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Arrivederci, ragazzi.

Fausto Bertinotti ha detto che l’azione del governo Prodi non è la bussola dell’azione politica dei partiti della sinistra, nell’ambito della coalizione di centro-sinistra. Piero Fassino ha detto che dissentire dall’azione del governo non significa necessariamente votare contro la coalizione di centro-sinistra. Entrambi sembrano rispondere, con colpevole ritardo, al monito del capo dello Stato: siccome […]

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Fausto Bertinotti ha detto che l’azione del governo Prodi non è la bussola dell’azione politica dei partiti della sinistra, nell’ambito della coalizione di centro-sinistra.

Piero Fassino ha detto che dissentire dall’azione del governo non significa necessariamente votare contro la coalizione di centro-sinistra. Entrambi sembrano rispondere, con colpevole ritardo, al monito del capo dello Stato: siccome non ci sono alternative, vi rinvio alle Camere. Fate buon uso di questa chance, anche perché è l’ultima possibile.

Sono i fondamentali della politica in un Paese a democrazia parlamentare e sembra strano, molto, troppo strano debbano essere riscoperti nelle ore che ci separano dalla possibile riconferma dell’esecutivo al Parlamento.

Votammo Prodi nelle Primarie, per cacciare Berlusconi, ma il berlusconismo ce lo siamo ritrovati nelle legge elettorale, che ha condizionato il nostro consenso al centro-sinistra. Con Berlusconi eravamo sull’orlo del baratro: l’altro giorno al Senato, grazie alla vostra insipienza, abbiamo fatto un piccolo, ma drammatico passo in avanti. Come in una buffe delirante, avete cercato di tirarci per i capelli dentro i vostri i disturbi psicotici: non vi abbiamo scelto come nostri rappresentati al Parlamento, ci avete costretto a farlo, grazie alle liste bloccate. E oggi ne vediamo le conseguenze, che continuate a voler scaricare su di noi, come si scarica su amici e parenti il disagio psichico: ci avete gelato, fatto arrabbiare, messo di cattivo umore.

Siete stati bocciati dal Senato, avete inscenato la crisi e adesso dovemmo anche compatirvi? Chi vi dà il diritto di fare politica al posto nostro, mentre dimostrate che della politica conoscete solo la faccia più brutale, cinica e autoreferenziale? Ci chiedete di metterci nei vostri panni, e inciampate sui lacci delle vostre scarpe.

C’è una domanda urgente, che non rivolgiamo più a voi, a nessuno di voi, ma chiediamo semplicemente a noi stessi: che intenzione abbiamo di fare del nostro futuro?

Ci avete costretti a essere disposti a tutto, pur di salvare un minimo, diciamocelo, davvero un minimo, di dignità democratica. Quella che ci hanno non solo insegnato, ma lasciato in eredità politica coloro che prima di noi, anche solo per via anagrafica, hanno affrontato a mani nude il difficile territorio dello sviluppo della democrazia del nostro Paese. Di quelli siamo figli e quello vorremmo tramandare ai figli.

Ancora una volta, ci avete estorto fiducia, mica avevamo alternative. Ma voi ci sarete debitori una volta di più: ormai sarete costretti a restituire gli interessi, il capitale che avete sperperato non lo recupereremo mai più.

Noi, nonostante voi, abbiamo deciso che il nostro futuro sarà fatto di militanza nel raccontare apertamente fatti, ma soprattutto nel fornire senza infingimenti quello che i fatti significano.

Per essere, volta per volta, protagonisti dei fatti politici e militanti del loro significato sociale. Senza mediazione né mediatori: voi avete preso il treno, noi forse tempo, ma siamo in grado di recuperarlo, il tempo perduto.

Sarà il tempo della politica, del sociale, della pace, dell’uguaglianza sociale, della creatività, della liberazione dagli schemi e dagli stereotipi della pantomima della sinistra radicale. Quel tempo è adesso: nel momento stesso in cui avete finito di essere una soluzione, siete diventati parte integrante del problema.

Voi continuerete a frequentare i talk show, dove vi trastullate a perdere tempo, noi staremo tra amici, colleghi, vicini di casa, abitanti del quartiere, cittadini dei villaggi, dei piccoli paesi, delle città. Nei luoghi di lavoro, in famiglia, a scuola, nelle università. E dove fosse necessario e utile al pub, a teatro, nello spogliatoio della palestra. Perché siamo persone, non solo elettori.

Saremo dolci quando ci vorranno amari, gentili quando ci vorranno duri, cattivi quando ci vorranno buoni, arrabbiati quando ci vorranno saggi. Troveremo nuovi accordi col nostro disaccordo, sintonie con le anomalie, una nuova grammatica nella vostra sgangherata sintassi: sul precariato, sulla Tav, sulle basi Usa, sulla Rai e le televisioni, sul conflitto d’interessi, sui Dico. Sulla pace, la solidarietà, il Welfare, il lavoro salariato, lo sfruttamento intellettuale, l’ambiente, la cultura, l’informazione.

Noi non chiederemo, noi diremo. E diremo che Prodi deve governare, cioè gestire l’esistente, ma noi saremo creativi, immaginifici, desiderosi, critici, cinici, simpatici, cattivi e ironici: non ci interessa una quota del mercato della politica, ma una quota di futuro nelle contraddizioni sociali, economiche, culturali, dunque politiche del nostro Paese.

E lo faremo spassionatamente con tutti: cattolici e atei, cristiani e musulmani, comunitari ed extracomunitari, donne, uomini, omosessuali e transgender, intellettuali e proletari. Con i volontari e i volenterosi. Con il popolo dei cococo e quello della partita iva. Insomma, con tutti quelli disposti a ragionare e a fare qualcosa di buono, significativo e utile, a partire dalla comunicazione, verso tutti i problemi che ci pone la globalizzazione: non solo delle merci, ma delle persone, dei loro sogni, dei loro traguardi.

Voi, allo stato dei fatti, siete diventati impossibili a un altro mondo possibile. Arrivederci, ragazzi. Beh, buona giornata.

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Di Marco Ferri

Marco Ferri è copywriter, autore e saggista, si occupa di comunicazione commerciale, istituzionale e politica.

Una risposta su “Arrivederci, ragazzi.”

Bella dichiarazione d’ intenti, che si allaccia perfettamente con un mio commento al Blog R-ESISTENZA, commento riportato anche nel mio post di oggi:
http://brunotto588.blog.espresso.repubblica.it/il_linguaggio_dimenticato/2007/02/pioveranno_rosp.html

Anch’io ho la certezza che oramai siano i cavalli a dover guidare il carro, ma resto sempre più inebetito di fronte all’ ignavia generale, alla incapacità di indignarsi veramente a fronte degli innumerevoli scandali, burle, show della politica “politicante” e distante.

E mi chiedo “cosa” veramente manchi a noi per poter creare le stesse condizioni che hanno consentito la svolta della Spagna.

Bruno.

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