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La manifestazione della Fiom: da piazza San Giovanni verso lo sciopero generale, per un’Italia migliore di come la tv vorrebbe ancora rappresentarla.

La politica è una pagliacciata, ma l’Italia no. La personalizzazione della politica ha condotto diritti dentro la sua spettacolarizzazione. Così ridotta, la politica italiana va in scena ogni giorno, a grande richiesta dei palinsesti televisivi. E’ assolutamente farsesco che più i partiti sono scollati dalla realtà sociale del Paese, più si moltiplicano i talk show del cosiddetto approfondimento politico. C’è per tutti i gusti, spesso privi del buon gusto.

Ilva Diamanti scriveva giorni fa su Repubblica a proposito della tv dell’ansia, nella quale si fanno processi sommari in un salotto televisivo, si emettono sentenze in diretta, si dà la caccia ai colpevoli, comodamente seduti sulla poltrona di casa, col telecomando in mano: è successo col delitto di Cogne, fino a quello della povera Sarah. E’ sotto gli occhi di tutti, però che questo modo frettoloso e ciarliero di affrontare i problemi politici, economici e sociali, avendo come pulpito uno studio televisivo, non ha affatto portato bene al Paese.

La tele predicazione ha spostato consensi elettorali verso proposte spesso aberranti: xenofobia, sessismo, intolleranza, un ritorno dura al classismo hanno contrassegnato il dibattito politico dei nostri talk show. Col risultato, non solo di avvelenare i pozzi della coscienza collettiva, ma di fare del politicamente scorretto la misura del talento degli invitati. Colpi bassi, palesi falsificazioni, sicumera, continue provocazioni verbali sono gli ingrediente dei programmi tv.

I clown della politica italiana devono stupire, invece che convincere. Devono altercare, invece che ragionare. Devono insultare, invece che dialogare. E’ un cattivo costume indotto dalla personalizzazione fattasi spettacolarizzazione? Non solo. E’ una tecnica: ti concedo l’arena su cui sbranare l’avversario perché così tiro su l’audience. Contemporaneamente, ti concedo senza remore notorietà personale, utile per essere candidati, non solo in Parlamento, ma anche a qualche gustosa carica pubblica. Ecco allora che il confronto democratico fra schieramenti, la battaglie delle idee diventano un mero artificio spettacolare, per influire sui dati di ascolto, ma anche sui sondaggi di opinione.

E i problemi irrisolti del Paese? Quelli, come le stelle, stanno a guardare. E’ invalsa nel Paese la sensazione di un diffuso disimpegno da parte della stragrande maggioranza dei cittadini della Repubblica. Diciamo subito che questo è falso.

Dai pastori sardi, agli operai di Pomigliano, dagli studenti ai precari, dagli uomini e le donne del mondo della cultura e dello spettacolo, dai lavoratori stranieri e dei loro figli alle piccole imprese strangolate dalla crisi economica l’Italia vera c’è e si fa sentire: protesta, propone, immagina un Paese diverso da quello farsesco, che va in replica tutte le sere su tutte le tv. Il mainstream fatica a tenere fuori queste migliaia di persone impegnate nella difesa dei loro diritti. Ogni tanto le telecamere si occupano del Paese reale, e quei servizi vengono poi annegati di chiacchiere e interruzioni pubblicitarie. Forse succederà anche oggi, 16 per la manifestazione a favore della Fiom. Ciò che è importante, però, è che l’Italia migliore dei clown che vorrebbero rappresentarla c’è e si fa sentire, alla faccia dei palinsesti televisivi. (Beh, buona giornata).

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Di Marco Ferri

Marco Ferri è copywriter, autore e saggista, si occupa di comunicazione commerciale, istituzionale e politica.

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