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Attualità Società e costume

Il terremoto Veronika.

una novella di Giorgia Spina

E’ notte fonda sull’Impero di Viagropoli. Le strade buie sono calpestate solo dagli ultimi nottambuli che si attardano a voler salutare un’altra giornata, con il presentimento che quella successiva potrebbe non essere migliore. Qualche gatto cerca compagnia strusciandosi ai lampioni, freddi e dritti. Perfettamente dritti, come ogni costruzione dell’Impero: i palazzi sono alti, stabili e dritti, le chiese sono rigide e dritte, i ponti, che la notte lasciano libero il passaggio alle imbarcazioni, si dividono in due grandi sbarre solide e dritte. Perfino le cazzate stanno belle in piedi, dritte.
I gestori degli ultimi locali aperti si affrettano ad abbassare la serranda: un po’ per la stanchezza che ha iniziato da tempo a chiedere di tornare a casa, un po’ per la paura di imbattersi nelle severe sanzioni degli SS, Sorvegliatori del Sonno. Questi sono corpi speciali, forze armate fino ai denti di tanta presunzione, arroganza e deficienza allo stato brado, arruolati dall’Imperatore per difendere le sue poche ore di riposo.
Eh sì, perché come ogni Impero che si rispetti, anche Viagropoli ha il suo Imperatore di tutto rispetto e, soprattutto, anche lui sempre dritto.

Questo venne eletto circa 15 anni fa dalle illusioni di quelli che speravano di cambiare un po’ di cose e, con il passare dei tempi, venne di nuovo eletto, e poi eletto e eletto ancora, ma sempre dagli stessi che lo scelsero la prima volta, che, a questo punto, maturata l’età, erano ridotti a vecchi rincoglioniti non più in grado di intendere il suo nascosto Volere. Proprio questa continuità nell’elezione, attribuì all’Imperatore il nome con il quale tutti lo designavano: Silvietto il Sempre Eletto, ma che con il passare del tempo, si trasformò, per prestigiosi titoli conseguiti, in Silvietto il Sempre Eretto.
Nella nostra notte fonda, tutto il Palazzo imperiale sembra dormire e fare sogni d’oro, gli unici ancora permessi dal nostro Regnante. Ma, laggiù, sulla torre più alta e più dritta, una luce sembra ancora accesa. Una strana luce. Fioca. Rossa. Dalle finestre provengono insoliti suoni: sembrano gemiti, urla, approvazioni, esclamazioni di godimento, e non di una sola voce, bensì di due, tre, dieci voci insieme!
Intanto, nel megaparking del Palazzo, una macchina arriva, parcheggia, si spegne. Un autista in divisa nera di lattice e borchie apre la portiera. A scendere dall’auto è una figura avvolta nel mistero dell’oscurità. Deve essere qualcuno di familiare agli abitanti della Residenza perché, con fare sicuro, infila la chiave nella porta argentata del sotterraneo ed entra nel Palazzo.
Passano pochi istanti. Forse qualche sospirato minuto. Dalla torre dalla luce rossa continuano i gemiti, sempre uguali.

Ma all’improvviso tutto l’Impero viene scosso dal sonno da qualcosa di mostruoso. Un grido: forte, grave, profondo. E questo, che di umano ha ben poco, ma più della bestia, se non dei rumori più sconosciuti della Terra, proviene sempre dalla stessa torre rossa.
Accade tutto in un attimo. Il vento si sveglia in bufera, i mari si alzano come mossi da una tempesta. Dal Palazzo si vedono uscire in gran corsa decine e decine di donne. E tutti sanno da quale stanza escono. Giovani, vecchie, alcune sventolano la carta di identità, come ha fatto appena in tempo a imporre loro il Sempre Eretto, a dimostrazione di aver compiuto diciotto anni, seppur ieri o a inizio serata.
Inizia la corsa, agitata, sgangherata. Ed è lì che la Terra inizia a tremare. Forte, sempre più forte, come a voler correre via insieme alle donne.

L’indomani il popolo dell’ Impero si sarebbe svegliato in un Paese che sembrava non aver mai vissuto quella notte.
A Viagropoli sarebbe stato tutto, come sempre, perfettamente in piedi, dritto. Anche il suo Imperatore.
Nel corso della giornata, poi, qualcuno avrebbe sentito di un posto, lontano e poco conosciuto dai più, dove pare fossero venute giù intere abitazioni. Tutto questo, solo per un’ indisciplinata corsa. Abitazioni che, non si sa perché, avrebbe commentato l’Imperatore, non erano riuscite a rimanere dritte, come doveva essere.
Pare, inoltre, che sotto queste impotenti costruzioni, ci fosse rimasto qualcuno. Ma forse roba da niente, risolvibile in poco: come una cerimonia imperiale, qualche discorso solenne, due lacrime e qualche titolo sulla stampa bandita.
Tutto si sarebbe risolto.
Sicuramente sarebbe bastato un intervento in Penevisione: qualche frase di circostanza, numeri su numeri: perché quelli, si sa, fanno sempre la loro porca figura.

Il nostro Sempre Eretto si sarebbe mostrato sicuro, deciso. Avrebbe spiegato come, in quel paese lontano, quei due abitanti rimasti in vita avrebbero avuto delle case di super lusso, a tal punto che quei poveri sfigati, ai quali era rimasta in piedi la propria, avrebbero rosicato come iene. Le nuove strutture, avrebbe continuato il dritto Imperatore, sarebbero state realizzate con particolari cuscinetti blu, anti movimento, e avrebbero permesso al tutto di rimanere, in ogni eventualità, perfettamente dritto.
Ecco qui. Proprio come lui.
Eh sì perché chissenefrega di quanti sono sotto, lo abbiamo già detto, è roba di poco conto: l’importante è dimostrare che ciò che sta sopra sa essere sempre, perfettamente e, nonostante tutto, Dritto.
Molti avrebbero ricordato quella notte come la Notte del Terremoto Veronika.

Nessuno avrebbe mai saputo chi fosse costei: una subrette, una madre, una moglie, una sconosciuta. Forse la sconosciuta che quella stessa notte era salita dai sotterranei nella stanza… (beh, buona giornata).

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Di Marco Ferri

Marco Ferri è copywriter, autore e saggista, si occupa di comunicazione commerciale, istituzionale e politica.

5 risposte su “Il terremoto Veronika.”

Io provengo dalla terra distrutta dal terremoto Veronika. Qui serpeggia e quindi, non sta dritto, un sentimento misto rabbia che non promette nulla di buono. Appello a tutti i “non-eretti” della regione: “Uniamoci!”.

E.C.N.E. (Esercito Combattente Non Eretti)

Buonasera Marco, non volevo e non voglio creare tensioni. Bastano già tutte quelle che ci sono lì fuori. Quell’esercito esiste (per me) soltanto nella fiaba sopracitata. A presto.

Bravo Mattia, sei bravo. Non ti perdere d’animo, non rinunciare alle tue idee, alla tua voglie di cambiare. Fallo e dillo con le parole giuste. Quelle, le parole giuste, sono sempre più forti e più efficaci delle minacce. Grazie delle tue precisazioni.

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