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Attualità democrazia Società e costume

La sai l’ultima?

Il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi ha anticipato che il governo è pronto a inasprire le pene per i reati di corruzione. “Ho in animo di presentare un provvedimento addirittura nel prossimo Cdm – ha detto Berlusconi – Sto lavorando a un inasprimento”. Beh, buona giornata.

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Finanza - Economia

Quella gran voglia delle banche di riaumentare il costo del denaro.

La Federal Reserve ha aumentato il tasso di sconto di un quarto di punto, dallo 0,50% allo 0,75%. Ma ha tenuto a precisare che la decisione non implica un cambiamento della politica monetaria o delle prospettive per l’economia. E ha ribadito che i tassi rimarranno a livelli bassi per un periodo prolungato. In rialzo dello 0,25% anche il tasso di offerta minima creato a dicembre 2007 nel momento della recessione. A quando la Bce? Beh, buona giornata.

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Attualità democrazia

La mappa delle alleanze: ecco quello che farà la Sinistra alle elezioni regionali 2010.

da Liberazione di giovedì 18 febbraio 2010

Il punto sulle regionali. La Federazione della Sinistra va da sola anche in Lombardia e Marche
Campania, contro le due destre si candida Paolo Ferrero

Checchino Antonini-da Liberazione

E’ stato lo stesso Paolo Ferrero a dare la notizia al suo arrivo a Napoli nel pomeriggio di ieri: sarà proprio il segretario nazionale del Prc, il candidato Presidente della Federazione della Sinistra alla guida della regione Campania.
“De Luca non è un candidato di sinistra – spiega a Liberazione – invece in Campania c’è bisogno di sinistra. Le critiche e la discontinuità che abbiamo chiesto spesso a Bassolino non si risolvono tornando ad Achille Lauro (controversa figura di armatore e sindaco populista e reazionario di Napoli negli anni ‘50, ndr), ma guardando al meglio di ciò che la sinistra ha prodotto in Campania e quindi guardando a Maurizio Valenzi (prestigiosa figura di sindaco comunista di Napoli negli anni ‘70, ndr)”.
Con la candidatura di un leader nazionale, per di più piemontese, “vogliamo sollevare il problema politico di una regione dove si sfidano due candidati di destra – conclude Ferrero – non mi pare un fatto amministrativo”.

La genesi della decisione nelle parole di Tommaso Sodano, ex presidente della commissione ambiente del Senato: “Avevamo chiesto discontinuità con la stagione di Bassolino, ma il Pd non ha mai dato segnali di disponibilità in questo senso”.

Infatti, in una prima fase s’erano profilate primarie tutte dentro lo scontro nel Pd: l’assessore bassoliniano Marone contro De Luca, sindaco a Salerno. “De Luca è l’uomo che si richiama alla destra europea, che prova a incarnare il peggiore populismo – continua Sodano – avevamo rotto con lui già a Salerno dopo varianti urbanistiche in odore di speculazione. In quella città ha sfidato il suo stesso partito, correndo con una lista contrapposta. E’ lui che scendeva dalla macchina dei vigili per buttare all’aria le bancarelle dei senegalesi o che, di fronte al municipio, strapppava i manifesti di Rifondazione, che lo criticavano”.

Ora De Luca è molto indietro nei sondaggi e tenta di spostare a destra la sua campagna con dichiarazioni clamorose, come quelle veicolate nelle ultime ore.
“E’ stato chiesto a S&L (Sinistra e Libertà, il partito di Vendola, ndr) e a Idv (il partito di Di Pietro, ndr) – ricorda Sodano – di mettere insieme un polo alternativo. Ma la plateale assoluzione di De Luca al congresso dipietrista marca la mastellizzazione di quel partito. Non si può sempre vivere con il ricatto del meno peggio. E’ quell’idea che porterà alla sconfitta un centrosinistra che governa in Campania dal ‘93. Con questa operazione, invece, si prova a restituire dignità alla parola sinistra”.

“La vicenda campana assume un valore quasi paradigmatico, con il Pd che impone una sua candidatura rispetto alle resistenze sia degli alleati ma anche di un pezzo di quel partito. E, con De Luca, avanza una candidatura francamente indigeribile al di là delle sue vicende giudiziarie. Il sindaco di Salerno non fa mistero di un suo “leghismo meridionale”. Una candidatura che di per sé rompe a sinistra. Appare grave il ritorno indietro di S&L e di Idv e, per tutto questo scende in campo Ferrero a indicare una questiona nazionale: non tutto è digeribile in nome dell’unità”. Così spiega Gianluigi Pegolo, responsabile dipartimento Democrazia e Istituzioni, facendo il punto sulla partecipazione della Federazione alle imminenti regionali.

Se le cose dovessero restare così, a 39 giorni dall’apertura delle urne, Rifondazione corre da sola in tre regioni. La Campania, appunto, ma anche in Lombardia con Agnoletto, candidato presidente e nelle Marche dove la Federazione è apparentata con una lista di S&l e Massimo Rossi sfida Pd e destre. Rossi, già sindaco di grottamare e presidente della provincia di Ascoli, è stato il primo amministratore pubblico a praticare la strada della democrazia partecipata.

In Umbria la trattativa è in corso ma è assai probabile che si chiuda con un accordo di centrosinistra. E’ tramontata, infatti, l’ipotesi di una associazione dell’Udc alla compagine di centrosinistra e sembra che Casini voglia candidare a Presidente Paola Binetti.

L’accordo tecnico elettorale è stato siglato in tre regioni: in caso di vittoria non prevede una collocazione della Federazione al governo. Succede in Piemonte, Lazio e Basilicata. Spiega ancora Pegolo che questi accordi parziali scaturiscono dall’esigenza di impedire un successo delle destre.

Sette, invece, gli accordi organici. Se si vincesse ci saranno assessori espressione della Federazione. Si va dal Veneto – guidato da tempo dal centrodestra – dove la Federazione è in una coalizione di forze di opposizione a Toscana, Emilia, Umbria e Liguria, regioni in cui “veniamo fuori da esperienze di governo comune”.

E poi ci sono Puglia e Calabria.

In Puglia e Toscana la Federazione è in lista coi verdi. In Puglia la “bicicletta” (due simboli a indicare la lista) è un esito che contraddice i propositi di S&l (il partito di Vendola, ndr) prima delle primarie.

Dopo la vittoria di Vendola, difatti, gli ex Prc e l’ex Sd prova a spendersi il logo da sola.

Più in generale, dove non è stato possibile un centrosinistra organico è stato per via dell’ indisponibilità del Pd su programma e candidature – continua Pegolo – in alcune regioni sarebbe stato possibile dare vita a poli alternativi ed è avvilente constatare come in Campania Idv e S&l siano rientrati nell’alveo o trovarsi davanti alle pulsioni anticomuniste di Penati in Lombardia.

Nelle Marche, invece, non è stata lanciata alcuna discriminante contro di noi da parte di S&l, e lì la sinistra di alternativa è riuscita a non accettare i dictat del Pd che ha espresso posizione intollerabile”.
Infatti, dopo aver aperto un tavolo ditrattativa con le sinistre, i democratici hanno preteso che si facessero da parte, dopo un lungo periodo di governo comune, per far posto a un’alleanza con l’Udc.
(Beh, buona giornata).

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Media e tecnologia Pubblicità e mass media

Continua la guerra tra Mediaset e Sky.

Lo scorso ottobre con un’ordinanza il Tribunale di Milano ha ritenuto che la concessionaria pubblicitaria di Mediaset, Publitalia, non potesse rifiutare gli spot di Sky definendo questo comportamento come “la messa in atto di un accordo anti-concorrenziale”. Ad oggi, però, Publitalia ha di fatto continuato a non mandare in onda gli spot di Sky Italia. Il Tribunale di Milano ha confermato che il comportamento di Publitalia viola l’ordinanza dell’ottobre 2009, che Sky Italia non è tenuta ad alcun obbligo di reciprocità e che Publitalia risponderà dei danni causati dalla sua inottemperanza, ma il Tribunale ha anche ritenuto di non poter emettere ordini impositivi nei confronti della concessionaria di Mediaset.

Tom Mockridg, Amministratore delegato di News Corporation Stations Europe ha dichiarato: “Prendo atto con rammarico che, in Italia, un’azienda che controlla più dell’85% degli spazi pubblicitari sulla televisione commerciale, può, di fatto, rifiutarsi di trasmettere le campagne di uno dei suoi concorrenti senza che vi sia un rimedio efficace. Sky Italia continuerà a promuovere la propria offerta ai consumatori italiani attraverso altri mezzi di comunicazione così come ha già fatto durante gli ultimi tre mesi; allo stesso tempo News Corporation continuerà ad impegnarsi per ottenere che anche in Italia vi sia una reale concorrenza nel mercato televisivo, portando la questione all’attenzione delle Autorità competenti, a partire dalla Commissione Europea”. Beh, buona giornata.

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Attualità democrazia Popoli e politiche Pubblicità e mass media Società e costume

Ecco come la Destra in Italia ha avvelenato i cuori e inquinato le coscienze dei giovani. Pessimo il futuro che ci attende.

(da repubblica.it)
Quasi la metà dei giovani italiani è razzista, diffidente nei confronti degli stranieri mentre solo il 40 per cento si dichiara “aperto” alle novità e alle nuove etnie che popolano il nostro Paese. E’ lo sconfortante ritratto offerto dall’indagine “Io e gli altri: i giovani italiani nel vortice dei cambiamenti” da cui emerge che il razzismo è un fenomeno tutt’altro che sradicato tra i ragazzi. Presentato oggi alla Camera, alla presenza del presidente, Gianfranco Fini, lo studio è promosso dalla Conferenza delle assemblee delle Regioni nell’ambito delle iniziative dell’Osservatorio della Camera sui fenomeni di xenofobia e razzismo, ed è stato realizzato da Swg su duemila giovani.

Chiusure e fobie. L’area tendenzialmente fobica e xenofoba è del 45,8 per cento, con diverse sfumature al suo interno. Lo studio indica tre agglomerati. Il primo è quello dei Romeno-rom-albanese fobici, pari al 15,3 per cento del totale degli interpellati, e manifesta la propria intolleranza soprattutto verso questi popoli. E’ l’unico gruppo la cui maggioranza (56 per cento) è costituita da donne. Il secondo riunisce soggetti con comportamenti improntati al razzismo. E’ il più esiguo, perché rappresenta il 10,7 per cento dei giovani, ma il più estremo, perché in sostanza rifiuta e manifesta fastidio per tutti, tranne europei e italiani. Ci sono poi gli xenofobi per elezione (20 per cento): non esprime forme di odio violente, quel che conta è che le altre etnie se ne stiano lontane, possibilmente fuori dall’Italia.

Aperture e tolleranze. La fetta di quanti hanno invece un atteggiamento aperto è del 39,6 per cento. All’interno si riconoscono gli
inclusivi (19,4 per cento) con un’apertura totale e serena (55,3 per cento); i tolleranti (14,7 per cento), un po’ più freddi rispetto ai precedenti e gli aperturisti tiepidi (5,5 per cento), ossia giovani decisamente antirazzisti, ma con forme più caute e trattenute, minore interazione con le altre etnie e un riconoscimento più ridotto dell’amore omosessuale. Al centro lo studio posiziona i mixofobici (14,5 per cento), giovani che non sono del tutto proiettati verso la chiusura, ma neppure verso il suo opposto e che vivono un sentimento di fastidio verso ciò che li allontana dalla loro identità.

Rom, sinti e romeni i meno graditi. I giovani italiani tra i 18 e i 29 anni giudicano ‘simpatici’ gli europei in genere con un voto pari a 8,2 su una scala da 1 a 10, gli italiani del Sud (7,8) e gli americani (7,7), mentre ritengono antipatici e da tenere a distanza soprattutto Rom e Sinti (4,1), romeni (5,0) e albanesi (5,2). Attraverso un’indagine è stato chiesto ai giovani di rispondere come si sarebbero comportati in determinate situazioni. Ecco le risposte.

Scegliere con chi andare a cena. I giovani hanno messo in testa le persone disagiate economicamente, giudicano “accettabile” una cena con un ebreo, un omosessuale o con un extra-comunitario. Accettato, ma con freddezza un musulmano. Impensabile pasteggiare con un tossicodipendente o un rom.

Il vicino di casa. Verrebbero accettati tranquillamente omosessuali, ebrei e poveri. No invece a zingari e a chi utilizza sostanze stupefacenti e zingari.

Se un figlio si fidanza. I giovani italiani riterrebbero accettabile avere un figlio che ha un partner o una partner di religione ebraica, ma anche qualcuno con evidenti disagi economici. Meglio comunque se a ritrovarsi in questa situazione è il maschio: per la figlia femmina, infatti, c’è qualche resistenza in più. Scarso entusiasmo se la coppia si formasse con un o una extra-comunitaria o con una persona musulmana. Assai più difficile convivere con l’omosessualità di un figlio. Ma l’incubo peggiore è la possibilità che uno dei propri figli faccia coppia con un tossicodipendente o un rom, situazione considerata inaccettabile.

Identikit del giovane razzista. Il profilo più estremo del razzismo tra i giovani, così come emerge dall’indagine presentata alla Camera, descrive una persona che ostenta superiorità e persistente bisogno di potenza. Ha atteggiamenti apertamente omofobici, spinte antisemitiche, convinzione dell’inferiorità delle donne. E non accetta nessuna razza o etnia diversa dalla propria. Un profilo che riguarda il 10,7 per cento dei giovani, ma estremamente preoccupante. L’indagine definisce questa tipologia come quella dei soggetti “improntati al razzismo”.

Un clan che si espande online. Questo clan, rileva la ricerca, si distingue non solo per l’intensità estremizzata delle proprie posizioni, ma anche per la sua capacità di produrre un vero e proprio modo di essere nella società, per la sua tendenza a essere una comunità, per quanto chiusa e ristretta. Si tratta di un agglomerato che sviluppa un forte senso di appartenenza, che ha trovato nella rete il proprio ambito di espressione e riconoscimento, e il proprio megafono. Questo clan ha, anche se per ora non in modo uniforme e unificato, una propria strategia di “espansione”, per creare nuovi fan, per sviluppare e far crescere i propri adepti, di ingrossare le proprie fila.

Su Facebook oltre mille gruppi xenofobi. Dalla ricerca emerge inoltre che sono oltre un migliaio i gruppi razzisti e xenofobi che si trovano su Facebook. “Nel nostro studio sul razzismo e i giovani – ha spiegato il direttore di Swg, Enzo Risso, – abbiamo condotto un’indagine su Facebook, una sorta di censimento sui gruppi xenofobi, effettuato tra ottobre e novembre. Ne abbiamo contato un centinaio anti musulmani, 350 anti immigrati alcuni con punte di 7 mila iscritti, 400 anti terroni e napoletani e 300 anti zingari, anche qui con fino a 7mila iscritti”. Risso ha spiegato che questa parte dell’indagine “non può essere considerata un censimento vero e proprio perché quella di internet è una realtà che varia continuamente, ma ha un valore indicativo”. (Beh, buona giornata).

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Finanza - Economia Lavoro Leggi e diritto Popoli e politiche

I lavoratori stranieri in Italia quadagnano il 21,6% in meno di quelli italiani.

Stipendi più bassi ai lavoratori stranieri
Un dipendente toscano guadagna in media 268 euro in più rispetto a un immigrato di Rosa Serrano-firenze.repubblica.it

Retribuzioni a due velocità in Toscana. Il gap salariale tra dipendenti toscani e stranieri si attesta a 268 euro a favore dei primi: se un lavoratore toscano mediamente riceve mensilmente 1.242 euro, uno straniero arriva appena a 974 euro, cioè il 21,6% in meno. Questo il dato più significativo che emerge dall’analisi effettuata dalla Fondazione Leo Moressa per Repubblica sulla base dei dati contenuti nella recente rilevazione Istat sulle forze di lavoro che per la prima volta contiene l’indicazione delle retribuzioni mensili nette degli occupati.

I dati sono relativi alle retribuzioni dei dipendenti del mese precedente alla rilevazione escluse altre mensilità (tredicesima, quattordicesima e voci accessorie non percepite regolarmente tutti i mesi, premi di produttività, arretrati, indennità per missioni, ecc.). Il dato toscano non si discosta molto da quello medio nazionale che evidenzia un differenziale retributivo del 22,8%. La percentuale di occupati di origine straniera in Toscana rappresenta il 9,4% del totale della forza lavoro. Le mansioni e le professioni svolte da lavoratori di origine straniera differiscono molto da quelle degli italiani: essi, infatti, per la maggior parte sono operai (75,8%), mentre per tale professioni gli italiani sono solo il 31,3%.

Quali le motivazioni di questo forte divario retributivo? Per Valeria Benvenuti che ha curato la ricerca, in molti casi la differenza nella retribuzione dipende soprattutto dall’anzianità dei dipendenti stranieri in un’impresa: la loro assunzione è più recente rispetto al lavoratore italiano e beneficiano, quindi, di un numero minore di scatti retributivi, anche a parità di mansioni.

A suo avviso, si deve considerare anche il fatto che il lavoro per lo straniero è la condizione necessaria per avere e per rinnovare il permesso di soggiorno. Questo legame indissolubile può portare all’accettazione da parte del lavoratore di condizioni occupazionali marginali, poco tutelate e, in alcuni casi, anche sotto pagate. Il tema del lavoro immigrato nella nostra regione è stato ampiamente trattato in una ricerca dell’Irpet curata da Michele Beudò dalla quale emerge la rilevanza strutturale dell’immigrazione per il sistema economico regionale indirettamente confermata anche dal fatto che le assunzioni degli stranieri risultano essere per la maggioranza (57%) a tempo indeterminato, un dato praticamente in linea con quello che riguarda gli italiani (59%).

Le occupazioni svolte dagli immigrati sono caratterizzate da mansioni di livello medio-basso e retribuzioni inferiori alla media. Per Beudò sono molteplici le motivazioni che producono questo differenziale retributivo: fra l’altro, i lavoratori immigrati, in molti casi, effettuano parte delle prestazioni lavoratori “a nero” e ciò comporta una riduzione della retribuzione ufficiale mensile certificata poi dall’Istat. Altri vengono assunti con una qualifica inferiore a quella effettivamente svolta: ad esempio, nell’edilizia uno straniero può essere assunto come manovale anziché come muratore e ciò comporta un differenziale sfavorevole rispetto al muratore italiano. (Beh, buona giornata).

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Attualità democrazia Natura Popoli e politiche Pubblicità e mass media

Mentre il capo della Protezione Civile va in tv, e il capo del Governo lo benedice, oltre duemila persone stanno abbandonando le loro case nel centro in provincia di Vibo Valentia. Che frana!

(da corriere.it)
«Vado avanti e voglio ristabilire la verità. Ho fiducia nei giudici». Lo ha detto il capo della Protezione civile, Guido Bertolaso, ospite di Ballarò, poche ore dopo l’audizione alla commissione Ambiente della Camera. «Le dimissioni le ho annunciate cinque minuti dopo aver ricevuto l’avviso di garanzia, ma il governo le ha respinte e, fino a quando non saranno accettate, andrò avanti per svolgere il mio lavoro», ha specificato Bertolaso, che in precedenza aveva ottenuto anche il via libera da Silvio Berlusconi in un incontro nel pomeriggio: «Vai avanti, stai tranquillo e non preoccuparti», ha detto il premier secondo quanto si apprende da fonti governative. «Continua a lavorare» avrebbe aggiunto il premier, sottolinieando che il capo della Protezione civile potrà contare sull’appoggio dell’intero governo.

(da repubblica.it)
Oltre duemila persone stanno abbandonando le loro case nel centro in provincia di Vibo Valentia
dopo che ieri un intero costone della montagna che si trova a ridosso del centro è venuto giù
Calabria, evacuazione di massa a Maierato
Il sindaco: “La frana minaccia il paese”

MAIERATO (Vibo Valentia) – Sono stati evacuati tutti gli abitanti di Maierato, paese di 2.300 persone in provincia di Vibo Valentia, dopo che ieri un intero costone della montagna che si trova a ridosso del centro è franato mettendo in pericolo numerose abitazioni. La decisione è stata presa a scopo precauzionale dal sindaco, Sergio Rizzo, che ha definito lo scenario “apocalittico”. “La frana – ha detto il sindaco – minaccia una parte importante del paese e vista l’incertezza delle condizioni meteo abbiamo deciso di non rischiare”.

Le prime 300 persone sono state allontanate dalle loro abitazioni già ieri sera, ma da stamani è cominciato lo sgombero di tutto il paese. Gli sfollati saranno sistemati nella scuola di polizia e nel palazzetto dello sport di Vibo Valentia. Inoltre sono stati allestiti punti di raccolta in varie scuole dei paesi della provincia. “E’ impressionante – ha detto l’assessore all’Ambiente della Regione Calabria, Silvio Greco- quello che abbiamo potuto vedere dall’elicottero. Adesso, però, bisogna capire la natura della frana e la sua evoluzione”.

E’ emergenza, comunque, in tutta la Calabria dopo giorni di pioggia incessante che ha provocato danni ingenti. Hanno dovuto lasciare le loro case, per la minaccia di smottamenti alcune famiglie a Mendicino (Cosenza) e a Gimigliano (Catanzaro), mentre proprio alle porte del capoluogo di regione, a Germaneto, i tecnici del comune e della Protezione civile stanno valutando la necessità di procedere allo sgombero di altre 30 famiglie da alcune abitazioni minacciate da un nuovo fronte franoso che ha già reso impraticabile una strada. Ad Acri e Castiglione Cosentino, in provincia di Cosenza, i vigili del fuoco hanno raggiunto alcune abitazioni isolate a causa di smottamenti che hanno ostruito le strade, mentre a Bisignano è in pericolo il Santuario dedicato a Sant’Umile la cui chiesa è stata dichiarata inagibile. Il bilancio degli smottamenti si aggiorna di ora in ora.

Nella sola provincia di Cosenza se ne contano ormai 180 con l’interessamento di 27 arterie tra provinciali ed ex statali completamente “off-limits”. A pagare lo scotto maggiore è la fascia che va da Aiello Calabro a Roggiano Gravina. Difficoltà anche per il Basso Ionio con interruzioni a Campana, Pietrapaola, Paludi. Nell’hinterland cosentino il discorso non cambia a Castiglione Cosentino, Zumpano, Rovito e San Pietro in Guarano.

Nel catanzarese, transito è bloccato sulle provinciali a Tiriolo, Gimigliano per i problemi di stabilità del ponte sul fiume Corace, Soveria Simeri e Guardavalle nella zona ionica del soveratese. Tempi lunghi si prospettano, invece, per il ripristino della strada Janò-Magisano che dal capoluogo conduce nella zona della Presila, chiusa ormai da quasi venti giorni per un vasto movimento franoso che minaccia due quartieri di Catanzaro.

Rubinetti a secco da ieri per diverse decine di migliaia di persone a Catanzaro e nell’hinterland costiero per la rottura della condotta idrica che alimenta per almeno due terzi l’acquedotto cittadino, dovuta alla piena del fiume Alli. Gli ospedali e le cliniche del capoluogo sono riforniti di acqua dalle autobotti della Protezione civile regionale. Anche a Cosenza una frana ha investito una condotta provocando disagi per la riduzione della portata nel centro cittadino. In Sila la neve ha raggiunto i tre metri di altezza.

I parlamentari Gentile e Pittelli, del Pdl, hanno chiesto la dichiarazione dello stato di calamità e l’intervento del governo. Il presidente della Regione Calabria Agazio Loiero ha convocato, per oggi, una riunione straordinaria dell’esecutivo sulle conseguenze del maltempo. In Prefettura è stata costituita un’unità di crisi che segue l’evolversi della situazione. (Beh, buona giornata),.

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Attualità

Mariastella, in piedi sulla sedia recita a memoria la poesia di Carnevale.

GELMINI: BERTOLASO NON SI TOCCA, DEVE RESTARE (fonte- AGI)

‘Guido Bertolaso non si tocca. Deve restare per continuare l’ottimo lavoro fin qui svolto’. Lo afferma in una nota il ministro dell’Istruzione, Mariastella Gelmini. ‘Le emergenze che questo governo ha dovuto affrontare – osserva – non sarebbero state risolte e superate senza il contributo determinante del sottosegretario Bertolaso’. Per Gelmini c’e’ ‘l’ennesimo tentativo di diffamare un simbolo del buon governo di questa maggioranza, di screditare un esponente di un esecutivo che risolve le emergenze’. (Beh, buona giornata).

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In Italia la corruzione è aumentata del 229%. La Lombardia guida la classifica. Lo dice la Sinistra? No, la Corte dei Conti.

La moltiplicazione di mazzette e bustarelle. Corte dei Conti: “Raddoppiate”
Secondo i numeri della Corte dei Conti, le denunce di casi di corruzione sono aumentate del 229% dal 2008 al 2009 – Incremento del 153% anche per gli episodi di concussione – da blitzquotidiano.it

Aumentano in Italia le denunce per casi di corruzione: secondo la Corte dei Conti le denunce per questo tipo di reato hanno subito un incremento del 229% tra il 2008 e il 2009.

Sempre secondo le stesse stime anche le denunce per concussione si sono moltiplicate: nel 2009 sono cresciute del 153%. Per colpa delle “mazzette” le casse statali hanno ricevuto 69 milioni di euro in meno.

A confermare il trend ci sono anche le cifre che riguardano i processi: nel 2008 le citazioni in giudizio per i reati di tangenti, corruzione e concussione sono state l’8,6% del totale. Una percentuale che è salita fino a quota 11 per cento nel 2009 per quanto riguarda le sentenze di condanna in primo grado per questi reati.

Se invece si sposta l’attenzione sul dato geografico, si scopre che è la Lombardia la regione più colpita da questa prassi, seguita a ruota da Campania, Sicilia, Lazio e Puglia. Forse sarà solo un caso, ma due dei casi di corruzione più clamorosi degli ultimi tempi hanno avuto come protagonisti proprio due “lùmbard”: il 17 dicembre viene arrestato il leghista Pier Gianni Prosperini, assessore allo Sport della giunta Formigoni. L’11 febbraio è il turno di Milko Pennisi, consigliere comunale a Milano in quota Pdl. Quest’ultimo è stato colto in flagrante mentre intascava 5 mila euro da un costruttore milanese che chiedeva di “sbloccare” una pratica che lo interessava.

Gli ultimi episodi, uniti ai numeri della Corte dei Conti, hanno fatto ipotizzare un ritorno a “Tangentopoli”, che alcuni hanno battezzato “Ri-Tangentopoli”. Berlusconi e la maggioranza smentiscono che si tratti di una pratica generalizzata, ma le inchieste e gli arresti vanno avanti.

Ora l’inchiesta sullo “scandalo Protezione Civile” ha rivelato che la corruzione aveva inquinato persino le situazioni di emergenza: anche qua gli appalti erano assegnati attraverso una rete di favori e “cortesie”. E nel mirino dei magistrati è finito un altro esponente del Pdl, questa volta un “pezzo da novanta”: si tratta di Denis Verdini, coordinatore del partito e ora indagato dalla Procura di Firenze, sempre per corruzione.

Intanto, un altro amministratore locale del centrodestra è finito nei guai: il presidente della Provincia di Vercelli, Renzo Masoero, è ai domiciliari con l’accusa di concussione. Tra le altre cose, è emerso che avrebbe chiesto il “pizzo” al presidente dell’Ufficio Stampa della Provincia, che si è così garantito il posto di lavoro.

Sono questi gli episodi più eclatanti che hanno fatto parlare di “Ri-Tangentopoli”. Una voce che preoccupa il premier Berlusconi, visto che le elezioni regionali sono alle porte. Ma il Cavaliere getta acqua sul fuoco e assicura che si tratta di «casi isolati». Berlusconi torna anche ad accusare magistrati e opposizione che, dice, vogliono «dare l’impressione che c’è un sistema che funziona solo a suon di bustarelle».

Tutti i “big” del centrodestra si sono schierati insieme al suo leader. Anche Gianfranco Fini sostiene la tesi dei “casi isolati”. «Chi ruba non lo fa per il partito ma perché è un ladro, un volgare lestofante», ha spiegato il presidente della Camera. Maurizio Gasparri ha invece assicurato che nei confronti dei casi di corruzione ci vuole tolleranza zero, senza pregiudizi «politico-ideologici». (Beh, buona giornata).

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Attualità Finanza - Economia Lavoro

Emanuele si impiccato sul posto di lavoro che aveva perso.

Senza lavoro si muore. Suicidio a Torino
di Daniele Cardetta

Aveva 28 anni Emanuele, ragazzo trovato impiccato la mattina del 12 febbraio in un magazzino nella cittadina nel torinese di Vinovo. Ha scelto di uccidersi proprio lì, nei magazzini della sua cooperativa, la Tecnodrink, che aveva appena perso la commessa per la quale stava lavorando.

Emanuele, che lascia un fratello e la madre, era benvoluto da tutti i colleghi e per lui il lavoro rappresentava quasi una seconda casa, probabile dunque che il malessere sul posto del lavoro lo abbia spinto alla tragica decisione.

Infatti a inizio anno ci fu un amara sorpresa per Emanuele. La Carlsberg aveva deciso di non rinnovare nessun contratto con le piccole cooperative in Italia passando direttamente a fare affari con la multinazionale Coca Cola.

Da quel punto in avanti il rischio per Emanuele della cassa integrazione si era fatto sempre più concreto, così come l’angoscia di rischiare di rimanere senza lavoro vista la forte crisi che sta colpendo il torinese e il Piemonte.

Negli ultimi tempi Emanuele era sempre più depresso anche se nessuno dei suoi colleghi avrebbe potuto immaginare un gesto così estremo. Di lavoro dunque si può morire, e non solo per incidenti sul posto di lavoro ma anche di depressione per paura di perderlo.

La speranza è che la vicenda del povero Emanuele serva a fare riflettere perché purtroppo di ragazzi nelle sue condizioni che rischiano di perdere definitivamente il posto di lavoro ce ne sono troppi e tanti di loro devono convivere quotidianamente con le preoccupazioni di un futuro sempre più incerto e drammatico. E c’è chi assicura che il peggio debba ancora venire. (Beh, buona giornata).

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Attualità Lavoro Società e costume

La festa degli innamorati nell’epoca dei disoccupati: “Godetevi il giorno di san Valentino ragazzi miei, amatevi di marca e sbaciucchiatevi di lusso. Domani ci ritroveremo come l’altro ieri: io e te tre metri di fila all’ufficio di collocamento”.

di GIORGIA SPINA
Mentre l’Italia cerca di divincolarsi alla meno peggio dall’abbraccio della Crisi, gli italiani oggi si concedono il lusso di abbracciarsi e sbaciucchiarsi come San Valentino comanda.
Anche quest’anno è arrivata la festa degli innamorati. Le vetrine dei negozi si riempiono di cuori rossi, i telegiornali incastrano un servizio sui buoni sentimenti dietro a quelli del Paese che va a puttane e chi ieri si mandava a fanculo oggi si ripete pateticamente “ti amo pucci pucci pu”. Tutto come da copione.
A quanto pare la crisi delle minchiate non è contemplata nella parola generica. Il giorno prima c’è chi si lamenta che il lavoro va male, che si sta con il fiato sospeso perché stanno facendo dei tagli, e il giorno dopo i tagli sono quelli di grosse banconote che entrano nelle casse di Mister Perugina, dei signori Fiorai, del completino intimo QuantoSeiZoccola da regalare alla fidanzata, moglie, amante, massaggiatrice (pare che anche loro inizino a rivendicare qualcosina…). E il giorno dopo, è chiaro, si ricomincia da capo: siamo senza futuro, non arrivo a fine mese e via dicendo.
A quanto pare Cupido colpisce al cervello: il 14 Febbraio si crea una sorta di amnesia dei giorni precedenti e un’idea vaga, vaghissima, di quelli a venire. Sono tutti pronti a spendere e spandere nel porno kitsch, per peluche di dimensioni spropositate per i quali dovresti affittare un monolocale apposito vicino casa, per gioielli che il giorno prima guardavi con il naso appiccicato alla vetrina come la Piccola Fiammiferaia. E poi cioccolatini, tubi e tubetti a profusione, rose rosa alla signora (con cui non si tromba più da un po’) e rosse all’amante (con la quale l’ultima risale a ieri sera).
Da tutto questo spettacolino aberrante non si risparmiano affatto i giovani, a furor di popolo la categoria più colpita dalla terribile Crisi. Trentenni al secondo anno di Università, disoccupati, stagisti e fancazzisti fanno una corsa agli armamenti che costa molto più di una paghetta. Alla faccia del “non ho neanche i soldi per la pizza il sabato sera”!
Ristoranti di lusso prenotati per la cena in cui sarete i più “fidanzatissssimi innamoratisssimi” di tutti, lotte per accaparrarsi la miglior lingerie di pizzo, seta o pelo rosso grazie alla quale la tua lei te la darà quella notte come mai altre, se non quella dell’anno prossimo, ovvio. E poi ancora cuori gonfiabili da far invidia alle mongolfiere, mazzi e mazzi di fiori da scatenare l’ira di Greenpeace, ciondoli, bigliettini dai profumi metifici e tante altre cazzate perché siamo giovani e spensierati… oggi. Domani si ricomincerà con il pianto e con “non trovo lavoro, non riesco a finire gli studi, mamma aiutami tu perché sono proprio sfigato”.
Godetevi il giorno di san Valentino ragazzi miei, amatevi di marca e sbaciucchiatevi di lusso. Domani è un altro giorno, avrebbe detto qualcuna. Domani ci ritroveremo come l’altro ieri: io e te tre metri di fila all’ufficio di collocamento.
E scusa Paese caro, ma ti chiamo coglione! (Beh, buona giornata).

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Finanza - Economia Lavoro

C’è chi fa qualcosa per la crisi economica in Italia.

(fonte: il blog di paolo ferrero):

ARANCIA METALMECCANICA IN TUTTA ITALIA. DOMANI ALLE 10.00 A TORINO A PIAZZA CASTELLO IL PORTAVOCE DELLA FEDERAZIONE PAOLO FERRERO A VENDERE LE ARANCE IL CUI RICAVATO SOSTIENE LE LOTTE DELLE/I LAVORATRICI/ORI
13 Febbraio 2010

Arancia Metalmeccanica continua a svilupparsi in tutta Italia. Da oggi, e per tutta la settimana, si venderanno in molte parti d’Italia 10 mila kg di arance il cui ricavato servirà a sostenere le casse di resistenza dei lavoratori in lotta.
Arancia Metalmeccanica ha fino ad oggi venduto circa 50 mila kg di arance in tutta Italia per sostenere le lotte dei lavoratori e delle lavoratrici, per portarle con i banchetti dai presidi delle fabbriche in lotta al centro delle città.
La Federazione della Sinistra ha scelto di essere utile nella crisi e di rimettere al centro la solidarietà tra le/i lavoratrici/ori e tra queste/i ed il territorio, motivo per cui l’iniziativa riscuote successo.
La scorsa settimana a Bergamo e provincia sono stati fatti 12 banchetti vendendo 3000 kg di arance con i lavoratori della Pigna e della Frattini.
Questa settimana i banchetti di Arancia Metalmeccanica saranno in Sicilia per sostenere la lotta dei lavoratori di Termini imerese, in Umbria per sostenere la lotta dei lavoratori della Merloni, nel Lazio a Civitavecchia, a Milano per i lavoratori di MAFLOW (Trezzano sul Naviglio), METALLI PREZIOSI (Paderno Dugnano), LARES (Paterno Dugnano), MARCEGAGLIA (Milano) e OMNIA SERVICE (Milano). in Toscana per i lavoratori di Agile ex Eutelia.
A Brescia per alimentare le casse di resistenza dei lavoratori in lotta.

Domani mattina, a Torino, in p.zza Castello, dalle 10.00 in poi sarà presente il portavoce della Federazione della Sinistra Paolo Ferrero.
Le/i lavoratrici/ori di Agile ex Eutelia e la Federazione della Sinistra oltre ad organizzare l’iniziativa per la vertenza in attto, vogliono ricordare a tutti che non si può morire di lavoro o di non lavoro.

Per questo hanno deciso di dedicare l’iniziativa ad Emanuele, il ragazzo suicidatosi ieri a Torino dopo aver saputo del suo licenziamento.
(Beh, buona giornata).

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Finanza - Economia Lavoro

La crisi? Non ne siamo ancora usciti.

«Siamo ancora dentro la crisi, e purtroppo il 2010 sarà ancora peggiore del 2009 dal punto di vista dell’occupazione: ci aspettano altri 10-12 mesi di grande sofferenza». Guglielmo Epifani, segretario generale della CGIL dixit. Ben buona giornata.

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Finanza - Economia Lavoro Popoli e politiche

Ripresa economica in Italia? Non ci siamo.

I dati dell’Istituto per l’anno passato, quello della recessione, fissano il Pil a -4,9%. Si tratta del dato peggiore dal 1971 (da quando è iniziata la serie storica). In particolare è stato il Pil del quarto trimestre, sceso dello 0,2% rispetto ai tre mesi precedenti, a cogliere di sorpresa il mercato. Gli analisti contattati dall’agenzia Bloomberg avevano stimato una crescita dello 0,1%. Su base tendenziale il Pil del quarto trimestre è diminuito del 2,8%.

La diminuzione congiunturale del Pil è il risultato di una riduzione del valore aggiunto dell’industria, di una sostanziale stazionarietà del valore aggiunto dei servizi e di un aumento del valore aggiunto dell’agricoltura.

Confrontando con gli altri Paesi del G7, nel quarto trimestre il Pil è aumentato in termini congiunturali dell’1,4% negli Stati Uniti e dello 0,1% nel Regno Unito. In termini tendenziali, il Pil è aumentato dello 0,1% negli Stati Uniti ed è diminuito del 3,2% nel Regno Unito.

Incoraggianti invece i dati del Bollettino statistico della Banca d’Italia sul debito pubblico italiano, che nel dicembre 2009 si è attestato a 1.761,191 miliardi di euro, rispetto ai 1.784,168 miliardi segnati a novembre.

Ma non quelli sulle entrate: nel 2009 le entrate tributarie si sono attestate a quota 401,677 miliardi di euro, in calo del 2,5% rispetto ai 412,318 miliardi di euro del 2008. Tuttavia a dicembre le entrate tributarie sono tornate a crescere, rispetto allo stesso mese dell’anno precedente, dopo tre mesi di cali consecutivi, sempre in rapporto al mese corrispondente del 2008.

Nell’ultimo mese dell’anno le entrate si sono attestate infatti a quota 71,363 miliardi di euro, in crescita dell’1,4% rispetto ai 70,362 miliardi di dicembre 2008. Beh, buona giornata.

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Attualità Teatro

Ma che c’è da ridere?

«Sinceritù»… Quando il comico fa notizia Parla De Carlo, un giornalista sul palco
di Silvia Garambois-l’unità

Si scrive «Sinceritù», si legge alla romana «s’in c’eri tu», è l’ode di una velina promossa in Parlamento,sulle note di «Sincerità» di Arisa. È uno dei pezzi di Francesco De Carlo, giornalista salito sul palco.

Le inchieste? Ci sono le Iene, il Gabibbo… L’informazione? Per fortuna c’è Sabina Guzzanti, e poi Daniele Luttazzi, anche Maurizio Crozza… Ma allora i giornalisti che fanno? È stato più o meno riflettendo su come va il mondo che Francesco De Carlo, coordinatore di un perio-dico sulle questioni dell’informazione, con all’attivo qualche querela per i suoi articoli sui guai di viale Mazzini, a trent’anni ha deciso che era arrivato il momento di scegliere: ha chiuso il blocchetto degli appunti, posato la penna, ed è salito su un palcoscenico. Meglio il comico del giornalista.

Non ci va leggero, De Carlo: «Guarda la tv: c’è Zelig, che dovrebbe far ridere e non mi fa ridere. Dall’ altra c’è Ballarò che non dovrebbe e fa più ridere di Zelig, con tutti che si accapigliano in studio».
Lui c’è stato nel “laboratorio” di Zelig: non si sono reciprocamente piaciuti. Bocciato al provino con Gi-no e Michele. Senza rimpianti. I testi “alla maniera della tv”, dove la satira politica si comprime in un ammiccamento, gli vanno stetti: “Ma come si fa a fare satira politica senza nominare i politici?”. Meglio il cabaret, in giro per l’Italia, meglio la soddisfazione di salire sul palcoscenico del Festival di Grottamma-re, davanti a Sabina Guzzanti, Giobbe Covatta, Enzo Iacchetti e vincere tutto insieme il premio della critica per i testi, quello della tv per il “ritmo” e il premione finale. Mica male, per uno che si permette di far satira su Berlusconi e sul Vaticano, terreno insidioso, troppo facile e troppo difficile, troppo abusato e troppo “riservato” a chi ha le spalle grosse. Va a finire che i suoi pezzi li trovate sul sito della Guzzanti, a partire da una canzoncina sulle note di Sincerità di Arisa, titolo: Sinceritù, ma scritto alla romana, “S’in c’eri tu”, cantico di una velina diventata onorevole.

«Zelig ha le sue esigenze – dice ora -ci deve essere un equilibrio tra mono-loghisti e personaggi, un gusto omogeneo, adatto al pubblico di Canale 5… A me però dà fastidio quando la comicità esalta i luoghi comuni: anzi, lo considero un male assoluto far ridere dicendo che i napoletani non lavorano, che i dipendenti pubblici sono fannulloni, le donne sottomesse. È il più grande difetto di Zelig, sono le regole di un impero commerciale. Pensare che li dentro ci sono comici e autori davvero bravissimi, ma è il prodotto che appiattisce tutto».

E così lui va a fare i suoi monologhi in quelle che una volta erano le “cantine” e ora sono nobilitate dalla tradizione anglo-americana, quella degli “stand-up comedy”, dove ha cominciato Woody Allen. Ce ne sono ancora in giro per l’Italia. E ce n’è una a San Lorenzo a Roma, vecchio quartiere popolare a due passi dall’ Università, il Mads di via dei Sabelli, dove al lunedì sera i comici “provano” i testi nuovi. Gratis. Il pubblico fa la fila, molti non ce la fanno a entrare.

Ma come t’è venuto in mente di mollare il giornalismo per le canti-ne? «Ho scoperto che in un tema di seconda elementare lo avevo già scritto che da grande volevo fare il comico: dopo di che, l’oblio. Poi l’anno scorso sono salito su un palco… e non sono più voluto scendere. Non ho fretta, in fondo non ho ancora compiuto 31 anni».

E come si campa aspettando il successo? «Ci s’arrangia: io faccio l’autore per una radio, ho tenuto da parte i soldi del premio, una specie di anno sabbatico in cui faccio le prove su me stesso. Nella comunità dei comici romani, a dir tanto, saremo una quarantina, dai 20 ai 50 anni: ci conosciamo tutti. Per noi la scommessa è far tornare la gente nei cabaret a sentirci. E da marzo si parte in tournée…».(Beh, buona giornata)

Sito ufficiale www.francescodecarlo.it

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Attualità democrazia

Gli spacca il culo o la faccia? In Parlamento, la crisi del bipolarismo è lampante, forse anche allarmante.

«Ma che cazzo me ne fotte – è sbottato Brigandì, deputato della Lega Nord (il partito di Umberto Bossi), rivolgendosi a Evangelisti, deputato dell’UDC (il partiro di PierFerdi Casini) – dì una parola che ti spacco il culo e non farti più vedere in giro perchè appena ti incontro da solo ti spacco la faccia».

E’ ancora sconvolto Pier Ferdinando Casini quando esce dall’aula dopo la rissa tra deputati dell’Idv e della Lega. ‘Sono rimasto impressionato’, ha raccontato. E poi si e’ rivolto al ministro dell’Agricoltura Luca Zaia, incrociato in Transatlantico: ‘Un minimo di decenza’, ha detto, ‘ho visto i leghisti venire giu’ come dei pazzi e mi e’ anche arrivato un regolamento in testa. Siamo allo squadrismo, non si puo’ trasformare la Camera dei deputati nella Camera dei fasci’. Beh, buona giornata.

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Media e tecnologia Nessuna categoria Pubblicità e mass media

La pubblicità italiana a -13,4%. I Ceo della pubblicità in Italia raccontano balle.

Tra la chiusura del 2009 e l’inizio del 2010 i manager italiani delle agenzie di pubblicità hanno rilasciato dichiarazioni incoraggianti. Chi ha vantato incrementi a due cifre (uno ha avuto la sfacciataggine di affermare che la sua filiale di Roma ha fatto più 11%), chi ha avuto addirittura il coraggio di dichiarare +50%. Qui si è letto che un’agenzia ha fatto 40 milioni di fatturato, lì che ha un “billing” di 6o milioni. Balle, balle, solo balle. La verità è che è andato in fumo un modello di business: si è distrutto valore, professionalità, autorevolezza. E si sono distrutti centinaia di posti di lavoro.

Infatti, Nielsen Media Research comunica che gli investimenti pubblicitari nel totale anno 2009 ammontano a 8.515 milioni con una flessione del -13,4% sull’anno precedente. La variazione dicembre 2009 su dicembre 2008 è del -1,6%. Nel confronto mensile, infatti, si registrano valori in crescita per la Televisione, la Radio, il Cinema, Internet, le Cards e l’Out of Home Tv. Rallenta il trend negativo dei Quotidiani.

Ferrero, Wind, Unilever, Vodafone, Tim, Procter&Gamble, Barilla, Volkswagen, L’Oreal e Telecom guidano la classifica dei Top Spender del 2009 con investimenti pari a 1.212 milioni di euro, in calo del -6,6% sul 2008.

Nel 2009 la Televisione, considerando i canali generalisti e quelli satellitari (marchi Sky e Fox), mostra una flessione del -10,2%, ma a dicembre si registra una crescita del +2,5%. Hanno andamenti positivi sul mese: Alimentari, Automobili, Toiletries, Gestione Casa e Farmaceutici.

La Stampa nel 2009 ha un calo del -21,6%. I Quotidiani a pagamento mostrano una flessione del -16,0% con l’Automobile a -26,0%, l’Abbigliamento a -19,7%, la Distribuzione a -19,7% e la Finanza/Assicurazioni a -23,7%. Per quanto riguarda le tipologie pubblicitarie, la Commerciale segna il -17,8%, la Locale il -13,6% e la Rubricata/Di Servizio il -14,8%. In contrazione del -26,6% la raccolta dei Quotidiani Free/Pay Press. I Periodici nel 2009 diminuiscono del -28,7% con l’Abbigliamento a -29,2%, la Cura Persona a -23,0% e l’Abitazione a -32,5%.

La Radio chiude il 2009 a -7,7%, con un exploit del +24,6% sul mese di dicembre grazie alle performances di Auto, Alimentari e Finanza/Assicurazioni. Per quanto riguarda gli altri mezzi gli andamenti sull’anno sono: Affissioni -25,4%, Cinema -4,4%, Cards +0,9%, Out of Home Tv +0,2% e Direct Mail -15,8%. Internet cresce del +5,1% grazie al decisivo apporto della tipologia Search.

Si aggiungono al mercato fin qui analizzato gli investimenti pubblicitari sul Transit, la pubblicità dinamica gestita da IGPDecaux su metropolitane, aeroporti, autobus e tram. Nel 2009 l’advertising su questo mezzo è pari a 99 milioni di euro.

I Ceo delle agenzie di pubblicità italiane dovrebbero rispondere a una sola domanda: mentre raccontavate stronzate ai giornali di categoria, quanta gente avete licenziato? Beh, buona giornata.

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Attualità Finanza - Economia Lavoro Popoli e politiche

Un fantasma si aggira per il mondo globale, il fantasma dell’uguaglianza.

Ritorno all’uguaglianza-da Micromega.
Un saggio di Richard Wilkinson e Kate Pickett evidenzia la stretta correlazione fra alte disuguaglianze sociali e bassi indici di “sviluppo umano” nei Paesi ad economia avanzata. Uno strumento utile per capire le nostre società e per ripensare una sinistra ancora smarrita dopo la fine ingloriosa dell’epopea blairiana.

di Emilio Carnevali

“La ragione fondamentale per cui in alcune epoche della mia vita ho avuto qualche interesse per la politica o, con altre parole, ho sentito, se non il dovere, parola troppo ambiziosa, l’esigenza di occuparmi di politica e qualche volta, se pure più raramente, di svolgere attività politica, è sempre stato il disagio di fronte allo spettacolo delle enormi disuguaglianze, tanto sproporzionate quanto ingiustificate, tra ricchi e poveri, tra chi sta alto e chi sta in basso nella scala sociale, tra chi possiede potere, vale a dire capacità di determinare il comportamento altrui, sia nella sfera economica sia in quella politica e ideologica, e chi non ne ha”.

Così scriveva Norberto Bobbio in un suo fortunato pamphlet pubblicato negli ultimi anni della propria vita (Destra e Sinistra. Ragioni e significati di una distinzione politica. Alla figura di Bobbio è dedicato il nuovo numero di MicroMega in edicola da venerdì 5 febbraio, contenente fra le altre cose un interessante saggio di Maurizio Franzini che interviene su alcuni degli argomenti trattati anche nel presente articolo).

Eppure il tema della lotta alla disuguaglianza sembra essere stato quasi rimosso dall’agenda programmatica e finanche dalla retorica propagandistica delle formazioni progressiste europee (quantomeno quelle afferenti all’area del Pse). Fra le enormi responsabilità storiche e politiche che dobbiamo attribuire all’epopea del New Labour non vi è solo la scellerata guerra in Iraq a fianco di George W. Bush (rivendicata con ostinata arroganza da Tony Blair nei giorni scorsi di fronte alla commissione d’inchiesta del suo Paese), ma anche la cesura storica compiuta con le ragioni fondanti della sinistra europea: la lotta alla disuguaglianza. Sulla scia del motto denghista “arricchirsi è glorioso”, Blair ha accreditato presso la sinistra del continente gran parte dei luoghi comuni ereditati dal periodo thatcheriano, primo fra tutti quello sulla incompatibilità di una società dinamica, efficiente, competitiva e “felice” con le antiche ricette “egualitariste” del laburismo inglese.

Ci è voluta la peggiore crisi globale dal dopoguerra – e il tracollo elettorale delle forze socialiste in quasi tutta Europa – per cominciare a rimettere in discussione alcuni degli assunti sui quali quella sfortunata epopea si è costruita.
Un aiuto prezioso in questo senso ci viene proprio da un libro di due ricercatori britannici, Richard Wilkinson e Kate Pickett: La misura dell’anima. Perché le disuguaglianza rendono più infelici (pubblicato recentemente in Italia da Feltrinelli, pp. 299, euro 18).

La tesi di fondo è che elevate disuguaglianze (elevati differenziali di reddito fra le varie fasce della popolazione) sono alla base della maggiore incidenza di una grande quantità di problemi sanitari e sociali nei paesi ad economia avanzata. Il libro raccoglie un’enorme massa di dati frutto di ricerche internazionali relative a otto parametri principali (scomposti nei singoli capitoli in molteplici sottoparametri): grado di fiducia sociale; disagio mentale (inclusa la dipendenza dall’alcol e dalle droghe); speranza di vita e mortalità infantile; obesità; rendimento scolastico dei bambini; gravidanze in adolescenza: omicidi; tassi di incarcerazione; mobilità sociale.

Fra i paesi ricchi, all’aumentare della sperequazione dei redditi aumenta anche l’indice di diffusione di un dato problema e diminuisce la presenza di fattori positivi quali la “fiducia sociale”. Gli “estremi” dell’arco della disuguaglianza sono costituiti da Svezia e Giappone da una parte e Usa, Gran Bretagna e Portogallo dall’altra: l’eterogeneità dei Paesi accomunati da medesimi livelli di disuguaglianza ci mostra come essa non sia strettamente legata a fattori di matrice culturale né necessariamente dipendente da un unico modello economico-politico: un assetto egualitario può essere perseguito sia con politiche fiscali redistributive e generosi sistemi di welfare (Svezia) sia con una maggiore uniformità dei redditi di mercato, al lordo di imposte e sussidi (Giappone).

Naturalmente, da un punto di vista metodologico, fotografare la correlazione fra alta disuguaglianza e alti livelli di disagio sociale non significa dimostrare automaticamente la sussistenza di un rapporto causa-effetto (tanto più nell’impossibilità di manipolare per via sperimentale le disparità economiche nei paesi che costituiscono il campione al fine di esaminare su base comparativa gli effetti di tali variazioni). Eppure gli argomenti con cui i due ricercatori cercano di provare questo legame di causalità sono spesso assai persuasivi, sia per i singoli parametri esaminati (che, come detto, sono trattati con il supporto di un’impressionante quantità di rilevamenti empirici), sia per l’impostazione più generale del rapporto fra disuguaglianza e “sviluppo umano”. Per questo ultimo aspetto il “meccanismo di trasmissione” è individuato dalla “qualità delle relazioni sociali”, giudicata tenendo conto della coesione sociale, della fiducia e del coinvolgimento nella vita della comunità.

Il fatto che i due autori siano degli epidemiologi rende di particolare interesse la parte del libro relativa a “salute fisica e speranza di vita”. Da una parte si dimostra che la spesa pro-capite degli Stati per l’assistenza sanitaria e la disponibilità di apparecchiature all’avanguardia non sono necessariamente correlate al grado di salute della popolazione (macroscopico il caso degli Usa, con una spesa sanitaria enorme e livelli di performance del sistema imbarazzanti); dall’altro si sottolinea l’importanza crescente che nei paesi ricchi assumono i “fattori psicosociali” – molto più legati a dinamiche relazionali che al tenore di vita materiale in senso stretto – per il benessere fisico degli individui.

Due sono infine i passaggi che contribuiscono a sfatare alcuni dei miti sui quali più ha insistito una certa sinistra “liberal” smaniosa di spostare il baricentro dell’iniziativa politica dall’“eguaglianza sostanziale” (roba da mettere in soffitta come un ferro vecchio, si diceva…) alla più moderna “eguaglianza delle opportunità”, dall’attenzione per i ceti più svantaggiati ad una visione interclassista preoccupata di non spaventare troppo i piani alti pena il venir meno delle ambizioni maggioritarie.

In primo luogo le analisi di Wilkinson e Pickett dimostrano come le società più egualitarie sono anche quelle con una maggiore mobilità sociale. Là dove esistono grandi disparità nei punti di arrivo, la struttura sociale si cristallizza, la segregazione geografica dei poveri si accentua, le classi diventano ‘caste’ a tenuta stagna e “i poveri devono far fronte non soltanto alla propria indigenza, ma anche alla miseria dei propri vicini”.

In secondo luogo questi studi mettono in evidenza come la disuguaglianza “non esplica i suoi effetti deleteri unicamente sulle persone meno abbienti, bensì sulla stragrande maggioranza della popolazione”. L’influenza positiva che le politiche egualitarie hanno sui parametri presi in esame in questa ricerca sono solo in minima parte riconducibili al miglioramento delle condizioni di chi “sta in basso”; non capire ciò, sostengono gli autori, “tradisce una mancata comprensione di importanti processi che condizionano le nostre vite e le società di cui facciamo parte”.

Ecco un esempio tratto dal libro che aiuta a chiarire il concetto: “Se negli Stati Uniti la speranza di vita media è di 4,5 anni più bassa rispetto al Giappone non è perché il 10 per cento più povero degli americani ha una speranza di vita 10 volte più bassa (cioè di 45 anni), mentre il resto della popolazione vive mediamente altrettanto a lungo dei giapponesi. Come spesso afferma l’epidemiologo Michael Marmot, anche risolvendo tutti i problemi di salute dei poveri la maggior parte delle difficoltà associate alle disuguaglianze di salute resterebbero inalterate. In altre parole, anche considerando i soli americani bianchi, i loro tassi di mortalità sono più alti di quelli prevalenti nella maggior parte degli altri paesi sviluppati”.

“Liberté, Égalité, Fraternité”, recita il motto della rivoluzione francese. Negli ultimi trent’anni, con la controrivoluzione neoliberista inaugurata dai governi di Ronald Reagan e Margaret Thatcher, sembrava che l’Eguaglianza e la Fraternità fossero passate di moda. Col risultato che nemmeno la Libertà se l’è passata tanto bene.
Oggi, invece, sono i vari Tony Blair a finire in soffitta. Speriamo che ci rimangano il più a lungo possibile. (Beh, buona giornata).

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