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Gli scontri del 14 dicembre a Roma: “In troppi hanno visto black bloc che non c’erano”.

di CORRADO ZUNINO-repubblica.it

È il governo ad alzare le barricate, questa volta. E loro, quelli del movimento studentesco, questa volta eviteranno lo scontro: “Li sorprenderemo”. L’esecutivo si appresta a battezzare il Daspo per gli studenti che restano impigliati nei fermi della celere: universitari come gli ultras. E il ministro Roberto Maroni per martedì prossimo prospetta la fortificazione dell’area della “zona rossa” attorno ai palazzi della politica. Martedì, infatti, torna al Senato per la sua approvazione definitiva la riforma dell’Università: mercoledì dovrebbe essere licenziata grazie alla blindatura del governo sugli emendamenti e con i voti favorevoli dei finiani. Per due giorni e per la terza volta in poche settimane il centro storico di Roma sarà interdetto agli studenti in corteo con i blindati messi di traverso alle strade d’accesso.

“Ogni atto del governo, ogni successivo inasprimento dell’ordine pubblico, dimostrano che hanno paura della nostra protesta”, dice Francesco Brancaccio, dottorando in Scienze politiche alla Sapienza di Roma. “Una zona rossa sempre più blindata offende l’idea di una Roma città aperta, idea che dovrebbe essere di tutte le forze politiche. Il Daspo è una limitazione della libertà di manifestare e per noi è incostituzionale. Ridurre un fenomeno politico e sociale a un problema di ordine pubblico è la peggiore delle risposte possibili”. Quindi, manifesterete o no? “Siamo un movimento intelligente, che sa spiazzare. Da domani
torniamo a discutere nelle facoltà, ma è già chiaro a tutti: ci mobiliteremo e la polizia non ci troverà dove ci sta aspettando. Non cadremo nelle trappole che vogliono tenderci”. Gli ultimi due “mob” dell’anno saranno quindi a sorpresa e terranno conto del fatto che molti universitari stanno già lasciando le facoltà per i rientri natalizi.
All’Università orientale di Napoli domani ci sarà un incontro con gli studenti di Londra e Atene per sottolineare come l’allargamento in tutta Europa di moti violenti sia il segnale di “una crisi sociale a cui i governi voltano le spalle”.

Giovanni Pagano, Scienze politiche a Napoli: “Il diritto a manifestare non è paragonabile a una partita e gli studenti, dopo la giornata del 14 con tutti i suoi problemi, sono più motivati di prima. Piazza del Popolo ci ha cambiati, ma non ci ha frenato”. A Napoli sono ripartite le occupazioni delle scuole superiori e mercoledì è previsto un corteo cittadino. “C’è voglia di tornare in piazza, non c’è l’ansia. Lo faremo in modo ironico”. Alla Sapienza romana domani ci saranno riunioni nelle singole facoltà, e poi dell’intero ateneo, per preparare il martedì della protesta. Luca Cafagna, Scienze politiche: “Viviamo questi nuovi provvedimenti come una provocazione, una richiesta di scontro frontale, e non ci scontreremo. Continuare ad evocare lo spettro della violenza degli Anni Settanta è un ottimo modo per non capire che gli studenti hanno grossi problemi oggi. Noi non facciamo ideologia, il governo sì”.

L’opposizione alla “Gelmini” avrà tempi lunghi e il movimento si prepara a una fase di interdizione sostanziale nei confronti del decreto nel momento in cui diventerà legge. “È un provvedimento tecnicamente difficile, con una pletora di decreti attuativi che impegneranno nel tempo il governo e i tecnici del ministero. Noi daremo battaglia su ogni punto”. Dalla scuola secondaria arriva l’esempio delle difficoltà concrete che le riforme Gelmini stanno incontrando. I sindacati segnalano che a Torino ottanta scuole fin qui non hanno accettato la sperimentazione che dovrebbe portare alla scelta dei professori da premiare: il “no”, in questo caso, è stato dei docenti. “Il campo di battaglia è ampio”, assicurano gli universitari. Quelli del Mamiani, liceo di Roma, ieri hanno consegnato occhiali di cartone ai giornalisti, miopi nelle interpretazioni degli scontri di Piazza del Popolo: di CORRADO ZUNINO

ROMA – È il governo ad alzare le barricate, questa volta. E loro, quelli del movimento studentesco, questa volta eviteranno lo scontro: “Li sorprenderemo”. L’esecutivo si appresta a battezzare il Daspo per gli studenti che restano impigliati nei fermi della celere: universitari come gli ultras. E il ministro Roberto Maroni per martedì prossimo prospetta la fortificazione dell’area della “zona rossa” attorno ai palazzi della politica. Martedì, infatti, torna al Senato per la sua approvazione definitiva la riforma dell’Università: mercoledì dovrebbe essere licenziata grazie alla blindatura del governo sugli emendamenti e con i voti favorevoli dei finiani. Per due giorni e per la terza volta in poche settimane il centro storico di Roma sarà interdetto agli studenti in corteo con i blindati messi di traverso alle strade d’accesso.

“Ogni atto del governo, ogni successivo inasprimento dell’ordine pubblico, dimostrano che hanno paura della nostra protesta”, dice Francesco Brancaccio, dottorando in Scienze politiche alla Sapienza di Roma. “Una zona rossa sempre più blindata offende l’idea di una Roma città aperta, idea che dovrebbe essere di tutte le forze politiche. Il Daspo è una limitazione della libertà di manifestare e per noi è incostituzionale. Ridurre un fenomeno politico e sociale a un problema di ordine pubblico è la peggiore delle risposte possibili”. Quindi, manifesterete o no? “Siamo un movimento intelligente, che sa spiazzare. Da domani
torniamo a discutere nelle facoltà, ma è già chiaro a tutti: ci mobiliteremo e la polizia non ci troverà dove ci sta aspettando. Non cadremo nelle trappole che vogliono tenderci”. Gli ultimi due “mob” dell’anno saranno quindi a sorpresa e terranno conto del fatto che molti universitari stanno già lasciando le facoltà per i rientri natalizi.
All’Università orientale di Napoli domani ci sarà un incontro con gli studenti di Londra e Atene per sottolineare come l’allargamento in tutta Europa di moti violenti sia il segnale di “una crisi sociale a cui i governi voltano le spalle”.

Giovanni Pagano, Scienze politiche a Napoli: “Il diritto a manifestare non è paragonabile a una partita e gli studenti, dopo la giornata del 14 con tutti i suoi problemi, sono più motivati di prima. Piazza del Popolo ci ha cambiati, ma non ci ha frenato”. A Napoli sono ripartite le occupazioni delle scuole superiori e mercoledì è previsto un corteo cittadino. “C’è voglia di tornare in piazza, non c’è l’ansia. Lo faremo in modo ironico”. Alla Sapienza romana domani ci saranno riunioni nelle singole facoltà, e poi dell’intero ateneo, per preparare il martedì della protesta. Luca Cafagna, Scienze politiche: “Viviamo questi nuovi provvedimenti come una provocazione, una richiesta di scontro frontale, e non ci scontreremo. Continuare ad evocare lo spettro della violenza degli Anni Settanta è un ottimo modo per non capire che gli studenti hanno grossi problemi oggi. Noi non facciamo ideologia, il governo sì”.

L’opposizione alla “Gelmini” avrà tempi lunghi e il movimento si prepara a una fase di interdizione sostanziale nei confronti del decreto nel momento in cui diventerà legge. “È un provvedimento tecnicamente difficile, con una pletora di decreti attuativi che impegneranno nel tempo il governo e i tecnici del ministero. Noi daremo battaglia su ogni punto”. Dalla scuola secondaria arriva l’esempio delle difficoltà concrete che le riforme Gelmini stanno incontrando. I sindacati segnalano che a Torino ottanta scuole fin qui non hanno accettato la sperimentazione che dovrebbe portare alla scelta dei professori da premiare: il “no”, in questo caso, è stato dei docenti. “Il campo di battaglia è ampio”, assicurano gli universitari. Quelli del Mamiani, liceo di Roma, ieri hanno consegnato occhiali di cartone ai giornalisti, miopi nelle interpretazioni degli scontri di Piazza del Popolo: “In troppi hanno visto black bloc che non c’erano”.
(Beh, buona giornata).

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Di Marco Ferri

Marco Ferri è copywriter, autore e saggista, si occupa di comunicazione commerciale, istituzionale e politica.

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