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Crisi: ora sono gli italiani a “rubare” il lavoro agli immigrati.

da il messaggero.it

Da molti anni non succedeva più. Coloro che restano chiusi nelle cucine dei ristoranti a lavare i piatti sono, in grande maggioranza, del Bangladesh. O comunque stranieri (sono tanti anche i cinesi e c’è pure qualche nord africano). Da quattro mesi, da quando la crisi economica ha cominciato a farsi sentire anche a Roma, qualcosa è cambiato. E i titolari dei ristoranti si sono ritrovati a fare i conti con un fenomeno nuovo. A chiedere un posto da lavapiatti ora arrivano, sempre più spesso, anche gli italiani, anche i romani.

Prendiamo due punti di osservazione in centro storico, ma in due zone differenti. Trattoria Scavolino, nei pressi della Fontana di Trevi, ristorante frequentato da turisti ma anche da politici visto che il Parlamento non è tanto lontano: «E’ vero, negli ultimi mesi sta succedendo sempre più spesso – racconta Antonello, il titolare – D’altra parte, quando c’è bisogno di lavorare si accetta qualsiasi tipo di occupazione». Altro punto di osservazione, un altro ristorante molto conosciuto a Roma, il “Quattro Colonne”, in via della Posta Vecchia, a due passi da piazza Navona. Racconta Giancarlo Gilardini, il titolare: «Non mi piace chiamarli lavori umili, perché comunque qualsiasi tipo di lavoro fatto onestamente va rispettato. Però, è vero: prima a chiedere di fare i lavapiatti erano solo immigrati. Invece, da circa quattro mesi a questa parte mi sono accorto che stava succedendo qualcosa di differente.

Arrivano italiani, ci dicono che stanno cercando un’occupazione e che sono pronti a lavorare anche come lavapiatti». Magari sono studenti universitari che devono pagarsi gli studi… «No, chi viene nei ristoranti a chiedere lavoro come lavapiatti spesso ha 40-50 anni, è un padre di famiglia».

A volte hanno anche un’altra occupazione, ma magari un solo stipendio non basta per tirare avanti. In un ristorante romano il lavapiatti guadagna, in media, da un minimo di 600-700 euro a un massimo di 1000-1100. Nei ristoranti si è consolidata una sorta di specializzazione per gli immigrati del Bangladesh, perché hanno guadagnato fiducia nel settore in quanto sono rispettosi e lavoratori, dicono molti ristoratori. «Il problema vero – spiega Gilardini – è che non possiamo dire sì a tutti coloro che vengono a chiederci un lavoro. Però ci segniamo sempre i fati, se si apre un posto li chiamiamo».

Nella provincia di Roma ci sono in totale 4.800 ristoranti. Secondo uno studio dell’Ebtl del Lazio (l’ente bilaterale per il turismo) nella ristorazione sono occupati, in modo regolare, 36.500 lavoratori. Dagli chef ai camerieri, sono molti i romani che continuano a lavorare nei ristoranti. Ma già se si passa a monitorare i pizzaioli si scopre che la presenza degli immigrati è sempre più consistente. E i lavori più faticosi, quali appunto quello dei lavapiatti, è praticamente un monopolio degli immigrati. «Era impossibile – raccontano alla Trattoria Scavolino – che un italiano ti venisse a chiedere un’occupazione di quel tipo. Di fronte alla crisi economica, tutto questo sta finendo».

Altro punto di osservazione, quello degli hotel romani. A Roma gli ultimi dati disponibili parlano di 873 hotel (da una a cinque stelle) per un totale di oltre 43 mila camere. I posti di lavoro sono circa 15 mila. In questo caso i lavori che in maggioranza impegnano immigrati sono sempre quelli più faticosi: dalle pulizie ai piani ai facchini. «E anche nel nostro settore – assicura Giuseppe Roscioli, presidente degli albergatori romani – avvertiamo un mutamento delle abitudini e dei bisogni: per alcune tipologie di occupazione difficilmente in passato si faceva avanti un italiano. Da qualche mese non è più così. E la spiegazione è semplice: c’è bisogno di lavorare. Magari non ci sono stati licenziamenti, ma sempre più spesso non vengono rinnovati i contratti a tempo determinato». (Beh, buona giornata).

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Di Marco Ferri

Marco Ferri è copywriter, autore e saggista, si occupa di comunicazione commerciale, istituzionale e politica.

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