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Intolleranza a molti zeri.

Il presidente della Lega calcio di prima di Calciopoli, via telefonino sospese un derby Roma-Lazio: i capi ultras erano entrati in campo dicendo ai capitani delle rispettive squadre che negli scontri fuori lo stadio era morto un bambino. Non era vero niente, come aveva confermato il Prefetto di Roma, ma la partita fu sospesa. Il […]

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Il presidente della Lega calcio di prima di Calciopoli, via telefonino sospese un derby Roma-Lazio: i capi ultras erano entrati in campo dicendo ai capitani delle rispettive squadre che negli scontri fuori lo stadio era morto un bambino. Non era vero niente, come aveva confermato il Prefetto di Roma, ma la partita fu sospesa.

Il presidente della Lega calcio di oggi ha detto in un’intervista a Radio Capital, pubblicata su la Repubblica di ieri: “I morti del sistema calcistico purtroppo fanno parte di questo grandissimo movimento, che le forze dell’ordine ancora non riescono a controllare.” Ne è nato un putiferio: Prodi ha stigmatizzato queste parole, il Coni potrebbe deferire il presidente della Lega, la qual cosa porterebbe alla sua destituzione.

Lo spettacolo deve continuare, sembra la parola d’ordine veicolata dalle squadre, dai dirigenti e anche dai calciatori: per loro ha parlato Maldini, che ha detto di non chiudere gli stadi. Perché? Per amore dello sport? Non pare essere così. Già nella giornata di domenica si dava conto di quanti soldi si erano “persi” con la sospensione del campionato: i concorsi a pronostici, i diritti televisivi, gli sponsor delle squadre.

Da un lato si chiedeva tolleranza zero contro gli ultras, dall’altro si dimostrava intolleranza per la perdita di cifre a molti zeri, dovuti allo stop negli stadi. Il tutto, si badi bene, mentre la salma del povero Raciti non era ancora stata tumulata.

Segno che il tassametro degli interessi in gioco corre più velocemente di ogni altra considerazione, ivi compreso un minimo di buon gusto, almeno per un funerale in corso. Segno dei tempi: una volta la marginalità sociale che sfogava la sua rabbia negli stadi si chiamava “guerra tra poveri”.

Oggi è chiaro che la guerra è tra squadre ricche di introiti e piattaforme televisive da un lato e la “canaglia pezzente” che si scontra ogni domenica dentro e fuori gli stadi di calcio, dall’altro. Come dire: chissenefrega, che comprino la tessere pay-per-view. Ma c’è un fatto nuovo: non s’era mai vista tanta noncuranza nei confronti delle forze dell’ordine.
Che Pier Paolo Pasolini quella volta avesse avuto ragione? Beh, buona giornata.

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Di Marco Ferri

Marco Ferri è copywriter, autore e saggista, si occupa di comunicazione commerciale, istituzionale e politica.

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