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Un botta e risposta sul caso Facebook vs Barbella.

A proposito di “Perché Facebook ha messo il bavaglio a Pasquale Barbella”, ricevo da Hans-Rudolf Suter, uno dei fondatori della mitica STZ, la seguente lettera:

“Marco ci fa un grande favore perché riassume in poche righe i dispersi e numerosi commenti sull’argomento. Dissento.
Facebook è gratis e conta 500 milioni di utenti, nel maggio di questo anno ha avuto 130 mio di visitatori unici. E’ una società privata (il fondatore Zuckerberg possiede il 24%) ha 1400 impiegati e fatturerà questo anno circa un miliardo di dollari, quasi tutto proveniente da pubblicità attraverso un contratto esclusivo con Microsoft.

Mi sembra ovvio che Facebook non può rispondere del contenuto pubblicato dai suoi membri. Mi sembra anche che non deve esercitare alcun controllo preventivo sul contenuto. Perché se questo dovrebbe essere necessario per legge (tipo responsabilità dell’editore), nessuna piattaforma per socialmedia sarebbe concepibile.
Come la mettiamo invece con insulti, denigrazioni, bugie, truffe una volta che sono pubblicate?
Se la cosa è grave la si denunci alla magistratura. Altrimenti la si segnali a facebook che sospende il membro. La parti in conflitto si diano da fare per risolvere il problema. Ci manca solo un altro circuito giudiziario, quello di Facebook.
E’ comunque prudente usare Facebook come un luogo dove creare lo stimolo per visitare un blog o un sito che non è così fragile.

Infine aggiungo che ho telefonato al Signor Passalaqcua (quello del sito cristiano che ha denunciato Pasquale) che prima ha negato di esistere e poi ha detto che avrebbe risposto, ma non oggi, che doveva sentire altri durante il weekend, che avrebbero risposto lunedì. La voce era quello di un vecchietto spaventato. Spero non in conseguenza dei miei modi non sempre urbani.
Saluti
Hans Suter Interpretive Manager STZ pubblicità.”

Qui di seguito la risposta alle obiezioni di Suter:

Caro Hans,
mi pare ci siano due questioni semplici: la prima è che chiunque riceva una sanzione, ha il diritto di sapere perché. Faccio un esempio: se ricevo una multa per una contravvenzione al codice della strada, ho diritto di sapere quale articolo ho violato. Un divieto di sosta? Un passaggio col rosso? Nessuno accetterebbe un generico “per violazione del codice della strada”.

La seconda questione è che non si capisce perché, dopo aver chiuso Advertown, a Barbella sia stato inibito l’accesso alle altre sue pagine. E’ come se, siccome ho preso una multa, io non possa neppure più salire su un’auto.

Detto questo, ti segnalo che i signori del Cenacolo Tradizione Cattolici Mordini, che hanno promosso l’azione contro Barbella, scrivono sul loro sito: “Quali fedeli testimoni del pensiero mordiniano e dell’autentica Tradizione non possiamo che dissociarci ed condannare fermamente quelle persone che divulgano queste sacre tematiche nei social network.
Abbiamo trovato riferimenti al nostro cenacolo e al nostro sito in FACEBOOK. Diffidiamo chiunque intraprenda queste iniziative, peraltro non autorizzate, che sono opposte alla nostra natura”.

Mi pare evidente chi è che ce l’abbia con i social network. Non certo Barbella, che di Facebook è un utilizzatore. Dico questo perché Facebook scrive a uno degli amministratori di Advertown, Massimo Gaustini: “Se credi che abbiamo commesso un errore nel rimuovere questi contenuti, ti preghiamo di contattare direttamente la controparte per risolvere la questione(…).Firmato: Giulia, User Operations Facebook.

Insomma Barbella per essere “riammesso” in Facebook deve avere il beneplacido di una organizzazione che ritiene Facebook e i social network “iniziative opposte alla nostra natura.” Non ti sembra che tutta la vicenda sia un tantinello strampalata? Beh, buona giornata.

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Di Marco Ferri

Marco Ferri è copywriter, autore e saggista, si occupa di comunicazione commerciale, istituzionale e politica.

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