in certa misura dovremmo importare dall’estero.

7. Elemento non trascurabile sarebbe poi la scelta dei siti (compatibili sul piano territoriale, ambientale e sanitario), che per una paese come il nostro stretto, lungo, densamente popolato e in gran parte sismico diventa praticamente un problema irrisolvibile. Le zone più idonee, infatti, sono normalmente vicine ai grandi corsi d’acqua o al mare, ma sono anche le zone più popolate è già cariche di impianti ad alto rischio (raffinerie, centrali termoelettriche, impianti chimici, ecc.). A meno che non si pensi di imporre la localizzazione delle centrali nucleari con l’esercito, più che con la forza della saggezza ecologica, del convincimento e della partecipazione democratica degli enti locali e delle popolazioni.

8. I piani di preventiva evacuazione delle popolazioni in caso di incidente credo che risulterebbero di difficile attuazione, soprattutto se si ipotizzano siti quali Montalto di Castro nel Lazio (così vicino a città come Civitavecchia, ma anche a Roma) o all’Isola di Pianosa in Toscana, lontano sì dai centri abitati, ma che presenterebbe grandi difficoltà di intervento da parte dei mezzi di soccorso (Vigili del Fuoco, mezzi sanitari, ecc.), oltreché pattugliamenti permanenti della costa per il rischio attentati. In caso di incidente catastrofico a una centrale (fusione del nocciolo del reattore nucleare, attentato, caduta di aereo, ecc), non ci sarebbero poi le condizioni minime per garantire la sicurezza delle popolazioni e il controllo sanitario del territorio, considerato che nel nostro paese non siamo in grado di far fronte neppure alla elementare sicurezza nei luoghi di lavoro.

9. Inquinamento radioattivo durante il normale funzionamento della centrale, dovuto allo sversamento nelle acque circostanti (fiume, mare, ecc) di numerosi radionuclidi a bassa e media intensità che inquinano le falde idriche e la stessa catena alimentare dei territori circostanti. E poi ci sono gli stessi gas radioattivi contenenti Iodio 131, elemento noto per i suoi effetti cancerogeni sulla tiroide. Le radiazioni ionizzanti sono sempre mutagenetiche e non esiste una soglia minima garantita: i loro effetti sull’uomo (insorgenza di tumori, leucemie, ecc.) si possono avere anche a distanza di più di 20/30 anni. A livello internazionale si è definita per le radiazioni nucleari una soglia di rischio accettabile – dose massima ammissibile – ma ciò, sia ben chiaro, non significa che tale soglia non sia dannosa, tanto è vero che per i lavoratori esposti a radiazioni si parla di indennità di rischio.

10. Lo smaltimento delle scorie – sia durante l’esercizio della centrale nucleare (barre esaurite di combustibile radioattivo, strutture contaminate, ecc.) che successivamente nella fase di smantellamento dell’impianto, quanto è terminata la sua funzione – è un problema ancora irrisolto, che comporta inoltre costi altissimi per il loro stoccaggio in depositi radioattivi (la cui sicurezza è tutta da dimostrare) in attesa del loro smaltimento definitivo (se e quando si troverà la soluzione). Ricordiamo, nello specifico, come memoria per tutti che il plutonio prodotto dalle centrali può servire anche per la costruzione di bombe nucleari (ma questo immagino non sia il proposito del nostro paese, anche perché queste sono già depositate nelle basi militari USA e NATO presenti in Italia). In ogni caso questo plutonio deve essere smaltito ed è considerato uno degli elementi più radiotossici che si conosca al mondo, tanto che si calcola che 1 milionesimo di grammo, se inalato, è potenzialmente sufficiente a indurre cancro nell’essere umano. Infine, il tempo di decadimento del plutonio (il tempo in cui dimezza la sua radioattività) è di 24.200 anni: occorrerebbero più di 100.000 anni per esaurire la sua carica radioattiva pericolosa per l’uomo, l’ambiente e tutte le biodiversità.

In definitiva la berlusconiana via italiana al nucleare è dettata dalla logica capitalistica di affare e di massimizzazione del profitto – gli utili per i privati si realizzano soprattutto nella fase di costruzione e di esercizio della grande opera – scaricando ogni perdita sul pubblico, cioè sul cittadino, senza risolvere il problema della dipendenza energetica del paese, la diminuzione dell’effetto serra, nè tanto meno offrendo l’uscita dai combustibili fossili. Il nucleare per il nostro paese sarebbe solamente una follia economica, energetica, ambientale e sanitaria e, in tempi di crisi come quella che stiamo attraversando, un vero e proprio crimine sociale.
(Beh, buona giornata)

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Il testo della lettera che l’ex Presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro ha inviato agli organizzatori della mobilitazione di sabato 30 gennaio difesa della Costituzione.

Pubblichiamo il testo della lettera che l’ex Presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro ha inviato agli organizzatori della mobilitazione di sabato 30 gennaio difesa della Costituzione.

di Oscar Luigi Scalfaro- da micromega.

Nella mia qualità di presidente dell’Associazione ‘Salviamo la Costituzione: aggiornarla non demolirla’, nata dal Comitato che promosse il referendum costituzionale del giugno 2006, esprimo soddisfazione per le numerose iniziative e manifestazioni di sostegno alla Costituzione repubblicana e alla sua perdurante attualità, organizzate in un momento nel quale essa è nuovamente esposta sia al rischio di proposte di revisione non rispettose dei suoi valori e del suo impianto fondamentale, sia a una strisciante e quotidiana inosservanza dei suoi principi (prima di tutto quello dell’equilibrio tra i poteri costituzionali e dell’autonomia e indipendenza della funzione giurisdizionale). D’intesa con il direttivo di “Salviamo la Costituzione”, che si è riunito a Roma il 26 gennaio, invito i comitati locali della nostra associazione a partecipare a queste iniziative.

Invitiamo, in particolare, a sostenere l’iniziativa, promossa autorevolmente dai presidenti emeriti della Corte costituzionale Valerio Onida e Gustavo Zagrebelsky sotto l’egida di un gruppo di associazioni e movimenti della società civile, per la presentazione di una proposta di legge di iniziativa popolare tendente a integrare la festa nazionale del 2 giugno con un riferimento esplicito alla Costituzione, così da ridefinirla come festa della Repubblica e della Costituzione.
E’ un modo per sottolineare lo stretto legame, storico e istituzionale, tra i due momenti fondanti della nostra convivenza civile, e per ricordare che la Costituzione è e resta un sicuro punto di riferimento della grande maggioranza degli italiani, al di là delle divisioni politico-partitiche, come è stato confermato dal netto risultato del referendum del 25-26 giugno 2006 e da recenti sondaggi di opinione.
La Costituzione può naturalmente, come essa stessa prevede, essere aggiornata e modificata, in modo da adeguare gli strumenti della nostra democrazia al mutare della realtà storica, politica e sociale: ma ciò deve avvenire in coerenza con i suoi principi e i suoi valori, anzi al fine di meglio attuarli e inverarli, e senza stravolgere il suo impianto fondamentale, che è garanzia dei diritti di tutti e di ciascuno e della effettività della nostra democrazia.

Chiediamo infine ai nostri Comitati regionali e locali di valutare, in vista delle prossime elezioni regionali, l’opportunità di invitare tutti i candidati alla carica di presidente della Giunta regionale a sottoscrivere un documento col quale essi si impegnino – in caso di approvazione parlamentare di modifiche costituzionali che stravolgano i principi, i valori e l’impianto fondamentale della nostra Costituzione – a proporre al loro Consiglio regionale di esercitare la facoltà costituzionalmente prevista di promuovere il referendum previsto dall’art. 138 della Costituzione.
(Beh, buona giornata)

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La questione nucleare in Italia. Una tesi critica.

da rispondeferrero.com •Massimo Zucchetti scrive:
La questione del ritorno al nucleare – specie in Italia – e’ davvero molto complessa, ed e’ difficile essere esaurienti senza diventare lunghi e noiosi. Ma dato che Paolo Ferrero, che politicamente stimo, mi ha chiesto un intervento, provero’ a scrivere alcuni spunti di discussione.

Mi presento: sono Massimo Zucchetti, sono docente di Impianti Nucleari al Politecnico di Torino, e attualmente mi trovo per un periodo al MIT di Boston (zucchetti@polito.it). Ah, fra parentesi, sono politicamente molto a sinistra e lo dico pubblicamente.

Molte delle evidenze tecniche che Christian (da Berkeley: tra l’altro, complimenti per il tuo curriculum!) cita nel suo intervento sono vere e condivisibili in linea di principio. Effettivamente, per riassumere, l’energia nucleare sembra essere innegabilmente in ripresa in tutto il mondo: oltre alle ottime prestazioni e alla sicurezza dei reattori nucleari negli ultimi 25 anni, un motivo di rilancio è costituito dal fatto che l’energia nucleare non emette praticamente CO2 e quindi il suo uso al posto dei combustibili fossili contribuisce a ridurre le preoccupazioni relative all’effetto serra. Il costo del kWh nucleare, inclusi anche i costi della parte finale del ciclo del combustibile, si aggira intorno a valori comparabili o inferiori a quello delle fonti energetiche convenzionali secondo le stime piu’ aggiornate. Le riserve stimate di uranio nel mondo, poi, sono ampiamente sufficienti a garantire l’approvvigionamento dei reattori nucleari per parecchi decenni.

Sembra in sostanza che il nucleare sia almeno l’ideale soluzione-ponte in attesa dell’arrivo di altre fonti, in primis quelle rinnovabili, sulle quali deve, a mio avviso, appuntarsi il nostro sguardo per il futuro.

Tuttavia, proprio un quarto di secolo nell’esercizio del “mestiere” di impiantista nucleare mi hanno pero’ insegnato che nessuna questione e‘ mai “bianca o nera”, e vorrei percio’ provare a portare anche alcuni altri argomenti alla discussione:

1)Le riserve di uranio sono comunque limitate e la tecnologia di estrazione dall’acqua di mare e’ tutt’altro che matura. La soluzione a questo problema verra’ forse naturalmente dall’aumento del prezzo del minerale d’uranio e quindi dal divenire sfruttabili i depositi uraniferi ora non economicamente convenienti. Ma sarebbe invece raccomandabile evitare, come fanno ora gli USA, di scartare il combustibile esaurito senza riciclarne le parti ancora utili con gli impianti di riprocessamento. Questa scelta e’ sbagliata, spreca combustibile prezioso e aumenta la quantita’ di scorie da smaltire.

2)Proprio la questione dello smaltimento delle scorie radioattive, specie quelle ad elevata attivita’, se non e’ un problema tecnico, lo e’ pero’ dal punto di vista pratico e politico. Christian sa bene che la costruzione dell’unico grande deposito di scorie nucleari USA di Yucca Mountain – dopo anni ed anni di dibattiti – e’ stata abbandonata dopo molte opposizioni e difficolta’. Il problema delle scorie, ripeto piu’ pratico e politico che tecnico, resta percio’ aperto. Pensiamo poi alla brutta vicenda accaduta qualche anno fa in Italia a Scanzano Ionico, ed avremo un assaggio di quelle che potranno essere le difficolta’ future. Forse la soluzione puo’ venire dallo sviluppo dei nuovi reattori “bruciatori di scorie”, dai cosiddetti “veloci” agli “ibridi” fissione-fusione fino al sottocritico inettato ADS proposto anni fa da Carlo Rubbia, tutti reattori che dovrebbero utilizzare come combustibile proprio le scorie degli attuali reattori, bruciandole e trasformandole in materiali meno radiotossici.

3)Proprio la fusione nucleare appare una tecnologia sulla quale occorrerebbe puntare maggiormente, ma, secondo me, “rovesciando il tavolo” e abbandonando una visione troppo tradizionale del suo sviluppo. Non parlo quindi del progetto ITER, che secondo me soffre di elefantiasi ed ha costi eccessivi, ma dello sviluppo di reattori a fusione che si basino su reazioni “pulite”, come ad esempio quella fra deuterio ed elio3, reattori intrinsecamente sicuri e che evitino il piu’ possibile la presenza di materiali radioattivi, allontanandosi nettamente dai vecchi paradigmi dei reattori nucleari convenzionali. Io qui al MIT sto lavorando a questi progetti sulla fusione nucleare, che, ammetto, sono molto a lungo termine, ma anche perche’ sono scarsamente finanziati in quanto non nel “mainstream” di quella che e’ ritenuta la ricerca “competitiva”, che vuole poi dire quella sponsorizzata dalle grandi lobby nucleari. L’esperienza ci insegna che invece occorrerebbe lasciare piu’ spazio all’inventiva e alla ricerca di soluzioni veramente innovative.

4)Per quanto riguarda l’Italia, poi, metto solo in evidenza come una stasi di un quarto di secolo nel nucleare abbia provocato, anche se meno di quello che si poteva temere, una pericolosa perdita di “know-how”, cioe’ di conoscenza. Molti dei giovani migliori hanno dovuto cercar fortuna all’estero, come chi vi ha scritto da Berkeley e – cercando invece fra i vecchi e mediocri – anche il sottoscritto che vi scrive da Boston. Questa tendenza andra’ in qualche modo invertita, “rifondando” (e questo e’ un termine cui sono affezionato…) innanzitutto la conoscenza nucleare in Italia: questo processo non potra’ avvenire istantaneamente, anche se le nostre universita’, in tempi molto bui, hanno mantenuto accesa una “fiammella nucleare” di conoscenza che adesso puo’ tornare molto utile, anche soltanto per gestire al meglio lo smantellamento dei vecchi impianti e la questione delle scorie, e per rimpolpare di buoni tecnci enti come l’ENEA.

Mi fermo qui. Ma io ritengo in sostanza che – forse – occorrerebbe abbandonare queste contrapposizioni. Io ho vissuto per anni la contraddizione di essere di sinistra ma di non oppormi al nucleare per partito preso, in un momento nel quale l’antinuclearismo era forse l’unica e ultima cosa che vedesse d’accordo tutta la sinistra, di qualunque sfumatura! Mi sono laureato in ingegneria nucleare un mese dopo l’incidente di Chernobyl e credo in questi anni di aver cercato di sviluppare un atteggiamento articolato verso questo problema, basato sui dati tecnici, uniti pero’ ad una presa di coscienza dovuta alla mia natura di “concerned scientist”. Ho denunciato con libri e conferenze, nella mia qualita’ di membro del “Comitato Scienziati e Scienziate contro la guerra”, l’utilizzo criminale dell’uranio impoverito a scopo militare e in generale i disastri che succedono quando il nucleare viene lasciato in mano ai militari.

Ma verso il nucleare civile – che pure con il nucleare militare ha una pericolosa cuginanza – occorre avere un atteggiamento differente: esso si sviluppera’ credo inevitabilmente nei prossimi anni, e sara’ un FATTO che ci dovremo trovare a fronteggiare al meglio: ci sara’ bisogno, magari proprio da parte di chi e’ stato contrario in passato, di una forte sorveglianza per evitare storture, abusi, cattiva gestione, sempre possibili soprattutto quando chi dovrebbe gestirlo – diciamoci la verita’ – ha una tradizione di corruzione, malgoverno, inefficienza, come l’attuale compagine governativa italiana.

Trovarmi, come mi e’ successo, nei dibattiti pubblici sul nucleare dalla stessa parte del signor Scajola, lo confesso, mi ha dato un brivido fastidioso: preferisco davvero trovarmi invece qui a confrontarmi con Paolo Ferrero, e con Christian, al quale faccio i migliori auguri per il futuro! (Beh, buona giornata).

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La questione nucleare. Una tesi a favore.

da rispondeferrero.com, •Christian scrive:
28 gennaio 2010 alle 10:43

Caro Ferrero e cari tutti,
Mi scuso innanzitutto per il mio primo post un po’ aggressivo. Sono un Ingegnere Nucleare. Mi sono laureato in Ingegneria Energetica, studiando eolico e solare. Ho proseguito i mie studi negli stati uniti sulla fusione nucleare, son una tesi presso il MIT. Ho poi fatto un Master a UCLA e sto ora concludendo un dottorato all’Universita’ di Berkeley (tra le prime nel mondo per qualita’). Queste non sono proprio universita’ comuni, e conosco molto bene l’argomento nucleare e energie alternative. Sono un ricercatore e “un tecnico”. Premetto di non condividere nessuna delle politiche del governo Berlusconi e di non rispecchiarmi nella parte politica di berlusconi.

E’ vero che pero’ la politica nucleare non e’ sbagliata. Vi spieghero’ i motivi punto per punto e vi ringrazio se avrete la pazienza di seguirmi in questo post molto lungo. Spero anche che Ferrero possa seguirlo e avere la cortesia di rispondermi (con dati scientifici) non ideologicamente.
Allora innanzitutto dobbiamo chiarire che il referendum non dichiaravano la chiusura delle centrali, ne’ eliminavano la possibilita’ di costruirne nuove. Rendevano solo il quadro normativo piu’ difficile. I quesiti erano:

1. abolizione dell’intervento statale nel caso in cui un Comune non avesse concesso un sito per l’apertura di una centrale nucleare nel suo territorio

2. Veniva chiesta l’abrogazione dei contributi statali per gli enti locali per la presenza sui loro territori di centrali nucleari e di centrali a carbone

3. Veniva chiesta l’abrogazione della possibilità per l’Enel di partecipare all’estero alla costruzione di centrali nucleari.

Potete controllare questo su http://it.wikipedia.org/wiki/Referendum_abrogativi_del_1987_in_Italia , ma anche http://www.corriere.it/cronache/09_febbraio_24/scheda_referendum_nucleare_6865d61c-02b2-11de-adb7-00144f02aabc.shtml

I quesiti dunque eliminavano i finanziamenti alle comunita’ vicino alle centrali e davano il potere ai sindaci di opporsi alla costruzione delle centrali. Ma niente avrebbe vietato la costruzione di nuove centrali con un evenetuale sindaco favorevole. Di conseguenza la costruzione di nuove centrali nucleari in Italia non viola tecnicamente la volonta’ espressa dai cittadini col referendum. Le centrali furono poi messe in smantellamento dai governi Craxi e Andreotti, provocando una perdita di 50 miliardi di euro. Craxi prese poi tangente per la “riconversione” delle centrali nucleari. Oggi paghiamo ancora la penale all’enel per aver rotto il contratto, poiche’ non ha potuto produrre energia con le centrali costruite. Per paragone, in Svezia hanno avuto un referendum simile, ma hanno lasciato le centrali funzionare fino al loro naturale spegnimento proprio per non perdere i soldi della costruzione.

Vediamo ora le grandi critiche all’energia nucleare.
-Innanzitutto, ogni analisi economica sul nucleare include TUTTI i costi dall’estrazione dell’uranio, alla costruzione, allo smaltimento delle scorie. Questo perche’ le industrie devono pagare lo smaltimento delle scorie che e’ incluso nel costo di produzione, e soprattutto le industrie vogliono sapere esattamente quale sara’ il ritorno economico quindi i piani devono tener conto id tutto. In America, il nucleare e’ gestito esclusivamente dai privati che pagano i costi di costruzione, smantellamento e smaltimento scorie. Questi vogliono sapere esattamente dove andranno a finire, altrimenti non se ne fa nulla.

-Ma allora perche’ non si son costruite centrali negli ultimi anni? Per prima cosa, l’impatto delle politiche ambientaliste ha reso la costruzione assai meno accettabile dalla popolazione. Seconda cosa, le centrali a gas e olio sono piu’ facili da costruire, una volta raggiunto un 20% di energia da nucleare si e’ ritenuto che questo mix potesse essere sufficiente. Terzo fattore, le centrali durano per anni, le centrali negli USA hanno raggiunto i 40 anni di funzionamento e gli e’ stato dato il permesso per continuare a funzionare fino a 60 anni!! Le compagnie intanto parlano gia’ di potenziare i miglioramenti facendole durare fino a 80 anni! E’ per questo che l’investimento nel nucleare diventa conveniente, perche’ i costi di costruzione sono molti ma sono spalmati in un arco dai 40 agli 80 anni. Di solito, questi sono ammortizzati nell’arco di 15 anni, dopo i quali una centrale produce energia a basso costo.

-altra legittima domanda: l’uranio costa? Da dove viene? E per quanto bastera’? Innanzitutto si deve precisare che il costo dell’uranio incide sull’energia da nucleare solo per il 5-7%, il resto e’ dovuto ai costi di costruzione. Questo perche’ di uranio se ne consuma molto poco. In genere un reattore ha bisogno di un terzo di nuovo combustibile una volta ogni due anni! Inoltre, i maggiori produttori di uranio sono Canada e Australia, paesi amici e democratici, conseguentemente passare all’uranio eliminerebbe la corsa al petrolio nei paesei mediorientali. L’uranio si calcola basterebbe per 100 anni, ma il vero obiettivo non e’ andare tutto a uranio, ma produrre da nucleare un 30%, il che lo farebbe bastare per 300 anni. Inoltre, e’ gia’ commerciale la tecnologia per estrarre uranio dall’acqua di mare (l’acuqa di mare contiene piccole quantita’ di uranio) questo attualmente costa 3 volte l’uranio da miniera, ma considerando che l’uranio incide poco sul prezzo dell’energia nucleare, avremmo un aumento di questa pari solo al 10-20% in confronto alle centrali a gas e metano il cui prezzo energetico cresce in maniera diretta col costo del combustibile. Estrarre uranio dal mare equivale a usare una risorsa enorme e sempre disponibile.

-Chernobyl: l’incidente di Chernobyl e’ stao disastroso e credo sia la vergogna della pazzia e criminalita’ umana. Bisogna pero’ fare un po’ di informazione su questo. Innanzitutto la centrale era progettata con tecnolgia filo-russa che gia’ allora nell’europa occidentale era fuori legge per scarsa sicurezza. La notte dell’incidente i tecnici, assai inesperti, disattivarono tutti i sistemi di sicurezza per condurre test. Ora al di la’ della follia della disattivazione dei sistemi, e’ pura follia anche quella di condurre test in centrali di potenza funzionanti. La cosa che pero’ ha inciso di piu’ e’ che il reattore non era dotato di guscio di protezione. Ogni reattore ha un guscio esterno di protezione, che in caso anche del piu’ grave incidente possibile, tiene qualsiasi gas e radiazione all’interno della centrale, quindi la conseguenza di questo e’ che il peggior danno sia la non utlizzabilita’ della centrale. A Chernobyl per risparmiare non avevano fatto questo guscio (pazzi!) ma un soffitto del tipo di quello delle nostre case… Cosi’ i gas hanno sfondato il soffitto fuoriuscendo e contaminando l’area. Inoltre si era ai tempi dell’URSS, una dittatura che non ha avuto nessun interesse a proteggere i propri cittadini, li ha lasciati li’ per tre interi giorni nascondendo quel che era successo… Se fossero scappati subito, nel giro di poche ora, molti si sarebbero salvati. I danni da radiazione sono proporzionali a quanto si resta esposti…

– le energie rinnovabili: chiariamo subito non siamo indietro in questo settore. Andate su http://www.energy.eu il portale ufficiale dell’energia della UE e vi accorgerete che alla voce Renewables L’italia e’ la prima in Europa per idroelettrico e la terza per solare istallato e per eolico istallato! L’italia ha complessivamente piu’ eolico istallato della Danimarca! E la Danimarca riesce a raggiungere il 15-20% di produzione da eolico. Il fatto e’ che non si puo’ paragonare l’economia energetica della Danimarca un piccolo paese con quella dell’Italia, grande paese con grandi industrie manifatturiere. Se si vuole fare un paragone si deve paragonare l’Italia agli altri paesi del G8 e vi accorgerete che nessuno produce meno del 15-20% da nucleare.

-quale e’ la situazione del nucleare del mondo? Per chi lavora nel campo dal 2002 si parla di “rinascita del nucleare”. Perche’? beh sembra che il nucleare sia la scelta energetica di motti paesi: la Germania ha deciso di non chiudere le centrali, la Spagna di Zapatero ha appena prolungato il funzionamento delle centrali nucleari esistenti, la Francia sta costruendo nuovi reattori, UK ha in progetto la costruzione di 9 reattori, gli USA di 30 reattori, India e Cina una ventina a testa…E la Cina ha il piano ambizioso di costruirne 100. Obama che pur sta andando avanti molto sulle rinnovabili, ha detto che l’energia nucleare dovra’ passare dal 20% al 30% di produzione entro il 2030. Nucleare e rinnovabili non sono in competizione esse sono entrambe parte della soluzione, se davvero ci si vuole liberare dai combustibili fossili. Informazioni sulla politica dei paesi li trovate su http://www.world-nuclear.org cercando il nome del paese. Purtroppo sembra impossibile trovare informazioni scientifiche in italiano.

-ma le rinnovabili? Buona domanda. Allora se pensiamo che la CO2 sia il vero problema la risposta sono rinnovabili e nucleare. Innanzitutto e’ bene precisare che queste non sono in conflitto, non lo sono in nessun paese solo in italia piace metterle l’uno contro l’altro… creando una battaglia che non ha senso. Innanzitutto credo che il nucleare non debba aver nessun finanziamento pubblico in USA e’ un mercato economico che non ha bisogno di soldi pubblici. L’eolico e solare sono finanziati molto dallo stato, altrimenti sono affari in perdita, guardate uno dei depliant per istallare i pannelli solari e controllate i contributi statali. Questo perche’ l’Italia non e’ una zona ventosa tranne forse sardegna e sicilia e l’eolico produce molto poco…Il solare e’ costoso circa tre volte il nucleare (si veda su internet “the MIT study on nuclear power”) perche’ gli impianti durano solo 20 anni e l’efficienza si aggira sul 17-20% e di notte non produce…Inoltre non si aspettano grandi progressi o diminuzioni di costi perche’ la tecnolgia e’ ormai matura. Insomma le rinnovabili hanno grandi possibilita’ di sviluppo su scala piccola e locale. Si puo’ pensare di mandare una casa a solare, ma non certo un industria come la FIAT. Nelle migliore previsioni dei tecnici le rinnovabili potrebbero raggiungere un 15% in un paese sviluppato e di grande popolazione.

-terza, quarta generazione? Allora chiarifichiamo una volta per tutte la quarte generazione non esiste! Ci sto lavorando anch’io su questi progetti. La quarta generazione sara’ forse commerciale nel 2040. Quindi vuol dire che in questi 30 anni possiamo usare la terza, o per la verita’ il suo avanzamento la 3+. I reattori 3+ sono sostanzialmente due: la tecnologia francese EPR, e l’americana-giapponese AP1000. EPR e’ quello che vorrebbero costruire in Italia, si tratta dle top della tecnologia che e’ possibile costruire oggi.

-danni alla salute: le centrali nucleari sono studiate per non emettere radiazioni sulle abitazioni circostanti, sono completamente schermate per tale scopo. C’e’ anche da ricordare che la radiazione per fare danni deve essere significativa, almeno deve essere paragonabile alla radiazioni di background cioe’ quella che il terreno sprigiona normalmente. Questa non e’ uguale in tutto il territorio, ad esempio nel viterbese e’ 4 volte superiore alla media, e in India 50 volte superiore all’Italia, senza che questo abbia effetti sulla popolazione. Ora ci sarebbe da preoccuparsi invece delle malattie respiratorie dovute alla centrali a olio, ma soprattutto delle emissioni delle centrali a carbone (che in italia producono il 16% dell’energia). Il carbone bruciando contiene particelle di uranio che bruciando immette nell’aria dando una radioattivita’ non trascurabile alla popolazione. Si veda a tal proposito http://www.scientificamerican.com/article.cfm?id=coal-ash-is-more-radioactive-than-nuclear-waste su Scientific American. Ma perche’ nessun ambientalista si scaglia contro il carbone? O fa un referendum contro le centrali a carbone? Mistero…

-Domanda finale: le scorie? Ecco questo puo’ il problema sul quale discutere seriamnete sul nucleare. Allora innanzitutto cerchiamo di quantificarle. Se usiamo il riciclaggio delle scorie come fanno in Francia una centrale da 1000MW produce circa 1 metro cubo di scorie da paragonare con 2000 milioni di tonnellate di CO2 per la stessa produzione di energia. Dove le mettiamo? Negli USA le stanno mettendo in depositi salini. Questi depositi slaini sono stati stabili per 250 milioni di anni. Se le scorie vengono interrate in questi depositi, resteranno confinate dal peso del sale intorno e sono confinate al sicuro. Per avere un’idea si puo’ guardare il video (in inglese) del deposito di scorie tarnsuraniche USA: http://www.wipp.energy.gov/general/general_information.htm

Spero di avervi dato un quadro piu’ completo e spero di ricevere domande e interesse, senza usare ideologia contro il nucleare, potete contattarmi su christiandis@yahoo.it
(beh, buona giornata)

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“Il giorno della Memoria celebrato il 27 gennaio anche nel nostro Paese non dovrebbe ricordare solo le colpe altrui: ci sono grandi responsabilità italiane, di istituzioni e di singoli.”

Quell’Italia complice dell’Olocausto di Gianluca Di Feo-L’espresso
Migliaia di ebrei catturati dalla polizia e consegnati ai tedeschi, senza pietà per donne, vecchi e bambini. Una macchina di morte voluta da Mussolini. Ora un libro ricostruisce le responsabilità nel genocidio. A partire dal campo di Fossoli

Sulle torrette del campo dove venivano rinchiusi gli ebrei c’erano agenti di pubblica sicurezza. A scortare il treno per Auschwitz c’erano carabinieri. Ed è stato un italianissimo commissario ad arrestare una bambina di sei anni, individuata a Venezia nella famiglia dove i genitori l’avevano nascosta, e ad accompagnarla fino a quel recinto di filo spinato alle porte di Carpi: il primo passo di un cammino che si sarebbe concluso nella camera a gas. Così come erano italiani i loro colleghi delle forze dell’ordine che dal novembre 1943 alla fine della guerra hanno dato la caccia agli ebrei in tutte le città del Nord. Retate ricostruite nel dettaglio in un volume che spazza via i luoghi comuni sulle responsabilità della Repubblica di Salò nell’Olocausto e ci costringe a guardare un capitolo della nostra storia che da 65 anni nessuno vuole approfondire. In “L’alba ci colse come un tradimento” Liliana Picciotto, la più importante studiosa italiana della Shoah, sintetizza anni di ricerche. Nelle 312 pagine pubblicate da Mondadori non fa mai ipotesi: elenca fatti, si limita ai documenti. Calcola le presenze nelle anticamere padane dei lager in base alle razioni di pane fornite, confronta diari e testimonianze, atti di processi Mussolini, Fascismo,Repubblica di Salò,deportazione degli ebrei italiani,Shoah in Italia “L’alba ci colse come un tradimento” Liliana Picciottonascosti nel dopoguerra in nome della ragione di Stato. Non usa un solo aggettivo.

Non servono, perché il risultato del suo lavoro è agghiacciante: la ricostruzione della vita e della morte di migliaia di ebrei, arrestati da italiani nei territori della Repubblica sociale, spediti nel campo modenese di Fossoli e poi deportati nei lager. Chi prese parte a questa colossale caccia all’uomo poteva ignorare la “soluzione finale”? Poteva ignorare la strage a cui stava collaborando? Era difficile credere che ultrasettantenni e bambini venissero trasferiti nel Reich per lavorare e contribuire alla macchina bellica tedesca. Quando anche i vecchietti dell’ospizio israelita di Firenze vengono caricati sui treni, nessuno a Fossoli si fa più illusioni. Ma ancora altri ebrei vengono rastrellati dai funzionari della polizia e dei residui carabinieri rimasti in servizio al Nord (la maggioranza dell’Arma si schierò con la monarchia e venne perseguitata dai nazisti), fino a pochi giorni prima della Liberazione: uomini che spesso hanno continuato a indossare la stessa uniforme nella Repubblica del dopoguerra.

Il giorno della Memoria celebrato il 27 gennaio anche nel nostro Paese non dovrebbe ricordare solo le colpe altrui: ci sono grandi responsabilità italiane, di istituzioni e di singoli. La scorsa domenica Benedetto XVI nella storica visita alla sinagoga di Roma ha ancora una volta condannato l’antisemitismo e rievocato il primo grande rastrellamento, «una tragedia di fronte alla quale molti rimasero indifferenti». Ma molti altri italiani ebbero un ruolo attivo nel genocidio. Il 14 novembre 1943 il Partito nazionale fascista aveva dichiarato: «Tutti gli appartenenti alla razza ebraica sono stranieri, durante questa guerra appartengono a nazionalità nemica». Due settimane dopo il ministro dell’Interno ne ordinò l’arresto e l’internamento.

Al momento dell’armistizio nel territorio della Repubblica sociale erano rimasti intrappolati 32-33 mila ebrei: poco meno di un terzo venne ucciso dai nazisti. Le vittime identificate della Shoah sono 8948, ma c’è la certezza che altre centinaia di persone siano sparite nei forni crematori. Dopo l’8 settembre 1943 i nazisti portarono avanti i primi rastrellamenti da soli: il più drammatico quello del Ghetto di Roma, con 1.020 persone catturate di cui 824 assassinate poche ore dopo l’arrivo ad Auschwitz-Birkenau. Ma già dal 3 novembre 1943 i reparti speciali delle Ss vennero affiancati dagli agenti delle questure: insieme agirono a Firenze, Genova, Bologna, Siena, Montecatini. Da dicembre tutte le operazioni passarono nelle mani dei poliziotti italiani, che per non essere inferiori all’alleato, “ripulirono” subito il ghetto di
Venezia e quello di Mantova. Per gran parte del 1944 furono solo le forze dell’ordine italiane ad alimentare la macchina dello sterminio, eliminando le comunità ebraiche dell’Italia centro-settentrionale. Vennero creati 29 campi provinciali, con una struttura centrale, l’anticamera fascista dell’Olocausto: Fossoli, una serie di baracche e recinti a pochi chilometri da Carpi costruiti per custodire i prigionieri di guerra inglesi. Fossoli è rimasto totalmente sotto controllo italiano fino al febbraio 1944: non c’erano crudeltà, né fame, né malattie. Gli internati non erano obbligati al lavoro e potevano scambiare posta con l’esterno. Insomma, nulla a che vedere con le condizioni dei lager nazisti. Ma la sorte finale era la stessa. Si saliva sui treni per Auschwitz e all’arrivo chi non era giudicato utile per il lavoro veniva assassinato. «Gli italiani riempivano Fossoli, i tedeschi lo svuotavano».

E questo meccanismo è proseguito anche dopo l’insediamento a Fossoli delle Ss, che lasciarono agli agenti della questura solo la sorveglianza delle recinzioni esterne, rendendo più dure le condizioni di vita. Il primo convoglio partì il 22 febbraio 1944 con circa 640 persone: 153 furono selezionate per le fabbriche, il resto finì direttamente nelle camere a gas. Tra loro Leo Mariani, un bambino di pochi mesi: la madre venne arrestata dalla polizia nell’ospedale di Firenze dove era ricoverata in attesa del parto. Venivano da 22 città diverse – da Como a Vicenza, da Pavia a Cuneo – ed erano stati tutti arrestati da agenti e carabinieri. Da Fossoli in nove mesi sono partiti 12 treni. Quello del 5 aprile 1944, per esempio, trasportò 609 persone: solo 50 sono sopravvissute al lager. Tra quelli che non sono tornati c’erano 41 ultrasettantenni e 33 bambini: Roberto Gattegno aveva solo dieci mesi. Le liste delle persone spedite verso i forni erano scelte spesso casualmente. Ricorda Nina Neufeld Crovetti, ebrea figlia di un matrimonio misto e obbligata a fare la segretaria nel campo emiliano: «Il vicecomandante Hans Haage veniva in ufficio e diceva: “Su avanti ragazza! Si comincia di nuovo, ci sbarazziamo di un bel gruppo!”. Se ne rallegrava ogni volta».

Da Fossoli partirono in 2.844, solo un decimo è sopravvissuto: tra i pochi, Primo Levi. In Italia c’erano altri due campi – quello di Bolzano e quello di San Sabba, usato anche per assassinare partigiani e oppositori politici – nelle province che erano state annesse al Reich: il Trentino Alto Adige, Friuli Venezia Giulia, parte del Veneto e l’Istria. Solo da Bolzano presero la via dei lager altre 4.500 persone, altre migliaia dalla Risiera di San Sabba. Il tutto sempre con la collaborazione di italiani. I vertici di Salò trattarono la questione con la stessa freddezza burocratica dei gerarchi nazisti. Il libro si chiude con l’esposto che i familiari ariani dei deportati scrivono a Benito Mussolini: «Eccellenza, ci sono casi pietosi. Madri con bambini (fra le quali la Uggeri con una piccola di 4 anni)… donne anziane, vecchie con salute malferma… I sottoscritti vivono ore pietose, essendo privi da oltre due mesi di notizie e temono per la vita dei loro cari. Sono mariti, mogli, figli che piangono senza avere nessuna colpa». La supplica viene girata dalla segreteria particolare del Duce all’Ispettorato per la razza. La risposta del 1° marzo 1945 è raccapricciante: «Questo Ispettorato, trattandosi di misure di polizia rispetto alle quali esso ha competenza nella determinazione delle direttive di massima in collaborazione con altri dicasteri chiamati a decidere, non può avocare a sé una decisione sull’istanza degli interessati». E Liliana Picciotto conclude: «Come a dire che la macchina della persecuzione antiebraica, avviata nel 1938 dal regime fascista e radicalizzata nel 1943, non era da tempo più governabile.

Questo fatto non attenua in nulla la responsabilità che i governanti, le istituzioni, l’amministrazione, la burocrazia italiani portano pesantemente per le le sofferenze inflitte e per le migliaia di lutti provocati». In appendice al volume c’è una raccolta di testimonianze dirette. Tra tutte, la deposizione di una SS, Eugen Keller, che in un processo berlinese ha descritto il viaggio da Fossoli ad Auschwitz del 16 maggio 1944: «Cosa volesse dire Auschwitz lo seppi durante il viaggio da uno degli ebrei. Disse che Auschwitz era un campo di annientamento nel quale sarebbero stati uccisi. Dapprima non gli credetti…». Eugen Keller racconta che nel vagone sigillato una donna aveva partorito. Carolina Lombroso Calò, moglie di un eroe della resistenza, «non era fuggita dalla sua casa rifugio a Cascia di Reggello in provincia di Firenze perché non pensava che una mamma incinta con tre bambini (Elena di 6 anni, Renzo di 4, Albertino di meno di 2 anni) potesse essere arrestata. Invece i carabinieri avevano obbedito agli ordini e fermato il gruppetto». La donna e i suoi quattro bambini, incluso il neonato, furono tutti uccisi poche ore dopo l’arrivo nel lager.

«Abbiamo obbedito agli ordini» è la giustificazione di tutte le Ss chiamate in causa per l’Olocausto. Ma in Germania da sessant’anni ci si interroga e ci si chiede come sia stato possibile che un popolo intero abbia partecipato al massacro. In Italia delle migliaia di ebrei consegnate nelle mani dei carnefici non si parla. Nonostante quegli ordini fossero stati emanati da Benito Mussolini, ancora oggi c’è chi ripete in modo assolutorio che «il Duce non uccise gli ebrei». Vero: si limitò a consegnarne migliaia al boia. E nel libro di Liliana Picciotto ci sono tutte le prove: un’opera definitiva, senza attenuanti. (Beh, buona giornata).

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In Italia la matematica è una pessima opinione.

L’Istat, Bankitalia e il balletto sui numeri dei disoccupa
Apprendisti e stregoni al lavorodi Roberta Carlini, da robertacarlini.it

Mediamente, andiamo abbastanza male in matematica, e i più seri esperti di formazione si preoccupano di questa lacuna della nostra scuola. Ma di qui a ignorare del tutto i numeri, come se fossero inconoscibili entità, anche quando si tratta di fare solo addizioni e sottrazioni, ce ne corre. Eppure, ogni volta che nel nostro dibattito politico spunta un numero, se ne parla così: Tizio dice che quel numero è X, Caio dice che è Y, scontro tra Tizio e Caio. Come se non fosse possibile risalire alla verità – oppure, spiegare le diverse ipotesi che sono alla base delle due verità – e capire se è Tizio o se è Caio che sta dicendo una colossale balla.

Il siparietto si ripete ogni volta che qualcuno si azzarda a dare i dati sul lavoro. Evidentemente, anche se da tempo i lavoratori sono trascurati da destra e da sinistra – sostituiti dalle più appetite categorie dei consumatori, risparmiatori, utenti, o ancora padani, imprenditori o altro -, la questione brucia. E brucia soprattutto in tempi di crisi. L’Istat, che con una sua indagine fa la rilevazione dello stato delle cose, si è trovato abbastanza in difficoltà quando, qualche mese fa, il governo ha ridicolizzato il modo in cui quell’indagine si fa – metodo statistico, che segue standard internazionali. Poi ha appaltato all’esterno la rete dei lavoratori – per lo più giovani, precari come tutti – che fanno le domande sulla cui base si stila l’indagine. La cosa ha preoccupato molti, e ha fatto conoscere a tutti il paradosso dei precari che vanno in giro a fare domande sulla altrui precarietà. Ma – assicura il presidente dell’Istat, economista stimato a livello internazionale – tutto ciò non mette in discussione la serietà e la attendibilità dei dati. Che, da un po’, vengono forniti mensilmente anziché trimestralmente. L’ultimo bollettino parla di una disoccupazione all’8,3%. Su questi dati poi altri economisti e altri statistici fanno ricerche, analisi, ragionamenti. E gli ultimi ragionamenti hanno dato luogo all’ultimo siparietto: la disoccupazione “vera”, ha detto la Banca d’Italia, è sopra il 10%. “Dati scorretti”, ha detto il governo, e hanno riportato le tv e i giornali. Senza preoccuparsi di dare al pubblico – evidentemente considerato troppo ignorante per care qualche operazione aritmetica – elementi in più per capirci qualcosa. Così, sembra che tra il ministro dell’Economia e il governatore della Banca d’Italia si sia svolto l’ennesimo battibecco da chiacchiera politica, uno scontro da salotto tv. Mentre si parla di cose cruciali: quante persone sono senza lavoro in Italia? Quante senza alcun reddito? Come vivranno quest’anno, l’anno prossimo? Come metteranno insieme il pranzo con la cena?

A chiunque si guardi intorno e non guardi solo le reti Rai e Mediaset (dove, ci avverte Ilvo Diamanti, alla disoccupazione si dedica solo il 7% delle notizie, limitando la nozione di “notizie” a quelle che evidenziano fatti gravi e contesti critici, insomma escludendo i servizi sulle mostre canine e simili), risulta chiaro che le persone che intorno a noi perdono il lavoro, o ne vedono ridimensionate le ore, o il salario, aumentano ogni giorno. I precari intervistatori dell’Istat registrano infatti ogni mese un nuovo record, fino ad arrivare all’ultimo: 8,3% di disoccupati ufficiali. Cosa significa? Secondo gli standard internazionali, sono “disoccupate” le persone che sono in età da lavoro, che non hanno un lavoro (non l’hanno mai avuto, o l’hanno perso), e che hanno cercato attivamente lavoro nel mese precedente l’intervista con l’Istat. Se uno, in quel momento, non sta lavorando perché è in cassa integrazione, oppure è a casa ma l’ultima ricerca di lavoro l’ha fatta oltre un mese prima dell’intervista, non rientra ufficialmente tra i disoccupati. Pur in questa definizione alquanto ristretta, il tasso di disoccupazione è crescente e preoccupante. Ma cosa succederebbe, si è chiesta la Banca d’Italia, se aggiungessimo anche i lavoratori in cassa integrazione e quelli che potrebbero tornare a lavorare ma non cercano neanche più lavoro (in molti casi non perché non ne hanno bisogno, ma perché sono scoraggiati, pensano che è inutile cercare tanto non si trova lavoro)? Aggiungendo – addizione, operazione non difficile – i lavoratori in cassa integrazione e i lavoratori “scoraggiati”, nel novero dei disoccupati abbiamo ben 800.000 persone in più: il numero dei disoccupati sale a 2.600.000, e il tasso di disoccupazione oltre il 10%.

A questo punto, la valutazione si fa più facile: non esistono dati corretti e dati scorretti – in questo caso – ma dati che tengono conto di alcune variabili e dati che non ne tengono conto. Chi pensa che non valga la pena contare le decine (forse centinaia) di migliaia di uomini e donne che non cercano lavoro perché scoraggiati e scoraggiate, e che non valga neanche la pena di contare i cassintegrati perché tanto appena la Cig finirà torneranno al lavoro e troveranno il loro posto lì ad attenderli – chi la pensa così può attenersi al dato ristretto sulla disoccupazione, che comunque non è confortante. Chi invece pensa che quell’esercito di persone comunque appartiene alla fascia problematica della società, perché è (o presto sarà) senza un reddito, darà ragione alla Banca d’Italia nel suo tentativo di illuminare a giorno la situazione dell’occupazione in Italia. Operazioni e convinzioni legittime – c’è stato perfino qualcuno, nella scienza economica, che si è inventato il concetto di “disoccupato volontario”, dunque tutto è possibile nella teoria. Quel che non è possibile, nella pratica, è cercare di oscurare con la confusione sui numeri la realtà. Fatta di molti occupati in meno, uomini e donne. Persone che hanno perso il lavoro: prima i più precari, i collaboratori; poi quelli con i contratti temporanei non rinnovati; poi i lavoratori a tempo indeterminato, che per la prima volta dal ‘99 scendono numericamente (meno 0,7%, 110.000 posti in meno, tra il terzo trimestre 2008 e il terzo trimestre 2009).

Di tutti costoro, solo pochi hanno avuto, e hanno, la protezione della cassa integrazione. Moltissimi invece non hanno avuto alcuna copertura a compensazione del salario perso. Il che spiega anche la dinamica del reddito e dei consumi nell’anno appena trascorso: le famiglie hanno comprato di meno (-2,1% la riduzione degli acquisti, nonostante un effetto-droga degli incentivi per le auto), il reddito disponibile è sceso dell’1,5%. Ovviamente ne segue un effetto a catena negativo: le imprese che vendono le loro merci in Italia, di fronte a questa situazione, prevedono il peggio, non investono e (ben che vada) non assumono. E la famosa ripresa si allontana.

Ecco perché i numeri – e i balletti sui numeri – non sono innocenti. Forse se si riconoscesse la profondità del problema, si sarebbe anche portati a muovere qualcosa, nelle leve della finanza pubblica, per avviarsi verso qualche soluzione. A dire il vero, il ministro dell’economia si è spinto fino a dire che la sola forma di deficit pubblico “moralmente accettabile” riguarda quel che si deve pagare ai lavoratori per la cassa integrazione: cioè, se si dovrà sforare per sostenere questi lavoratori, lo faremo, pare aver detto Tremonti. Ma andiamo a guardare quel che ha appena fatto, nell’anno che si è chiuso: l’Italia (il suo bilancio pubblico) ha già sforato, lo Stato è andato in rosso per il 5,6% del Pil. Rispetto al 2008, nel 2009 si sono avuti 31 miliardi di deficit in più. Ma non per la cassa integrazione e il sostegno ai lavoratori. Quasi tutto il maggior deficit è stato infatti dovuto a un effetto spontaneo del ciclo economico: la riduzione delle entrate tributarie, dovuta alla riduzione della produzione. Meno spontaneo, e forse indotto da un certo clima di tolleranza che si è diffuso nell’imminenza dell’arrivo del condono per i capitali illegali all’estero, è stato il modo in cui si è ripartita questa riduzione delle entrate fiscali: scese per tutti i settori, tranne che per l’imposta sui redditi da lavoro dipendente. Mentre in alcuni settori il gettito si riduceva molto di più di quanto fosse giustificato dalla crisi economica, le ritenute d’acconto sul lavoro dipendente restavano stabili. Inoltre, pur tuonando contro le banche e inneggiando a Robin Hood, Tremonti ha dato alle banche una delle poche spese discrezionali in più decise l’anno scorso, 4,1 miliardi per sostenerle nella crisi sottoscrivendo le loro obbligazioni.

Dunque il deficit pubblico è già salito nel 2009, ma non solo (e non prevalentemente) per aiutare i senza-lavoro. Per i quali il 2010, apertosi all’insegna del balletto sui numeri, non preannuncia per ora grandi novità: se non il fatto che, purtroppo, per molte lavoratrici e lavoratori il passaggio dalla cassa integrazione alla disoccupazione sarà ufficiale. (Beh, buona giornata).

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Attualità democrazia

AAA Partito democratico Vendola(si).

Lettera aperta a Nichi Ve (da il manifesto del 27 gennaio 2010)

Caro Nichi, colgo l’occasione di questo comune giorno di festa per porti una domanda: perché la positiva dinamica che abbiamo messo in moto in Puglia non può essere ripetuta anche nelle altre parti d’Italia?

Nella tua regione, di fronte all’arroganza del gruppo dirigente del PD abbiamo fatto fronte comune. Prima rifiutando la proposta che tu non venissi candidato e poi con il comune sostegno alla tua candidatura nelle primarie. Questo fronte comune ha vinto e il tuo splendido risultato ne è la testimonianza.

In Puglia ha cioè funzionato nei fatti una coalizione di sinistra di alternativa, in grado di tenere un profilo politico autonomo dal PD, che è riuscito, come riuscimmo nel 2005, a vincere le primarie. Una coalizione di sinistra di alternativa che ha aperto contraddizioni nel PD proprio in quanto ha saputo agire con una soggettività propria, non subalterna o manovriera. Si è fatta una battaglia limpida, senza sotterfugi, sia sul piano politico che su quello dei contenuti e la chiarezza ha pagato.

Del resto quando ci siamo visti e sentiti nelle settimane scorse proprio questo punto avevamo messo al centro. Di fronte ad un PD che è caratterizzato da una deriva centrista, con tratti di vera e propria subalternità all’UdC, abbiamo convenuto sulla necessità di coordinare le forze della sinistra al fine di incidere positivamente nella discussione in tutte le regioni. Nella reciproca autonomia avevamo individuato la necessità di unire gli sforzi, di fare una battaglia comune, di evitare che il PD potesse metterci gli uni contro gli altri nella ridefinizione moderata del suo asse politico.

In tutta franchezza , proprio questa battaglia comune a me pare sia venuta meno. Mentre in Puglia abbiamo agito concordemente, questo non avviene nelle altre regioni d’Italia.

Non ho lo spazio per fare una disanima complessiva per cui mi soffermerò solo sul caso della Lombardia, che a me pare emblematico. In questa regione Sinistra e Libertà ha deciso di sostenere Penati a candidato a Presidente proprio mentre questo ha posto un veto sulla presenza della Federazione della Sinistra nella sua coalizione. Qui ci troviamo in una situazione incredibile: il candidato del PD decide di porre una discriminante anticomunista per far parte della sua coalizione e si caratterizza su contenuti che sono grosso modo l’opposto dei contenuti che tu hai sostenuto nelle primarie pugliesi. Sinistra e Libertà, invece di fare battaglia politica e di rompere con Penati, decide di partecipare alla sua coalizione. Mentre in Puglia la sinistra, insieme, ha ottenuto un risultato straordinario, in Lombardia Sinistra e Libertà si fa strumento del tentativo di distruzione della sinistra da parte di Penati.

Caro Nichi ti chiedo quindi di battere un colpo. Se i ricatti non si possono accettare in Puglia, non debbono essere accettati nemmeno in Lombardia. Se è possibile lavorare per l’alternativa in Puglia, deve essere possibile farlo anche altrove. La primavera non la si costruisce in una regione sola.

Paolo Ferrero
(Beh, buona giornata)

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Attualità

Quando è il Capo della protezione civile a provocare un terremoto.

HAITI:CLINTON,PROFONDAMENTE OFFESA DA CRITICHE STRANIERE (fonte: Agi)

Hillary Clinton si e’ detta “profondamente offesa” dalle critiche straniere al modo in cui gli Stati Uniti hanno gestito l’emergenza terremoto ad Haiti, e ha ribadito che Washington sta facendo tutto il possibile per aiutare il Paese caraibico. “Sono profondamente offesa dagli attacchi rivolti al nostro Paese, alla generosita’ della nostra gente e alla leadership del nostro presidente che sta tentando di rispondere alle condizioni disastrose dopo questo terremoto”, ha detto il capo della diplomazia americana. Clinton non ha fatto riferimenti a singole critiche ma ha spiegato che “parte della stampa internazionale ha frainteso o deliberatamente travisato” la decisione dell’amministrazione americana di inviare ad Haiti soldati oltre ai civili. Beh, buona giornata

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Attualità Pubblicità e mass media

Bertolaso e Frattini, i nuovi fratelli De Rege (Do you remember:”Vieni avanti, cretino”?).

Il sottosegretario di Stato replica alle polemiche scatenate dal capo della Protezione civile
che poi in serata rettifica: “Non parlavo degli Usa ma delle organizzazioni internazionali”
Haiti, Clinton ironizza su Bertolaso “Le sue critiche? Polemiche da bar”
Frattini ricevuto nella capitale americana: “Apprezziamo molto la vostra leadership”

Il segretario di Stato Hillary Clinton ironizza sulle accuse fatte dal sottosegretario alla Protezione civile, Guido Bertolaso, sulla gestione statunitense degli aiuti in Italia. “Mi sembrano quelle polemiche che si fanno il lunedì dopo le partite di football” ha dichiarato il capo della diplomazia Usa replicando alle parole di Bertolaso. “Ci sono enormi organizzazioni coinvolte ad Haiti – aveva detto in un’intervista su Rai Tre il capo della Protezione civile – e c’è moltissimo da fare, ma la situazione è patetica, tutto si sarebbe potuto gestire molto meglio. Si assiste a una fiera della vanità ma manca una capacità anche di coordinamento e di leadership”.

La Clinton ha ricevuto al dipartimento di Stato Franco Frattini (che aveva intanto già preso le distanze dalle dichiarazioni di Bertolaso) per poi tornare a ringraziare “il grande aiuto e la collaborazione che l’Italia sta dando a Haiti”. “Senza l’esercito sarebbe stato impossibile portare i soccorsi alla popolazione haitiana”, ha detto il segretario di Stato americano. “Per gli Stati Uniti è stato possibile arrivare prima perché Haiti è vicina a noi”.

Dello stesso parere il ministro degli Esteri: “Apprezziamo molto la leadership americana, l’impegno di Obama e dell’amministrazione Usa per Haiti”, ha ribadito. “Stiamo portando una nave (la Cavour, ndr) con elicotteri e carabinieri per garantire l’ordine pubblico, in stretta collaborazione con gli Stati Uniti”.

Hillary Clinton ha ricordato il sisma in Abruzzo: “L’Italia ha sofferto anch’essa un tragico terremoto però ovviamente, la logistica e le infrastrutture di Haiti sono molto diverse da quelle de L’Aquila”. Poi ha ricordato l’amicizia con il ministro degli Esteri Frattini. “Con Franco -ha detto la Clinton – ci siamo sentiti spesso negli ultimi tempi e continueremo a farlo”.

Ma in serata Bertolaso è intervenuto di nuovo sulla vicenda: il suo, ha sostenuto, non era un attacco agli Stati Uniti, che “stanno mettendo in campo uno sforzo importante” per la popolazione di Haiti; ma una “critica alla mancanza di coordinamento delle organizzazioni internazionali” che sta lasciando “migliaia di haitiani abbandonati a se stessi”. E poi ha replicato anche a Frattini: “Respingo l’ipotesi che abbia parlato come reazione emotiva: è noto che sono pagato per stare calmo ma anche per fare le cose per bene”. Il ministro degli Esteri, da Washington, aveva definito le sue critiche “legate ad un elemento emotivo”. Beh, buona giornata.

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Media e tecnologia Popoli e politiche Pubblicità e mass media

Vietato globalizzare il mondo delle idee.

Perché il potere ha paura del web
Scontro tra Cina e Usa sul motore di ricerca. In gioco c’è la libertà d’informazione. E il concetto di sovranità nazionale ai tempi di Internet di FEDERICO RAMPINI-repubblica.it

“Il nostro obiettivo è cambiare il mondo”, è uno slogan di Eric Schmid, il chief executive di Google. Lo stesso Schmid che quattro anni fa, all’inaugurazione del motore di ricerca in mandarino, con l’indirizzo locale segnato dal suffisso “. cn”, dichiarò: “Siamo qui in Cina per rimanerci sempre”. Ora quelle due affermazioni – cambiare il mondo, rimanere in Cina – sono diventate tra loro inconciliabili. Se Google non accetta le regole di Pechino, e la censura delle autorità locali, la sua avventura cinese dovrà chiudersi. Lo scontro epico che si è aperto fra la più grande potenza di Internet e la più grande nazione del pianeta, è destinato a ridefinire nei prossimi anni l’architettura globale del web, i limiti geopolitici della libertà d’informazione, e il nuovo concetto di sovranità nello spazio online.

Il precipitare degli eventi ha colto tutti di sorpresa, almeno in Occidente. Questo copione non è stato scritto né a Mountain View, il quartier generale di Google nella Silicon Valley californiana, né tanto meno a Washington nelle sedi del potere politico. Negli scenari più pessimisti elaborati dal Pentagono, quando due anni fa l’Esercito Popolare di Liberazione centrò in pieno un proprio satellite in un test di guerre stellari, fu detto che la conquista dello spazio sarebbe stata la prossima sfida tra l’America e la Cina. Nessuno aveva messo in conto quello che sta accadendo da due settimane: l’improvviso gelo tra i soci del G2 per il controllo del cyber-spazio.

Eppure quando Google lanciò la sua versione in mandarino nel 2006, la censura di Stato esisteva già. Come Microsoft, come Yahoo, come Rupert Murdoch, anche il colosso di Mountain View accettò il patto con il diavolo: collaborare con il regime facendo propri i suoi tabù, interiorizzarne i limiti alla libertà di espressione, autocensurarsi con dei filtri di software automatici approvati dalle autorità locali. Sembrava logico. Google si comportava come tante altre multinazionali “normali”, separava le regole universali del business capitalistico dal contesto politico locale. Come un qualsiasi fabbricante di auto o di jeans, Schmid pensò di poter chiudere gli occhi sugli abusi contro i diritti umani, e partire alla conquista del più vasto mercato mondiale. Anzi, nel 2006 la questione di coscienza per gli americani sembrava risolta una volta per tutti dalle parole ottimiste di Bill Gates: “Per quanti limiti possano mettere all’attività di Microsoft, l’avvento di Internet introduce nella società cinese un volume d’informazioni senza precedenti. La Cina sarà comunque migliore di prima, grazie a noi”. Ai vertici di Google, a onor del vero, non tutti la pensavano così. Sulle condizioni dello sbarco in Cina aveva dei forti dubbi uno dei due co-fondatori dell’azienda, Sergey Brin. Per la sua biografia personale – nato nell’Unione sovietica, emigrò in America da bambino con i genitori – aveva intuito un’incompatibilità insolubile, tra la “natura” profonda del business di Google e quella della Repubblica Popolare.

La casistica dei conflitti tra i regimi autoritari e la libertà online è ricca di precedenti, dall’Iran alla Birmania. Ma la questione cambia completamente quando la posta in gioco è un mercato di 330 milioni di utenti, ormai il più popoloso del pianeta. Il comunicato del governo cinese che stigmatizza Google e ribatte alle critiche di Hillary Clinton, fa esplicito riferimento alle “regole della rete cinese”. Nessuno immagina che possa esistere un “Internet iraniano”. Ci sono solo le barriere che Teheran frappone per l’accesso locale alla rete: che resta una, indivisa e globale. Ma l’idea che la Cina possa organizzarsi come un cyber-universo autonomo da noi, è altrettanto impensabile?
In Occidente diamo ormai per scontato da anni che la superficie terrestre sia scandagliata minuziosamente da GoogleMap. Ricordo il divertimento con cui mi accorsi, quando abitavo a San Francisco, che dalle foto satellitari si poteva vedere non solo casa mia ma anche la targa della mia auto. Non appena mi trasferii a Pechino nel 2004 scoprii che intere zone della capitale cinese invece erano oscurate, a cominciare dal quartiere di Zhongnanhai dove risiede la nomenklatura comunista. Ciò che a noi appare naturale, o inevitabile, cioè che la mappatura terrestre sia fatta da un’impresa privata americana, non è accettabile a Pechino. E’ un’intrusione virtuale nella sovranità: un valore per il quale gli Stati scendono in guerra da secoli. E visto da Pechino il confine che separa un colosso privato come Google dal governo di Washington, è labile.

Ken Auletta, autore del saggio “Googled” (il passivo del verbo “googlare”), osserva che “poche altre tecnologie – la stampa di Gutenberg, il telefono – hanno avuto effetti sociali rivoluzionari come questo motore di ricerca, che ha sconvolto il nostro modo di produrre informazione, selezionarla, consumarla”. Ma Internet essendo nato in America, tutta l’organizzazione del world wide web ha un’impronta made in Usa. Porta i segni inconfondibili di un “sistema”: regole e valori nati negli Stati Uniti, per estensione occidentali, non necessariamente percepiti come universali a Pechino. Dove noi parliamo di “architettura aperta”, altri capiscono “egemonia americana”.

La Grande Muraglia di Fuoco, è il nome che i dissidenti hanno affibbiato alla censura online della Repubblica Popolare. E’ il più moderno e sofisticato apparato di controllo dell’informazione, con almeno 15.000 tecnici informatici in servizio permanente. Eppure il governo di Pechino ha avuto bisogno fino a ieri di appoggiarsi sul “collaborazionismo” di Google, Yahoo, Microsoft. I dissidenti, o anche i giovani cinesi più curiosi e dotati per l’informatica, hanno appreso ad aggirare la Grande Muraglia. Usano metodi simili a quelli degli hacker: ad esempio per dissimularsi attraverso domicili online all’estero. Sono esattamente i metodi mutuati dai cyber-pirati al servizio del governo, nelle incursioni denunciate da Google il 12 gennaio. Hanno violato la privacy della posta elettronica Gmail di numerosi militanti dei diritti umani; nonché di un grande studio legale di Los Angeles impegnato in un processo contro aziende di Stato cinesi per violazioni di copyright. E hanno profanato le email di 34 aziende hi-tech nella Silicon Valley, un grave episodio di spionaggio industriale che getta un’ombra sulla sicurezza di tutto l’impero Google.

L’esperto d’informatica Holman Jenkins evoca per questa offensiva un precedente poco noto. “All’inizio degli anni Novanta ci fu un’escalation di episodi di pirateria navale nel Mare della Cina meridionale. Hong Kong, che era ancora una colonia inglese, raccolse le prove che i pirati erano in realtà al servizio delle forze armate cinesi. Era un modo per rivendicare la sovranità di Pechino su rotte di comunicazione strategiche”. I cyber-pirati che la Cina ha scatenato contro Google, innescando un conflitto che ha portato fino all’intervento dell’Amministrazione Obama, starebbero facendo un gioco simile. Come il corsaro Francis Drake al servizio di sua maestà Elisabetta I contro l’impero spagnolo. In palio stavolta c’è uno spazio virtuale, perfino più strategico delle rotte marittime. La Cina punta molto in alto, se ha sentito il bisogno di intimidire Google fino a mettere in discussione la privacy dei suoi clienti industriali: tutti ormai potenzialmente spiati. I dirigenti della Repubblica Popolare possono immaginare un Trattato di Yalta del terzo millennio, con cui l’America prenda atto della loro sovranità su una parte di Internet. Se passa il loro piano, il discorso visionario di Hillary Clinton che ha esaltato Internet come “il grande egualizzatore”, si applicherebbe solo al di qua della Grande Muraglia. (Beh, buona giornata).

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Pulizia etnica a Rosarno.

Maroni, ministro dalla parola doppia. E la pulizia… etnica
di Lucio Fero-bltizquotidiano.it

Prima la promessa di non espellere, poi il fermo: “Espelleremo” Prima la circolare per sconsigliare la sospensione delle partite di calcio in caso di razzismo, poi l’ordine agli arbitri: “Sospendete” Ma Maroni non è il solo a giocare con le parole.

Roberto Maroni, un ministro che ha una sola parola, anzi due. Ai suoi uomini, dirigenti di polizia, questori e prefetti spediti a Rosarno ha dato il via libera, ha detto che potevano, dovevano promettere agli immigrati che, se si prestavano docilmente allo sgombero, non sarebbero stati espulsi. La promessa è stata fatta e resa pubblica. È stata una «promessa di ordine pubblico»: l’importante era portare in fretta via da lì tutti i “neri”. Prima che ammazzassero qualcuno, prima che ci «scappasse il morto». Parole dello stesso Maroni.

Lo stesso Maroni che poi, a sgombero attuato, dice: «Li espelliamo tutti». Maroni, che deve aver tratto ispirazione da un qualche film western visto in gioventù, quelli dove si firmavano trattati con gli indiani per convincerli a farsi portate nelle riserve e poi dei trattati si faceva carta straccia. Deve essere sembrata a Maroni una buona e consolidata strategia.

Maroni che aveva detto: «Troppa tolleranza con i clandestini». Salvo poi scoprire che tra quelle migliaia di “negri” clandestini c’erano. Ma c’erano e ci sono immigrati con permesso di soggiorno regolare. Mancano al momento dichiarazioni di Maroni al riguardo, arriveranno.

Ne sono arrivate altre, sempre di Maroni. Ecco l’ultima: «In caso di cori razzisti negli stadi gli arbitri devono sospendere le partite». Parla chiaro Maroni. Lo stesso Maroni che da molto tempo dà istruzione ai suoi funzionari di polizia e responsabili dell’ordine pubblico negli stadi di «sconsigliare» la sospensione delle partite.

Infatti in Italia le norme per sospendere le partite ci sono e infatti prevedono che il responsabile di polizia indichi all’arbitro quando è il caso di farlo. Le norme, scritte in una circolare del ministero degli Interni di Maroni, danno alla polizia l’ultima parola. Alla polizia, non agli arbitri. Come ha ricordato a Maroni la Lega Calcio.

Arbitri che esitano a sospendere le partite per quieto vivere. Con la polizia che “sconsiglia” e con le tv che avrebbero danni economici da uno sconvolgimento del calendario e dello spettacolo con annessa pubblicità via spot televisivi.

Maroni, il ministro dalla parola ferma, a condizione che le “parole” siano almeno due e l’una pronta a “parare il sedere” all’altra. Non è solo Maroni però, bisogna riconoscerlo, ad avere paura delle parole troppo fedeli alla realtà. A Rosarno pulizia è stata fatta, dei neri, anzi dei “negri” come li chiama Feltri nei suoi titoli su “Il Giornale”. Mazze, milizie, fucili, ruspe e pullman hanno fatto pulizia. Pulizia etnica. Questa è stata. Ma nessuno la chiama così. È pulizia etnica se la fanno in Bosnia o in Iraq, da noi è soltanto pulizia. Forse perché è stata pulizia etnica in miniatura, in un pezzetto d’Italia e per poche migliaia di neri. Alla prossima si vedrà quale parola usare.

Per ora la corretta e tecnica definizione la si evita. I benpensanti e democratici si rifugiano, riparano e in parte nascondono dietro e sotto la tonaca papale: «Avete visto, il Papa dice che gli immigrati sono uomini anche loro…». Si manda avanti il Papa perché si teme che a dirlo da laici si incorra nella “scomunica” dell’opinione della maggioranza indigena. Gli “anti buonisti” dicono, recitano e intonano lo scongiuro: «Clandestini!». Parola magica che toglie ai neri la dimensione di esseri umani e assolve i bianchi da ogni razzismo.

Oppure si parla, si accusa la ‘ndrangheta. Che c’è e “lotta” insieme a chi ha fatto pulizia. Ma scaricare tutto sulla ‘ndrangheta finisce per essere un alibi. La pulizia etnica è stata fatta a furor di popolo. La ‘ndrangheta al massimo ci ha messo il “concorso esterno”. (Beh,buona giornata).

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Finanza - Economia Lavoro

La fine della crisi arriva presto, cioè fra dodici mesi. Buon anno!

“Il momento propizio per ritirare le misure di aiuto pubblico all’economia messe in pista per affrontare la crisi dei mesi scorsi potrebbe arrivare presto, gia’ alla fine di quest’anno”. Lo ha detto il candidato commissario alla Concorrenza, Joaquin Almunia, che nella precedente edizione della Commissione guidata da Manuel Barroso era commissario agli Affari economici e monetari. Beh, buona giornata.

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Attualità

Cicchitto, Gasparri e Ciarrapico accompagnano la Polverini nel suo primo tour elettorale nel Lazio: “AHÒ, ME SEMBRA ‘NA GITA SCOLASTICA!”

(fonte: Dagospia.com)
IN VIAGGIO CON RENATA POLVERINI: “AHÒ, ME SEMBRA ‘NA GITA SCOLASTICA!” – A FROSINONE, VISITA AL VESCOVO E BENEDIZIONE DEL PARROCO CHE PORTA FORTUNA SALE SUL PALCO E SBUCA UNA EVITA ALL’AMATRICIANA, POPULISTA E DEMAGOGA A GO-GO: – “A NATALE SONO STATA CON I MIEI ZII CHE CON LA PENSIONE NON ARRIVANO A FINE MESE” – “LEGALITÀ, CHIAREZZA, FUORI I CLANDESTINI E DENTRO CHI SCEGLIE DI ESSERE ITALIANO” – AD ACCOGLIERLA C’È GASPARRI, CIARRAPICO, CICCHITTO, IL MARITO DELLA CUCINOTTA CHE GESTISCE IL COMITATO ELETTORALE E BEA LORENZIN, DEPUTATA PDL -Fabrizio Dell’Orefice per “Il Tempo”

La prima sosta è all’area di servizio Salaria Est. L’aspetta lo staff: le Polverini girls, Francesca e Carlotta, la portavoce e l’assistente personale. Lei, Renata, corregge subito: «Prego, Polverini boys, perché hanno gli attributi». Presto si aggiunge un’altra girl, Beatrice. Beatrice Lorenzin, deputata Pdl di Ostia. È appena rientrata da una vacanza in Jamaica dove è stata narcotizzata e derubata: «Ero andata a raccogliere le forze in vista della campagna elettorale e mi sono trovata in mezzo a questa esperienza terribile». «Bea», tutti la chiamano così, era braccio destro di Paolo Bonaiuti.

Insomma, una berlusconiana «de fero» ed è lei che si muove in mezzo al pubblico per riconoscere quelli di Forza Italia e portarli da Renata. Adesso è la portavoce del comitato elettorale, quasi una vicecandidata. Poi c’è Giulio Violati, marito di Maria Grazia Cucinotta: gestisce il comitato elettorale. E un silenzioso, quasi sommerso, Stefano Cetica, predecessore della Polverini alla segreteria Ugl: si occuperà della lista civica. Arriva Renata, la candidata, scende dalla macchina, una familiare Fiat Idea color anonimo, spalanca il sorriso e fa a tutti: «Ahò, me sembra ‘na gita scolastica». E ride. E’ di buon umore. Il primo giorno di campagna elettorale sta per cominciare.

Così, in un’area di servizio alle otto di mattina di un sabato freddo e piovoso, proprio in mezzo agli automobilisti con gli sci sul tetto, che si vanno a godere gli ultimi weekend sulla neve. Niente giacca rossa, come nel primo manifesto elettorale, sostituita da una più sobria sull’arancio.

Pantaloni marroni, cappotto spigato. Niente tacchi alti. Rapido caffè, i baristi dell’Autogrill si guardano: «Ahò, hai visto quella? È ‘a Polverini». Compaiono due agenti di scorta, scorta discreta. Si commentano gli articoli di giornale e Renata fa la sua prima correzione quando spunta l’argomento delle classi con il tetto del 30% di stranieri come vorrebbe la ministra Gelmini: «Proposta interessante» Di nuovo in macchina.

Prima tappa: Rieti. La Polverini arriva al cinema. Tra i manifesti di Verdone, spunta il suo bel faccione. Quello che Alemanno chiama il faccione da «bella romana verace». Ad accoglierla c’è Maurizio Gasparri, il capogruppo del Pdl al Senato, la prende sotto braccio e la scorta al Vescovado. La conduce da monsignor Delio Lucarelli, con loro c’è anche don Valerio Shango, un parroco di colore di origine congolese, parroco di San Giovanni Battista. Visita alla cappella, un momento di preghiera.

Don Valerio si spinge oltre: «Già ho portato fortuna a Berlusconi. Venne qui nel maggio del 2007 e nell’aprile successivo ha vinto le elezioni». Gongola Gasparri: «Ecco, abbiamo rimesso a posto le cose. Visita al vescovo e benedizione del parroco», si lascia scappare sorseggiando un altro caffè al bar Quattro stagioni, in piazza.

Nei forum su internet divampano le polemiche. Anche in quelli di centrodestra, che accusano la Polverini di essere troppo di sinistra, di essere troppo finiana e quindi laica, di aver indossato al suo primo manifesto un vestito color rosso. Il cinema. Renata non se l’aspetta. Lo trova pieno. Siamo in mille, dicono quelli del Pdl. Il capogruppo regionale di An, Cicchetti, elenca gli errori di Marrazzo. Nessun riferimento ai trans: «Ha quadruplicato i ticket e ha chiuso gli ospedali, Storace ne aveva aperti tre».

Si teme la disaffezione dell’ala di Forza Italia. Per questo fin qui (e poi anche a Frosinone e Latina) ci sarà Fabrizio Cicchitto, che rinuncerà ad andare allo stadio per Roma-Chievo pur di lanciare la candidata: «La nostra candidata», avverte subito, lui che è uno degli uomini più vicini a Silvio Berlusconi. E più avanti è ancora più esplicito: «Sosteniamo Renata senza se e senza ma». Spiega come si sia messa in campo una coalizione inedita e ampia, che va da Storace a Casini: «Lo schieramento più ampio possibile che tiene assieme cattolici, laici, liberali e gente di destra come la logica suggerisce». Sul palco arriva anche un bigliettino di auguri di Italo Pappa, capo dell’area legale del gruppo Toto.

Arriva un biglietto per ricordare che in sala c’è anche una delegazione della Confcommercio e una dei liberali di Sgarbi. Tocca a Gasparri, che mette subito in chiaro: «Polverini è di destra ma non è mai stata militante, ha scelto di lavorare nel sindacato». Ripete le parole d’ordine: legalità, chiarezza, fuori i clandestini e dentro chi sceglie di essere italiano. La parola a Renata, non perde tempo e dice chiaro: «Sono del Pdl. Non ho preso la tessera perché sono candidata di tutta la coalizione».

Via il primo dubbio. Ancora: «Il primo manifesto era senza simboli per rispetto delle forze con le quali stavamo chiudendo l’accordo. Avevamo preso un impegno con loro e siamo di parole. È l’ultimo manifesto senza loghi». E fuori due. Terzo punto: «Non lasciamo alla sinistra il tema del lavoro. Anzi, noi più di loro ci sappiamo battere per il lavoro», e chiarito anche questo: quarto. «Non esistono colori che sono solo di sinistra, ognuno si mette la giacca che vuole».

Messi i puntini sulle i, la candidata del Pdl rivela: «Ieri sera mi ha chiamato Berlusconi per farmi gli auguri». Chiuso anche il capitolo Cavaliere. Ma quella che si apre è una campagna elettorale nuova. Una campagna de-berlusconizzata, una campagna di un Pdl che cammina da solo. Via i cieli azzurri di sfondo. Per ascoltare «Meno male che Silvio c’è», anzi solo un accenno delle prime note, bisogna aspettare la terza tappa e un Cicchitto che si giustifica: «Scusate se non canto ma sono stonato».

Riecco i palchi con i big del partito stile politburo, le scalette degli interventi dei leader locali e regionali. Sembra la campagna di Fini nel ’93. O forse della Mussolini a Napoli lo stesso anno. C’è un linguaggio nuovo, o forse antico ma che non si sentiva da un po’: «Farò una grande campagna di ascolto. Verrò in tutte le province per una settimana a sentire le proposte e poi faremo il programma».

Incita tutti: «Stringete le mani, quante più mani possibile. Per noi significa prendere un impegno». Promette: «Partecipazione e collegialità sono le nostre parole d’ordine». Si presenta come una brava donna, come tante. Rivela: «In questi giorni sono andata al mercato, o al supermercato, come sempre». Oppure: «Sono andata a trovare dei parenti al Policlinico». Oppure: «A Natale sono stata con i miei zii che con la pensione non arrivano a fine mese».

Sì, in effetti, sembra di essere tornati indietro di quindici anni. La Polverini ha una sua campagna elettorale, suoi manifesti, una sua comunicazione e usa le sue parole. Non si fa imporre kit da Arcore. Porta i maggiorenti del partito a pranzo in un ristorante locale, stavolta è toccato a Tito a Rieti. Va incontro agli elettori. La invitano ad Amatrice. «Solo se me fate ‘na amatriciana fatta bene», risponde lei. Mai una parola contro la Bonino, la possibile sfidante. Bisogna aspettare il Gasparri di Latina che ammonisce: «Non l’abbiamo mai vista davanti a una fabbrica o tra i lavoratori in lotta».

Al massimo il capogruppo alla Camera accusa: «Oramai il Pd è a rimorchio dei Radicali». Di cosa intende fare, Renata dice poco. Qualche frase fatta. Ci sarà tempo. La sanità, certamente. Accorpare le Asl, abolire poltrone e giù applausi. «Perché non possiamo essere al livello di Lombardia e Veneto? Vogliamo essere la prima regione d’Italia».

Rifiuti, ambiente. E trasporti. Attacca: «Non si può inaugurare l’Alta velocità e il giorno dopo non c’è posto per salire sul treno dei pendolari». O anche: «Ho scoperto una cosa assurda. C’è una corsa per una cittadina a trenta chilometri da Roma che finisce alle 19, una vergogna». Tira aria di vittoria. A Frosinone la sala dell’hotel Cesari non riesce a contenere tutti gli intervenuti.

Anche Giuseppe Ciarrapico, intontito da tanta gente, si guarda attorno in mezzo a una pozzanghera cercando una via d’uscita; riesce a fare cenno all’autista di passare a prenderlo con la Mercedes nera. Lei dentro parla di crisi economica, contro la desertificazione, come il caso della vicina Videocon. A Latina il teatro Cafaro esonda e lascia per strada persone nonostante il maxischermo. Lei stessa fa fatica a trovare un varco per entrare.

A ogni tappa c’è sempre qualcuno che le presenta il primario di ortopedia o quello di pedagogia. Il nemico numero uno per il centrodestra ora si chiama sottovalutazione. Lei lo dice apertamente a ogni tappa: «Non esistono partite importanti che non siano difficili».

Cicchitto a Latina avverte: «Renata, non ti illudere. Hai visitato oggi solo le provincie esterne. E sono quelle dove notoriamente abbiamo sempre avuto percentuali bulgare anche quando vinceva la sinistra». Piove. Piove a Rieti. Piove a Frosinone. A Latina non piove più. Renata prova a tirare le somme della giornata: «Stamattina, uscendo di casa, pensavo alla gente che avrei incontrato. E mi son detta: “E mo’? Che je dico?”». Strada facendo ha trovato le parole. E c’ha pure preso gusto. (Beh, buona giornata).

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Attualità Lavoro Popoli e politiche

Ku Klux Clan mafioso.

Ancora degli spari contro gli immigrati di Rosarno. I feriti, almeno due, sono stati portati all’ospedale di Gioia Tauro. I colpi di arma da fuoco sono stati esplosi da ignoti. La sparatoria si è verificata poco tempo fa nei pressi dell’accampamento degli immigrati di Rosarno, nel comune di Laureana di Borrello. Beh, buona giornata,

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democrazia Lavoro Leggi e diritto Popoli e politiche

Spartacus 2010: a Rosarno la rivolta dei nuovi schiavi.

(fonte:repubblica.it)

ROSARNO (REGGIO CALABRIA) – Alta tensione stamane a Rosarno, in provincia di Reggio Calabria, dopo i disordini di ieri quando gli immigrati hanno dato vita ad una guerriglia urbana dopo che due di loro sono stati feriti da sconosciuti con alcuni colpi di carabina ad aria compressa. Migliaia di extracomunitari si sono radunati per le strade e nella piazza del comune. Un abitante ha sparato in aria. Un gruppo di immigrati è venuto a contatto con un centinaio di abitanti. E’ di 34 feriti il bilancio dei disordini scoppiati ieri. Arrestati sette extracomunitari. La Cgil: nel 2007, in tutta la Calabria, a fronte dei 6.400 autorizzati, si stima vi siano stati circa 20 mila lavoratori stranieri stagionali impiegati nel settore agricolo.

Maroni: “Troppa tolleranza”
“In tutti questi anni è stata tollerata, senza fare nulla di efficace, una immigrazione clandestina che ha alimentato da una parte la criminalità e dall’altra ha generato situazioni di forte degrado, come quella di Rosarno”. Lo ha detto il ministro dell’Interno, Roberto Maroni, ai microfoni de “La Telefonata”, su Canale 5, rispondendo a una domanda di Maurizio Belpietro sui disordini avvenuti ieri nella cittadina calabrese. “Stiamo intervenendo – ha sottolineato il ministro -, intanto ponendo fine all’immigrazione clandestina, agli sbarchi che hanno alimentato il degrado, e a poco a poco porteremo le situazioni alla normalità, questo è il nostro impegno”.

H.9.00. Situazione a Rosarno sempre più preoccupante
I negozi e le scuole sono rimasti chiusi. Per questa mattina è stata organizzata una manifestazione di protesta degli immigrati della Piana di Gioia Tauro (sono circa in 15mila gli immigrati presenti in questo territorio) che ieri sera hanno dato vita ad una guerriglia urbana dopo che due di loro sono stati feriti da sconosciuti con alcuni colpi di carabina ad aria compressa.

H.9.30. A Rosarno in corso concentramento
Al momento sarebbero circa duemila gli immigrati, secondo la polizia, radunati davanti al comune. Gli immigrati stanno scandendo slogan di protesta e hanno chiesto che una loro delegazione incontri il commissario prefettizio del Comune, Francesco Bagnato. La tensione è alta, danneggiate le vetrine di alcuni negozi e qualche cassonetto è stato rovesciato. Un gruppo di abitanti di Rosarno ha raggiunto la zona antistante il Municipio, c’è preoccupazione e malumore.

H.9.45. In arrivo gruppi di extracomunitari dall’hinterland
Non si conoscono ancora le intenzioni dei manifestanti, né quanti se ne stanno raccogliendo nelle strade di Rosarno. Da ieri hanno chiesto di parlare con il commissario prefettizio Domenico Bagnato (che regge il Comune) per esporre le loro problematiche. Fonti investigative fanno sapere che circa duecento immigrati hanno attuato due blocchi stradali, uno a nord e uno a sud dell’abitato di Rosarno, sulla statale 18, impedendo alle auto di transitare.

H.10.00. Panico in città
Gli immigrati stanno protestando, anche con spranghe, bastoni e oggetti contundenti. Molti sono ubriachi e stanno seminando il panico in città: una donna a bordo di una Grande Punto è stata aggredita e salvata grazie a polizia e carabinieri che in massa tentano di arginare le proteste.

H.10.45. Spari da un balcone
Un cittadino ha sparato due colpi di fucile in aria a scopo intimidatorio per disperdere un gruppo di immigrati che si era concentrato davanti la sua abitazione. L’uomo ha esploso i colpi dopo essere salito sulla terrazza della casa. Gli immigrati successivamente sono entrati nell’abitazione dove c’erano la moglie e i due figli dell’uomo, dove però si sono limitati ad urlare e protestare e si sono poi allontanati.

H.10.50. Scontri con gli abitanti
Un gruppo di immigrati è venuto a contatto con un centinaio di abitanti di Rosarno. La situazione al momento, anche se molto incandescente, è tenuta sotto controllo dalle forze di polizia.

H.10.55. Tensione fra gli abitanti e le forze dell’ordine
Momenti di tensione tra un gruppo di abitanti di Rosarno e le forze dell’ordine dopo che un giovane era stato fermato perché stava litigando con un immigrato che stava partecipando alla protesta davanti al Municipio. Gli animi si sono calmati dopo che il giovane, che era stato bloccato, di fronte alle proteste degli abitanti, è stato rilasciato. La situazione, comunque, resta assai tesa.

H.11.02. La diocesi: “La ‘ndrangheta sfrutta gli immigrati”
“Il problema degli immigrati va riallacciato a quello della ‘ndrangheta. C’è uno sfruttamento pilotato da parte della criminalità e questo a causa dell’assenza dello Stato, che deve tornare a intervenire”. Così Don Pino Demasi vicario generale della diocesi di Oppido-Palmi e referente di ‘Libera’in Calabria.

H.11.10. Terminata la protesta davanti al comune
E’ terminata la protesta degli immigrati davanti al comune di Rosarno, ora si stanno dirigendo verso il centro della città. Intanto una delegazione di immigrati ha incontrato il commissario prefettizio, Francesco Bagnato, a cui ha chiesto una maggiore vigilanza e l’arresto degli aggressori che ieri hanno scatenato la feroce protesta. Lo stesso commissario prefettizio ha assicurato un suo intervento e una maggiore vigilanza da parte delle forze dell’ordine della struttura che ospita gli immigrati.

H.11.15. Il commissario prefettizio incontra i cittadini
Una delegazione di cittadini di Rosarno sta incontrando il commissario prefettizio del comune per chiedere l’immediato allontanamento degli immigrati presenti nella cittadina della Piana di Gioia Tauro. La tensione tra gli abitanti di Rosarno continua a salire, mentre gli immigrati in corteo si stanno dirigendo, attraversando il centro del paese, verso le loro abituali dimore.

H.11.18. Il commissario prefettizio: “Proteggeremo gli immigrati”
“La situazione è grave, è pesante. Ho parlato con i migranti e ho detto loro che faremo tutto il possibile per proteggerli. Ma ho anche specificato che non devono confondere l’attacco da parte di singoli con l’atteggiamento di tutta la cittadinanza”. Lo ha detto ai microfoni di CNRmedia Domenico Bagnato, commissario prefettizio a Rosarno.

H.11.20. L’ex assessore: “Inaccettabile quello che sta accadendo”
“Quello che sta succedendo è intollerabile e la cittadinanza non lo accetta più”. Lo ha detto l’ex assessore alla Protezione civile del comune di Rosarno, Domenico Ventre, sciolto nel gennaio del 2008 per infiltrazioni mafiose. “Gli immigrati che vivono nel nostro comune – ha aggiunto Ventre – sono continuamente assistiti e aiutati e la loro reazione di fronte all’episodio isolato che è successo ieri è assolutamente sproporzionata. Non possiamo accettare che queste persone devastino il nostro paese suscitando una situazione di paura tra gli abitanti”.

H.11.27. Aggredita troupe del Tg2
Durante gli scontri a Rosarno è stata aggredita una troupe del Tg2 e il giornalista Francesco Vitale: un gruppo di immigrati alla vista della telecamera ha lanciato sassi contro il giornalista e il suo operatore. La troupe e lo stesso cronista hanno già ripreso il loro lavoro.

H.11.34. Monsignor Marchetto: “Si torni alla ragionevolezza”
“Un uomo di Chiesa non può fare altro che chiedere che termini la violenza e si torni alla ragionevolezza e, pur nel ritorno all’ordine, si cerchi di andare al fondo dei problemi e di capire le ragioni degli uni e degli altri. E’ necessario il dialogo, anche se questa può sembrare inflazionata, ma è l’unica strada per cercare la soluzione a problemi difficili in un contesto di crisi che tutti conosciamo”. E’ quanto ha detto monsignor Agostino Marchetto, segretario del Pontificio consiglio per i Migranti e gli Itineranti.

H.11.38. Livia Turco (Pd): “Combattere criminalità che sfrutta immigrati”
“E’ necessario impedire la guerra tra immigrati sfruttati e cittadini onesti. Il ministro Maroni anziché ripetere il copione della propaganda faccia qualcosa per combattere la criminalità che sfrutta gli immigrati e continua a tenere in ostaggio parte del territorio calabrese”. Lo afferma Livia Turco, capogruppo del Pd nella commissione Affari sociali della Camera.

H.11.42. Cgil: in Calabria circa 20 mila lavoratori stranieri stagionali
Nel 2007, in tutta la Calabria, a fronte dei 6.400 autorizzati, si stima vi siano stati circa 20 mila lavoratori stranieri stagionali impiegati nel settore agricolo. Queste le ultime cifre sul fenomeno dell’immigrazione e della stagionalità nel settore primario nella regione, rese note dalla Cgil, che proprio a Rosarno ha svolto la prima conferenza regionale sui migranti nelle scorse settimane.

H.11.48. Il parroco: “Immigrati vivono in gironi danteschi”
“Bisogna tornare alla ragione e mettere da parte le esasperazioni da una parte e dall’altra”. Lo ha detto don Carmelo Ascone, conosciuto come don Memè, parroco da 25 anni di Rosarno, e profondo conoscitore della realtà del paese. “I luoghi in cui vivono gli immigrati – ha aggiunto don Memè – sono dei veri e propri gironi danteschi. Queste persone vivono in condizioni disumane e disperate”. Secondo don Memè “gli abitanti protestano giustamente, ma l’esasperazione e la rabbia non possono trasformarsi in intolleranza”.

H.11.50. Negli scontri ferite 34 persone
E’ di 34 feriti il bilancio dei disordini scoppiati ieri a Rosarno. Secondo i dati diffusi dalla Polizia di Stato, sono ricorsi alle cure dei medici degli ospedali della zona due cittadini extracomunitari, 14 cittadini italiani, dieci poliziotti e otto carabinieri. Gli uomini del Commissariato di Gioia Tauro hanno arrestato sette extracomunitari per violenza e resistenza a pubblico ufficiale, devastazione e danneggiamento.

H.11.54. L’Immigrato: “Contro di noi continue violenze”
“Abbiamo bisogno di protezione perché contro di noi ci sono continue violenze che sono frutto di razzismo”. Lo dice ai giornalisti Sidiki, un immigrato africano di 25 anni, che viene a Rosarno di frequente per lavorare nei campi. “Subiamo continuamente – ha aggiunto Sidiki – atti di intolleranza, ma noi siamo lavoratori onesti che vengono qui solo per guadagnarsi il pane e non diamo fastidio a nessuno. Piuttosto, sono intollerabili le condizioni in cui ci fanno vivere perché avremmo bisogno di più igiene e dignità”.

H.12.00. Scontri tra gli abitanti e le forze dell’ordine
Ci sono stati scontri tra un gruppo di abitanti di Rosarno e alcuni carabinieri e poliziotti. L’episodio si è verificato mentre gli immigrati facevano rientro nei centri di ricovero in cui sono ospitati. Alcune persone di Rosarno hanno tentato di raggiungere un gruppo di immigrati, ma sono stati bloccati dalle forze dell’ordine. La reazione degli abitanti è stata immediata con grida e insulti verso le forze dell’ordine. “Dovete picchiare loro – ha detto un giovane – e non noi, perché sono loro i veri criminali”.

H.12.08. Su Facebook gruppo ‘Gli africani salveranno Rosarno’
E’ da alcuni mesi attivo su Facebook un gruppo intitolato ‘Gli africani salveranno Rosarno’. Al momento vi aderiscono 1500 persone. Scopo del gruppo è quello di una sorta di osservatorio invernale sulla raccolta degli agrumi nella Piana di Gioia Tauro, mantenere alta l’attenzione, contrastare ogni forma di razzismo, informare correttamente, sfatare i luoghi comuni sul fenomeno dell’immigrazione, promuovere percorsi di integrazione.

H.12.10. Investigatori: nessun coinvolgimento della criminalità organizzata
Allo stato attuale delle indagini non risulta un coinvolgimento della criminalità organizzata nel ferimento di alcuni extracomunitari con un fucile ad aria compressa, l’atto che ha scatenato la guerriglia urbana di Rosarno: è questa, finora, l’opinione concorde degli investigatori di carabinieri e polizia che si stanno occupando del caso.

H.12.11. Il commissario prefettizio invita gli immigrati alla calma
“Vi invito alla calma e vi assicuro che avrete adeguata protezione”. E’ quanto ha detto il commissario prefettizio del Comune di Rosarno, Francesco Bagnato, alla delegazione di immigrati che ha attuato stamattina la protesta davanti al Comune. “Vi garantiremo – ha aggiunto Bagnato – presidi di sorveglianza davanti ai centri di ricovero. Cercheremo, inoltre, di migliorare le condizioni igieniche in cui vivete, dandovi nuovi container per dormire e bagni chimici”.

H.12.20. Feriti al pronto soccorso
Cinque persone, fra ieri sera e stamattina, sono finite al pronto soccorso dell’ospedale di Polistena per ferite riportate durante gli scontri a Rosarno. Si tratta di due extracomunitari e tre persone di Rosarno e alcuni paesi vicini. L’ultimo, un uomo di Giffone, è arrivato questa mattina riferendo di essere stato aggredito. Nelle stesse condizioni anche un altro ragazzo del posto. Tra i feriti due extracomunitari, colpiti da pallini di carabina. Sempre ieri sera una donna ultraquarantenne di Rosarno è stata medicata al pronto soccorso per ferite lievi.

H.12.27. Msf: “Immigrati in condizioni degradanti”
Gli immigrati nella Piana di Gioia Tauro vivono in “condizioni degradanti; condizioni che hanno un serio impatto sulla loro salute”. Lo afferma Loris De Filippi, coordinatore dei progetti di Medici senza frontiere Italia. L’organizzazione lavora da tempo sul posto gestendo le attività di assistenza sanitaria attraverso una clinica mobile.

H.12.30. Bersani: “Maroni fa lo scaricabarile”
“Mi dispiace molto che il ministro dell’Interno non abbia perso l’occasione, anche questa volta, di fare lo scaricabarile sulla famosa immigrazione clandestina”. Pier Luigi Bersani, questa mattina a Reggio Calabria per portare la solidarietà al Procuratore generale della Corte d’Appello, rispondendo ai giornalisti sulla rivolta degli immigrati di Rosarno, sottolinea la gravità della situazione: “Prima bisogna fare in modo di riportare la calma, poi andare alla radice di una situazione fatta sicuramente di mafia, sfruttamento, xenofobia e razzismo”.

H.12.40. A Rosarno scene da guerriglia urbana
E’ un paesaggio in cui sono evidenti i segni della guerriglia urbana e dei danneggiamenti compiuti quello che si presenta lungo la strada che dal centro di Rosarno conduce al centro ricovero ospitato nell’ex Esac. Secondo quanto hanno riferito alcuni abitanti, gli immigrati stamattina, mentre si recavano nel centro del paese, si sono abbandonati ad atti di vandalismo danneggiando tutto ciò che trovavano lungo la loro strada. Ci sono alcune auto distrutte da incendi, cassonetti ribaltati, rifiuti bruciati sparsi lungo la strada. Alcune persone hanno riferito che un gruppo di immigrati ha lanciato pietre contro la loro abitazione provocando danni.

H.12.42. Cei: “Disagio degli immigrati dovuto allo sfruttamento”
“La violenza non va mai giustificata. Anche chi pensa di aver ragione e poi utilizza la violenza sbaglia in quanto la violenza non è mai uno strumento per dimostrare le proprie ragioni. Attraverso la violenza si fa torto alle proprie ragioni”, e tuttavia “il disagio degli immigrati è dovuto alle situazioni di sfruttamento cui vengono costretti a causa del quale fanno una vita invivibile”. E’ quanto afferma al Sir, l’agenzia stampa della Cei, don Ennio Stamile, direttore regionale della Caritas Calabria.

H.12.52. Task force del ministero dell’Interno
Dopo i fatti di Rosarno è stata costituita una task force del ministero dell’Interno, di quello del Welfare e della Regione Calabria. E’ stato deciso al termine di una riunione convocata al Viminale dal ministro dell’Interno, Roberto Maroni.

H.13.03. Le proposte dei funzionari di polizia
”Individuazione degli xenofobi; espulsione dei rivoltosi e tutti i clandestini; premio a chi denuncia lo sfruttamento del lavoro irregolare; perseguire gli imprenditori disonesti; e sostenere gli enti locali che mettono in atto interventi di inclusione sociale”. E’ quanto propone il segretario nazionale dell’Associazione funzionari di polizia, Enzo Letizia.

H13.08. Loiero: “Risposta degli immigrati inaccettabile”
“La provocazione c’è stata ma la risposta degli immigrati è inaccettabile”. Lo ha detto il presidente della Regione Calabria, Agazio Loiero. “E’ il frutto – spiega Loiero – di un clima di intolleranza xenofoba e mafiosa che non riguarda ovviamente la popolazione di Rosarno, giustamente allarmata per la situazione di tensione che si è determinata con la rivolta degli extracomunitari sfruttati, derisi, insultati e ora, due di loro, feriti con un’arma ad aria compressa”.

H.13.10. Occupata dai cittadini la sede del comune
Un centinaio di cittadini di Rosarno hanno occupato la sede del comune e chiedono al commissario prefettizio Francesco Bagnato lo sgombero degli extracomunitari dalla città.

H.13.11. Blocco stradale dei cittadini
Un gruppo di abitanti di Rosarno sta attuando un blocco stradale lungo il tratto della Statale 18 che attraversa il centro abitato. “Basta con gli immigrati – ha detto uno dei manifestanti – perché siamo stanchi di questa situazione. Devono andarsene via”.

H.13.12. Cri in preallarme
La Croce Rossa Italiana è in stato di preallarme per i fatti di Rosarno. Un delegato dell’ organizzazione di volontariato è ora presente in Prefettura nella città dove da ieri sono in corso proteste dei migranti. La Cri ha dato la propria disponibilità per intervenire, se necessario, con strutture e personale per assistere i migranti e la popolazione locale.

H.13.13. FareFuturo: “In italia c’è la schiavitù”
“Bando ai buonismi e alle cose non dette: in Italia esiste la schiavitù. E più precisamente a Rosarno, cittadina di quindicimila abitanti nella piana di Gioia Tauro” dove cinquemila extracomunitari raccolgono agrumi e pomodori, svolgendo un “lavoro massacrante che gli italiani non vogliono più fare. Poco male, se non fosse che le condizioni di lavoro e di vita di questa gente sono ben al di là del limite accettabile in un paese civile”. Lo si legge su ‘Ffwebmagazine’, il periodico on line della Fondazione FareFuturo presieduta da Gianfranco Fini.

H. 13.14. La Russa: “Troppa tolleranza”
“Troppa tolleranza verso i clandestini” – ha detto il ministro della Difesa, Ignazio La Russa – lo Stato ha il dovere di fare rispettare le leggi, di fare rispettare le regole. Non può esserci tolleranza, specie per chi usa la violenza in maniera così evidente, per il solo fatto che è un immigrato. Anzi – ha aggiunto – credo che il degrado sia proprio derivato dalla troppa tolleranza nei confronti dell’immigrazione clandestina di questi ultimi anni”.

H.13.15. Fermato il cittadino che ha sparato dal balcone
E’ stato identificato e si trova negli uffici del comando dei Carabinieri il cittadino che questa mattina ha sparato in aria a Rosarno mentre era in corso la protesta degli immigrati. Gli investigatori stanno facendo accertamenti sull’uomo e verificando se aveva l’autorizzazione per la detenzione dell’arma e se abbia dei precedenti penali. Intanto, a Rosarno, la situazione al momento sembra tranquilla.

H.13.16. Fondazione Migrantes: “Segnale preoccupante”
Le violenze a Rosarno rappresentano “il secondo segnale preoccupante di un territorio che reagisce al mondo dello sfruttamento, dopo qello sul Litorale Domizio in Campania”. Lo sottolinea il direttore della Fondazione Migrantes, don Giancarlo Perego, per il quale “ancora una volta è emersa una forte carenza della presenza della realtà sociale a tutela dei diritti dei lavoratori”.

H.13.44. L’Unhcr: “Impedire la caccia all’immigrato”
L’Unhcr – L’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati – lancia l’allarme: “è assolutamente necessario impedire la caccia all’immigrato”. Lo ha detto la portavoce Laura Boldrini che, insieme a Paolo Artini, responsabile della protezione internazionale, si sta recando a Rosarno. “Siamo molto preoccupati per la situazione a Rosarno – ha aggiunto – e per la tensione che ancora oggi si avverte in città”.

H.13.54. Contromanifestazione: “Gli immigrati devono andarsene”
A palazzo del Municipio a breve si terrà una contromanifestazione, questa volta organizzata dai cittadini rosarnesi. Ad incitare la popolazione alla mobilitazione, è un giornalista pubblicista, Marcello Marzialetti, che si presenta come corrispondente di un quotidiano locale e ai cronisti dice: “Gli immigrati devono andarsene da Rosarno”. L’uomo sta percorrendo le vie del centro con un’auto dotata di megafoni invitando tutti i cittadini a concentrarsi nella piazza del Municipio.

H.14.03. Il commissario prefettizio: “Ferimento immigrati non è razzismo”
“Il ferimento accaduto ieri di due immigrati non è riconducibile a razzismo”. Lo ha detto il commissario prefettizio del Comune di Rosarno, Domenico Bagnato. “Si è trattato in realtà – ha aggiunto – di un atto provocatorio e delinquenziale da parte di alcune persone”.

H.14.20. Aggredita troupe della Vita in diretta
Una troupe della Vita in diretta, il programma di Raiuno condotto da Lamberto Sposini, è stata aggredita questa mattina a Rosarno. Lo rende noto la redazione. Il giornalista Giacinto Pinto stava seguendo gli scontri tra extracomunitari e giovani del paese in una delle strade centrali di Rosarno – spiega la redazione della Vita in diretta – quando è stato avvicinato da un gruppo di giovani locali che hanno iniziato a inveire e hanno afferrato gettato in terra la telecamera. Gli aggressori gridavano di non “filmare loro, ma gli extracomunitari che sono la causa di tutto”. Un giovane ha spinto a terra l’operatore, Antonio Umbrello, e lo ha aggredito. Alcuni cittadini sono intervenuti e hanno aiutato i due a mettersi in salvo.

H.14.25. I gesuiti: “Affrontare il problema degli stagionali”
“La speranza è che questa volta si vada oltre l’increscioso episodio e le istituzioni affrontino il complesso problema dei lavoratori stagionali nel sud dell’Italia: immigrati che vivono in condizioni estreme, sfruttati da datori di lavoro senza scrupoli e senza rispetto dei loro diritti”. Padre Giovanni La Manna, responsabile del Centro Astalli, l’organismo dei gesuiti che promuove l’accoglienza dei rifugiati.

H.14.29. Il commissario prefettizio: “Strane concomitanze”
“Appare strano che due immigrati siano stati feriti ieri in concomitanza con la riunione a Reggio Calabria del Comitato nazionale per l’ordine e la sicurezza pubblica”. A dirlo è stato il commissario prefettizio del Comune di Rosarno, Domenico Bagnato. In ambienti investigativi non si esclude che si sia voluto spostare l’attenzione mediatica dalla riunione del Comitato a Reggio a Rosarno, con gli incidenti che hanno fatto seguito al ferimento dei due immigrati.

H.14.37. I cittadini continuano a bloccare la Statale 18
Non c’è stato il preannunciato incontro tra il commissario prefettizio del Comune di Rosarno, Domenico Bagnato, e la delegazione degli abitanti che stanno attuando il blocco stradale lungo la Statale 18. Secondo quanto ha riferito lo stesso commissario, la delegazione ha rinunciato decidendo di mantenere, almeno per il momento, il blocco stradale.

H.14.53. Una trentina di persone al pronto soccorso
Circa una trentina di persone sono finite al pronto soccorso dell’ospedale di Gioia Tauro in seguito agli scontri di ieri sera a Rosarno. La maggior parte dei feriti sono poliziotti e carabinieri. Fra i pazienti ci sono anche 3 o 4 extracomunitari e, in particolare, l’immigrato ferito con un’arma da fuoco per il quale sembra sia scaturita la protesta. Si tratta di un uomo di 36 anni: è arrivato sanguinante in pronto soccorso alle 15.20 di ieri ed è stato trasportato nel reparto di chirurgia dove è tuttora ricoverato.

H.15.00. Prefetto riunisce il Comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza
E’ iniziata da alcuni minuti a Rosarno la riunione del Comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica convocata dal prefetto, Luigi Varratta, per esaminare la situazione nel paese a causa delle proteste degli abitanti dopo gli atti di vandalismo compiuti dagli immigrati.

H.15.09. Manifestanti impediscono al commissario di parlare
Resta alta la tensione davanti alla sede del municipio di Rosarno dove oltre un centinaio di cittadini stazionano da stamani dopo gli incidenti provocati da un gruppo di extracomunitari. Il commissario prefettizio, Domenico Bagnato, ha tentato di parlare davanti al municipio con i manifestanti, spiegando loro che da qui a breve si terrà una riunione del Comitato per l’ordine e la sicurezza. I presenti, però, hanno coperto con le loro urla la voce del prefetto che, quindi, dopo poche battute, ha rinunciato a tenere il suo discorso.

H.15.12. Il prefetto giunto a Rosarno
Il prefetto di Reggio Calabria, Luigi Varratta, è giunto a Rosarno dove presiederà la riunione del Comitato per la sicurezza e l’ordine pubblico. “Bisogna dare risposte e conferme – ha detto il prefetto – ma soprattutto sicurezza agli abitanti di Rosarno che hanno tutto il diritto di vivere una vita e dignitosa e tranquilla, ma dall’altro lato dobbiamo dare assistenza e assicurazione anche agli extracomunitari regolari. Per quelli clandestini prenderemo altri provvedimenti”.

H.15.16. Bilancio degli scontri
Sono quattro in tutto i feriti dopo gli scontri avvenuti tra le forze dell’ordine e i manifestanti dopo la rivolta degli extracomunitari di questa mattina a Rosarno. Tutti i feriti sono stati medicati e poi dimessi.

H.15.18 Commissario: nella zona ci sono 1.500 extracomunitari
Complessivamente sono 1.500 Gli extracomunitari sparsi sul territorio di Rosarno, Rizziconi e Gioia Tauro. Lo ha riferito il commissario prefettizio, Domenico Bagnato.

H. 15.53 Loiero: “Lo Stato non si è fatto carico della Calabria
“E’ lo Stato che si fa carico dei richiedenti asilo, di quelli che entrano clandestinamente in Italia. Lo Stato non si è fatto carico della Calabria”. Lo ha detto a Sky Tg24 il presidente della regione Calabria, Agazio Loiero. “Con il ministero degli Interni si era stabilito che avrebbero mandato dei fondi per questo problema di Rosarno, di cui poi non si fece più nulla”. “Ho sempre difeso gli immigrati – ha aggiunto – ma creare lo scontro è sbagliato”.

H. 15.54 Irregolari in nero: in Calabria sono 8 mila
Gli immigrati regolari in Calabria sono circa 45 mila, ma si stima che altri 8 mila vivano e lavorino nella regione in modo clandestino. Lo ha reso noto Benedetto Di Iacovo, presidente della Commissione regionale della Calabria per l’emersione del lavoro non regolare. Di Iacovo, anticipando i dati del sesto rapporto sull’economia sommersa in Calabria, sottolinea che il 53% dei lavoratori irregolari nella regione (170 mila nel complesso) opera nel settore agricolo. Di questi, il 40% circa riguarda gli immigrati, sia regolari che clandestini.

H. 16.02 Mantovano: “In tutta la Calabria, la priorità è la lotta alla ‘ndrangheta
“Come avvenne un anno fa a Caserta per la camorra, oggi a Rosarno e in tutta la Calabria, la priorità è la lotta alla ‘ndrangheta, non la caccia all’immigrato”. Il sottosegretario all’Interno, Alfredo Mantovano, ha commentato così ai microfoni di Sky Tg24 la rivolta degli extracomunitari nella cittadina calabrese. “E’ una questione complicata – ha spiegato – perché si intrecciano questioni che riguardano l’ordine pubblico, lo sfruttamento in nero di lavoratori extracomunitari e, più in generale, la vivibilità di una delle zone più difficile del nostro Paese”.

H.16.05 Carfagna: “Denunciare lo sfruttamento per evitare che si creino dei ghetti”
“Per evitare che si creino ghetti è fondamentale riportare la legalità, quindi che tutti denuncino chi sfrutta il lavoro dei clandestini”. Così il ministro per le Pari opportunità, Mara Carfagna, ha commentato i gravi fatti di Rosarno. “Siamo dalla parte di coloro che fanno fino in fondo il loro dovere di cittadini, denunciando lo sfruttamento della manodopera straniera”, ha aggiunto il ministro.

H. 16.20 Bilancio dei fermi: 6 persone arrestate e tre denunciati
Il bilancio degli scontri è di otto arresti, di cui sette cittadini extracomunitari accusati di devastazione, rissa e violenza a pubblico ufficiale. L’unico italiano arrestato è un 37enne del luogo che questa mattina, mentre con il proprio escavatore stava spostando i cassonetti dal centro della strada, alla vista di un gruppo di extracomunitari ha tentato di investirli, ferendone uno. L’accusa per lui è di tentato omicidio.

H.16.52 Il prefetto: “Tra i feriti 14 immigrati e 18 agenti delle forze di polizia”
Sono 14 gli immigrati feriti negli incidenti accaduti a Rosarno tra ieri sera e stamattina. Lo ha reso noto il prefetto di Reggio Calabria, Luigi Varratta. Il Prefetto ha anche reso noto che, a causa degli incidenti, ci sono stati 18 feriti tra le forze di polizia impegnate nei servizi di ordine pubblico.

H. 17.07 Appello del prefetto al “buon senso” dei cittadini di Rosarno
Il prefetto Luigi Varratta ha rivolto un appello ai cittadini di Rosarno affinché in queste ore prevalga il buon senso. “Mi affido al buon senso dei cittadini di Rosarno”, ha detto il prefetto durante l’incontro con i giornalisti e le associazioni del luogo. Il prefetto ha chiesto ai cittadini di “avere pazienza e tolleranza, pur rispettando e comprendendo il loro disagio e la loro rabbia”. Varratta ha poi aggiunto: “Prenderemo sicuramente delle decisioni, ma queste devono essere prese con calma e soprattutto saggezza per evitare ulteriori tensioni in un territorio che combatte contro questo fenomeno ormai da anni”. (Beh, buona giornata).

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Finanza - Economia Lavoro

Ma quale ripresa: in Italia Pil a -5,2 e tasso di disoccupazione a 8,3.

Nubi nere continuano a caratterizzare la situazione economica. I dati dell’Istat non lasciano dubbi. Si parte dal brusco innalzamento del deficit-pil nei primi nove mesi del 2009, un dato quasi raddoppiato rispetto allo stesso periodo dell’anno prima. Si prosegue con l’occupazione che, a novembre, è diminuita di 389.000 unità rispetto allo stesso mese del 2008 e di 44.000 rispetto ad ottobre. Sempre secondo l’Istat il tasso di disoccupazione a novembre ha raggiunto l’8,3%, il dato più alto da aprile 2004.

Deficit-Pil. Nei primi tre trimestri del 2009, comunica l’istat, l’indebitamento netto delle amministrazioni pubbliche in rapporto al pil è stato del 5,2%, contro il 2,8% di gennaio-settembre del 2008 (era 6,1% al termine del secondo trimestre del 2009). Solo nel terzo trimestre dell’anno scorso il disavanzo pubblico è stato pari al 3,3% (era 3,2% ad aprile-giugno), più che raddoppiato rispetto all’1,3% dello stesso periodo del 2008. Nel terzo trimestre del 2009 il saldo primario è stato positivo e pari a 2,244 miliardi (era 14,921 miliardi nello stesso periodo del 2008), con un’incidenza positiva sul pil dello 0,6%, mentre era +3,9% a luglio-settembre dell’anno prima.

Nei primi nove mesi del 2009, il saldo primario rispetto al pil è negativo e pari allo 0,8%, contro il +2,3% dello stesso periodo del 2008. A luglio-settembre, aggiunge l’istituto di statistica, il saldo corrente (risparmio) è stato negativo e pari a 940 milioni, contro il valore positivo di 6,499 miliardi dello stesso trimestre dell’anno precedente, con un’incidenza negativa sul pil pari allo 0,2% (+1,7% nello stesso periodo del 2008). Nei primi nove mesi del 2009, inoltre, il saldo corrente in rapporto al pil è negativo e pari al 2,3% (era +0,3% nei primi tre trimestri del 2008).

Disoccupazione. Il tasso di disoccupazione a novembre ha raggiunto l’8,3%, il dato più alto da aprile 2004. A novembre 2008 il tasso di disoccupazione si era attestato al 7,1%. Le persone in cerca di occupazione nel mese erano 2.079.000, cioè 313.000 in più rispetto ad un anno prima e 30.000 in più rispetto ad ottobre. Il tasso di disoccupazione giovanile è pari al 26,5%, segnando una riduzione di 0,1 punti percentuali rispetto al mese precedente contro un aumento di 2,9 punti percentuali rispetto a novembre 2008.

Occupazione. L’occupazione a novembre è diminuita di 389.000 unità rispetto allo stesso mese del 2008 e di 44.000 rispetto ad ottobre. Lo rileva l’Istat sulla base dei dati destagionalizzati precisando che il calo tendenziale è dell’1,7% mentre quello congiunturale è dello 0,2%.

Eurozona. La disoccupazione nell’eurozona a novembre ha toccato quota 10% rispetto al 9,9% di ottobre. E’ il dato destagionalizzato diffuso da Eurostat, l’ufficio statistico dell’Unione Europea, che precisa come si tratti del tasso più elevato da agosto 1998. Nel novembre 2008 il dato era pari all’8%. I dati sono stati diffusi da Eurostat, secondo cui i disoccupati nell’Eurozona sono 15,712 milioni nell’area euro a novembre (+185 mila da ottobre) e 22,899 milioni nell’Ue (+102 mila). Beh buona giornata.

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Attualità Leggi e diritto Salute e benessere

Il crollo della Casa dello Studente de l’Aquila non fu colpa del terremoto. Ora qualcuno dovrà rispondere del fatto di aver costruito un edificio pubblico senza un pilastro portante.

L’Aquila: mancava pilastro portante nella Casa dello studente-blitzquotidiano.it
I periti nominati dalla Procura della repubblica hanno constatato la grave dissimmetria strutturale nell’area di aggancio delle tre ali che formavano l’edificio; scadente e disomogenea anche la qualità del calcestruzzo realizzato all’epoca con metodi empirici

Rimasero intrappolati sotto le macerie della Casa dello studente a L’Aquila. Morirono otto ragazzi: colpa del terremoto, si disse allora. La realtà è ben diversa. Sono stati uccisi e adesso è possibile sapere i nomi degli assassini. Ora qualcuno dovrà rispondere del fatto di aver costruito un edificio pubblico senza un pilastro portante. Qualcuno dovrà spiegare perchè metteva la sabbia nel cemento armato. E perchè non ha provveduto a verifiche e manutenzioni obbligatorie per legge. E stiamo parlando di una zona altamente sismica.

Le perizie sul crollo della Casa dello studente hanno portato alla luce ciò che si sospettava. Il grumo di responsabilità a tutti i livelli, nascosto dall’onda emotiva seguita al sisma, rivela l’inquietante normalità con cui in Italia si aggirano norme e regolamenti. Il terremoto avrebbe causato meno vittime. Troppo comodo accusare la tragica fatalità.

L’ala nord della casa dello studente dell’Aquila ha infatti collassato anche per la mancanza di un pilastro portante, causando la morte di 8 studenti la notte del 6 aprile scorso. E’ questa la clamorosa e drammatica novità emersa dalla perizia consegnata al procuratore capo dell’Aquila Alfredo Rossini, dai consulenti Francesco Benedettini e Antonello Salvatori, nell’ambito dell’inchiesta che vede indagati, per omicidio colposo, disastro colposo e lesioni, 15 tra tecnici e costruttori.

Gli esperti hanno rilevato la grave «dissimmetria strutturale» nell’«area di aggancio» delle tre ali che formavano la Casa dello studente, che ha una pianta a trifoglio. In tale area mancava un pilastro e la notte del terremoto l’edificio è rovinato al suolo. Il disastro è avvenuto, sottolineano i tecnici, per un terremoto “di magnitudo moderata” e comunque non distruttiva. Il terreno sul quale l’edificio poggiava era buono e privo di sedimenti alluvionali. Pertanto le responsabilità del crollo, sempre secondo la perizia, sarebbero da ricercare nei metodi di costruzione e nelle insufficienti verifiche successive.

Sempre secondo i tecnici a influire sulla rovinosa caduta dell’ala nord, l’unica crollata delle tre, sarebbero stati anche alcuni interventi successivi nelle strutture come l’eliminazione di alcuni tramezzi per fare posto a vetrate, per rendere più spaziosa la hall, e per la demolizione di travi e pilastri per alloggiare tubazioni e canalizzazioni.

Anche l’anno di costruzione dell’edificio, il 1965, è stato un elemento preso in considerazione dai periti nominati dal Tribunale. In origine doveva essere un magazzino, ma soprattutto, si rileva nella perizia, a quell’epoca il calcestruzzo veniva confezionato direttamente in cantiere in quantitativi ridotti e metodi empirici mentre oggi viene fornito dalle centrali di betonaggio che assicurano una qualità costante. Quel tipo di lavorazione ha portato ad un prodotto fortemente disomogeneo e scadente.

Infine un’ultima annotazione riguarda la scelta, definita negligente e errata, della recente installazione sul tetto dell’ala nord di un impianto di pannelli solari che ha agravato la struttura di un sovraccarico di 400 chili.(Beh, buona giornata).

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Per uscire dai social network, un suicidio (virtuale).

Stanco dei social network? Ecco la “macchina per il suicidio virtuale”-lastampa.it
Già commessi 900 “suicidi”. Ma Facebook blocca il sito: «Viola la privacy»

Un sito Internet che consente di commettere un «suicidio» virtuale, cancellando totalmente il profilo di un utente sui social network è stato bloccato da Facebook, che ha ottenuto anche la sua iscrizione nella lista dei siti pericolosi per la sicurezza dei navigatori.

Suicidemachine.org, che ha per titolo «The Web 2.0 Suicide Machine», consente di cancellare tutti i «profili succhia-energia nelle reti sociali», «eliminare tutti falsi amici virtuali», e «farla finita con il vostro alterego Web 2.0», spiegano i realizzatori sull’home page, precisando che il servizio funziona attualmente con Facebook, Myspace, Twitter e LinkedIn e che in 52 minuti riesce a fare automaticamente ciò che manualmente richiederebbe oltre nove ore.

Secondo Facebook, però il servizio viola i termini sulla privacy e le regole del social network quando accede e scarica i dati degli utenti per cancellarne i profili e l’azienda si riserva il diritto d’agire legalmente nell’immediato futuro. La “macchina per il suicidio virtuale”, che finora è stata utilizzata, secondo quanto riportano sul sito, da 892 navigatori, 500 dei quali utenti di Facebook, eliminando 58.401 amicizie virtuali e cancellando più di 230 mila “cinguettii” da Twitter, ha risposto lanciando una petizione per chiedere l’esclusione del suo indirizzo Internet dai siti banditi.

La «macchina» non è però l’unico sito di questo tipo ad aver attirato gli strali di Facebook. Il social network aveva infatti già inviato una lettera di diffida a Seppukoo.com, che permette ai suoi utilizzatori di commettere un “karakiri” informatico in puro stile giapponese. «Come il seppuku riabilita l’onore del samurai, così seppukoo.com si impegna a liberare il corpo digitale», recita un’avvertenza sul sito che in home page, accanto alle foto e ai nomi degli utilizzatori più recenti, reca anche l’avvertimento che è sotto attacco da parte di Facebook. Anche l’accesso da Facebook a seppukoo.com è stato bloccato dal social network, ma il sito ha finora negato ogni addebito, in particolare per le accuse di phishing. (Beh, buona giornata).

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L’influenza suina? Una porcata.

Corte dei Conti, UN’INFLUENZA TRATTATA IN SEGRETO, di Nerina Dirindin-lavoce.info
In pochi si sono vaccinati contro l’influenza A. Un comportamento probabilmente condizionato dalle modalità con le quali è stato trattato il problema: un allarme più mediatico che reale, affrontato in modo poco trasparente, diffondendo informazioni confuse e talvolta addirittura contraddittorie. Ma davvero sorprendente è il contratto tra il ministero e la società farmaceutica che produce il vaccino in Italia: sottoposto a vincolo di segretezza e con un evidente squilibrio di oneri, tutti a carico della pubblica amministrazione.

Nonostante l’allarme pandemia si sia diffuso più rapidamente del virus stesso, gli italiani che hanno scelto di vaccinarsi contro l’influenza A sono pochi. Il notiziario n. 8 del 24 dicembre dell’Istituto superiore della sanità informa che la copertura vaccinale (percentuale di persone vaccinate sul totale della popolazione alla quale è raccomandato) è pari al 4 per cento. Per il personale sanitario e sociosanitario la copertura è un po’ più elevata: 15 per cento. (1)

Percentuali decisamente inferiori a quelle ipotizzate dal ministero (40 per cento) e che, paradossalmente, trasformano il rischio pandemia in un problema di conservazione delle dosi di vaccino inutilizzate, di cui sono pieni i frigoriferi delle Asl.
Ma perché gli italiani aderiscono così cautamente al programma vaccinale? Si tratta di diffidenza eccessiva o hanno buoni motivi per essere titubanti?

La risposta non è certo facile, ma è probabile che il comportamento degli operatori e dei cittadini sia stato condizionato dalle modalità con le quali è stato trattato il problema: un allarme più mediatico che reale, in gran parte ingiustificato sulla base delle evidenze scientifiche, affrontato in modo poco trasparente, diffondendo informazioni confuse e talvolta addirittura contraddittorie. Ce n’è abbastanza per spiegare le perplessità della gente.
Perplessità che avrebbero potuto essere ben più ampie se gli italiani avessero avuto modo di conoscere i contenuti del contratto di acquisto del vaccino.

UN CONTRATTO COPERTO DAL SEGRETO DI STATO

C’è infatti una novità, emersa solo recentemente e trascurata dagli organi di informazione; un fatto che sconcerta e che alimenta nuove perplessità. (2) Il contratto di acquisto del vaccino stipulato dal ministero è sottoposto a vincolo di segretezza.

Il testo contrattuale è attualmente reperibile nel sito http://attentiallebufale.it/, uno spazio che con sano pragmatismo e sottile ironia aiuta a orientare i lettori nella fitta giungla dei documenti scientifici cercando di distinguere i lavori seri dalle bufale. (3)

Ma come mai un contratto che dovrebbe essere pubblico è stato secretato?
La ragione è molto semplice: è stato sottoscritto in base all’ordinanza n. 3275 del presidente del Consiglio del 2003 adottata per fronteggiare rischi di natura terroristica legati alla crisi internazionale e alla guerra irachena dell’epoca. (4) Il governo vi ha fatto ricorso per poter acquistare i prodotti a “trattativa privata, anche mediante affidamenti diretti”. (5) A tale potere si è infatti richiamata l’ordinanza del 31 luglio di quest’anno, con la quale il presidente del Consiglio ha autorizzato il ministero ad acquistare “in termini di somma urgenza” vaccini, antivirali e dispositivi di protezione per almeno il 40 per cento della popolazione italiana.

E così una (presunta) emergenza sanitaria è stata trattata, dal punto di vista contrattuale, come una emergenza terroristica. Il che ha consentito di procedere secondo modalità definite “riservate” con riferimento non solo ai contenuti ma, addirittura, all’esistenza dello stesso contratto(cfr. articolo 10).

LE RESPONSABILITÀ DEL MINISTERO E QUELLE DI NOVARTIS

Ma ciò che appare sorprendente non è solo la natura riservata del contratto. Nel merito, appare evidente lo squilibrio fra gli oneri posti a carico del ministero e quelli posti a carico della Novartis, la casa farmaceutica produttrice del vaccino utilizzato in Italia.
Infatti, come rilevato anche dalla Corte dei conti,il contratto stipulato tra il ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche sociali e la Novartis Vaccines and Diagnostics srl presenta aspetti che necessitano di importanti chiarimenti. (6)

Contiene condizioni che “vanificano a favore della Novartis” (le parole fra virgolette sono della Corte dei Conti) tutti i vincoli contrattuali. Non impone alcuna penalità in caso di mancata consegna dei vaccini o in caso di violazioni di disposizioni essenziali da parte della Novartis. Prevede garanzie a carico del ministero non bilanciate rispetto a quelle a carico della Novartis (l’osservazione è sempre della Corte dei conti). Manca di adeguate valutazioni tecniche circa la congruità dei prezzi.

Ma, soprattutto, il ministero si impegna a risarcire alla Novartis, senza alcun limite, né monetario, né temporale, tutte le perditederivanti da danni causati dal vaccino a persone e/o cose, con la sola eccezione di quelli legati a difetti di fabbricazione. Il ministero si accolla quindi tutti i rischi connessi a eventuali reazioni avverse, effetti collaterali o qualunque altra conseguenza, comprese quelle imprevedibili, derivante dall’uso del vaccino. Un’assunzione totale di responsabilità da parte della pubblica amministrazione che esonera completamente la Novartis.

Una clausola che non può non sollevare perplessità: è accettabile che una società privata aumenti i propri profitti grazie a una emergenza sanitaria e scarichi sul contribuente tutti i rischi connessi all’uso del prodotto che vende? Ed è accettabile che un governo acquisti vaccini per centinaia di milioni senza pretendere garanzie adeguate sui prodotti, anzi accollandosi ogni rischio? E ancora. Se, come più volte affermato, il vaccino non presenta controindicazioni, perché questa clausola così platealmente liberatoria nei confronti del produttore?

Le domande sono probabilmente destinate a restare senza risposte. Persino la Corte dei conti ha finito per dare il visto a un contratto che, pur “al di fuori degli ordinari schemi contrattuali”, è giustificato solo in ragione della eccezionalità e urgenza dell’intervento.

Certo che, tra falsi allarmi, pandemie mancate e segreti di Stato, appare sempre meno incomprensibile la diffidenza degli italiani nei confronti del programma vaccinale.

Comprendendo le difficoltà che il governo ha dovuto affrontare di fronte a una situazione di rischio epidemiologico, trasformata in pandemia da una semplice revisione della definizione di questo concetto da parte dell’Organizzazione mondiale della sanità, la recente esperienza dell’influenza A meriterebbe un’analisi serena, basata su informazioni complete e trasparenti. (Beh, buona giornata).

(1) Tabella 1.
(2) Salvo, a quanto ci risulta, due articoli solitari apparsi il 19 novembre su Il Sole 24Ore e sull’Unità.
(3) http://attentiallebufale.it/wp-content/pdf/contratto_ministero.pdf
(4) http://www.procivbastia.com/files/legislazione/2003_OPCM_3275_28_marzo.pdf
(5) Vedi articolo 2, lettera e), dell’Opcm.
(6) Deliberazione n. 16/2009/P del 21 settembre 2009 dell’ufficio della Corte dei conti che esercita controllo di legittimità su atti del governo e delle amministrazioni dello Stato.

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Per respingere i respingimenti.

“Si avvisa che quest’anno Gesù Bambino resterà senza regali: i Magi non arriveranno perché sono stati respinti alla frontiera insieme agli altri immigrati”. C’è scritto questo su un cartello posto all’interno del presepe della Cattedrale di Agrigento alla vigilia dell’Epifania. Beh, buona giornata.

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