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Veri dei e mezze figure.

“I 101 personaggi più influenti che non sono mai vissuti” è un bizzarro libro a cura di Alan Lazar, Dan Karlan, Jeremy Salter, pubblicato da HarperCollins e uscito in questi giorni nei librerie inglesi. Il numero uno della graduatoria è “l’uomo Marlboro”, il cowboy inventato dal grande Leo Burnett. Al numero due si piazza il […]

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“I 101 personaggi più influenti che non sono mai vissuti” è un bizzarro libro a cura di Alan Lazar, Dan Karlan, Jeremy Salter, pubblicato da HarperCollins e uscito in questi giorni nei librerie inglesi.
Il numero uno della graduatoria è “l’uomo Marlboro”, il cowboy inventato dal grande Leo Burnett. Al numero due si piazza il “Grande Fratello” dello scrittore George Orwell, incarnazione del potere onnipresente che schiaccia l’individuo.

Segue Re Artù, personaggio in bilico tra la leggenda e la storia, che impersonifica le qualità ideali del leader politico e del monarca. In quarta posizione Babbo Natale, anzi Santa Claus, così come lo ha definito l’iconografia inventata negli Stati Uniti. A seguire Amleto, Frankenstein, Sigfrido, Sherlock Holmes, Romeo e Giulietta, il dott. Jekyll e Mr Hyde.

Barbie si trova al 43/esimo posto, mentre Icaro, l’eroe della mitologia che ispirò i fratelli Wright e il sogno dell’umanità di sconfiggere la gravità e poter finalmente volare, si trova all’80/esimo posto. I 101 personaggi provengono tutti dalla finzione, dal mito, dalle leggende, dalla pubblicità,dalla televisione o dal cinema. Alcuni di loro sono sopravvissuti ai millenni, altri, come James Bond (51/esimo posto, simbolo dell’intrigo, del fascino sessuale e della britannicità) sono nati in tempi più recenti.

Al di là di ogni altra considerazione salutistica, è bello vedere che al primo posto di questa graduatoria di semi-dei leggendari ci sia una icona inventata dalla pubblicità. Quando per una sigaretta da donna col filtro si utilizzò, andando totalmente controcorrente il simbolo del machismo, il cow boy, appunto, nato dal genio di un grande come Leo Burnett.

Bei tempi quelli in cui la pubblicità era bella e intelligente, andava controcorrente, sapeva stupire il modo comune di vedere la realtà, perché osava pensare, osava lottare, osava vincere.

Tutto il contrario di oggi, in cui la pigrizia mentale, il conformismo creativo e la stupidità professionale cercano rifugio in quelle mezze figure che popolano le nostre campagne televisive, piluccando tra una velina e un calciatore, alla ricerca della missione impossibile di farli diventare testimonial di questa o quella campagna pubblicitaria. Così che il presunto personaggio televisivo passa da un programma allo spot che lo contiene, alla stessa velocità con cui il telespettatore spinge il tasto del telecomando per cambiare canale.

Una volta un pubblicitario, al quale incautamente dissi che Orwell si sarebbe rivoltato nella tomba se avesse saputo che un giorno il Grande Fratello sarebbe diventato un reality show, mi rispose, saccente: “Orwell? Ma no, il Grande Fratello è di Endemol”. Beh, buona giornata.

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Di Marco Ferri

Marco Ferri è copywriter, autore e saggista, si occupa di comunicazione commerciale, istituzionale e politica.

2 risposte su “Veri dei e mezze figure.”

bentornato!
Però io rabbrividsco, a meno che non si consideri quel cowboy alla luce del (noiosissimo) film I SEGRETI DI BROKEBACK MOUNTAIN…

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