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Attualità Media e tecnologia

Il black out di Gmail.

di VITTORIO ZAMBARDINO da repubblica.it

Una cosa è certa, da San Francisco a Roma, da Londra a Sidney l’abbiamo saputo tutti allo stesso modo: su facebook e twitter. Le proteste si moltiplicavano col passare dei minuti. E la notizia è stata appresa grazie a questa gigantesca pubblicazione distribuita di massa: “Gmail, la posta di Google, è andata giù. Fate qualcosa.” Un’altra prova di quanto ormai la parte più attiva dell’utenza internet è dipendente da Google per la sua vita digitale quotidiana (Qui il servizio di Repubblica.it).

Tre ore e passa di sospensione del servizio. Non la prima volta per il motore. E un gran buio di dati oggettivi, anche se l’azienda ha subito ammesso che c’era un problema, cominciato alle 9,30 ora GMT, quindi le 10,30 in Italia e proseguito fino a dopo le 13 (ora italiana).

Gran buio perché nessuno sa quanti utenti siano stati coinvolti: secondo la Bbc, Gmail ha 113 milioni di iscritti, secondo Comscore ed altre società di rilevazione ha 238 milioni di utenti unici (che non equivalgono ai registrati). Secondo una fonte di Google Italia si tratta di “decine di milioni” in tutto il mondo. E pur volendo considerare che gran parte di coloro che usano il sistema risiedono negli Stati Uniti, che all’ora del blocco erano immersi nella notte, l’idea che “decine di milioni di persone” si siano viste bloccare non solo la posta ma anche i documenti di lavoro che sono ospitati nelle applicazioni on line, come Google Documents, è plausibile.

C’è stato chi, come un blog ufficiale del Guardian ha provato a fare un calcolo delle perdite economiche, visto che almeno 1 milione di piccole aziende nel mondo si affida a Google Mail per le proprie attività: ma francamente sembra un esercizio di fantamatematica, più che il processo di dati reali.

Che conclusione trarne? – Al buio attuale, cioè nella più completa mancanza di informazioni di merito, nessuna. E nessuno specialista si pronuncia. Semmai gli addetti ai sistemi di posta, sentiti al telefono, sollevano un argomento serio. Questo: che un servizio con 113 milioni di utenti, che ormai usano Gmail come archivio, prima che come servizio di posta, e sul quale vengono fatti viaggiare dati pesantissimi, come i video, rappresentano un volume di traffico talmente grande che non c’è poi da menar scandalo se c’è stato un problema.

Negli anni predigitali, a Natale e per decenni, i giornali hanno pubblicato la foto degli uffici postali paralizzati dai milioni di cartoline di auguri e pacchi postali. Forse è successo qualcosa di analogo, ma di certo nessuno lo sa.

E questo è il punto cruciale del discorso. Che Google non fornisce mai informazioni precise sulle questioni che lo/la riguardano. Che si tratti dei meccanismi che regolano l’asta per l’assegnazione della pubblicità o che si tratti di un black out di posta. Ma questo è un tema di trasparenza, non di inaffidabilità tecnica: problema rilevantissimo,perché nel momento in cui un servizio privato è alla base della quotidianità di decine di milioni di persone – ed oggetto di transazioni economiche, come per gli adsense – la chiarezza nell’informazione aziendale è questione costitutiva di un rapporto sano col mercato e con i clienti.

p.s.

un piccolo punto messo a segno dai telefoni mobili: Google Mail non si è mai fermata per chi accedeva con modalità diverse da quella web. Quindi iPhone e Blackberry hanno funzionato alla grande. (Beh, buona giornata).

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Di Marco Ferri

Marco Ferri è copywriter, autore e saggista, si occupa di comunicazione commerciale, istituzionale e politica.

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