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La mappa delle “ronde” in Italia.

da unita.it

Il ministro dell’Interno Roberto  Maroni lo ha detto a chiare lettere: le ronde già esistono. Non  da ieri, ma da almeno dieci anni, ci sono i City Angels,  esportati da Milano in tutto il centro-nord e decine di associazioni-costole leghiste che al motto “Tegn dur” imperversano nell’entroterra lombardo-veneto. E cominciano ad esserci, anche, timide iniziative che An  mette in campo per non perdere la “bandiera” della difesa della  sicurezza proprio con la Lega (a Torino come a Venezia), ronde  della “Destra” di Francesco Storace alla periferia di Roma  contro quello che definisce un «provvedimento da cartoon del  governo», nonchè operazioni più o meno utili da parte dei  sindaci – di destra e sinistra – costretti, tutti quanti, ad  inseguire le paure dei cittadini.

E purtroppo, nel panorama  italiano, non mancano semplici gruppi di cittadini  autocostituitisi in seguito a fatti di cronaca – l’ultimo dopo  lo stupro avvenuto nel parco della Caffarella a Roma – che  finiscono sempre, o quasi sempre, per picchiare il primo immigrato a portata di mano.  I primi, ormai storici, furono i City Angels, nati a Milano  nel febbraio del 1995 come «filiale» dei Guardian Angels di  New York. «Noi ci limitiamo a vigilare contro scippi e borseggi  avvertendo la polizia in caso di pericolo – va spiegando da anni  il fondatore Marco Furlan – ma diamo anche una mano a chi è in  difficoltà, distribuendo pasti a barboni o assistendo i tossici».

L’accoppiata rigore e solidarietà ha funzionato e  oggi gli Angeli sono presenti in diverse città italiane, da  Brescia a Padova, da Bologna a Pescara. Così come sono ormai  una realtà le ronde “made in Lega”.  Gli antesignani furono le “Ronde padane”, nate a Voghera nel 1997: «stavamo raccogliendo  le firme per chiedere una maggiore presenza della polizia nel  centro storico – raccontò allora uno dei fondatori, Gigi Fronti  – quando ci venne in mente che noi stessi potevamo fare la  nostra parte formando squadre che, disarmate, girassero per la  città». Numeri ufficiali su che consistenza abbiano le ronde  padane non ce ne sono mai stati, ma un leghista come  Mauro Borghezio, già dieci anni fa, parlava di circa 8mila  persone: «da Cuneo e Trieste sono una quarantina i comuni coinvolti, anche grandi come Modena, Torino e Monza».

E se al sud di ronde non c’è traccia – fallita dopo meno di  un mese l’esperienza barese delle ‘ronde antibullì – in quello  che fu il Veneto bianco e in Lombardia è un fiorire di  iniziative contro gli spacciatori, gli ambulanti, il degrado. A  Chiarano, ad esempio, entroterra trevigiano e soprattutto regno  dello sceriffo Gentilini, le ronde funzionano dal 2006. I  volontari si sono riuniti in una vera e propria associazione, “Veneto Sicuro”, e ora il prossimo passo è quello di arrivare  ad un coordinamento a livello provinciale. E anche in città  medio grandi come Brescia, già da qualche tempo, circolano  gruppi di cittadini che vigilano sul territorio. Anche con diversi intenti.

È il  caso di Firenze, dove dalla primavera scorsa su iniziativa  dell’assessore alla sicurezza Cioni, quello dell’ordinanza anti lavavetri, operano le “sentinelle anti degrado”: 600 tra  pensionati e commercianti, che aiutano i vigili urbani a  segnalare le situazioni di degrado. Ed è il caso di Genova,  dove il sindaco Marta Vincenzi ha istituto i “volontari per il  presidio civile”, ex appartenenti alle forze dell’ordine che si  occupano della vigilanza nei luoghi pubblici. Tipologie di i,pegno civile, ben diverse dai “rondisti” col patentino.  Cosa verrà ora che le ronde hanno ricevuto la patente di  legittimità non è dato sapere. È però evidente che dai nonni  vigili alle ronde leghiste il problema è sempre lo stesso: una  percezione di insicurezza che va ben al di là dei dati e delle  statistiche reali. (Beh, buona giornata).

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Di Marco Ferri

Marco Ferri è copywriter, autore e saggista, si occupa di comunicazione commerciale, istituzionale e politica.

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