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Il partito dei furbi e quello dei polli.

Tra reminiscenze missine, prosopopea da ex governanti, in via della Scrofa, a Roma, sede dei più furbi del bigonzo, cioè quelli di An, ex movimento sociale, al secolo Il Secolo, si fanno le strategie dell’opposizione: quelle che poi Fini va raccontando a Berlusconi, per fare bella figura e candidarsi alla guida della Cdl del dopo-Berlusconi. […]

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Tra reminiscenze missine, prosopopea da ex governanti, in via della Scrofa, a Roma, sede dei più furbi del bigonzo, cioè quelli di An, ex movimento sociale, al secolo Il Secolo, si fanno le strategie dell’opposizione: quelle che poi Fini va raccontando a Berlusconi, per fare bella figura e candidarsi alla guida della Cdl del dopo-Berlusconi.

Robe del tipo guidiamo la protesta dei tassisti, facciamo una bella marcia su Roma contro la Finanziaria, mandiamo i nostri ragazzetti a fare il saluto romano a Romano, alla Cattolica di Milano.

In realtà, Fini, memore degli insegnamenti di Almirante, produce solo piccole tattiche: fare incazzare la sinistra radicale contro il governo Prodi. Magari il governo casca. E la “sinistra radicale”, neologismo giornalistico, che pare non dispiaccia affatto ai nostri, ci casca ben volentieri.

L’ultima trovata è stata la vicenda della base Usa di Vicenza. Dai, diciamo che il governo Prodi è antiamericano, diciamolo un paio di giorni prima che la notizia venga fuori. Dai, Berlusconi, fidati, dillo pure tu, così ci cascano tutti. E infatti è successo. Tomo tomo, cacchio cacchio, come diceva un illustre comico napoletano, D’Alema va a Ballarò e dice: non c’è nessun pezzo di carta scritto che dica che l’Italia avesse preso un impegno per ampliare la base Usa vicino a Vicenza. Però, dice sornione D’Alema il consiglio comunale di Vicenza ha votato a maggioranza. Il governo attuale, dice ancora D’Alema aveva anche proposto un altro sito, ma quelli di Vicenza vogliono la base nel loro comune. Il governo, dice ancora D’Alema non può mica imporre un referendum d’autorità ai cittadini di Vicenza, quello semmai spetta al Comune: il problema è locale, solo locale, tutto locale.

Prodi dirà nelle stesse ore che il problema è semplicemente di autorizzazioni edilizie, non è un problema politico. Per la cronaca il comune di Vicenza è retto dal centro-destra.

Però, tutta la sinistra insorge, non contro l’ex governo Berlusconi, che ha fatto accordi sottobanco con gli Usa, prova ne è l’aver riesumato in video l’ex ministro della Difesa, Martino, che conferma, tardivamente, l’impegno preso dal governo Berlusconi. Neanche contro l’amministrazione comunale di Vicenza, che spera di prosperare nei lavori edilizi di ampliamento, che spera di ricevere benefici economici, diventando il fornitore ufficiale di beni e servizi degli americani, in puro stampo di vassallaggio medievale, nei confronti del castello del Signore.

Pecoraro Scanio, Diliberto, Giordano e lo stesso Bertinotti dicono che così non va, che l’Italia si deve smarcare dalla guerra voluta dagli Usa in Afghanistan e in Iraq. Ullalà. E si incazzano, proprio come si voleva dimostrare. Risultato: i furbetti di via della Scrofa avevano calcolato le giuste dosi della polpetta avvelenata. Avevano preso un appuntamento nell’agenda politica italiana, che i nostri eroi hanno puntualmente onorato.

Per tutta la sua durata, il governo Berlusconi ha iscritto l’opposizione nella sua agenda. Ora dall’opposizione, la Cdl, Fini “in prima persona” continua a fare lo stesso. Siamo nel 2007, ma l’agenda è quella del 2006, ferma alla data delle scorse elezioni politiche.

Nella vicenda di Vicenza la politica estera del governo Prodi c’entra come un fico secco. Sono le scorie del vecchio governo che continuano a essere radioattive, come uranio arricchito dalla esigua differenza di voti tra le due coalizioni, come uranio impoverito dalla scarsa rappresentatività al Senato, combinato disposto del trucco di aver cambiate le regole delle elezioni, che come una forma di leucemia, si è inoculata nel corpo della nostra democrazia.

Possibile che temi seri e importanti come il ruolo politico e diplomatico dell’Italia, nell’ambito della politica estera Europea, che è il perimetro della differenza con le scelte della Casa Bianca, proprio non si riesce a metterli in agenda?

Possibile che Fini riesca ad agire sul “senso di colpa”della sinistra, per aver mandato al governo uomini che in realtà non riescono a fare quello che avevano promesso agli elettori, molto semplicemente perché sono l’espressione di oligarchie d’apparato?

Questo è il trucchetto. Fino a quando durerà? Perlomeno fin quando si andrà a cianciare di politica nei talk show, come fanno i nostri eroi della “sinistra radicale”, invece di dedicarsi seriamente al governo delle cose: quelle giuste che ancora bisogna fare, quelle sbagliate che ancora non sono state rimesse a posto. La storia di Vicenza rappresenta tutte e due gli aspetti della questione.

Con rara lucidità politica, il ministro Ferrero, in un convegno sindacale a Roma domenica scorsa ha detto che il governo Prodi non è “amico” dei lavoratori, dei giovani, della pace.

Il governo Prodi è un “terreno” di scontro politico tra esigenze sociali diverse e a volte contrapposte. Ma il governo Prodi, ha detto Ferrero, è “permeabile” alle tensioni sociali.

Prendiamone atto una buona volta: cerchiamo di essere “permeabili” ai problemi sociali e politici, e “impermeabili” all’agenda politica della destra, sconfitta alle elezioni, ma soprattutto sconfitta nel ruolo che ha assunto nella vicenda politica italiana ed europea.

Forse dovremmo concentrarci molto di più su questo secondo aspetto, invece che subire la loro vecchia agenda. Beh, buona giornata.

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Di Marco Ferri

Marco Ferri è copywriter, autore e saggista, si occupa di comunicazione commerciale, istituzionale e politica.

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