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La famiglia italiana è un romanzo criminale?

Secondo Eurer-Ansa, il 91,6 per cento degli omicidi avviene in famiglia. Napoli è la capitale del caro-ammazzato, a Milano si uccide come a Caserta. Le donne sono le vittime designate. C’è qualcosa di macabro e di diabolicamente bizzarro nell’ossessione tutta mediatica del fare sondaggi su tutto, su tutti, sempre, che siano vivi o che siano […]

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Secondo Eurer-Ansa, il 91,6 per cento degli omicidi avviene in famiglia. Napoli è la capitale del caro-ammazzato, a Milano si uccide come a Caserta. Le donne sono le vittime designate.

C’è qualcosa di macabro e di diabolicamente bizzarro nell’ossessione tutta mediatica del fare sondaggi su tutto, su tutti, sempre, che siano vivi o che siano morti. Ma il colmo del sondaggio-shock si è raggiunto con la pubblicazione de “L’omicidio volontario in Italia, a cura dei Eures-Ansa.

Il morto ammazzato fa cassetta al cinema, audience in tv, vende giornali e libri. Cosa dice la ricerca sul “vammoriammazzato” in Italia? Un morto ogni due giorni, 1.200 vittime in cinque anni: la famiglia italiana uccide più della mafia, della criminalità organizzata straniera e di quella comune.

E quello che dovrebbe essere il luogo più sicuro, la casa, si trasforma invece nel posto a più elevato rischio: su dieci omicidi avvenuti nel 2005 nella sfera familiare, sei sono stati commessi tra le mura domestiche. E’ quanto emerge dal rapporto Eures-Ansa 2006 ”L’omicidio volontario in Italia”.

Come per ogni sondaggio che si rispetti, ci sono anche i dati positivi, cioè “la morte sua” di ogni rilevazione statistica: nel nostro Paese il numero di omicidi volontari è calato del 65% negli ultimi 15 anni passando dai 1.695 del 1990 ai 601 del 2005.

E se Napoli resta la capitale dei delitti, nel nord Europa e negli Stati Uniti si uccide molto più che nel nostro Paese. E noi che morivamo di paura. Meno male. Però c’è un però inquietante, soprattutto per la nostra cultura, che crede nella famiglia come istituzione fondante.

Infatti, scopriamo che è proprio la famiglia il luogo, fisico e ideologico nel quale l’omicidio si muove con più confidenza: è nella famiglia che avviene il 91,6%. La maggior parte degli omicidi in famiglia avviene al Nord Italia. Ad armare la mano degli assassini è una volta su quattro il movente passionale e se su dieci donne uccise in Italia ben sette sono state ammazzate dal partner o da un familiare, cresce anche il numero di uomini vittime della famiglia: nel 2005 l’incremento è stato del 28,8%.

La morte violenta in famiglia ha i suoi capisaldi: il record di omicidi in Campania, con 128 vittime. Una regione che da 10 anni conserva il primato negativo. Seguono Sicilia (70 vittime), Calabria (69), Lombardia (65) e Lazio (46). L’indice di rischio più elevato si registra invece in Calabria (3,4 omicidi), seguita da Campania (2,2), Sardegna (1,5) e Sicilia (1,4).

A Caserta si ammazza come a Milano: 28 omicidi. Napoli è la capitale degli omicidi con 88 vittime, seguita da Reggio Calabria con 39, Roma con 36 morti ammazzati. Dice, la città è violenta? No. Infatti, i dati ci dicono che più della metà degli omicidi, vale a dire il 58% avviene nei piccoli e medi comuni italiani. Tanto per non fare torto a nessuno.

E siccome stiamo per diventare una società multi-etnica, anche il morto ammazzato è multi etnico: su 601 persone uccise nel 2005, 111 erano stranieri, il 18,6% del totale. La Romania è il paese straniero con il più alto numero di vittime in Italia (19), seguita da Marocco (11), Albania (10) e Polonia (9). Il dato macroscopico è che la famiglia produce il 91,6% dei morti ammazzati.

Se la famiglia italiana sembra essere diventata un romanzo criminale, ne sono vittime i più deboli componenti i del nucleo famigliare, donne soprattutto. Sono cifre da guerra civile, dovrebbero provocare allarme sociale.

Ma c’è da scommettere daranno il pretesto per qualche talk-show in più, un qualche fiumiciattolo di parole, tra un break-pubblicitario e un tele-promozione. Il crimine segna il passo dello sviluppo della società, ecco perché l’omicidio genera sempre grande fascinazione, stimola la finzione, la letteratura, il cinema, il folleton, il vojerismo, alimenta la cronaca nera.

E’ un modo per prenderne le distanza, senza rinunciare a prendere parte allo spettacolo. Come quando guardiamo l’incidente stradale sull’altra carreggiata. E poi, riprendiamo il nostro viaggio, dimenticandoci molto presto quello di cui siamo stati partecipi. Non vedendo l’ora di tornare in famiglia. Beh, buona giornata.

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Di Marco Ferri

Marco Ferri è copywriter, autore e saggista, si occupa di comunicazione commerciale, istituzionale e politica.

3 risposte su “La famiglia italiana è un romanzo criminale?”

Meno cu.lat.toni e più famiglie… meno invertiti e più coccole tra uomo e donna… meno aids e più bambini… e il mondo sarà migliore!!!

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