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Peste suina: quando lanciano gli allarmi, spesso esagerano. E se esagerassero anche quando dicono che non c’è pericolo?

Il Messico tra polemiche e panico
“Ci staranno dicendo la verità?” da repubblica.it

Strade semideserte, l’esercito che distribuisce a tutti mascherine azzurre, l’ordine di evitare ogni contatto non necessario con la gente, di non stringere mani, non condividere posate o bicchieri, non baciarsi. E’ quasi surreale l’atmosfera asettica che si respira a Città del Messico, paralizzata dall’emergenza influenza suina, e nelle altre zone del Messico dove si trovano i focolai del contagio. E la gente non sa bene come reagire all’allarme: le numerose testimonianze che arrivano ai giornali, alle reti tv, siti e network – locali ed internazionali – raccontano di persone spaventate, trovatesi da un giorno all’altro in un incubo che ha cambiato loro la vita, anche se qualcuno è convinto che l’allarme dato dai media sia esagerato.

“Ho paura, lavoro per una grande compagnia e credo che questa influenza sia molto contagiosa” scrive Nallely L alla Bbc. “E’ tutto molto strano”, continua, “la gente rimane in casa o esce solo per andare a fare la spesa o all’ospedale. La maggioranza gira con le mascherine sulla bocca, concerti, festival, perfino la messa sono stati cancellati. Le trasmissioni alla radio e alla tv sono interrotte da comunicati che informano sui sintomi, e dicono di andare subito dal dottore se ci si sente malati”.

Molti temono che le autorità non stiano dicendo tutta la verità: “Mia cognata vive nello stato di San Luis Potosi”, racconta Migdalia Cruz, da Phoeniz, in Arizona. “Lì ci sono già stati almeno 78 morti, solo in città, non 68 in tutto il Messico come continuano a dire”.

“La verità è che le cose sono ben lontane dall’essere sotto controllo” le fa eco Carla, da Città del Messico. “E’ peggio di quello che crediamo, qualcuno la prende come uno scherzo, ma io no”.

Neppure le famose mascherine azzurre, distribuite per le strade e su bus e metropolitane riescono a tranquillizzare e la fobia è ormai generalizzata: “Mi preoccupa vedere come stanno lavorando i soldati che distribuiscono le protezioni. Perché non si mettono i guanti di lattice?” chiede Amelia Batani, che scrive al forum online del quotidiano messicano El Universal.

Ansia condivisa anche da Araceli Cruz, studentessa di 24 anni, che dice: “Potevano fermarla in tempo, ora hanno lasciato che si diffondesse fra la gente”.

Si ha paura di ammalarsi anche andando al lavoro. Due colleghi di Adriana, che scrive sempre da Città del Messico, hanno avuto sintomi influenzali qualche giorno fa, ma il dottore li ha fatti tornare al lavoro. “Io lavoro in un call center, non ci sono finestre e non è possibile aerare i locali e ci sono almeno 400 persone che ci lavorano”, racconta preoccupata. “Fate voi i calcoli: i locali non sono stati sterilizzati e il rischio di contagio è altissimo”.

La preoccupazione non è solo della gente comune. Anche i medici non sono tranquilli: uno di loro, che si firma “medico mexicano” in servizio negli ospedali messicani scrive nella sezione dedicata di El Mundo, descrivendo una situazione da panico, dando vita ad un’accesa discussione sul forum. “Sono specializzato in malattie respiratorie e in terapia intensiva”, dice. “I trattamenti antivirali non stanno avendo il successo sperato e la gente continua a morire, anche giovani di meno di 30 o 20 anni. Il personale è molto spaventato, data la virulenza del virus. Nella struttura dove lavoro, almeno 3-4 persone al giorno muoiono per questa epidemia”. E aggiunge: “Ci dicono di non parlare con la stampa, che verremo sanzionati se lo facciamo”.

Qualche voce fuori dal coro c’è. Come Jordi, che invita tutti a darsi una calmata e dice che il quadro non è poi così fosco: “Siamo in uno stato di preoccupazione, ma non c’è alcun panico”. Difficile, però, che riesca a rasserenare qualcuno. (Beh, buona giornata).

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Di Marco Ferri

Marco Ferri è copywriter, autore e saggista, si occupa di comunicazione commerciale, istituzionale e politica.

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