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Rivera ha tirato il calcio di rigore.

Secondo l’Osservatore Romano le parole di un comico al concerto del Primo Maggio sono un atto di terrorismo. Siccome l’argomento è fragile e iracondo, si è voluto condirlo di aggettivazioni: Andrea Rivera è un “vile”, i settecentomila ragazzi in piazza erano “una folla facilmente eccitabile”. L’Osservatore Romano, al di là dei suoi giudizi trancianti, non […]

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Secondo l’Osservatore Romano le parole di un comico al concerto del Primo Maggio sono un atto di terrorismo. Siccome l’argomento è fragile e iracondo, si è voluto condirlo di aggettivazioni: Andrea Rivera è un “vile”, i settecentomila ragazzi in piazza erano “una folla facilmente eccitabile”.

L’Osservatore Romano, al di là dei suoi giudizi trancianti, non ha saputo entrare nel merito delle parole pronunciate da Andrea Rivera. Egli ha detto, testualmente: “La chiesa non si è mai evoluta. Non sopporto che il Vaticano abbia rifiutato i funerali di Welby. Invece non è stato così per Pinochet, per Franco e per uno della banda della Magliana”. Quello che ha detto Rivera è vero. Francisco Franco, il dittatore spagnolo e Augusto Pinochet, il dittatore cileno sono lontani, se non storicamente, almeno geograficamente. Ma per chi vive a Roma non è difficile scoprire che un membro della banda della Magliana è sepolto in una cripta nella chiesa di Sant’Agnese in Agone, in piazza Navona. Rivera a Radio Capital ha detto che non condivide l’accusa si essere un ipocrita per aver fatto riferimento ai funerali negati a Welby dalla Chiesa. “Non è forse vero che a Welby sono stati negati i funerali concessi invece a Pinochet? Chi è allora – ha concluso Rivera – l’ipocrita?”.

Il Vaticano ha ingaggiato una dura lotta, senza esclusione di colpi contro il testamento biologico, oltre che contro i Dico. Nella sua ingenuità, Rivera ha tirato il calcio di rigore, dal palco del concerto del Primo Maggio.

L’Osservatore Romano non perdona, non porge l’altra guancia, colpisce a testa bassa, come l’articolo del giornale vaticano fosse una risoluzione strategica della Br, rincara la dose e stampa, nero su bianco: “Qualcuno vuole aprire una guerra strisciante, una nuova stagione della tensione, dalla quale trae ispirazione chi cerca motivi per tornare ad impugnare le armi, per rivitalizzare organizzazioni che hanno perso su tutti i fronti, primo fra tutti quello della storia. Anacronismi. Come quella presenza sul palco a san Giovanni. Un residuato in mezzo a tanti giovani”. Parole come pietre, scagliate con rabbia e cieca determinazione.

Insomma, Rivera è stato paragonato a chi ha inviato minacce a Bagnasco, capo delle Cei, Arcivescovo di Genova, che da qualche giorno gira con la scorta, per via delle minacce che ha ricevuto. Paragonare un giovane barbuto con la chitarra che parla davanti a tutti con un mitomane che invia nascostamente ritagli di giornale è completamente fuori luogo. E’ una sproporzione pericolosa, rischia altri brutti episodi di emulazione, di gesti inconsulti.

Però, questa vicenda ha tutta l’aria di essere il vecchio trucco di fare le vittime, digrignando i denti.
Diciamoci la verità: stiamo esagerando in modo parossistico. Stiamo facendo la polemica a tutti i costi, con frasi bellicose, con anatemi, ricatti morali, analogie, linciaggi. Stiamo facendo la faccia feroce. Il Vaticano sembra a tutti gli effetti un partito politico, che sfrutta furbescamente i media per fare uno spot al Family Day. Insomma, il Vaticano esagera sapendo di esagerare
Di fronte alla determinazione a fare la guerra a tutti i costi, Papa Wojtyla ebbe a dire, alzando la mano che tremava dalla malattia: “Fermatevi”.

Oggi che taluni settori della Chiesa alla guerra vorrebbero andare, non ci resta che dire quello che disse al mondo Papa Giovanni Paolo II: “Fermatevi”. Beh, buona giornata.

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Di Marco Ferri

Marco Ferri è copywriter, autore e saggista, si occupa di comunicazione commerciale, istituzionale e politica.

2 risposte su “Rivera ha tirato il calcio di rigore.”

Ho ascoltato, durante il concerto per il 1° maggio, le parole di Andrea Rivera contro la Chiesa e devo ammettere che sono rimasto anch’io colpito dagli attacchi e dalle critiche infondate e pretestuose che sono state espresse….. contro il presentatore.
Mi sono chiesto per quale ragione importanti esponenti della sinistra, accodandosi alle parole di piombo del Vaticano, definiscono “scriteriata” una persona che ha il coraggio di dire quello che anche moltissimi cattolici sentono dentro.
Certo la provenienza democristiana di Prodi e dei suoi amici centristi (che io, mio malgrado, ho votato) influisce moltissimo sui loro giudizi: è troppa, da parte loro, la paura di diventare bersaglio dell’Osservatore Romano e di perdere il famoso “voto moderato”.
Ma la CGIL e la UIL, come hanno potuto unirsi al coro di coloro che stanno attaccando la libertà di parola e di pensiero? Come hanno potuto chiedere a Rivera di chiedere scusa? Credo si sia trattato di un semplice incidente di percorso. L’affanno, la velocità degli avvenimenti, l’impossibilità di verificare con esattezza l’accaduto (ed il contenuto dell’intervento dell’artista), hanno portato i segretari generali a rilasciare dichiarazioni su un fatto che non era stato metabolizzato a sufficienza. Prova ne è che Cremaschi, invece, ha difeso, con toni più pacati, Rivera.
Certo è stato un incidente di percorso, ma è utile per evidenziare un problema serio e cioè che nel momento in cui il Sindacato, per festeggiare il 1° maggio, fa la scelta di trasformarsi in una agenzia di spettacolo, organizzando un maxi concerto (che poco ha a che fare con i temi del lavoro e delle morti bianche, se non grazie proprio agli interventi dei conduttori), deve imparare a prendersi tutte le responsabilità che ne derivano, compresa la difesa delle posizioni scomode, delle idee che disturbano il potere ed i poteri. Questo anche in onore ed ossequio alla tradizione storica dello stesso sindacato, soprattutto della CGIL, per la quale nutro un profondo rispetto derivante da anni di proficua frequentazione.
Le dichiarazioni di condanna sentite in questi due giorni, testimoniano il fatto che il perbenismo di maniera condiziona oggi il conportamento della maggior parte degli esponenti della politica, del sindacato, della cultura, del giornalismo (fortunatamente non tutto, sia in rai che sulla carta stampata). Oggi, quindi, si tende a confondere gli atteggiamenti (spesso utilitaristici) e le scelte di stile con la sostanza.
La sostanza, invece, stà nel saper distinguere le cose, prendere delle posizioni ed avere il coraggio della critica, magari anche feroce, se utile a migliorare la società e a drizzare le storture.
Non entro nel merito della questione Welby. Probabilmente la scelta, da parte della Chiesa, di non concedere i funerali religiosi è stata dettata da una ortodossia corretta e da rispettare. In base a ciò che mi ricordo, degli insegnamenti avuti durante le lezioni di religione e nel periodo in cui (ahimè) facevo il chirichetto, questo atto simile al suicidio non permette tale “privilegio”. Su questo non posso e non voglio dare giudizi.
Ma la limpida e condivisibile posizione di Rivera sull’iprocrisia dei vertici della Chiesa cattolica io la sposo in pieno e la difendo a spada tratta.
Come si fa a non rimanere scandalizzati dal fatto che ad un assassino stragista come Pinochet sia stato concesso il funerale cattolico? Ma cosa doveva ancora fare quel mostro per farsi condannare e scomunicare dalla Chiesa cattolica? Forse, se invece di limitarsi a torturare ed ammazzare per conto della CIA uomini, donne e bambini innocenti, si fosse concentrato a criticare l’operato del Papa sarebbe stato finalmente giudicato dalla Chiesa. Così facendo, infatti, avrebbe compiuto un atto terroristico così grave da far impallidire persino gli autori della strage della stazione di Bologna. Ma forse mi sbaglio. Sarebbe stato comunque in compagnia di altri personaggi ben voluti, almeno quanto lui, dalla Chiesa, come, per esempio, proprio coloro che furono implicati in quella strage e che lo stesso Rivera ha ricordato: la banda della Magliana. Già, perché a loro fu concesso un onore ancora più alto. Il loro boss Enrico De Pedis, grazie ad una particolare concessione, è infatti sepolto nella cripta di Sant’Apollinare in Roma, un privilegio che, secondo il diritto canonico, spetta soltanto al Sommo Pontefice, ai cardinali ed ai vescovi. E’ un particolare che ha colpito persino quel rozzo signore che è l’onorevoe Borghezio della Lega che, nel 1997, presentò una interrogazione parlamentare sull’argomento.
“Don De Pedis” e i suoi complici sono stati accusati (e per molti reati anche condannati) di traffico di droga, rapine a mano armata, omicidio plurimo, sequestri di persona, scommesse ippiche; sono sospettati di depistaggio nelle indagini per la strage di Bologna, partecipazione all’omicidio di Carmine Pecorelli e all’omicidio di Aldo Moro, della partecipazione all’ttentato a Roberto Rosone, sono coinvolti nel caso Roberto Calvi e nel ritrovamento dell’arsenale custodito nei sotterranei del Ministero della Sanità, indagati dalle inchieste in corso per i rapporti (ancora non chiariti) di alcuni componenti con la scomparsa di Emanuela Orlandi, appendice misteriosa dell’attentato a papa Giovanni Paolo II. Mi sembra abbastanza, ma non tanto da negare a De Pedis l’eterno riposo protetto nella cripta dei Papi. Chissà cosa avrà combinato il povero Welby, per essere così tenuto a distanza da questa Chiesa così evoluta. Non lo sapremo mai, poiché è certamente una colpa talmente grave da offuscare il mito di Pinochet e degli altri “graziati”.
Ironia a parte, la reazione da condannare è proprio quella scomposta, fracassona, provocatoria ed ipocrita del Vaticano. Le parole utilizzate, infatti, che descrivono scenari di terorismo, servono solo ad alzare i toni e la tensione. Dipingere un simile scenario significa drammatizzare lo scontro e creare una frattura sociale pericolosa per la cultura occidentale e democratica: “chi mi critica è contro di me! Chi è contro di me è nemico della fede! Chi è nemico della fede è fuori dalla comunità e dalla società civile!”
Questo atteggiamento è terrorismo!!!!
Questo atteggiamento, se accompagnato dal coro dei politici e dal sostegno degli organi di informazione, mette in discussione la laicità dello Stato. Questo modo di dividere la società trasforma in maniera subdola e strisciante l’Italia in uno Stato confessionale.
Altro che caso Turchia!
Il problema, cari amici, forse stà proprio in questa strategia occulta dei vertici della Chiesa Romana.
Giovanni Paolo II, pur imbevuto di una cultura cattolica conservatrice (quella polacca), ha saputo aprire la Chiesa al mondo moderno. L’avvicinamento agli altri culti monoteisti, il dialogo continuo e profondo con tutte le culture, l’immergersi nei problemi della società con il desiderio di comprendere, pur mantenendo saldi i propri principi e le proprie convinzioni, aveva dato al mondo (non solo quello cattolico) nuove prospettive e a influito positivamente sulla storia degli ultimo anni, con lo scorno degli ambienti più conservatori del Vaticano, sempre e comunque potenti.
Dopo questa parentesi i suoi successori, spaventati dalla loro inadeguatezza nel proseguire su questa strada, hanno deciso una svolta quasi “integralista”, basata sulla chiusura a riccio, sull’interruzione del dialogo e sulla restaurazione della loro influenza sull’occidente. Si sono preparati a dovere nel periodo della malattia del Papa. Hanno trovato ottimi alleati tra gli ottusi integralisti che governano gli Stati Uniti ed ora, in Italia, trovano il ventre molle di coloro che “predicano pacatezza e stabilità” senza capire che un Paese che permette l’attacco alla libertà di pensiero non è normale e si trova sull’orlo dell’autoritarismo.
Cosa aspettarsi, d’altronde, da una Chiesa che elegge al soglio pontifico il Cardinale Joseph Ratzinger, colui che ha ricoperto dal 1981 l’incarico di “Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede? E’ il nome moderno della Santa Inquisizione, che nel 1542 fu istituita da papa Paolo III Farnese (Costituzione Licet ab inizio del 21 luglio) con il nome di “Sacra Congregazione della Romana e Universale Inquisizione”. Un simile incarico non lo si affida sicuramente ad un innovatore o un progressista e la tendenza della Chiesa oggi è incarnata proprio dagli eredi di questa istituzione, che fino al 1800, ha messo al rogo ebrei, streghe, scienziati, pensatori e persone semplici che credevano di avere il diritto di esistere e pensare, come Menocchio, il mugnaio di “Il Formaggio e i Vermi” di Ginzburg.
La mia è una provocazione forte ed irriverente, lo ammetto, ma credo sia importante ricordare a chiunque da dove si viene e quale storia ci si porta appresso. Il ricordo e la riflessione sono le armi più importanti per migliorare la società in cui si vive.
A Rivera cosa dire? Che siamo suoi fratelli e che se la reazione al suo diritto di parola è questa, allora siamo tutti Rivera e orgogliosi di esserlo.
Ciao Andrea, ti voglio bene.

Non ho compreso la presa di posizione della sinistra ad eccezione di Boselli e pochi altri contro Rivera…avranno sentito ciò che ha detto?? Ne dubito davvero. Hanno solo replicato per evitare il solito incidentino diplomatico con il Vaticano. Un stato nello stato che da noi provoca non poche discussioni. Siamo un paese libero. Libero Rivera di esprimere le sua posizioni. I giornalisti dell’Osservatore Romano e i portavoce vadano in missione in Irak o in Africa dove i diritti di poveri innocenti sono calpestati ogni giorno a fare davvero il loro dovere!!!!Che riprendano a scrivere la loro fede col sangue della misericordia e della pietà piuttosto che con l’inchiostro stampato su un quotidiano letto solo da preti e da nostalgici dell’Inquisizione. Baci all’esercito del primo maggio e la mia solidarietà per le famiglie dei morti sul lavoro.

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