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Attenti alle formiche.

Crolla il mito della formica altruista, che si sacrifica per il bene di una società dove regna l’egualitarismo. In realtà anche tra quegli insetti esistono le piaghe del classismo, del nepotismo e della corruzione. Lo sostiene un entomologo inglese, William Hughes, docente all’Università di Leeds. A detta dell’entomologo, le formiche non lavorano sempre per il […]

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Crolla il mito della formica altruista, che si sacrifica per il bene di una società dove regna l’egualitarismo. In realtà anche tra quegli insetti esistono le piaghe del classismo, del nepotismo e della corruzione.

Lo sostiene un entomologo inglese, William Hughes, docente all’Università di Leeds. A detta dell’entomologo, le formiche non lavorano sempre per il bene della propria colonia, ma sono anche capaci di una “promozione egoistica dei propri geni individuali”. A ben vedere, la cosa è abbastanza visibile in certi ambienti di lavoro, per esempio le agenzie di pubblicità.

Ci sono “formiche” che si danno un gran da fare, sembrano operose, instancabili. E invece, sono la quinta essenza della “promozione egoistica dei propri geni individuali”. Sono zelanti col capo, sono insopportabili con i colleghi. Sono perniciose, come l’acido formico che hanno in quelle piccole, ma fastidiose, tenagliette.

Producono eventi inesistenti, provocano allarmi senza ragione, agiscono senza costrutto, che non sia, appunto la “promozione egoistica dei propri geni individuali”.

Non costruiscono il formicaio, cioè l’agenzia; distruggono i fondamentali, cioè la creatività. Tendono, una mollichella per volta, a minare il lavoro, a cominciare dal metodo di lavoro. Credono che l’agenzia sia un luogo di auto-promozione egoistica, invece che una fucina di idee. Non risolvono problemi, li creano in continuazione, instancabilmente, come formiche, appunto. I problemi non si fatturano, i lay-out sì. Ma che importa.

A loro che importa: fanno peggio delle cicale. Chiacchierano, concionano, vivono nel rametto basso dell’albero della vita professionale e secernono piccole sentenze. Non parlano, si ascoltano aprir bocca. E se ne compiacciono, perché mirano a compiacere. Fieri di sé, ragionano con la testa del capo in testa.

L’ agenzia di pubblicità è il luogo ideale dell’azzardo mentale, dell’esagerazione semantica, della provocazione intellettuale, del superamento scellerato delle regole.

Loro no, loro sono i guardiani della conservazione, i talebani del già fatto, i kamikaze della muffa.

E hanno pretese, oh se hanno pretese: vogliono mettere bocca su tutto, ambiscono a essere più realisti del re, cioè più prudenti del più prudente tra i clienti, più smargiasse del più smargiasso tra i ceo delle agenzie.

Come le formiche, presidiano il perimetro della loro esistenza. Pervicacemente, con metodo ossessivo, compulsivo, ripetitivo. Non reagiscono alle sollecitazioni, semplicemente pizzicano se qualcuno gli attraversa il percorso.

Però hanno una dote incommensurabile: sanno mentire. Sanno trasportare anche grandi menzogne, con la stessa stupefacente forza che hanno le formiche quando si fanno carico di pesi più grandi di loro.

Questo le rende insuperabili agli occhi del mondo. Sono la prova provata che le bugie hanno le gambe corte. Forse è proprio per questo che infestano la pubblicità italiana. Beh, buona giornata.

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Di Marco Ferri

Marco Ferri è copywriter, autore e saggista, si occupa di comunicazione commerciale, istituzionale e politica.

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