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Abbiamo sfondato il fondo del barile.

Giunge da Cannes, dove si tiene Lions 2007, il Festival mondiale della pubblicità, la notizia che solo due spot italiani sono entrati in short list. I film iscritti erano 149. E’ il peggior risultato di tutti i tempi per la pubblicità italiana, che con Sipra è uno dei fondatori del festival. E’ un paradosso: l’Italia […]

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Giunge da Cannes, dove si tiene Lions 2007, il Festival mondiale della pubblicità, la notizia che solo due spot italiani sono entrati in short list. I film iscritti erano 149. E’ il peggior risultato di tutti i tempi per la pubblicità italiana, che con Sipra è uno dei fondatori del festival.

E’ un paradosso: l’Italia è il paese occidentale nel quale la tv fa la parte del leone nella comunicazione commerciale, togliendo spazi alla stampa, e ostacolando di fatto la diversificazione dei canali di comunicazione commerciale su altri media. Per quanto, spinta dal trend globale Internet è in crescita anche in Italia, ma rimaniamo comunque fra gli ultimi in Europa.

La sostanza del problema è che a tanti spot corrisponde una tale infima qualità, che la nostra creatività viene bocciata di fronte all’assise più importante. Che la nostra pubblicità goda di cattiva fama è una pessima notizia per i creativi italiani. Ma lo è ancora di più per la nostra tv, che trasmette migliaia di ore di pubblicità di scarsa qualità.

La pubblicità è uno degli indicatori della crescita economica di un paese. Secondo le stime fornite durante il Festival di Cannes dallo IAA, l’International Advertising Association, la Cina e l’India viaggiano a incrementi di fatturati pubblicitari intorno al 20 per cento. Gli Usa al 5%. L’Europa al 3,4%. L’Italia si aggrappa a un poco lusinghiero 1,4%. Dunque l’Italia è indietro, molto indietro.

Siamo evidentemente molto lontani dalla comprensione dell’evoluzione dei mercati, che oggi in tutto il mondo vanno verso la proliferazione di nuovi mezzi d comunicazione di massa, e comprendono la necessità di migliorare i contenuti e adattarli ai nuovi mezzi.

Paolo Duranti, direttore generale di Neilsen Madia Resarch del Sud Europa ha detto a Cannes: “In tale contesto, il lavoro di chi opera nel settore dei media è profondamente mutato e impone scelte rapide, complesse e spesso coraggiose da parte di chi vende, chi pianifica, chi crea la pubblicità e, da ultimo, di chi la misura.”

Tutto il contrario di quello che stiamo facendo nel nostro Paese. Abbiamo un sistema dei media bloccato, arrugginito, pieno di superstizioni di un passato che fu, zeppo di alchimie nefaste, intriso di interessi politici. Duopolio delle tv, conflitti di interesse sia politici che economico-finanziari, scontri tra maggioranze e minoranze parlamentari in materia di riordino del sistema e di riforma della tv: l’elenco delle ragioni del nostro arretramento sul fronte dei media e della creatività sono lunghe e da tutti conosciute.

Ma per quanto se ne voglia fare oggetto di dibattiti, di saggi, di convegni, e di polemiche giornalistiche, il problema rimane e rimanendo si aggrava. Il risultato della partecipazione italiana al Festival di Cannes è uno scandalo. Anche se, come spesso succede da noi, alla fine gli scandali non sono fatti, ma semplici opinioni.
Beh, buona giornata.

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Di Marco Ferri

Marco Ferri è copywriter, autore e saggista, si occupa di comunicazione commerciale, istituzionale e politica.

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