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Popoli e politiche

Se l’Europa diventa la patria dei signori di “finché c’è guerra c’è speranza”.

di Alessandro Cisilin – da « Galatea European Magazine»

“Business is business”, spiegano i dirigenti delle fabbriche della morte. Ed è con esplicita soddisfazione che nelle scorse settimane la tedesca Heckler & Cock, azienda leader nella produzione di armi leggere, ha annunciato una mega-commessa dalla polizia federale per cinquantamila nuove pistole P30 V2, con un’opzione per altre cinquemila, da consegnarsi entro due anni. Un’esultanza legittima, trattandosi delle forze dell’ordine di un paese democratico. Il problema è che quelle armi, in realtà, finiscono ovunque, nelle mani dei peggiori regimi, dei più violenti guerriglieri e delle più spietate bande urbane. E allora c’è chi fa notare che i conti non tornano.

Il prossimo 11 maggio la società festeggerà il sessantesimo compleanno nella sua sede storica presso l’amena cittadina di Oberndorf am Neckar, nel Land sud-occidentale del Baden-Württemberg. Inizialmente, gli ingegneri Edmund Heckler, Theodor Koch e Alex Seidel fabbricavano componentistica per macchine da cucire, sulla scia dell’antica Singer, nonché macchinari per la produzione di utensileria. Ben presto compresero però che il vero affare stava altrove, e già nel 1956 vinsero il primo appalto per la fornitura di fucili per l’appena ricostituita fanteria tedesca. Fu l’inizio di una catena di trionfi internazionali che attrasse, oltre ai dollari delle commesse, i capitali di investimento da ogni continente, fino a indurre la potente British Aerospace – Royal Ordance ad acquistarne la proprietà nel ’91. E con una serie di acquisizioni e scorpori successivi la società si è specializzata nelle forniture civili, abbandonando il business meno interessante degli eserciti.

Questa è almeno la storia ufficiale, ma ce n’è anche un’altra, raccontata dai critici e mai seriamente smentita dai vertici aziendali. L’intreccio e le evoluzioni proprietarie seguirebbero non tanto logiche finanziarie o fiscali, bensì politiche. Si è trattato cioè di eludere i vincoli via via posti dai singoli paesi che impedivano l’esportazione di armi a determinati Stati. Con questo sistema la polizia serba ha potuto attingere alle pistole e ai fucili della Heckler & Cock per gli assalti ai villaggi albanesi del Kosovo. Così si sono armate le forze georgiane per la repressione nell’Ossezia del Sud, nonché gli uomini della Blackwater in Iraq e Afganistan.

A questo trucchetto se ne aggiunge un altro, quello di destinare la merce ad alcuni paesi, che in realtà fungono prevalentemente da intermediari verso terzi, non attingibili in ragione di leggi europee o internazionali. E’ il caso del ricco armamentario H&C giunto nelle regioni srilankesi della guerra civile attraverso il Pakistan. Ed è il caso ancor più drammatico delle celebri (per gli addetti ai lavori) pistole G3 di fabbricazione anglo-tedesca, giunte in massa, attraverso una licenza iraniana, in dotazione delle milizie Jalaweed per la repressione nel Darfur, ossia per quelli che le Nazioni Unite definiscono “crimini contro l’umanità”, conteggiando almeno trecentomila vittime negli ultimi sei anni e motivando il mandato d’arresto spiccato nei confronti del presidente sudanese el-Beshir. E poi ci sono le storie minori, quelle di “semplici” omicidi, magari all’interno delle mura domestiche, come quella emersa in questi giorni in Nepal. Un membro della dinastia reale, deposta l’anno scorso, ha raccontato che il movente della strage familiare compiuta nel 2001 dal cugino, nella quale morirono nove parenti tra cui il re e la regina, non erano ragioni “passionali”, come si disse allora, bensì il no del sovrano a una fornitura H&C che avrebbe portato quindici milioni di dollari nelle tasche del reo.

Contro la multinazionale già lo scorso marzo sono scese in piazza a Oberndorf centinaia di persone. L’11 maggio potrebbero essere migliaia, al grido “kein Grund zum Feiern”, niente da festeggiare. Ne sono tacitamente consapevoli i dirigenti di Nottingham, il cui quartier generale si erge quasi clandestino nella zona industriale, senza neppure un’insegna o un nome sul campanello. “Motivi di sicurezza”, dicono. Nulla di oscuro però: si tratta di tenere alla larga l’ostilità delle famiglie del posto, inalberate per l’anomalo pullulare di pistole tra le bande locali. (Beh, buona giornata).

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Di Marco Ferri

Marco Ferri è copywriter, autore e saggista, si occupa di comunicazione commerciale, istituzionale e politica.

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