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La questione nucleare in Italia. Una tesi critica.

da rispondeferrero.com •Massimo Zucchetti scrive:
La questione del ritorno al nucleare – specie in Italia – e’ davvero molto complessa, ed e’ difficile essere esaurienti senza diventare lunghi e noiosi. Ma dato che Paolo Ferrero, che politicamente stimo, mi ha chiesto un intervento, provero’ a scrivere alcuni spunti di discussione.

Mi presento: sono Massimo Zucchetti, sono docente di Impianti Nucleari al Politecnico di Torino, e attualmente mi trovo per un periodo al MIT di Boston (zucchetti@polito.it). Ah, fra parentesi, sono politicamente molto a sinistra e lo dico pubblicamente.

Molte delle evidenze tecniche che Christian (da Berkeley: tra l’altro, complimenti per il tuo curriculum!) cita nel suo intervento sono vere e condivisibili in linea di principio. Effettivamente, per riassumere, l’energia nucleare sembra essere innegabilmente in ripresa in tutto il mondo: oltre alle ottime prestazioni e alla sicurezza dei reattori nucleari negli ultimi 25 anni, un motivo di rilancio è costituito dal fatto che l’energia nucleare non emette praticamente CO2 e quindi il suo uso al posto dei combustibili fossili contribuisce a ridurre le preoccupazioni relative all’effetto serra. Il costo del kWh nucleare, inclusi anche i costi della parte finale del ciclo del combustibile, si aggira intorno a valori comparabili o inferiori a quello delle fonti energetiche convenzionali secondo le stime piu’ aggiornate. Le riserve stimate di uranio nel mondo, poi, sono ampiamente sufficienti a garantire l’approvvigionamento dei reattori nucleari per parecchi decenni.

Sembra in sostanza che il nucleare sia almeno l’ideale soluzione-ponte in attesa dell’arrivo di altre fonti, in primis quelle rinnovabili, sulle quali deve, a mio avviso, appuntarsi il nostro sguardo per il futuro.

Tuttavia, proprio un quarto di secolo nell’esercizio del “mestiere” di impiantista nucleare mi hanno pero’ insegnato che nessuna questione e‘ mai “bianca o nera”, e vorrei percio’ provare a portare anche alcuni altri argomenti alla discussione:

1)Le riserve di uranio sono comunque limitate e la tecnologia di estrazione dall’acqua di mare e’ tutt’altro che matura. La soluzione a questo problema verra’ forse naturalmente dall’aumento del prezzo del minerale d’uranio e quindi dal divenire sfruttabili i depositi uraniferi ora non economicamente convenienti. Ma sarebbe invece raccomandabile evitare, come fanno ora gli USA, di scartare il combustibile esaurito senza riciclarne le parti ancora utili con gli impianti di riprocessamento. Questa scelta e’ sbagliata, spreca combustibile prezioso e aumenta la quantita’ di scorie da smaltire.

2)Proprio la questione dello smaltimento delle scorie radioattive, specie quelle ad elevata attivita’, se non e’ un problema tecnico, lo e’ pero’ dal punto di vista pratico e politico. Christian sa bene che la costruzione dell’unico grande deposito di scorie nucleari USA di Yucca Mountain – dopo anni ed anni di dibattiti – e’ stata abbandonata dopo molte opposizioni e difficolta’. Il problema delle scorie, ripeto piu’ pratico e politico che tecnico, resta percio’ aperto. Pensiamo poi alla brutta vicenda accaduta qualche anno fa in Italia a Scanzano Ionico, ed avremo un assaggio di quelle che potranno essere le difficolta’ future. Forse la soluzione puo’ venire dallo sviluppo dei nuovi reattori “bruciatori di scorie”, dai cosiddetti “veloci” agli “ibridi” fissione-fusione fino al sottocritico inettato ADS proposto anni fa da Carlo Rubbia, tutti reattori che dovrebbero utilizzare come combustibile proprio le scorie degli attuali reattori, bruciandole e trasformandole in materiali meno radiotossici.

3)Proprio la fusione nucleare appare una tecnologia sulla quale occorrerebbe puntare maggiormente, ma, secondo me, “rovesciando il tavolo” e abbandonando una visione troppo tradizionale del suo sviluppo. Non parlo quindi del progetto ITER, che secondo me soffre di elefantiasi ed ha costi eccessivi, ma dello sviluppo di reattori a fusione che si basino su reazioni “pulite”, come ad esempio quella fra deuterio ed elio3, reattori intrinsecamente sicuri e che evitino il piu’ possibile la presenza di materiali radioattivi, allontanandosi nettamente dai vecchi paradigmi dei reattori nucleari convenzionali. Io qui al MIT sto lavorando a questi progetti sulla fusione nucleare, che, ammetto, sono molto a lungo termine, ma anche perche’ sono scarsamente finanziati in quanto non nel “mainstream” di quella che e’ ritenuta la ricerca “competitiva”, che vuole poi dire quella sponsorizzata dalle grandi lobby nucleari. L’esperienza ci insegna che invece occorrerebbe lasciare piu’ spazio all’inventiva e alla ricerca di soluzioni veramente innovative.

4)Per quanto riguarda l’Italia, poi, metto solo in evidenza come una stasi di un quarto di secolo nel nucleare abbia provocato, anche se meno di quello che si poteva temere, una pericolosa perdita di “know-how”, cioe’ di conoscenza. Molti dei giovani migliori hanno dovuto cercar fortuna all’estero, come chi vi ha scritto da Berkeley e – cercando invece fra i vecchi e mediocri – anche il sottoscritto che vi scrive da Boston. Questa tendenza andra’ in qualche modo invertita, “rifondando” (e questo e’ un termine cui sono affezionato…) innanzitutto la conoscenza nucleare in Italia: questo processo non potra’ avvenire istantaneamente, anche se le nostre universita’, in tempi molto bui, hanno mantenuto accesa una “fiammella nucleare” di conoscenza che adesso puo’ tornare molto utile, anche soltanto per gestire al meglio lo smantellamento dei vecchi impianti e la questione delle scorie, e per rimpolpare di buoni tecnci enti come l’ENEA.

Mi fermo qui. Ma io ritengo in sostanza che – forse – occorrerebbe abbandonare queste contrapposizioni. Io ho vissuto per anni la contraddizione di essere di sinistra ma di non oppormi al nucleare per partito preso, in un momento nel quale l’antinuclearismo era forse l’unica e ultima cosa che vedesse d’accordo tutta la sinistra, di qualunque sfumatura! Mi sono laureato in ingegneria nucleare un mese dopo l’incidente di Chernobyl e credo in questi anni di aver cercato di sviluppare un atteggiamento articolato verso questo problema, basato sui dati tecnici, uniti pero’ ad una presa di coscienza dovuta alla mia natura di “concerned scientist”. Ho denunciato con libri e conferenze, nella mia qualita’ di membro del “Comitato Scienziati e Scienziate contro la guerra”, l’utilizzo criminale dell’uranio impoverito a scopo militare e in generale i disastri che succedono quando il nucleare viene lasciato in mano ai militari.

Ma verso il nucleare civile – che pure con il nucleare militare ha una pericolosa cuginanza – occorre avere un atteggiamento differente: esso si sviluppera’ credo inevitabilmente nei prossimi anni, e sara’ un FATTO che ci dovremo trovare a fronteggiare al meglio: ci sara’ bisogno, magari proprio da parte di chi e’ stato contrario in passato, di una forte sorveglianza per evitare storture, abusi, cattiva gestione, sempre possibili soprattutto quando chi dovrebbe gestirlo – diciamoci la verita’ – ha una tradizione di corruzione, malgoverno, inefficienza, come l’attuale compagine governativa italiana.

Trovarmi, come mi e’ successo, nei dibattiti pubblici sul nucleare dalla stessa parte del signor Scajola, lo confesso, mi ha dato un brivido fastidioso: preferisco davvero trovarmi invece qui a confrontarmi con Paolo Ferrero, e con Christian, al quale faccio i migliori auguri per il futuro! (Beh, buona giornata).

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Di Marco Ferri

Marco Ferri è copywriter, autore e saggista, si occupa di comunicazione commerciale, istituzionale e politica.

Una risposta su “La questione nucleare in Italia. Una tesi critica.”

Non so se debbe intervenire qui o su rispondeferrero, ma visto che sono qui sul suo sito appena scoperto (e mi fa piacere averlo scoperto), dico solo una cosa: Zucchetti mi sembra che in parte si risponda da solo. Che il nucleare verrà gestito militarmente questo è scontato, compresa la gestione delle scorie. Non capisco come pensa che si possa esercitare un controllo democratico su tale questione …

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