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Popoli e politiche

L’attacco israeliano alla Freedom Flottilla: la strage di civili, il disastro diplomatico.

Così Israele affonda la sua sicurezza-http://nigro.blogautore.repubblica.it/

Sono ancora imprevedibili nei dettagli, ma saranno sicuramente devastanti per Israele le conseguenze politiche dell’attacco alle navi di pacifisti dirette verso Gaza. Da giorni si era capito che questa edizione della “Freedom Flottilla” sarebbe stata molto più difficile e delicata da gestire per il governo Netanyahu. Per un solo, grandissimo motivo: quest’anno la Freedom Flottilla ha come suo principale sponsor politico-organizzativo un potente paese membro della Nato, una nazione che è diventata un peso massimo nella geo-politica del Medio Oriente allargato: la Turchia.

La prima nave ad essere attaccata dai commandos israeliani è stata proprio la “Mavi Marmara”, un traghetto turco che sulle fiancate esponeva una enorme bandiera turca accanto a quella palestinese. Da due anni la Turchia di Recep Tayyp Erdogan ha abbandonato la tradizionale, strategica alleanza politico-militare con Israele per riavvicinarsi a Siria, Iran e alle monarchie petrolifere del Golfo Persico. Anche grazie ad alcuni passi falsi di Israele (vedi la sceneggiata della convocazione dell’ambasciatore turco a Tel Aviv da parte del viceministro Danny Ayalon), Israele è sembrata fare di tutto per facilitare la scelta strategica di Erdogan di diventare il nuovo paladino dei diritti dei palestinesi di Gaza e Cisgiordania.

A questo contribuisce il fatto che il tradizionale alleato di Israele nell’establishment istituzionale turco, la potente classe dei militari, negli ultimi mesi sta vedendo progressivamente ridimensionato il suo ruolo nell’equilibrio dei poteri con gli islamici di Erdogan.

Ahmet Davutoglu, il super-attivo ministro degli Esteri, ha già fatto convocare per una protesta l’ambasciatore israeliano. Nei giorni scorsi il ministro in persona aveva chiesto al governo Netanyahu di inventarsi una formula per gestire in maniera intelligente le richieste della flottiglia: già in passato Gerusalemme (agosto 2006) aveva permesso un avvicinamento controllato alle coste di Gaza per scaricare aiuti diretti ai palestinesi.

La scelta di attaccare navi civili in acque internazionali, il tipo di assalto condotto dai commandos, la morte ai almeno 15 pacifisti, lo schiaffo pauroso al governo turco sono tutti elementi di una crisi che il governo israeliano ha contribuito a creare e che danneggerà innanzitutto la credibilità di tutta Israele e a lungo termine indebolirà il diritto alla sicurezza e la stessa legittimità del popolo dello Stato ebraico.

Ankara ha già emesso la sua condanna col comunicato diffuso dagli Esteri: “I militari israeliani hanno usato la forza contro civili, tra cui donne, bambini e vecchi di vari Paesi che volevano portare aiuti umanitari a Gaza. Israele colpendo civili innocenti, ha ancora una volta dimostrato di ignorare del tutto la vita umana e le iniziative di pace e noi condanniamo con forza tale inumano trattamento da parte di Israele”. Sembra il linguaggio di un’organizzazione islamica radicale: sono invece le parole di quello che era l’unico, vero alleato islamico di Gerusalemme.
(Beh, buona giornata).

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Di Marco Ferri

Marco Ferri è copywriter, autore e saggista, si occupa di comunicazione commerciale, istituzionale e politica.

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