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Il bavaglio sulle intercettazioni: le conseguenza di una legge liberticida.

Con la nuova legge i magistrati e
i giornali avranno più difficoltà
A cura di FRANCESCO GRIGNETTI-lastampa.it
1- Le intercettazioni telefoniche
Intercettazioni possibili solo per i reati puniti con più di cinque anni di carcere. I telefoni possono essere messi sotto controllo per 75 giorni al massimo. Se c’è necessità, motivata dalpme riconosciuta dal giudice, è possibile un periodo aggiuntivo di tre giorni, prorogabili di volta in volta con provvedimento delpm controfirmato dal giudice fino a che esista la necessità. Per i reati più gravi (mafia, terrorismo, omicidio, ecc.) le intercettazioni sono possibili per 40 giorni, più altri venti prorogabili. Inoltre, le intercettazioni disposte per un reato potranno essere utilizzate anche per provarne un altro, purché il fatto sia lo stesso.

2- Divieti e sanzioni
Gli atti delle indagini in corso possono essere pubblicati solo per riassunto. Gli editori che ne consentono la pubblicazione in maniera testuale rischiano fino a 300mila euro di multa. Le intercettazioni sono off limits per la stampa fino a conclusione delle indagini: per gli editori che violano il divieto, sono previste sanzioni oltre i 300 mila euro, che salgono a 450mila euro se si tratta di intercettazioni di persone estranee alle indagini o che devono essere espunte dal procedimento perché illecite o irrilevanti ai fini processuali. Condanne dure anche per i giornalisti: fino a 30 giorni di carcere o una sanzione fino a 10.000 euro se pubblicano intercettazioni durante le indagini o atti coperti da segreto.

3- Intercettazioni ambientali
Niente più microfoni piazzati in casa o in auto per registrare le conversazioni degli indagati. Le «cimici» saranno consentite per un massimo per tre giorni, prorogabili di tre in tre con provvedimento delpmcontrofirmato dal giudice.

4- Pm in televisione
Se il responsabile dell’inchiesta passa alla stampa atti coperti dal segreto d’ufficio o rilascia dichiarazioni pubbliche su un’inchiesta a lui affidata può essere sostituito dal capo del suo ufficio. La sostituzione non avviene più per automatismo,ma occorre la volontà del capo dell’ufficio.

5- Norma transitoria
Le nuove regole si applicano ai processi in corso. Quindi, anche se erano già state autorizzate intercettazioni con le vecchie regole, dovrà essere applicato il tetto dei 75 giorni. Dal giorno di pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, inoltre, saranno necessari 15 giorni di vacatio ordinaria per consentire alle Procure di allestire il registro segreto e un luogo dove conservare le intercettazioni, di cui è responsabile il capo dell’ufficio.

6- Riprese dei processi
Sulle riprese tv per i processi decide il presidente della Corte d’Appello, che può autorizzarle anche se non c’è il consenso delle parti.

7- Registrazione
Le registrazione carpite di nascosto sono permesse solo ai servizi segreti e ai giornalisti professionisti e pubblicisti.

8- Preti e onorevoli
Se nelle intercettazioni finisce un sacerdote bisogna avvertire la diocesi; se l’intercettato è un vescovo il pmdeve avvertire la segreteria di Stato vaticana. Per quanto riguarda i parlamentari, occorre il via libera della Camera di appartenenza. Vietato ascoltare assistenti e familiari degli onorevoli se sono estranei ai fatti per cui è in corso l’indagine.

Ecco alcuni casi clamorosi che non potremmo più sapere

Mafia, nulla su Ciancimino e addio a Gomorra
La vera vita di don Vito Ciancimino, raccontata dal figlio Massimo, i suoi rapporti pericolosi con la mafia, gli incontri dell’ex sindaco di Palermo con Bernardo Provenzano, e poi la misteriosa trattativa con lo Stato. Quindi il Papello mafioso, le richieste di Totò Riina, le intuizioni di Paolo Borsellino, i contatti con gli ufficiali del Ros dei carabinieri, forse la chiave occulta che sottostà alle stragi del ‘92. Tutto questo e molto altro non si sarebbe mai potuto raccontare con la nuova legge perché guai a riferire di un atto giudiziario, come sono gli interrogatori di un testimone quale è Ciancimino jr. Il libro «Don Vito», scritto da Francesco La Licata, non sarebbe mai arrivato in libreria. Ma anche «Gomorra» di Saviano.

La «cricca», tre anni per far emergere gli affari sui grandi appalti
La Cricca è un termine azzeccato per raccontare la consorteria di Balducci & soci che viene fuori, guarda caso, da un’intercettazione. E’ uno degli indagati che ne parla al telefono, e si lamenta perché è rimasto escluso da certi appalti fiorentini, a dire: «Ecco, vedi, questa è la cricca romana…». Sapeva di che cosa parlava. Ma quelle intercettazioni, con la nuova legge, non ci sarebbero mai state. I carabinieri di Firenze, infatti, sotto la guida della procura, hanno intercettato i protagonisti dei Grandi Appalti per quasi tre anni. Sono centinaia di migliaia le conversazioni captate. Una montagna. E mai, in tre anni, una fuga di notizie che abbia messo in forse l’inchiesta. Solo quando sono scattate le manette, nel febbraio scorso, e con le ordinanze dei giudici è iniziata la «discovery» degli atti, i media hanno scoperto l’esistenza stessa di quest’inchiesta. Molti retroscena sarebbero rimasti ignoti. E con la nuova legge anche i resoconti sarebbero stati ben diversi, parziali, minimali. I giornalisti avrebbero potuto raccontare «per riassunto» gli atti, non per esteso. E mai un’intercettazione sarebbe finita sulle pagine di un giornale.

Furbetti del quartierino, le imprese di Ricucci e la caduta di Fazio
Aho, qua stamo a fa’ i furbetti del quartierino…». Indimenticabile Stefano Ricucci. Era l’estate del 2006. L’immobiliarista dall’accento romanesco, partito dal nulla e entrato nel salotto buono della finanza italiana, era stato appena arrestato. E l’Italia scoprì, scorrendo avidamente le pagine dei giornali, le gesta di un nuovo ceto d’imprenditori. Le intercettazioni finirono a pacchi sui giornali, anche quelle francamente ininfluenti, tipo l’sms di Anna Falchi al marito. Di tutto ciò, un domani, nulla si saprà fino al termine delle indagini preliminari. E forse Antonio Fazio, l’ultimo Governatore a vita, che con sé ha trascinato nel fango anche questa prerogativa di Bankitalia, sarebbe ancora al suo posto.

Caso Scajola, addio alle notizie sulla casa con vista sul Colosseo
Era e rimane un testimone, Claudio Scajola. Il suo, è un caso di ministro della Repubblica che si dimette prima ancora di avere ricevuto un avviso di garanzia o di essere iscritto al registro degli indagati. A suo carico insomma non c’è nulla di rilevante dal punto di vista penale a tutt’oggi. Ma politicamente parlando, la questione è diversa. Quando si è scoperto che il costruttore Diego Anemone aveva fatto arrivare novecentomila euro alle due signore che vendevano la celebre casa con vista sul Colosseo, tramite i buoni uffici dell’architetto Zampolini, e che quindi quella compravendita era quantomai misteriosa, i sondaggi ordinati da Berlusconi hanno segnato una scossa tellurica. Ed è caduta una testa. La storia dell’appartamento di Claudio Scajola non ha neanche a che fare con le intercettazioni. C’entrano gli accertamenti bancari, la testimonianza di Zampolini e delle due sorelle Papa, alcuni buoni articoli di cronaca giudiziaria. Gli italiani hanno saputo e si sono formati un’opinione. Di tutto ciò, con la nuova legge in arrivo, non si sarebbe potuto sapere nulla. E il ministro Scajola sarebbe sempre al suo posto.

Protezione civile, le discutibili amicizie di Bertolaso
Macelleria mediatica», dice Guido Bertolaso. L’immagine è forte. Denota l’esasperazione di un sottosegretario al centro della curiosità dei media. Ma in quale paese al mondo, dove ci sia la libertà di stampa, potrebbe passare inosservata la vicenda di un sottosegretario potentissimo, commissario straordinario in un’infinità di situazioni di emergenza reale e non, che è costretto penosamente ad ammettere una volta che conosce sì Diego Anemone e ha con lui rapporti familiari, ma «so come evitare le trappole»; che proprio ad Anemone ha affidato lavori di falegnameria per il suo villino ai Parioli, ma «erano tapparelle»; che sua moglie aveva avuto un incarico professionale da Anemone per 90 mila euro; infine la storia non chiara dell’appartamento di via Giulia che forse lo pagava Anemone e forse no; e che i massaggi della fisioterapista del Salaria Sport Village gli avevano fatto «vedere le stelle perché mi aveva “sconocchiato” la schiena»? La storia dei Grandi Appalti è ancora da scrivere, ma quello che è emerso finora dall’inchiesta, in futuro non più pubblicabile se non per estremo riassunto, racconta di comportamenti forse non censurabili sul piano penale, ma sicuramente sul piano dell’opportunità per chi manovra miliardi di euro a sua discrezione.

La caduta di Prodi, dopo le telefonate di Lady Mastella
L’ ultimo governo Prodi, qualcuno se lo ricorda ancora? Accadeva due anni fa: ministro della Giustizia era Clemente Mastella; sua moglie, la signora Lonardo, presidente del consiglio regionale della Campania. L’Udeur compagno di strada della sinistra, ma in perenne lite con i dipietristi e con la sinistra radicale. In questo instabile equilibrio politico piombarono due inchieste penali. Una partiva dalla Calabria, titolare era Luigi De Magistris. L’altra veniva dalla Campania, procura di Santa Maria Capua Vetere. Furono due mazzate. Fu svelato il sistema-Mastella di nomine e di clientelismo. Indimenticabile quell’intercettazione in cui la signora Mastella diceva di un ex del suo partito, tale Gigi Annunziata, direttore generale della Asl per grazia di partito: «Allora per quanto mi riguarda lui è un uomo morto! E lo è anche per mio marito. Quindi per cortesia tenetevene alla larga: dal punto di vista professionale tu incontri chi vuoi. Ci mancherebbe. Ma dal punto di vista politico le cose passano attraverso di noi». L’intercettazione finiva sui giornali il 17 gennaio 2008. Pochi giorni dopo cadeva il governo Prodi.

Lo scandalo escort, inutilizzabili i nastri della D’Addario
In Parlamento, la norma che vieta in futuro di autoregistrarsi «fraudolentemente» le telefonate, l’hanno chiamata assai maliziosamente Emendamento D’Addario. Inevitabile infatti il riferimento a quelle registrazioni che la escort più famosa d’Italia, la barese Patrizia D’Addario, effettuò in casa Berlusconi la sera che fu ricevuta dal premier e poi, il giorno dopo quando il premier la chiamò al telefono per salutarla e chiacchierare sulla notte bollente trascorsa assieme. Quelle autoregistrazioni finirono agli atti di un’inchiesta penale, l’inchiesta sui maneggi di Giampi Tarantino (ancora in corso) e poi in un libro («Gradisca presidente», Aliberti editore) che l’ha buttata sul felliniano. La novità è davvero rivoluzionaria perché fino ad oggi le autoregistrazioni erano un caposaldo delle difese, un modo considerato più che lecito per tutelarsi, e molti big della politica sono più che abituati a registrare tutti i colloqui che si svolgono nel loro studio. All’Emendamento D’Addario sono seguite alcune specifiche deroghe per gli agenti segreti, per le forze di polizia e per i giornalisti professionisti perché il divieto era parso francamente esagerato. Resta lecito autoregistrarsi anche per i normali cittadini, ma solo per utilizzarle nel corso di controversie davanti a un giudice o per farne oggetto di esposti.

Il caso Minzolini, le pressioni sul Tg1 e l’Authority
Trani, in Puglia, oltre che per lo splendido centro storico, è divenuta famosa per la sua piccola procura da dove qualche mese fa s’intercettava tutto il mondo. A margine di un’inchiesta su certi imbrogli che si consumano con le carte di credito, era finito sotto ascolto il telefono di Augusto Minzolini, il direttore del Tg1, e quello di Giancarlo Innocenzi, membro dell’Authority sulle Comunicazioni. Non indagati, ma intercettati. E s’è finiti per registrare le telefonate di Berlusconi che chiama Minzolini «direttorissimo» oppure che chiede la testa di Michele Santoro. Fuga di notizie, intercettazioni sui giornali, grande scandalo di questi (per il tono usato da Berlusconi) e di quelli (perché le intercettazioni sono già a disposizione del grande pubblico). E intanto si va a votare alle Regionali, che il Cavaliere stravince, a dimostrazione che la via giudiziaria non aiuta granché sul piano elettorale.

La morte di Cucchi, le foto del pestaggio non le avreste viste
U n atto giudiziario può anche essere una fotografia, inserita nel faldone di un’inchiesta. La foto del giovane detenuto Stefano Cucchi, per dire, morto in un ospedale romano dopo un sicuro pestaggio e una lunga agonia. Per scelta della famiglia la foto finì sui giornali e fu chiaro a tutti che erano volate le botte. Nel clima di commozione alcuni testimoni trovarono la voglia di collaborare. Disse la sorella Ilaria: «Con la nuova legge non avremmo potuto far conoscere la verità». Per chi volesse rivivere la vicenda, è appena uscito un libro («Non mi uccise la morte», Castelvecchi editore) con le foto della vergogna. In futuro sarebbe impossibile.

Le dimissioni di Saccà, c’erano una volta le veline raccomandate dal Cavaliere
C’era una volta un potente direttore di Raifiction di nome Agostino Saccà che spesso e volentieri era al telefono con Silvio Berlusconi, amico di lunga data. Anche per lui la buccia di banana furono alcune intercettazioni, ordinate dalla procura di Napoli, effettuate nel dicembre 2007, che portarono alla luce le trattative di Berlusconi con alcuni senatori per arrivare alla «spallata» contro il governo di sinistra. Con l’occasione si scoprì che Saccà si dava un gran daffare per agganciare politici e portarli da Berlusconi, ma che quest’ultimo, a sua volta, implorava Saccà di dare lavoro a qualche attrice a lui cara. Tre anni dopo, le inchieste sono finite nel nulla, ma si cominciarono a conoscere le gesta del Cavaliere sotto le lenzuola.

Rignano Flaminio, nessuno spazio ai dubbi sulle violenze
Non soltanto la grande politica, ma anche la cronaca sarà rivoluzionata dopo questa legge che vieta di entrare nei dettagli di un’inchiesta. Si prenda il caso dei presunti pedofili di Rignano Flaminio. Una vicenda assolutamente controversa: tre maestre, una bidella, un benzinaio di colore, un autore tv, nell’aprile 2007 finiscono in carcere perché accusati di atti di pedofilia; il paese si spacca. Davvero è stata scoperta una banda di perversi o è un caso di suggestione collettiva? Tra continui colpi di scena il processo sta iniziando ora. Nel frattempo l’opinione pubblica è stata informata minuziosamente e le difese hanno potuto spiegare i loro argomenti. Quantomeno il dubbio è stato insinuato: e se fossero innocenti? Non è poco se poi venissero assolti. (Beh, buona giornata).

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Di Marco Ferri

Marco Ferri è copywriter, autore e saggista, si occupa di comunicazione commerciale, istituzionale e politica.

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