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I feroci guerrieri della seconda serata.

Dalle tracce di sangue sul pigiamino del piccolo di Cogne, alle tracce di saliva sull’intimo di Simonetta Cesaroni: ogni sera va in onda un incubo targato Auditel. Enrico Mentana e altri suoi collaboratori sono stati iscritti nel registro degli indagati della procura di Roma nell’ambito dell’inchiesta sulla fuga di notizie diffuse nel corso della puntata […]

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Dalle tracce di sangue sul pigiamino del piccolo di Cogne, alle tracce di saliva sull’intimo di Simonetta Cesaroni: ogni sera va in onda un incubo targato Auditel.

Enrico Mentana e altri suoi collaboratori sono stati iscritti nel registro degli indagati della procura di Roma nell’ambito dell’inchiesta sulla fuga di notizie diffuse nel corso della puntata di “Matrix” del 10 gennaio scorso, sull’omicidio di Simonetta Cesaroni.

I reati presi in considerazione sono quelli di rivelazione ed utilizzazione di segreti d’ufficio (articolo 326 del codice penale) e pubblicazione arbitraria di atti di un procedimento (684 cp). Dopo le prodezze di Vespa che del delitto di Cogne ha fatto il suo cavallo di battaglia per due anni, ecco che anche Matrix si dedica con dovizia di particolari alla necrofilia da Auditel.

Nel caso di Cogne abbiamo saputo fin nei minimi particolari di schizzi di cervello e macchie di sangue su pantofole e pigiami. Nel caso di Simonetta Cesaroni non bastarono le chiose attorno alle tracce ematiche sugli indumenti intimi del portiere di allora. Siamo arrivati alla presenza della saliva di un ex fidanzato, da cui presunte tracce di Dna trovate, pare, sul reggiseno della povera Cesaroni, reperto custodito negli archivi della procura di Roma.

Questo horror da tinello, questi thriller da seconda serata sono disgustosi. Svelare i particolari intimi, le ipotesi probatorie fai-da-te, giusto per far fibrillare il telecomando è semplicemente rivoltante.

Non solo perché è cosa diversa dalla ricerca della verità, che spetta ai magistrati e ai poliziotti, compresi quelli della scientifica. Non solo perché non è un buon servizio al giornalismo: giocare a fare inchieste e investigazioni tra un spot pubblicitario e l’altro è quanto di più lontano sia possibile dalla verità, dall’informazione. Neanche per la sistematica violazione di quel minimo di rispetto che si dovrebbe alle vittime e ai loro parenti.

Ma perché, anche solo dal punto di vista dello spettacolo, dell’intrattenimento sono la brutta, volgarina, e perniciosa copia dei telefilm dedicati alle investigazioni sui reati sessuali. Alla fine di ogni puntata di Law&Order, Unità Speciale o di CSIA, tanto per fare un paio si esempi,c’è sempre scritto che è tutto finto.

Per Porta a Porta o per Matrix invece dovrebbe essere scritto all’inizio delle puntate che è tutto finto, taroccato, noioso e anche un bel po’ cinico e ipocrita, serve solo a far salire la curva dell’Auditel. Perché trattare così i delitti è il vero delitto. Beh, buona giornata.

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Di Marco Ferri

Marco Ferri è copywriter, autore e saggista, si occupa di comunicazione commerciale, istituzionale e politica.

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