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Erba cattiva.

Non era “Porta a Porta”, in cui Vespa per aumentare l’audience parla volentieri di delitti, dopo aver sperimentato con successo, timbrato Auditel, le tante puntate dedicate al delitto di Cogne. “Scusaci Azouz – ha detto una signora bionda con le lacrime agli occhi, al termine dei funerali a Erba – scusaci per tutto quello che […]

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Non era “Porta a Porta”, in cui Vespa per aumentare l’audience parla volentieri di delitti, dopo aver sperimentato con successo, timbrato Auditel, le tante puntate dedicate al delitto di Cogne.

“Scusaci Azouz – ha detto una signora bionda con le lacrime agli occhi, al termine dei funerali a Erba – scusaci per tutto quello che abbiamo pensato di te”.

Monsignor Molinari, nell’omelia funebre di Erba ha evocato lo spettro di Caino. Non so. Ad Abu Ghraib il comandante della prigione era una donna, la generale Karpinsky. Tra i torturatori c’era una donna, caporale dell’Us Army. Si faceva fotografare in pose sconce, sui corpi nudi e umiliati, sorridendo alla macchina fotografica.

C’è stata una donna a Erba che ha sgozzato un bambino. Il professor Andreoli, con la voce rotta dallo sgomento, ha detto: pensavamo che i maschi potessero essere ignari della procreazione, nella loro ferocia assassina, e scopriamo che invece, proprio una donna sgozza per odio il bambino di una vicina di casa.

I coniugi assassini pensavano che Azouz fosse nient’altro che un arabo spacciatore e pregiudicato, venuto a rubare il lavoro e la tranquillità, a mettere in discussione la loro sicurezza sociale. Che sua moglie fosse una poco di buono, che si era data, senza ritegno, alle brame di un musulmano, diventando lei stessa una non cristiana, una senza di timore di Dio. E il piccolo Youssuf? Il figlio bastardo di una coppia meticcia. Il meticciato, minaccia epocale evocata dalla prosopopea di un filosofo di nome Marcello Pera, ai tempi terza carica dello Stato.

Bisogna accettare l’orribile verità del nostro interiore razzismo, la convivenza con la paura della diversità, con la pulsione omicida contro i fastidi che ci recano la presenza, i suoni e i rumori di quelli che non consideriamo altri da noi, ma sottospecie, inferiori, la cui vita non ha alcuna importanza etica, religiosa, sociale, umana?

Il fatto è che abbiamo tollerato l’intolleranza. La domanda è: chi ha soffiato sul fuoco in tutti questi anni? Gli assassini di Erba hanno risolto una volta per tutte la loro superiorità: schiacciando nel sangue l’inferiorità molesta di quella famiglia, che a loro modo di vedere era indecente. Si erano pure permessi di rivolgersi a un Giudice di pace, quelli, per denunciare le molestie ricevute. E allora, semplicemente, essi si sono fatti da loro giustizia di uno scontro di civiltà, abitudini sociali, costumi culturali. Erano esseri insignificanti, potevano essere eliminati senza troppi scrupoli.

Per quanto non esistono prove provate del meccanismo di causa effetto tra la propaganda anti-islamica in atto nel centri urbani del Nord Italia, che qualcuno ha proditoriamente ribattezzato Padania, e la strage degli innocenti consumatasi a Erba, archiviarlo come un semplice tragico episodio di cronaca nera è facile, frettoloso. Consolatorio è parlare di un Caino che alberga tra noi, con rispetto parlando di Monsignor Molinari, parroco di Erba.

Ci sono precise responsabilità culturali e politiche nell’aver avvelenato sistematicamente il clima sociale, i rapporti umani, nell’aver osteggiato il rispetto della religione altrui, negandogli fin anche un luogo di preghiera, come spesso succede in quelle cittadine, o ostacolando l’apertura di una scuola, come è successo nella civilissima città di Milano?

Ci sono precise responsabilità nell’aver sostenuto, magari solo per vile compiacenza allo stomaco di certo elettorato, la supremazia della razza, del reddito, dello stile vita, della civiltà e della religione. Ci sono state parole in questi anni che hanno fatto venire i brividi: italianità, radici e valori italici.

Ci sono meccanismi che quando si mettono in moto non si controllano, sfuggono di mano anche a chi, credendosi politicamente furbo, fa cose e dice parole che servono alla convenienza politica, per qualche voto in più, per qualche eletto in più, infischiandosene delle conseguenze sociali, che derivano dai loro comportamenti.

Ci pensino bene, d’ora in poi, quelli che vanno in tv a mostrare magliette della salute con le vignette contro Maometto. Ma anche quelli che si presentano davanti alle telecamere col maglione con su scritto Lombardia.

Riflettano quelli che apostrofano gli immigrati con l’epiteto “bongo-bongo”. E smettiamola noi tutti di essere ingenui con quegli episodi, amplificati dai media, che a torto consideriamo mattane goliardiche.

E smettiamola una buona volta di far finta di non vedere bandiere nere, teste rasate e saluti al Duce e inni alla pulizia della razza ai comizi di Berlusconi, in diretta tv.

Ormai non saremo più in tempo per ridare la vita a chi l’ha persa come in un pogrom fai-da-te .

Ma tutti coloro che hanno a cuore la democrazia, la giustizia sociale, la tolleranza religiosa, la convivenza civile, o più semplicemente il buonsenso non possono più far finta di niente.

Non è vero che l’erba cattiva non muore mai.

Erba ci ha chiamato alle nostre responsabilità di cittadini di un Paese civile, in una Europa culla della civiltà. Tutto dipende da noi.

Volenti o nolenti, quei morti ci riguardano. Ma ci riguardano anche gli esecutori materiali della strage. Non si può più girare la testa da un’altra parte.

Quello che è successo è successo davvero, maledizione, non è stato un reality, non era una fiction. dopo non mandano qualche minuto di pubblicità.

La realtà è questa, non si può cambiarla a nostro piacimento, come si cambierebbe canale, pigiando un tasto del telecomando della tv. Beh, buona giornata.

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Di Marco Ferri

Marco Ferri è copywriter, autore e saggista, si occupa di comunicazione commerciale, istituzionale e politica.

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