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L’uguaglianza, il convitato di pietra della Sinistra.

Ci sono voluti secoli per affermare tra gli uomini i principi di uguaglianza. Ci sono state rivoluzioni, guerre, persecuzioni. Ma il cammino non è terminato: le differenze di ceto e di reddito continuano a pesare sulle democrazie occidentali, mentre continuano a tenere soggiogate intere popolazioni nella parte più povera del mondo; le differenze razziali si […]

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Ci sono voluti secoli per affermare tra gli uomini i principi di uguaglianza. Ci sono state rivoluzioni, guerre, persecuzioni. Ma il cammino non è terminato: le differenze di ceto e di reddito continuano a pesare sulle democrazie occidentali, mentre continuano a tenere soggiogate intere popolazioni nella parte più povera del mondo; le differenze razziali si sono aggravate con l’insorgenza del terrorismo islamico, con le nuove guerre e con le migrazioni dai territori più poveri del pianeta verso i paesi più ricchi.

Anche le differenza di genere sessuale non sono state risolte: per esempio, nel nostro Paese le donne faticano a essere in Parlamento, al Governo o al comando di aziende, pubbliche o private.
La dialettica tra i ruoli predominanti e quelli subalterni nelle nostre società ha tuttora una viva e talvolta drammatica attualità.

Tuttavia la questione è assente nel dibattito, prima ancora che nella prassi politica della sinistra italiana. Non se ne sente neppure accennare né dalle parti del nascente Partito democratico, né se ne è sentito alcunché nel discorso di investitura di Veltroni al Lingotto. La questione non era nella scaletta dell’intervento di Bertinotti al congresso di nascita della Sinistra europea, settimane or sono a Roma.

Quando cadde il Muro di Berlino andarono in pezzi le teorie del Socialismo realizzato, che propugnava l’eguaglianza. Non riuscì mai a realizzarla, in compenso negò anche le libertà.
Contemporaneamente si andò affermando il neo-liberismo, che spinse i mercati nell’attuale globalizzazione economica. L’eguaglianza, garantita dal Wellfare divenne via via un costo da abbattere, la libertà da civili si trasformarono in economiche.
Invece che risolversi, le contraddizioni si sono acuite.

La Politica, che si è sempre nutrita dalle teorie sociali, economiche, che ha gestito grandi cambiamenti tecnologici che diedero vita a due rivoluzioni industriali, oggi è in grande affanno: non riesce a prefigurare nuovi scenari, fatica persino a gestire le società umane, che così diverse le une dalle altre, sono loro malgrado costrette a confrontarsi con gli scambi economici, cadenzati dal mercato globale. A ciò si sono sommati due altri fattori destabilizzanti:
– uno porta la terribile data dell’11 settembre 2001, con il corollario di due scenari di guerra tuttora aperti, con il risultato di uno scontro tra civiltà e religioni;
– l’altro è l’insorgenza dell’emergenza del clima che incombe sul pianeta che pone la questione della sopravvivenza della specie umana.

Se da una lato la Politica pare non riuscire ad avere un linguaggio unitario, che al di là del consenso elettorale possa tenere coesa la società per spingerla verso il superamento delle contraddizioni, dall’altro lato il mercato parla la sua lingua.
Lo stesso fa la finanza, la diplomazia, la scienza, le scienze umane, il diritto, la teologia, l’arte. Ognuno per sé.

I principi di uguaglianza appaiono soggetti a geometrie variabili, a seconda della longitudine e della latitudine in cui si muovono i mercati, a seconda delle “convenienze” delle classi dirigenti dei rispettivi Paesi.
La Cina e l’India hanno economie emergenti, ma non sembrano occuparsi dell’uguaglianza dei cittadini. Esse insieme rapprendano quasi la metà degli individui del pianeta.
La Russia, avviata sulla via della ripresa economica, grazie alla supremazia del controllo della fonti energetiche, dopo il disastro della caduta dell’impero sovietico ha prodotto enormi ricchezze per pochi e un diffuso disagio sociale per molti. Negli Usa la sanità non è ancora un diritto per tutti. L’Europa vive una crisi di identità, pressata dalle immigrazioni di massa. Il Medio-Oriente è una polveriera, l’Africa sta morendo.

E così soffrono le classi subalterne, costrette dalla “competitività” a subire salari e tempi di lavoro “flessibili”.
Soffrono i diritti umani, a volte semplici merci di scambio per entrare o meno in una alleanza geopolitica, quando non del tutto ignorati.
Soffre il diritto di professare la propria fede, compreso il diritto di non professarne.
Soffrono i diritti delle donne. Soffre il diritto all’amore, senza distinzione di genere di appartenenza sessuale.

Nel corso dei secoli, le grandi questioni dell’uguaglianza sono state una costante del pensiero occidentale, e hanno trovato nel Vecchio Continente alimento, dibattito e sperimentazione. Non di rado applicazione. Basterebbe guardare alle Costituzioni dei più importanti paesi, tra le quali spicca la Costituzione della Repubblica italiana. Queste questioni sono le radici della democrazia, così come si è affermata nei Paesi europei.

Il fatto che l’Europa non sia riuscita ancora a portare a termine il percorso della sua integrazione politica e sociale, ma finora solo quello economico, mercantile, finanziario e monetario è causa principale di un disorientamento delle opinioni pubbliche nazionali sui temi dell’eguaglianza.
C’è da augurarsi che la grande cultura europea ritrovi sé stessa in un nuovo slancio, che sappia affrontare una nuova formulazione teorica e pratica dei problemi posti dalle disuguaglianze nel Terzo Millennio. E che sappia farne un nuovo punto di riferimento per l’intera collettività mondiale.

E’ un fatto assodato dagli ultimi avvenimenti bellici che la democrazia non è un merce esportabile.
Le idee, le teorie, i dibattiti sono, invece, in grado di circolare in ogni dove, grazie allo straordinario sviluppo tecnologico degli strumenti di comunicazione.
Gli studi, i libri, le teorie del passato furono all’inizio appannaggio di pochi colti lettori, benché i loro effetti sul pensiero umano siano durati secoli.

Sarebbe il colmo del declino dell’Europa, se alla facilità di accesso alle informazioni, non si riuscisse a far coincidere un nuovo slancio nella ricerca, nello studio e nell’approfondimento di nuovi traguardi, raggiungibili dall’eguaglianza tra gli uomini.
Si romperebbe definitivamente l’antica dialettica tra saperi e progresso dell’Uomo. E succederebbe che invece che padroni della Comunicazione, ne diventeremmo schiavi.

E la dialettica politica assumerebbe contorni inquietanti, invece che promettere nuove prospettive possibili. Se la Destra ha ben chiara una nuova idea mondiale di “ordine e sicurezza” alla Sinistra manca la percezione moderna del rapporto storico tra libertà e uguaglianza.
Ecco perché sta rischiando seriamente l’imminente estinzione nella società, prima ancora che nella politica. Beh, buona giornata.

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Di Marco Ferri

Marco Ferri è copywriter, autore e saggista, si occupa di comunicazione commerciale, istituzionale e politica.

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