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Il nostro è un altro mondo possibile.

Jeremy Rifkin ha cercato di spiegare ai politici italiani che l’economia basata sul petrolio è al tramonto e che il futuro sta nell’idrogeno. Lo ha fatto alla Fondazione Camera dei deputati, il cui presidente è Pier Ferdinando Casini. Il quale, come gran parte dei politici italiani capisce poco e niente, non solo di energia ma […]

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Jeremy Rifkin ha cercato di spiegare ai politici italiani che l’economia basata sul petrolio è al tramonto e che il futuro sta nell’idrogeno. Lo ha fatto alla Fondazione Camera dei deputati, il cui presidente è Pier Ferdinando Casini. Il quale, come gran parte dei politici italiani capisce poco e niente, non solo di energia ma più in generale proprio di niente.

Infatti Casini ha detto: “È necessario adeguare le nostre politiche energetiche ai cambiamenti climatici ambientali. Per queste ragioni abbiamo invitato il professor Rifkin” ha concluso Casini. Non capire niente non è un epiteto, ma il semplice fatto che il ragionamento di Rifkin non è semplicemente rivolto alla salvaguardia del pianeta, bensì alla prospettiva di un nuovo modello di sviluppo, ecologicamente e socialmente compatibile. Troppo difficile per Casini: significherebbe ammettere che la sua funzione politica è finita.

Ma che ha detto Rifkin? Niente di più di quanto non abbia sostenuto in un suo famoso libro, “L’economia all’idrogeno”, che Casini certamente non ha letto, perché troppo occupato a fare e pensare tutto il contrario. Lo conferma quest’altra perla dell’armamentario retorico del nostro Periferdi, che ha aggiunto: «I parlamentari devono farsi carico di questioni vere, concrete, anticipare i tempi, piuttosto che perdersi in discussioni prive di collegamenti con la realtà». Da che pulpito?

Ma adesso parliamo di cose serie. Cioè, ecco le tesi di Rifkin: ormai secondo tutti gli scienziati, anche i più ottimisti, abbiamo non più di 30 anni a disposizione per recuperare il tempo perduto e cambiare strada.

Rifkin ricorda che tutti noi saremo ricordati come gli uomini dell’età del petrolio, un’era, spiega, che è «ormai al tramonto». Ormai siamo di fronte alla terza rivoluzione industriale, basata sulla produzione di energie rinnovabili, stoccate grazie all’idrogeno e diffuse da reti intelligenti.

Grazie a questa che ormai è una realtà il mondo, e in particolare l’Europa, cioè la seconda superpotenza industriale, potrà raggiungere l’autosufficienza energetica senza distruggere il pianeta. In questo scenario, secondo Rifkin, il nostro paese può assumere un ruolo fondamentale: «Da voi – spiega a una platea attentissima – è nato nel Rinascimento il capitalismo industriale. Grazie alla vostra creatività s’è sviluppata l’era tecnologica, penso alle grandi invenzioni dalla radio al telefono. Oggi, per la vostra particolarissima posizione geografica, l’Italia potrà diventare il portale del flusso energetico dall’Europa all’Africa».

«La terza rivoluzione industriale, quella dell’idrogeno, porterà grandi cambiamenti anche politici. Sinora –spiega Rifkin – abbiamo sfruttato il petrolio, il carbone, l’uranio, risorse presenti solo in alcuni paesi, fonti d’energie che definisco ‘d’elitè. Con l’idrogeno, invece, creeremo delle celle di combustione personali disponibili a tutti. Sarà veramente – conclude – ‘power to the peoplè, una trasformazione radicale della coscienza umana».

Se tiriamo le conclusioni di questo ragionamento possiamo sottolineare almeno quattro cose fondamentali:
1) Tutto l’apparato burocratico della Stato, in questa prospettiva, può tranquillamente tramontare col tramonto della seconda rivoluzione industriale. L’avvio delle terza rivoluzione non avrà bisogno di eserciti, apparati, dell’esercizio del dominio. Se ciascun individuo potrà produrre l’energia necessaria per vivere, produrre, progredire, cambierà l’idea stessa del benessere.
2) Le guerre di conquista delle fonti di approvvigionamento energetico, le guerre di rapina delle fonti energetiche dislocate in altri luoghi del pianeta cadranno drasticamente in disuso. E con loro gli eserciti, gli apparati commerciali, le diplomazie, l’idea stessa di conquista, di guerra, di supremazia razziale, etnica, religiosa.
3) Finirà la lotta fratricida per il possesso feroce dei mezzi di produzione: la possibilità di socializzare la fonte di approvvigionamento energetico darà un svolta storica all’idea di ricchezza delle nazioni, delle classi, dei ceti. Produrre l’energia che mi serve significa decidere direttamente di produrre quello che mi serve: ciò elimina il problema dello sfruttamento non solo delle risorse naturali, ma dello sfruttamento dell’uomo sull’uomo, causa prima dello sfruttamento dissennato delle risorse naturali, oltre che delle tensioni sociali nei paesi occidentali e della distruzione delle persone nei paesi cosiddetti sottosviluppati.
4) Ciascheduno, da solo o organizzato in piccole comunità potrà produrre energia disponibile per se e per gli altri: questo cambia l’idea stessa della produzione del reddito, oggi derivante dal lavoro. Dunque cambieranno i rapporti di forza tra i redditi diseguali, e dunque il ruolo della politica, intesa come intermediazione tra i rapporti di forza pre-esistenti. Se la tecnologia ci ha via via liberati dalla fatica fisica del lavoro, l’energia all’idrogeno ci libererà dalla schiavitù del lavoro. Nuove tecnologie alimentate con la nuova fonte energetica, entrambe alla portata di tutti, ristabiliranno la giusta proporzione tra libertà individuali ed eguaglianza collettiva.

“L’Italia è l’Arabia Saudita delle fonti rinnovabili. Siete seduti su un tesoro, parlo del vostro sole, il vostro vento, la vostra neve delle Alpi». Parola di Jeremy Rifkin.

I politici italiani hanno ben altro a cui pensare. Ma noi no, questa prospettiva la vogliamo cogliere. Non ci sono alternative, né nella Politica, né nella Fede, né nei Consumi.
La Terra è un pianeta intelligente: forse proprio per questo non ci sopporterà a lungo. Beh, buona giornata.

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Di Marco Ferri

Marco Ferri è copywriter, autore e saggista, si occupa di comunicazione commerciale, istituzionale e politica.

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