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Meno pubblicità in tv, più comunicazione a tu per tu.

E’ stato un duro attacco alla qualità della televisione italiana. Secondo quanto riferisce l’agenzia Ansa, è stato un vero e proprio atto di accusa:  la televisione italiana per “livelli di banalità e volgarità (come i tanti reality che affollano i palinsesti delle tv in prima serata)'” è al disotto di altre televisioni europee e il divario rispetto alle emittenti Ue “é crescente”.

E’ quanto ha affermato Corrado Calabrò, presidente dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, che ha annunciato che “l’Autorità ha in animo di avviare uno studio specifico che analizzi la programmazione televisiva in Italia (e l’uso dei media vecchi e nuovi), verifichi il suo grado di qualità e se essa possa produrre effetti sui cosiddetti ‘comportamenti sociali’.

Non è nelle possibilità dell’Agcom cambiare il modo di fare televisione, spiega il presidente Calabrò, ma “fino a quando le trasmissioni sono dominate dall’assillo dei ricavi pubblicitari e questi sono connessi esclusivamente all’audience – aggiunge il presidente – i tentativi saranno inefficienti”.

Il fatto è che così, dice Calabrò “si innesca una spirale perversa che diseduca il gusto dei telespettatori e degrada il livello delle trasmissioni”.

 

Sappiamo tutti quanto la televisione sia centrale nei piani media, cioè nella distribuzione dei pesi di spesa della pubblicità italiana. E quanto sia diventata ingombrante, ne fanno le spese gli altri media, primi fra tutti la carta stampata. Quel divario crescente rispetto alla emittenti europee di cui parla Calabrò sta proprio nel predominanza assoluta della tv rispetto a tutto il resto della filiera della comunicazione commerciale.

 

Sappiamo anche che questa predominanza alimenta sé stessa più che dare linfa alla propensione verso i consumi: già in forte calo, nonostante la pressione esercitata dalla tv i consumi hanno subito un ulteriore spinta verso il basso a causa della sfavorevole congiuntura economica.

 

Sappiamo che siamo in un periodo di forte sofferenza per il settore economico della pubblicità, chi non ha già tagliato i budget pubblicitari sta pensando di farlo.

 

E’ il momento delle scelte, quelle che bisogna fare proprio durante i momenti di difficoltà: liberiamo la tv dalla troppa pubblicità, distribuiamo i budget verso altri media, verso altre attività di relazione con i clienti dei clienti.

 

Liberemo nuove energie a favore del successo delle marche: la crisi ci impone di fare scelte meno invise all’opinione pubblica, meno invasive dei telespettatori, meno onerose per le aziende. E molto più efficaci, come dimostrano le esperienze di altri paesi, che in Italia si fa fatica a prendere seriamente in considerazione.

 

Lo slogan è: meno pubblicità in tv, più comunicazione a tu per tu. Beh, buona giornata.

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Di Marco Ferri

Marco Ferri è copywriter, autore e saggista, si occupa di comunicazione commerciale, istituzionale e politica.

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