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Le Olimpiadi del merenghe.

La notizia che alcuni balli potrebbero diventare discipline olimpiche in occasione delle prossime Olimpiadi che si terranno a Pechino fa ridere. E siccome ridere fa bene, la notizia fa pensare. Che le Olimpiadi non siano più da anni quel luogo sospeso dal mondo reale, nel quale si sospendono le guerre per affrontarsi lealmente e pacificamente […]

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La notizia che alcuni balli potrebbero diventare discipline olimpiche in occasione delle prossime Olimpiadi che si terranno a Pechino fa ridere. E siccome ridere fa bene, la notizia fa pensare.

Che le Olimpiadi non siano più da anni quel luogo sospeso dal mondo reale, nel quale si sospendono le guerre per affrontarsi lealmente e pacificamente lo sapevamo. Che gli interessi diplomatici e poi via via economici, e finanziari e pubblicitari siano la vera disciplina olimpica, anche questo è a tutti noto. Che la designazione del paese ospitante sia un modo per far girare tanti soldini, tanti quanti ce ne vogliono per attrezzare le città, attraverso grandi lavori edilizi, ospitare tanti media, e tanti sponsor, e tanto ritorno di immagine anche questa è la solita danza dello show biz.

Ma chi ha deciso che ci possano essere le nazionali di cha cha cha o di tango o di merenghe che sfilino nella cerimonia di inaugurazione, magari passandosi la fiaccola, che il tedoforo deve portare fino all’accensione celebrativa, ebbene costui deve avere qualcosa di storto nella mente. Ma ve la immaginate una diretta in mondo visione di una gara di merenghe. Con tutte le macchine da presa messe nei punti strategici, e il commento dei giornalisti sportivi, e magari la moviola, il rallenty, e la giuria che fornisce il punteggio, e il tabellone dei risultati, e il podio?

C’è qualcosa di kitch e insieme di fantascientifico di serie b. I balli si fanno nelle balere, per stare insieme, per rimorchiare, per limonare, al limite per pomiciare un poco. I balli sono un momento di aggregazione, un’occasione per lasciarsi un po’ andare, tra la malizia e l’innocenza, tra la voglia di muovere il corpo e il desiderio di un contatto fisico, mediato dalla musica, dall’allegria.

Fare diventare tutto ciò una disciplina olimpica è crudele, è brutalizzante, è senza poesia. Implica allenamenti, disciplina, competizione, selezioni, risultati da ottenere per essere ammessi. Stress, adrenalina, competitività aggressiva. Voglia di vincere che prendere il posto della voglia di divertirsi. E giù polemiche, e contestazioni arbitrali, magari una bella trasmissione sportiva: “tutto il tango minuti per minuto”, oppure “Novantesimo merenghe”, o, che so, “Il processo del cha cha cha.”. E magari un bel tifo da stadio: “Piedi piatti, c’avete i piedi piatti” per sfottere l’avversario, o per incoraggiare la propria squadra, cose del tipo “Oggi vi stanghiamo col tango”.

Che pena immaginare che le Olimpiadi possano essere trasformate in un semi reality, una roba del tipo “Ballando con le stelle” della Carlucci. Il tutto nel paese della “Lunga marcia”, quella fatta a piedi da migliaia di cinesi con i quali Mao fece la rivoluzione. Si vede che con la gloabalizzazione, tutto il modo è paese. Anche se in questo caso sembra proprio “strapaesana”. Beh, buona giornata.

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Di Marco Ferri

Marco Ferri è copywriter, autore e saggista, si occupa di comunicazione commerciale, istituzionale e politica.

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