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Tronchetti della felicità.

In principio, il ministro della Comunicazione Paolo Gentiloni, intervistato da Rainews24, si è detto ”preoccupato” per la proposta di vendita di Telecom a un colosso americano e a una compagnia messicana, indicando il rischio di uno ”spezzettamento degli asset interni” di cui soffrirebbe ”la stabilità dell’azienda”. Tuttavia, ha detto Gentiloni, da parte del governo ”non […]

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In principio, il ministro della Comunicazione Paolo Gentiloni, intervistato da Rainews24, si è detto ”preoccupato” per la proposta di vendita di Telecom a un colosso americano e a una compagnia messicana, indicando il rischio di uno ”spezzettamento degli asset interni” di cui soffrirebbe ”la stabilità dell’azienda”. Tuttavia, ha detto Gentiloni, da parte del governo ”non verrà
innalzata da nessuna barricata”. Certo, ha comunque osservato il ministro, ”in tutti i paesi occidentali la principale azienda di telecomunicazione è in mano pubblica o di privati nazionali”.

Passa qualche ora e viene diffusa una intervista al Foglio, secondo il quale il ministro per le Comunicazioni, Paolo Gentiloni, confida in una soluzione di mercato italiana per Telecom e fa un’apertura moderata anche a Mediaset. Il ministro si dice favorevole a una diversificazione per Mediaset perché il suo sviluppo non può dipendere solo dal monopolio domestico sul mercato pubblicitario. Dice Gentiloni: “La legge attualmente in vigore, che io non ho votato, – spiega – oggi vieta l’incrocio tra Mediaset e Telecom. Per quanto riguarda il gruppo televisivo io sono favorevole a qualunque forma di diversificazione, perché lo sviluppo di Mediaset non deve dipendere soltanto dal monopolio domestico sull’advertising anche perché la legislazione troppo protettiva non fa bene alle imprese, non le rende competitive”.

Queste dichiarazioni sembrano la logica conseguenza delle affermazioni di Sircana, portavoce di Prodi, secondo il quale le decisioni del cda di Telecom sono “sacre” e il governo non ha intenzione di interferire. Il governo “auspica” che Telecom resti italiana e che siano garantiti asset industriali e piani occupazionali.

Il perché sta nel fatto che il governo, attraverso il Tesoro possiede la cosiddetta “golden share”, cioè un quota di compartecipazione azionaria. Dicendo di non voler interferire, l’azionista pubblico rispetta l’assioma neoliberista, che recita “meno stato, più mercato”.

Bisogna però considerare che Telecom non è semplicemente una compagnia di servizi di telefonia, ma è l’azienda italiana proprietaria della rete, sulla quale viaggiano anche i servizi dei concorrenti. Infatti, gli utenti pagano il canone.

Quando i concorrenti dicono che le loro tariffe sono “senza canone”, usano un semplice artificio pubblicitario: i prezzi delle tariffe dei concorrenti sono comunque composti dall’utilizzo della rete. Questo dice anche che vendere la rete, significa espropriarla al sistema paese, e anche tutti quelli, e sono milioni di famiglie, che l’hanno finanziata attraverso il canone, fina da quando l’azienda di chiamava Sip, per poi diventare Telecom Italia.

C’è poi un aspetto squisitamente politico. L’apertura a Mediaset, e quindi la disponibilità a modificare la legge che vieta l’incrocio tra Mediaset e Telecom ha un valore tutto politico. Che suona più o meno così: perché il Cavaliere esca dalla scena politica, gli si può concedere l’integrazione tv-telefonia.

Così si potrebbero realizzare due fatti, uno economico, l’altro politico. Una azienda mastodontica italiana, come Mediaset potrebbe trovare uno sviluppo che oggi gli è negato, perché è più grande del suo mercato, e quindi ne è divenuta un grosso ostacolo, tanto da danneggiare sistematicamente l’intero mercato delle tv.

Quello politico sta nel togliere di mezzo, lautamente remunerato nella prospettiva di uno straordinario sviluppo delle sue imprese, finalmente anche all’estero, un imprenditore che ha fatto della “scesa in campo” uno strumento di espansione finanziaria e commerciale, arrivando a modificare, se non a sciogliere del tutto, i lacci e i laccioli civili, amministratiti, e spesso penali, che impedivano la crescita delle aziende del gruppo Mediaset.

Se questo si verificherà, tutti saranno felici: Tronchetti ci guadagna, Berlusconi ci guadagna, il governo ci guadagna, la politica ci guadagna il mercato ci guadagna. La domanda è: avete mai visto un buon affare, se nessuno ci rimette qualcosa? Beh, buona giornata.

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Di Marco Ferri

Marco Ferri è copywriter, autore e saggista, si occupa di comunicazione commerciale, istituzionale e politica.

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