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L’amaro Giuliani.

Forse un pubblico ministero dovrà cercare le prove, con l’aiuto della polizia giudiziaria, un giudice per le indagini preliminari dovrà istruire il processo, una corte d’assise, quella con i giudici popolari potrà finalmente giudicare i responsabili della morte del giovane Carlo Giuliani. Non lo ha deciso la magistratura italiana. “Evviva l’Europa. Andremo al processo”. Lo […]

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Forse un pubblico ministero dovrà cercare le prove, con l’aiuto della polizia giudiziaria, un giudice per le indagini preliminari dovrà istruire il processo, una corte d’assise, quella con i giudici popolari potrà finalmente giudicare i responsabili della morte del giovane Carlo Giuliani.

Non lo ha deciso la magistratura italiana. “Evviva l’Europa. Andremo al processo”. Lo ha detto il padre di Carlo Giuliani dopo la decisione della Corte Europea dei diritti dell’uomo. Il tribunale ha accolto il ricorso della famiglia perché sia riaperto il caso sulla morte del figlio avvenuta durante gli scontri del G8.

E’ una buona notizia per il senso di giustizia che si aspettano i cittadini della Repubblica italiana. Allo stesso tempo è una pessima notizia per la nostra giustizia, perché la decisione è stata coartata dalla Corte Europea per i diritti dell’uomo. Essa suona come un rimprovero alla legalità del nostro Paese. Un rimprovero, bisogna accettarlo, molto ben meritato.

Una volta Pasolini scrisse che sapeva chi aveva fatto le stragi, i complotti, i tentati golpe, ma semplicemente non aveva le prove. Perché le prove, in uno stato di diritto le deve cercare e dimostrare nelle aule di giustizia uno dei poteri dello Stato, il potere giudiziario.

Noi conosciamo la verità politica dei lunghi e sofferti anni della nostra democrazia, anni scanditi dall’intolleranza contro il dissenso e la protesta di piazza. E’un elenco lungo, molto lungo di misfatti impuniti, di morti ammazzati, di bombe esplose.

La ragion di stato voleva fosse un prezzo da pagare, c’era la Cortina di Ferro, c’era il Patto Atlantico, contrapposto al Patto di Varsavia. C’era la Guerra Fredda, ma il sangue versato sulle nostre strade e piazze, stazioni ferroviarie e treni, campi e officine, scuole e università era ancora caldo, quando le inchieste furono repentinamente archiviate, se non mai svolte.

Ancora una volta, dopo i fatti del G8 si sono inventate bugie che potessero attutire i colpi di manganello e di pistola, il fragore delle vetrine infrante, delle auto date alle fiamme. A piazza Alimonia Carlo Giuliani fu sparato e poi spappolato da una camionetta. Ma la Guerra Fredda era finita, non c’era nessuna giustificazione “storicamente plausibile” perché le forze dell’ordine fossero così ferocemente scatenate contro la folla manifestante.

Dopo il pronunciamento della Corte Europea per i diritti dell’uomo, Rifondazione comunista chiede una commissione di inchiesta. “Credo ci sia da fare chiarezza, senza criminalizzare nessuno, ma occorre stabilire chi ha voluto che a Genova finisse in quel modo”, ha detto il ministro Ferrero.

A noi, però, rimane il sapore amaro di un Paese che ha voluto con tutte le sue forze (di governo, di polizia e della giustizia) tornare indietro agli anni bui della Repubblica. L’amaro della vicenda di Carlo Giuliani, appunto. Beh, buona giornata.

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Di Marco Ferri

Marco Ferri è copywriter, autore e saggista, si occupa di comunicazione commerciale, istituzionale e politica.

Una risposta su “L’amaro Giuliani.”

Un ragazzo è morto, una famiglia continua a lottare, ma l’indifferenza è tanta. Anch’io speravo che certi anni fossero terminati, Giulia

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