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Berlusconi e il falò delle sue vanità.

L’analisi. Non è “tipico italiano”, Berlusconi esplora nuovi territori
politico-emotivi, configurando un diverso rapporto con l’elettorato
Perché per noi inglesi Silvio è inconcepibile di JOHN LLOYD-repubblica.it

Il caso Berlusconi ormai è globale. Il premier italiano è diventato un’icona, sul suo conto un turbine di notizie, di storie. Poche persone conoscono il nome dei presidenti e dei primi ministri di paesi che non siano il loro (eccezion fatta per Barack Obama), ma gran parte della gente sa chi è Silvio Berlusconi.

E sa anche che molti, forse troppi italiani continueranno ad appoggiarlo, a votare per lui e a dargli fiducia. Leggono le sue smentite e i commenti tra ironia e provocazione tipo “Non cambierò, agli italiani piaccio così come sono” e “Non sono un santo, lo avete capito tutti”. Sono due, credo, i motivi per cui Silvio Berlusconi mantiene la sua popolarità: motivi che né lui né i suoi sostenitori possono citare, verosimilmente le reali ragioni per cui non sentirà l’obbligo di dimettersi. Sono motivi importanti perché non limitati ai confini italiani: anche se come già nel ventesimo secolo con il fascismo e Benito Mussolini, la Democrazia Cristiana e Don Luigi Sturzo e l’eurocomunismo con Enrico Berlinguer, un movimento e il suo leader possono essere pionieri in politica, nel bene e nel male.

In primo luogo Berlusconi è – la frase è tratta da Il falò delle vanità di Tom Wolfe – il “padrone dell’universo”. Un uomo simile, scriveva Wolfe, “non ha limiti di sorta”. La sua posizione sociale, la sua ricchezza, il suo potere, lo fanno sentire al comando e al contempo invulnerabile. Wolfe si riferiva a un operatore di borsa (prima del crac finanziario!): pensate a quanto più deve sentirsi padrone dell’universo Berlusconi. Pensate a quello che ha realizzato, ai suoi colossali successi: ha creato dal niente un colosso mediatico, uno dei maggiori d’Europa; ha sommato società da lui create ad altre acquisite poi, raggiunta la mezza età, ha fondato dal nulla un partito reclutando parlamentari e strateghi, è diventato leader della destra unita, è stato eletto tre volte a primo ministro. Come se non bastasse la sua principale attività economica è la televisione, la tv popolare, quella che milioni di persone amano guardare. Possiede una delle maggiori squadre di calcio italiane e il calcio è lo sport più popolare in Italia e nel mondo. Non è solo padrone dell’universo commerciale e politico, è padrone del gusto popolare. In realtà sotto molti aspetti ha contribuito a crearlo. Con un potere del genere – unico al mondo – chi non si sentirebbe padrone?

E quale uomo non trarrebbe una carica sessuale da tutto questo? Si dice che alle belle ospiti della sua dimora mostrasse i video dei suoi trionfi politici prima di tornare a piaceri più intimi. Se è vero sembra la scena di un film: l’uomo eccitato da se stesso, dalla sua abilità, dal suo potere.

Che invidia fa Berlusconi a molti uomini – e, a quanto pare, anche donne. Essere ricco e potente al punto di poter schioccare le dita e far comparire bellissime donne da scaricare poi senza alcun impegno è una delle più comuni fantasie maschili. Non meraviglia che sia ammirato: è l’ammirazione di uomini invidiosi e forse anche di donne curiose.

Ma c’è anche un motivo più profondo, di carattere sempre più universale. In Occidente la sensibilità emotiva è cambiata o sta cambiando. Mentre un tempo ammiravamo il contegno e il ritegno, oggi apprezziamo chi manifesta le emozioni. I personaggi (la principessa Diana è stata un modello sotto questo aspetto) che mostrano le proprie debolezze, anche un tempo chiamate peccati, sono oggetto di ammirazione e di comprensione, più che di censura. In Gran Bretagna Jade Goody, la giovane donna apparsa ubriaca, nuda e sopra le righe al Grande Fratello, morta di cancro quest’anno, è stata pianta da milioni di persone. Lo stesso fenomeno emerge, meno spiccato, in politica. Quando Bill Clinton, dopo settimane di bugie, dovette confessare la relazione con Monica Lewinsky, la sua popolarità crebbe. E quando il premier britannico Gordon Brown mostra scarse emozioni e debolezze viene considerato un represso e ne soffre. Toccò l’apice della popolarità quando la sua primogenita morì poco dopo la nascita: allora la sua commozione lo rese umano, vicino alla gente.

L’umanità di Silvio Berlusconi – “Non sono un santo” – non è in dubbio. E la mutata sensibilità fa sì che molti proprio per questo si sentano più a proprio agio con lui. Come se i peccati commessi da un padrone dell’universo scusassero i nostri. Uomo di spettacolo, Berlusconi ha portato lo spettacolo in politica e, adottandone alcune consuetudini e rifiutando di mostrare vergogna o di scusarsi (i padroni dell’universo non si vergognano mica!), forse trarrà persino vantaggio da questo caso.

E all’estero cosa ne pensano? Nel mondo anglosassone in cui un comportamento simile sarebbe (a) inconcepibile e (b) motivo di immediate dimissioni si dice spesso “tipico italiano!”. Ma non era così in passato: i leader democristiani e comunisti erano nella maggioranza dei casi uomini austeri che vivevano la vita private con discrezione e in pubblico erano sobri, misurati, addirittura scialbi. Non è “tipico italiano”, è molto contemporaneo. Berlusconi esplora nuovi territori politico-emotivi, configurando un diverso rapporto con l’elettorato, sistema seguito in una qualche misura da Nicolas Sarkozy.

Il più recente studio sul voto – vedi The Political Brain di Drew Westen – sostiene che i cittadini votano con le emozioni più che con il ragionamento. Con la sua ricchezza e con il suo potere mediatico Berlusconi ha agito a livello emotivo in tutta la sua vita pubblica e continua a farlo. Chissà che altri non imparino da lui? (Beh, buona giornata).

Traduzione di Emilia Benghi

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Di Marco Ferri

Marco Ferri è copywriter, autore e saggista, si occupa di comunicazione commerciale, istituzionale e politica.

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