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Media e tecnologia

Comunico ergo sum.

Albert-Laszlo Parabasi della University of Notre Dame (Indiana, Usa), autore dello studio ”The Dynamics of Information Access on the Web”, ha pubblicato sulla rivista ”Physical Review’ dell’American Physical Society uno studio che ha evidenziato che, al giorno d’oggi, le notizie pubblicate online si mantengono per ben 36 ore, molto più di quelle impresse sulla carta. […]

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Albert-Laszlo Parabasi della University of Notre Dame (Indiana, Usa), autore dello studio ”The Dynamics of Information Access on the Web”, ha pubblicato sulla rivista ”Physical Review’ dell’American Physical Society uno studio che ha evidenziato che, al giorno d’oggi, le notizie pubblicate online si mantengono per ben 36 ore, molto più di quelle impresse sulla carta.

Prendendo in esame i clic effettuati dai lettori-navigatori su una nota testata online ungherese, lo studioso è così arrivato a stimare una vita di ben 36 ore per le notizie sul web. Per quel che riguarda le notizie, Albert-Laszlo Parabasi ha quindi evidenziato un vantaggio davvero notevole di Internet sulla carta stampata.

Pur tra momenti di maggiore e altri di minore interesse, le 36 ore sulla rete sono un obiettivo impossibile da centrare per i quotidiani, soprattutto se si considera il fatto che, salvo in rari casi, il lettore perde completamente d’interesse per l’edizione sulle pagina del giornale del giorno precedente.

Per arrivare a calcolare il ”ciclo di vita” di una notizia, lo studioso ha considerato il lasso di tempo che passa tra il clic con il mouse da parte del primo lettore e quello del fruitore della notizia che si trova esattamente a metà del totale degli utenti che avranno avuto modo di leggere quel determinato articolo.

Ciò che Parabasi non considera è il fatto che i lettori attenti dei giornali spesso strappano la pagina che considerano importante e la conservano per una lettura successiva, dunque svincolata dal concetto del “quotidiano”.

La qual cosa ha a che vedere meno con lo strumento, cioè con il “veicolo” (stampa, tv, radio, giornale, internet), quanto sui contenuti.

I contenuti che viaggiano sui “veicoli” hanno una vita più lunga dei mezzi che li trasportano verso i destinatari finali.

Il che dimostra, contrariamente alle tesi sostenute da McLuhan, che non è affatto vero che il medium è il messaggio: è il messaggio che ha una tale forza propulsiva che spinge verso la nascita di nuovi media.

Non importa che sia un messaggio scritto, fotografato, dipinto, telecinemato, radioraccontato, chattato, tracciato con la vernice sul muro, o semplicemente tramandato di bocca in bocca.

Non sono i mezzi di comunicazione che fanno la comunicazione, è la comunicazione che incessantemente cerca e trova sempre nuovi rivoli, canali, torrenti, fiumi per mettere in contatto gli individui, le loro idee.

Le idee sono fatti materiali, tangibili, concreti. Non amano, non hanno mai amato i recinti: il tizzone per tracciare, il piombo per stampare, il microfono per irradiare, la telecamera per riprendere, il mouse per navigare.

Ci si possono costruire sopra fortune economiche, politiche, militari, religiose. Ma prima o poi l’argine si colma, tracima, smotta, crolla: è la storia della circolazione delle idee, è la storia della forza del messaggio sul medium. Beh, buona giornata.

p.s: giorni or sono ho visto un cartello scritto a mano sul lunotto posteriore di un’automobile molto usurata.

C’era scritto “Euro 4”. Niente di eccezionale: molti automobilisti italiani si fanno da soli cartelli come questi, per rivendicare la categoria omologata dalla Ue, dunque con un basso (presunto) livello di inquinamento, tale da poter circolare (forse) durante la chiusura nei centri cittadini alle auto private.

Ciò che mi ha colpito, però è stata una piccola scritta tra parentesi. Per cercare di leggerla, mi sono avvicinato molto.

Sotto “Euro 4” c’era scritto: “trattabili”.

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Di Marco Ferri

Marco Ferri è copywriter, autore e saggista, si occupa di comunicazione commerciale, istituzionale e politica.

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