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La maledizione del nuovo.

La convenzione positivista di stampo ottocentesco, secondo la quale il nuovo è meglio del vecchio è superata. Il concetto di nuovo si è logorato durante gli ultimi anni del ‘900. Con l’arrivo del Terzo Millennio, il nuovo è diventato vecchio, rancoroso, pericoloso, per sé e per gli altri. Il nuovo non dialoga, rifiuta il confronto, […]

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La convenzione positivista di stampo ottocentesco, secondo la quale il nuovo è meglio del vecchio è superata. Il concetto di nuovo si è logorato durante gli ultimi anni del ‘900. Con l’arrivo del Terzo Millennio, il nuovo è diventato vecchio, rancoroso, pericoloso, per sé e per gli altri.

Il nuovo non dialoga, rifiuta il confronto, il nuovo non vuole essere spiegato: si impone con l’arroganza della sua potenza. Il nuovo va cambiato, perché è brutto.

Il nuovo assetto della comunicazione commerciale globale è la dimostrazione pratica che il nuovo è pericoloso e inconcludente. Il nuovo è un inganno: annaspa, distrugge e non combina niente di buono.

Il nuovo si è imposto all’attenzione del mondo l’11 Settembre del 2001. Nuovo terrorismo, nuova guerra al terrorismo, nuova crisi economica, nuova manipolazione. Nuovo disastro: la crisi dei prezzi del petrolio.

Lo hanno detto con chiarezza Bauman, in “La società sotto assedio”, piuttosto che Klein in “Shock Economy”.

La potenza della comunicazione di massa ha massificato comportamenti, stili di vita, punti di vista. E li sta distruggendo. Abbiamo trasformato i target di riferimento in “stock options” del consenso, come se fossero quotati in una “Borsa” dei valori individuali. Non sono stabili i valori finanziari, figuriamoci quelli personali.

Il nuovo ha separato la produzione di idee dalla produzione dei veicoli sui quali le idee dovevano viaggiare, cioè i media.
Da una parte l’Agenzia “creativa”, dall’altra l’Agenzia media. Al media è rimasto potere contrattuale, ricerche, know how. Alla “creativa” il cerino (spento) in mano: niente autorevolezza, niente credibilità, niente soldi.

Bell’affare: il nuovo ha distrutto valore, invece che costruirlo. Infatti, anche il media ha cominciato a soffrire: dopo l’euforia di essere diventato “single”, è cominciata la fase della depressione.

Così che la creatività italiana sembra il classico figlio di due genitori separati.

Media vecchi e nuovi si guardano in cagnesco. Tv, stampa, radio e internet se potessero, invece che investire risorse, investirebbero il concorrente.
Allo stato dei fatti, invece che idee, vendono sconti: come nella classica barzelletta dell’uomo che voleva far dispetto alla moglie, si tagliano i “budget”.

I più accorti dicono che ormai con la pubblicità non si fanno più i soldi. Se ne sono accorti perché non ne hanno più, di idee.

Indietro non si torna. Ma per andare avanti l’unica è superare il nuovo, il più velocemente possibile.
Oltre il nuovo c’è pensare, creare, osare. E poi dirlo, scriverlo, realizzarlo.
E per farlo, battersi. Ci vogliono più palle, e meno balle sul nuovo. Beh, buona giornata.

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Di Marco Ferri

Marco Ferri è copywriter, autore e saggista, si occupa di comunicazione commerciale, istituzionale e politica.

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