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Attualità Media e tecnologia

Brachino, il mago turchino.

Oggi lo squadrismo si fa con l’emo-editing, di Pino Cabras – Megachip.

Il Caimandrillo ci prova sempre, con le bugie. Lo fa anche nel caso dell’azione intimidatoria via etere ai danni di un giudice sgradito, quello dei calzini turchesi. Leggiamo che lui, il padrone del gossip, «avrebbe assicurato che non c’era niente di organizzato dietro il servizio televisivo e che non era stata mandata alcuna troupe sul posto per seguire appositamente il giudice.
Secondo il racconto del presidente del Consiglio si è trattato di una ripresa amatoriale fatta con un telefono cellulare.»

Partiamo pure dalla questione del cellulare. Il premier svia subito la nostra attenzione per portarla sulle immagini “sporche” di un video realizzato non proprio in alta definizione. Il messaggio è semplice: niente di pianificato, è stato addirittura un lavoro dal basso, e la tv non ha fatto altro che ritrasmetterlo.

Oggi ci sono poche differenze qualitative fra le telecamerine “consumer” più economiche e alcuni telefonini dotati di camera. Non posso escludere che l’apparecchio che ha immortalato la vita ordinaria del magistrato-bersaglio possa essere un cellulare iPhone 3G, che ha una qualità simile a quella di una telecamerina “consumer” e possiede uno zoom regolato con uno schermo tattile. Ma cambia poco. Un telefono dotato di camera è una telecamera.

Cosa possiamo escludere allora, con assoluta certezza?

Lo chiedo a un esperto di post-produzioni video, Pier Paolo Murru: «Quello che posso escludere è che il video sia “montato in macchina”. Ovvero che gli stacchi fra le sequenze siano semplicemente gli stop fra una registrazione e l’altra (continuità temporale e cronologica).»

Berlusconi però gradisce far pensare che il lavoro sia passato direttamente dal videofonino alla nostra retina, senza manipolazioni. E invece no. Gli stacchi fra le sequenze sono ulteriori contributi entrati certamente in fase di montaggio, spiega Murru: «è evidente che sono stati montati alcuni ping pong temporali per rendere il soggetto apparentemente irrequieto (tempo 1, tempo 2, poi di nuovo tempo 1).» Un esempio? «Lui davanti al barbiere che fuma…poi sembra allontanarsi a piedi…poi di nuovo davanti al barbiere che fuma…etc.».

E questo lo notiamo tutti, con un minimo di attenzione. Ci sono accorgimenti più sottili?

«Si vedono anche chiaramente tutte le misure preventive, tese a non riflettere l’operatore sulle vetrate di fronte. Tagli compresi. C’è anche uno stile di montaggio negli stacchi. Vengono infatti usati i passaggi delle auto per staccare da una clip ad un altra. Una vera“sciccheria” dallo stile cinematografico.»

Esistono poi sequenze identiche ripetute, fatto che getta alle ortiche l’ipotesi di un girato “raw” diretto dal telefono. Sarà pur vero – come ora dice nelle sue tardive e pelosissime scuse il direttore di Videonews Claudio Brachino – che il servizio incriminato «non appartiene certo al genere dei capolavori». Ma anche senza scomodare lo Spielberg del film Duel, l’Operazione Calzini Turchesi non era certo un materiale filmato grezzo.

Non è da escludere nemmeno che abbiano agito due operatori che si alternavano la posta lungo il percorso del giudice, che è stato a tutti gli effetti pedinato. Il video casuale di uno zelante delatore di strada ragionevolmente si esaurirebbe in una breve sequenza. Si notano invece diverse luci. Quella bluastra del mattino presto, a serrande chiuse. Una luce di altro taglio più tardi.

Secondo il linguaggio degli specialisti c’è stato insomma un lavoro di “emotional editing”, un montaggio, un confezionamento emotivo che cercava di cavar sangue da una vicenda piatta. L’emo-editing si è giocato su quel minimo di azioni/atti del giudice, montati in modo da farlo apparire irrequieto, ripetitivo, ansioso, insicuro e «stravagante».

Ora Berlusconi dice che il pedinamento non era premeditato. Brachino si scusa ma rilancia strane pretese verso il giudice, che vorrebbe “convocare” a Mediaset per difendersi da capi d’imputazione formulati dall’azienda. Si stanno rilassando, in fondo, perché hanno già raggiunto il risultato di mettere sotto schiaffo chi non sgombera la strada al padrone. Sono riusciti a spostare l’attenzione dal fatto giuridico (la sentenza per un risarcimento) per concentrarla su una personalizzazione che si butta ancora una volta in politica, dove i mezzi in campo non sono più quelli del diritto, bensì dello strapotere mediatico del Caimandrillo. (Beh, buona giornata).

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Di Marco Ferri

Marco Ferri è copywriter, autore e saggista, si occupa di comunicazione commerciale, istituzionale e politica.

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