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Operazione chirurgica.

Un uomo si è presentato all’ospedale di Emergency di Lashkar-gah nel Sud dell’Afghanistan. Presentava ferite nell’animo e nella professione di giornalista, piene di angoscia e paura di morire ammazzato: è stato accolto e curato. Si tratta di Daniele Mastrogiacomo, inviato di guerra di Repubblica. Emergency in Afganistan ha messo su quattro ospedali, all’ingresso dei quali […]

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Un uomo si è presentato all’ospedale di Emergency di Lashkar-gah nel Sud dell’Afghanistan.

Presentava ferite nell’animo e nella professione di giornalista, piene di angoscia e paura di morire ammazzato: è stato accolto e curato. Si tratta di Daniele Mastrogiacomo, inviato di guerra di Repubblica.

Emergency in Afganistan ha messo su quattro ospedali, all’ingresso dei quali c’è una scritta rossa su fondo bianco: no weapons (niente armi).

Emergency cura tutti quelli che si presentano: cura corpi martoriati, non controlla documenti, né nazionalità, né gruppi di appartenenza. Ma non vuole armi, non vuole nemici.

Ha ragione il nostro presidente del Consiglio a sottolineare la grande coesione che la cattura e la prigionia di Mastrogiacomo hanno saputo dimostrare durante i lunghi giorni della sua detenzione. A complimentarsi con la ferma serenità dei famigliari di Mastrogiacomo, la consapevole solidarietà dei suoi colleghi e del direttore Mauro.

A complimentarsi con il senso di responsabilità delle testate giornalistiche, che hanno compreso che la riservatezza a volte è il modo migliore di informare il pubblico. A complimentarsi con gli appena “rinnovati” servizi di intelligence militare italiani sul campo. E con l’ambasciatore italiano a Kabul. E a ringraziare il governo Karzai.

Forse però ringraziare Gino Strada, il fondatore e il leader di Emergency, come pure è avvenuto, proprio non basta. Perché questa vicenda, che si è risolta felicemente, dimostra che quattro ospedali fanno più di 2000 uomini in armi, tanti quanti sono i nostri militari impegnati in quel Paese.

Che Emergency, canale attivato, pare dagli stessi Taleban e forse anche da Repubblica, ha potuto più di quello attivato dal nostro Ministero degli esteri, che pure è stato tenuto sempre informato e che non ha messo bastoni fra le ruote, come è sempre apparso lampante durante i rapimenti dei nostri giornalisti e operatori umanitari, avvenuti in Iraq durante il governo precedente. A cui va ascritto, senza possibilità d’appello, il torto di non aver saputo tutelare l’integrità fisica dei cittadini italiani in quel martoriato paese.

Qui è il punto, non tanto per risarcire gli errori del passato: ai famigliari e ai colleghi di Enzo Baldoni servirebbe a niente, purtroppo. Come si dice, a tutto c’è rimedio, tranne che alla morte.

Il punto, dicevamo è che la dissennata “guerra al terrorismo” ha trascinato non solo i nostri militari, ma i nostri passaporti, la nostra lingua, le nostre libertà civili dentro una guerra inutile, dannosa, inconcludente, tragica, sanguinosa.

L’idea maledetta di concepire un giornalismo “embedded” ha fatto diventare bersagli e obiettivi militari i reporter, i cronisti. Ha fatto coincidere, nel modo più semplice e basico, e per tanto tragico e pericoloso, il paradigma dell’odio: il tuo paese è nemico del mio paese, tu sei mio nemico.

Queste le colpe, storiche e politiche del governo precedente. Che sono ancora quelle dell’attuale Amministrazione Bush. Ma anche quelle dei nostrani eroi da talk-show, dei guerrafondai con le pantofole, dei fan dello scontro di civiltà, dello scontro di religione. Di queste colpe, sia pur faticosamente, il governo Prodi dimostra di voler prendere le distanze e cambiare politica. E’ un bene. Anche l’idea di una conferenza di pace, Taleban compresi è un bene, perché cancella l’ipocrisia della “missione di pace” in Afghanistan.

La liberazione di Daniele Mastrogiacomo è una operazione chirurgica, non solo perché è avvenuta grazie alla buona reputazione di un chirurgo di nome Gino Strada. E’ un’operazione chirurgica, non di quelle baldanzosamente militari, che poi lasciano inevitabilmente sul terreno “danni collaterali”, cioè civili inermi.

Lo è perché sancisce il diritto di non essere d’accordo col paese e le sue scelte. Il diritto di informare la propria opinione pubblica. Il diritto alla libertà di informazione e di dissenso. Il diritto a non essere nemico giurato di nessuno. In Afghanistan, e non solo, Gino Strada cura tutti.
Anche noi, in Italia, stavolta siamo stato curati. No weapons, senza armi. Beh, buona giornata.

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Di Marco Ferri

Marco Ferri è copywriter, autore e saggista, si occupa di comunicazione commerciale, istituzionale e politica.

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