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Libera Chiesa in libero Stato (in libera scuola).

Ci siamo tolti anche questa croce di GIORGIA SPINA.

Una mattina l’Italia si sveglia e vede smontato un altro mito.
Dopo i giorni dei Lodi di un premier che si è guadagnato, da solo, anche tante infamie e delle sentenze che dichiarano che i “Primi super pares” vengano lasciati nei libri di latino, finalmente questo Paese mette una croce sopra un altro dei grandi dilemmi degli ultimi tempi.

Con buona pace della Santa Sede, l’oggetto simbolo del culto cristiano, da questa mattina, non assisterà più alle lezioni nelle scuole italiane.

Impossibile pensare che la sentenza della Corte dei Diritti dell’Uomo non scatenasse il putiferio. Beh, cosa ci aspettavamo? Gli ultimi eventi ci avevano fatto credere in segnali di miglioramento, ma mica a un miracolo?
Il Dizionario della Lingua Italiana Garzanti, alla voce “croce” , scrive, in prima definizione quanto segue: “antico strumento di supplizio fatto con due pali di legno incrociati. […]”. Beh, che si trattasse di una rogna lo avevamo capito, visto tutto il polverone sollevato dal caso.

In seconda definizione, sempre il Garzanti, continua: “ riproduzione della croce di Cristo, assurto a simbolo della religione cristiana”. Ecco, leggiamo bene: simbolo della religione cristiana.
Ora, in un libretto che molti hanno cercato di interpretare a proprio favore e piacimento, dal titolo di Costituzione, all’articolo 7 si legge: “Lo Stato e la Chiesa cattolica sono, ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani. […]”.

A questo punto, la domanda nasce spontanea (come diceva qualcuno in un vecchio programma tv): c’è ancora qualcuno che sa dell’esistenza di una Costituzione e di un Dizionario della Lingua Italiana come testi realmente esistenti e non come il fantasma del Bau bau? Perché prima di fare tanto chiasso da pollaio, non lasciamo il libro di Moccia sul comodino e ci avviciniamo a qualcosa che potrebbe ben indirizzare le nostre opinioni e le nostre eventuali proteste?

Se non fosse ancora del tutto chiaro il concetto, la presenza di un simbolo di culto religioso all’interno di un’istituzione laica, in quanto statale (chiamasi proprietà transitiva. In matematica la si studiava suppergiù in terza elementare.), come la scuola, non è giustificata.
Per essere esaurienti e corretti fino in fondo: l’articolo 7 sopra citato recita, inoltre, che i rapporti tra lo Stato e la Chiesa sono regolati dai Patti Lateranensi. Tali Patti trattano anche dell’istruzione, nella Scuola Italiana, alla religione cattolica.

La religione è quindi, da considerarsi, una materia di insegnamento all’interno dell’istituzione scolastica. Liscio come l’olio.

Ma nelle aule compaiono forse poster di Manzoni e Leopardi? Foto di Pitagora? Quadri delle battaglie e dei personaggi che hanno fatto la Storia? Dipinti di Monet, Caravaggio e Warhol? Piuttosto che classi sembrerebbero bazar! Eppure anche la Letteratura, la Matematica, la Storia e l’Arte sono materie d’insegnamento della nostra Scuola Italiana. Se poi ci dice sfiga e la Scuola è un Liceo, come la mettiamo con tutti i filosofi?

E ancora: se consideriamo che molte religioni sono da considerarsi, per i non praticanti, delle filosofie, Maometto, Buddah e il dio Piripicchio, o chi per lui, li mettiamo in girotondo accanto alla croce, o sotto braccetto a Hegel?
Qui non si discutono credenze personali, non si vuole rinnegare o disprezzare alcun culto, ma semplicemente sottolineare, se ancora ce ne fosse bisogno, che a Scuola si impara, non si prega. Per quello hanno costruito le chiese.

A oggi quel che conta è che hanno tolto i crocifissi dalla Scuola. Andate in pace. (Beh, buona giornata)

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Di Marco Ferri

Marco Ferri è copywriter, autore e saggista, si occupa di comunicazione commerciale, istituzionale e politica.

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