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L’offensiva mediatica di Gianfranco Fini. La politica in Italia è bassa cucina.

Fini:”Non sono presidente per un cadeau di Berlusconi”-rainews24.it

‘Non sono presidente della Camera in ragione di un concorso vinto o di un cadeau del Presidente del Consiglio”. Gianfranco Fini lo mette in chiaro poco dopo essersi seduto sulla poltrona di pelle bianca di ‘Porta a Porta’ per una lunga intervista con Bruno Vespa che e’ un difficile esercizio di politica.

“Non ho intenzione di divorziare o di litigare, a patto che si rispettino le mie opinioni”, dice rivolto alla pubblica opinione anche per mettere subito sui giusti binari la questione dei suoi rapporti con Silvio Berlusconi, dopo la burrascosa direzione di una settimana fa. E poi e’ tutto un gioco di frizione tra la volonta’ di non compromettere una pax politica e quella di rivendicare il diritto di dire sempre come la pensa. Orgogliosamente Fini dice al premier, convitato di pietra della puntata, che alla Presidenza della Camera pensa di essere arrivato “per una storia politica che e’ quella di una destra senza bava alla bocca”. E aggiunge: “Non ho nessuna intenzione di dimettermi e fino alla noia, finche’ saro’ Presidente, difendero’ le prerogative del Parlamento”.

“Mi spiace doverlo ricordare – torna sulla lite in direzione -, ma Berlusconi non puo’ dirmi ‘se vuoi fare politica devi dimetterti da presidente della Camera’. Vespa ribatte: ‘Credo intendesse dire che doveva dimettersi da presidente della Camera se voleva fare una corrente’. Qui Fini stoppa il conduttore piccato: ‘A me non e’ parso, direttore. E comunque credo che quello che e’ accaduto lo abbiano visto in tanti”.

La puntata tocca l’acme quando Fini rivela ironico di aver ricevuto “la solidarieta’ del fratello del direttore” dopo l’attacco odierno del ‘Giornale’ di Feltri. “Non e’ stato un incidente – affonda l’ex leader di An – E comunque o non legge i giornali (Berlusconi ndr.) o non si capisce perche’ solo oggi la solidarieta’. Quindi uno sdegnato attacco contro il giornalismo “che sguazza nel fango, per non citare la materia organica che rese famoso Cambonne” e che “va oltre la decenza” infangando le persone sul piano familiare, cosi’ come fa anche la politica.

Ma Fini e’ teso anche quando deve mettere in chiaro che non accettera’ che Italo Bocchino sia usato come vittima sacrificale e sfiduciato dal capogruppo vicario del Pdl. “Si puo’ essere sfiduciati in ragione di addebiti – si butta avanti Fini -. Cosa si puo’ addebitare a Bocchino? Di aver sabotato il gruppo? Di aver organizzato qualche imboscata? Non si puo’ addebitarglielo. Viene rimproverato perche’ si ritrova su posizioni del Presidente dalla Camera. E’ questa la ragione? Se e’ questa, altro che partito dell’amore, se si inizia a tagliare teste”.

Ma il presidente della Camera, anche sui presidenti di commissione a lui vicini, non vuole credere che “Berlusconi pensi ad epurazioni”. Ne’ accetta che inizi la “caccia alle streghe” addebitando ai finiani la battuta d’arresto del governo, oggi andato sotto alla Camera su un emendamento del Pd al ddl Lavoro. Fini e’ tranchant quando afferma “E’ imbecille dire che lavoro per la sinistra” e smentisce ogni ipotesi ribaltonista dicendo degli avversari “Quando si e’ in fase di disperazione politica, ci si attacca a tutto cio’ che passa. Si augurano che io faccia qualcosa contro il governo centrodestra, ma io lavoro perche’ sia piu’ efficace, non per farlo cadere. Cosa sperano?”.

Nel mirino anche i retropensieri nel centrodestra: “Un patto sulle riforme non puo’ essere considerato l’anticamera dell’ammucchiata anti-Berlusconi. Anche se su alcune riforme si puo’ ragionevolemente arrivare ad una convergenza”. Cosi’, punto per punto, l’ex leader di An ribadisce le ‘tesi’ della storica direzione “nel cui documento finale il partito sembrava un impaccio, una parentesi”. Spiegando che esiste “differenza tra governare e comandare”, Fini ribadisce che “elezioni anticipate sarebbero da irresponsabili” e che lui lavora “non a logorare il governo ma a rinforzare esecutivo e Pdl. “Il logoramento – va avanti propositivo – nessuno lo vuole -. Berlusconi lavorera’ per un chiarimento e per evitare il logoramento. Io faro’ lo stesso”. Pero’ insiste su un federalismo fiscale del quale siano chiari i costi, su una riforma della giustizia che “non denigri i magistrati, baluardo di liberta’, e non crei sacche di impunita”‘, su un presidente del Consiglio che non dica certe cose su Saviano “perche’ sarebbe come dire che Camus con ‘La peste’ ha fatto l’untore”.

Fini chiede rapporti “improntati al massimo della correttezza” con le istituzioni, Colle in testa, insiste per un “sereno confronto” e nega si possa parlare di “tregua armata”, perche’ non c’e’ guerra in corso ma solo “una fase nuova”, dove e’ possibile dissentire senza essere bollato di tradimento. E a Vespa che gli chiede di riassumere in un titolo, Fini replica: “Guardi che se appare uno che si fa suggerire da me le cose, in questo momento rischia di avere problemi”.
(Beh, buona giornata).

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Di Marco Ferri

Marco Ferri è copywriter, autore e saggista, si occupa di comunicazione commerciale, istituzionale e politica.

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