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“Se mettiamo a confronto tre famiglie medie: una cinese, una svizzera e una spagnola, ci rendiamo subito conto di quanto importante sia la politica economica dei governi sul bilancio familiare di fronte alla crisi economica.”

C’erano una spagnola, una svizzera e una cinese. Tre modi di vivere la Crisi
di Loretta Napoleoni – lanapoleoni.ilcannocchiale.it.

A un anno dallo scoppio della crisi, l’impatto della recessione altera il bilancio familiare e costringe le famiglie a modificare il livello di vita. Questo processo varia da paese a paese in funzione dell’impatto che la recessione ha sull’economia nazionale.
Se mettiamo a confronto tre famiglie medie: una cinese, una svizzera e una spagnola, ci rendiamo subito conto di quanto importante sia la politica economica dei governi sul bilancio familiare di fronte alla crisi economica.

Gli spagnoli si trovano nella situazione peggiore. Spagna e Irlanda sono le economie europee maggiormente colpite dalla recessione e questo perche’ negli ultimi 10 anni hanno abbracciato in toto il modello neo-liberista. Questo e’ stato l’artefice di una crescita fittizia che ha proiettato questi due paesi nella rosa di quelli maggiormente industrializzati creando la bolla immobiliare. In Spagna poi il boom del turismo di massa l’ha ulteriormente gonfiata. E’ quindi facile intuire perche’ il tasso di disoccupazione spagnolo sta per superare il 20%, una cifra da grande depressione, segue a ruota quello irlandese pari al 15%.

Anche se gli emigranti dell’area del Magreb – gente che ha lasciato la famiglia nel nord Africa e che quindi possiede una mobilita’ del lavoro molto elevata – incidono sul numero di disoccupati spagnoli, il problema dell’occupazione rimane centrale all’economia della famiglia. Gran parte dei nuovi disoccupati finiscono per essere mantenuti da quella d’origine: i piu’ giovani tornano a vivere a casa e le coppie vengono aiutate economicamente dai genitori. Questo processo impoverisce la popolazione e allo stesso tempo erode le riserve di risparmio della famiglia. Tutto cio’ porta alla caduta dei livelli di benessere. I dati della bilancia dei pagamenti spagnola ce lo confermano.

A luglio il deficit della bilancia commerciale e’ sceso a 2 mila miliardi di euro da piu’ di 7 mila appena un anno prima. Negli anni della grande crescita corrispondeva al 10% del Pil, oggi si sta velocemente riducendo al punto che entro il primo trimestre del 2010 la bilancia dovrebbe andare in pareggio. A monte c’e’ una forte contrazione delle importazioni. Se si considera che durante gli ultimi 12 mesi le esportazioni sono aumentate ci accorgiamo che la famiglia media spagnola sta riducendo drasticamente i propri consumi.

La disoccupazione riduce anche la domanda di nuovi alloggi, se ne vedono a centinaia di migliaia, tutti vuoti, nei nuovi quartieri alla periferia delle citta’ spagnole. La stagnazione del mercato immobiliare ha ripercussioni serie sul credito nazionale. La gran parte dei non performing loans NPL, i mutui non pagati, appartiene a questo settore. Si tratta di piu’ di 80 miliardi di euro, di cui circa un 70% sono stati ristrutturati e dovranno presto essere ripagati. Ancora piu’ preoccupante e’ il totale di crediti accumulato dal settore immobiliare spagnolo: 470 miliardi di euro, pari al 50% del Pil del paese. Di questi circa 320 miliardi di euro sono stati accesi per costruire immobili commerciali: uffici, negozi, cinema e centri commerciali. Se la famiglia spagnola non riprende a spendere questi mutui andranno ad aumentare i NPL delle banche e ci sara’ sempre meno liquidita’ per l’impresa e la famiglia.

In Svizzera, invece, la situazione e’ ben diversa. La recessione e’ stata meno seria di quanto ci si aspettasse al punto che il paese soffre meno della vicina Germania il suo partner commerciale piu’ importante. La contrazione delle esportazioni e la crisi finanziaria, con in testa le due maggiori banche la UBS e il Credit Suisse, hanno fiaccato l’economia. Ma la reputazione del paese, quale centro bancario internazionale, ha retto bene e le aspettative per il 2010 sono per una modesta crescita, pari allo 0.5%. E questa ripresa sara’ guidata proprio dal settore finanziario.

Molti addirittura credono che nel lungo periodo la crisi del credito sara’ positiva per la Svizzera perche’ rafforzera’ la solidita’ delle banche. I valori del NPL rispetto al totale dei prestiti sono scesi sotto l’1%, segno che il sistema e’ solido. Questi dati dovrebbero facilitare la penetrazione dei mercati esteri, condizione importantissima affinche’ il paese continui a crescere. A quanto pare la crisis del credito ha fatto crollare la fiducia nei confronti del settore bancario americano e britannico, i due principali rivali di quello Svizzero. Secondo il WEF Competitive Network, che compila una lista mondiale della competitivita’ dei settori finanziari, l’America e’ scesa a quota 108, al pari della Tanzania. La Svizzera ha retto ed si e’ stabilizzata al 44esimo posto mentre le banche inglesi sono precipitate al 126esimo.

E’ facile capire perche’ l’impatto economico della recessione sulla famiglia media svizzera e’ stato quasi nullo. Le spese non sono cambiate anche perche’ la disoccupazione rimane relativamente bassa rispetto al resto dell’Europa, 4,1% quando un anno fa’ era di 3,4%. Gli indicatori economici ci dicono che a sostenere l’economia e’ stata la domanda interna che e’ rimasta stabile, i consumi e l’investimento immobiliare che non sono crollati come in altri paesi ma si sono mantenuti a livelli medio alti. L’impatto psicologico invece c’e’ stato e ce ne accorgiamo quotidianamente. Nel paese si risparmia di piu’.

Dall’altra parte del mondo, in Cina, la crisi si e’ diventata fonte di grandi opportunita’. La famiglia media cinese oggi vive meglio che un anno o due anni fa’ perche’ ha piu’ denaro a disposizione. Il pacchetto di stimoli lanciato dal governo all’indomani del crollo della Lehman Brothers ha sostenuto la domanda interna, al punto che questa e’ riuscita a compensare la caduta di quella estera. Lo stato ha aperto linee di credito a tassi vantaggiosissimi per chi viveva in campagna e voleva acquistare beni di consumo durevoli, dalle lavatrici ai televisori al plasma. La domanda di piccole autovetture nelle campagne, ad esempio, e’ cresciuta al punto che la Cina oggi acquista piu’ macchine degli Stati Uniti. A giugno piu’ di un milione di nuove vetture hanno lasciato i concessionari, pari a un aumento del 36% rispetto all’anno precedente. E questo senza un programma di rottamazione simile a quello occidentale.

L’economia cinese si e’ contratta solo nel quarto trimestre del 2009 per poi riprendere a crescere subito dopo. Il governo ha immesso ingenti quantita’ di denaro nel circuito delle banche e le ha incoraggiate a concedere prestiti a chi ne avesse bisogno. Le prime ad attingere a questo credito sono state le piccole e medie imprese. Questa strategia e’ stata possibile perche’ la Cina negli ultimi quindici anni ha accumulato riserve monetarie ingenti che ammontano a piu’ di 2 mila miliardi di dollari, le piu’ alte al mondo. Allo stesso tempo il settore bancario e’ arrivato alla crisi con livelli di indebitamento bassissimi. I valori dei NPL sono tali da permettere alle banche di alzare la soglia del rischio, alla fine del 2009 ammonteranno a meno del 4% del Pil del paese.

La famiglia media cinese non si e’ quindi neppure resa conto della recessione che c’e’ stata solo per un brevissimo periodo di tempo. La disoccupazione, che rimane bassa, e’ aumentata nel 2007 e parte del 2008 tra i lavoratori migranti, quelli che lasciano le campagne per cercare lavoro nelle zone industriali speciali del sud del paese e in quelle a ridosso di Pechino e Shanghai. A far cadere l’occupazione non e’ stata la recessione a le imprese straniere che si sono de localizzate a seguito della nuova legislazione del lavoro che protegge maggiormente la manodopera cinese dallo sfruttamento dell’impresa. Lo stato e’ riuscito ad assorbire gran parte di questa manodopera impiegandola in lavoro pubblici di ogni tipo, dalla pulizia delle facciate dei palazzi di Shanghai alla costruzione di una nuova ed efficientissima rete ferroviaria.

Tre storie e tre realta’ diverse che ci ricordano quanto sia importante la protezione dello stato dagli abusi di ogni tipo, non solo quelli finanziari. Il mercato funziona, su questo non c’e’ dubbio, ma come tutti i meccanismi economici non e’ infallibile e quando sbaglia le conseguenze ricadono sulla societa’. Lo stato deve essere sempre pronto a proteggerci da questi cataclismi. (Beh, buona giornata).

(tratto da il Caffè-Link: http://lanapoleoni.ilcannocchiale.it/2009/10/22/crisi_e_famiglie.html.)

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Di Marco Ferri

Marco Ferri è copywriter, autore e saggista, si occupa di comunicazione commerciale, istituzionale e politica.

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