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Il Csm sbatte la porta in faccia al ddl Alfano.

(fonte:corriere.it)
Una bocciatura senza appello. La Sesta Commissione del Csm lancia il suo allarme sul ddl Alfano che riforma il processo penale e che è all’esame del Senato. Viola almeno quattro principi costituzionali, a cominciare da quello sull’obbligatorietà dell’azione penale, e avrà effetti «devastanti» sull’«efficacia» delle indagini. E inoltre, «rafforzando la dipendenza della polizia giudiziaria dal potere esecutivo» e al tempo stesso «estromettendo il pm dalle indagini», potrebbe permettere al governo di controllare o quanto meno di condizionare l’azione penale.

UNANIMITA’ – Il no di Palazzo dei Marescialli è contenuto in un parere approvato all’unanimità, al di là di un unico punto sul quale si è registrato il dissenso del togato di Magistratura Indipendente, Antonio Patrono. Un documento molto lungo (18 pagine) e tecnico. E che sia pure in forma non esplicita pone dubbi di costituzionalità su alcune delle norme. È il caso soprattutto della disposizione che ridisegna i rapporti tra polizia giudiziaria e pm, dando alla prima ampia autonomia nell’acquisizione e ricerca delle notizie di reato, e che – secondo i consiglieri – comprime e indebolisce il ruolo del pubblico ministero. Ci saranno ricadute negative sia sul controllo di legalità sia sulla stessa obbligatorietà dell’azione penale, che la Costituzione affida al pm come organo di garanzia, avverte la Commissione.

LE VIOLAZIONI – Il parere, che in Commissione è stato approvato con procedura d’urgenza, potrebbe essere discusso già giovedì dal plenum di Palazzo dei Marescialli, dove sarà portato con procedura d’urgenza. E mette sotto accusa le norme-chiave del provvedimento che riguarda il processo penale e non le intercettazioni (oggetto di un altro ddl), a cominciare appunto da quella che ridisegna i rapporti tra pubblico ministero e polizia giudiziaria. Oltre all’obbligatorietà dell’azione penale, le norme all’esame del Senato -secondo i consiglieri- violano i principi costituzionali del giudice naturale (articolo 25), della ragionevole durata dei processi (articolo 111), e il contenuto dell’articolo 109 della Carta, secondo cui l’autorità giudiziaria dispone direttamente della polizia giudiziaria. E inoltre la stessa ratio della norma su cui si appuntano i maggiori strali dei consiglieri è «in conflitto» con il ruolo che la Costituzione assegna al pm di «garante della legalità dell’azione penale e dei diritti dell’indagato e dell’imputato». Non a caso tra le conseguenze negative del ddl, i consiglieri indicano anche la «minor tutela degli interessi della difesa», oltre alla «dilatazione» dei tempi dei procedimenti. Beh, buona giornata.

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Di Marco Ferri

Marco Ferri è copywriter, autore e saggista, si occupa di comunicazione commerciale, istituzionale e politica.

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