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Terremoto: il coming out di un costruttore.

di Fabrizio Caccia da corriere.it

L’AQUILA – È stato l’appello del presidente della Repubblica, l’altro giorno, a fargli cambiare idea, a convincerlo a parlare. Il costruttore Giovanni Frattale, 60 anni, occhi chiari e Mercedes nera, ha deciso che è il momento di alzare il sipario sul sacco di L’Aquila e i barbari del mattone: «Napolitano ha ragione. I costruttori aquilani dovrebbero mettersi tutti una mano sulla coscienza. E parlo anche per me». Finora lui ha taciuto — spiega — ma finora non c’erano stati 293 morti e quarantamila sfollati. La categoria, insomma, per anni ha chiuso gli occhi. Invece di denunciare pubblicamente le gravi anomalie, ha preferito tirare avanti in nome del profitto e del quieto vivere. «Dopo il disastro — racconta Frattale — ho fatto un giro della città: Pettino, Torrione, Porta Napoli, XX Settembre, Campo di Fossa. Gli edifici crollati sono la prova regina che il sistema è marcio». Che vuol dire? «Il 90% delle case private di L’Aquila — continua — è stato costruito da “palazzinari”. Niente di strano, accade dappertutto. Ma, qui da noi, almeno un terzo è gente senza scrupoli, io li chiamo avventurieri, pirati dell’edilizia. Attratti solo dalla bolla speculativa, dalla febbre del mattone, ex macellai, falegnami, agricoltori, si sono improvvisati costruttori pagando 10 mila euro alla Camera di Commercio e poi con una Srl qualunque si son messi a tirar su palazzi, affidandosi però a semplici cottimisti, muratori e carpentieri dai capelli bianchi che in nome di una non meglio precisata competenza hanno realizzato le opere. Ma le case non si costruiscono con i capelli bianchi… Andate a Pettino, andate a vedere, davanti alla macerie trovate i cartelli “Vendesi”…».

Ora tutti, a L’Aquila, si riempiono la bocca parlando di calcestruzzo armato, analisi geologiche, nodi strutturali, curve granulometriche degli impasti. Ma la Casa dello Studente… «La Casa dello Studente, dove sono morti tutti quei ragazzi — dice Frattale — è un’altra storia strana». La costruì Antonio Miconi che oggi è morto (progettisti Botta e Portelli) e l’affittò alla Farmaceutica Angelini, che poi comprò la struttura per trasformarla in residenza convenzionata con la Regione. Insomma, un discreto affare. “Un deposito di medicinali che diventa albergo? — si chiede ora perplesso il costruttore —. Saranno state fatte le giuste prove di carico sui solai? Spesso i collaudi qui avvengono sulla carta, non serve la bustarella, basta un perito amico…». Frattale è un nome che conta, nell’edilizia locale. Suo padre costruì il primo condominio di L’Aquila del Dopoguerra, nel ’46: sorge in via Campo di Fossa, dove un altro palazzo lunedì è crollato, facendo 26 vittime. Quello di suo padre, invece, è ancora là. «Perché negli anni ’80 arrivarono i pirati — aggiunge —. E per armare i calcestruzzi importavano gli acciai stellari dalla Grecia al posto di quelli ad aderenza migliorata che costavano il doppio ma erano sicuri. Per questo tanti pilastri hanno ceduto. Non c’entra la sabbia del mare. La sabbia dei pilastri viene tutta dalle cave qua intorno. Ne siamo pieni». Anche Aldo Irti, che oggi ha 80 anni, figlio del cavaliere Iniseo che ricostruì l’Abruzzo dopo il terremoto-monstre del 1915, punta l’indice sui nuovi improvvisatori. È dello stesso parere il geometra Giuseppe Barattelli, ottantenne anche lui, che a L’Aquila nella sua lunga carriera di appaltatore costruì parecchio, dalla Banca d’Italia alla caserma dei carabinieri (lesionata oggi dalla faglia). Suo figlio Ettore, 42 anni, vicepresidente dell’Ance provinciale, l’associazione dei costruttori, conclude amaro: «Ha ragione il presidente Napolitano e ha ragione anche Frattale. Ma l’esame di coscienza sono molti a doverlo fare. È tutta la filiera. Dove stavano il Genio Civile, gli ispettorati, la Asl, quando venivano su queste case di burro? Perché la verità è che se non ci sono i controlli, ecco poi che succede: comprare la casa è sempre stato il sogno di tante persone. Ma la gente comune bada al colore delle piastrelle, sceglie le porte, gl’infissi. Non si preoccupa di cosa c’è sotto terra. Non lo dovrebbe fare». (Beh, buona giornata).

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Di Marco Ferri

Marco Ferri è copywriter, autore e saggista, si occupa di comunicazione commerciale, istituzionale e politica.

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