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Attualità Lavoro Popoli e politiche

La crisi e il sindacato di base. Allegato 2° a “Il pacchetto anticrisi è vuoto e incartato male”.

IL TEMPO STRINGE: OCCORRE ACCELERARE IL

PROCESSO UNITARIO DEI SINDACATI DI BASE!

di Fabrizio Tomaselli, coordinatore nazionale SdL.

 

Il processo di lento avvicinamento delle posizioni delle più rappresentative organizzazioni sindacali di

base, (Cub – Confederazione Cobas – SdL intercategoriale) in atto da tempo, ha subito una positiva

accelerazione con l’Assemblea nazionale del maggio 2008 a Milano.

I delegati ed i rappresentanti dei tre sindacati che hanno promosso l’Assemblea hanno di fatto

avviato dal basso un processo di lavoro unitario che deve necessariamente portare ad un percorso

che veda progressivamente avvicinarsi le tre sigle sindacali e tenda alla costruzione di un sindacato

unitario e di massa che rappresenti una reale e concreta alternativa a Cgil, Cisl, Uil e Ugl.

Una volontà che come SdL intercategoriale abbiamo raccolto con convinzione.

Il bilancio che facciamo, a sei mesi dall’Assemblea di Milano, è solo parzialmente positivo. Se è vero

che in questi mesi si sono moltiplicati i momenti di confronto e di iniziativa comune, sia a livello

nazionale che territoriale, nei diversi comparti del mondo del lavoro, mancano strumenti di

elaborazione e di intervento comuni.

La grande partecipazione alla manifestazione nazionale di Roma del 17 ottobre dimostra che

l’attrattiva e le potenzialità che le tre organizzazioni esprimono in situazioni promosse e costruite

unitariamente è ben più ampia della sommatoria delle singole sigle e ciò rappresenta un

incoraggiante segnale verso la ricerca di luoghi e di interventi unitari sempre più stretti e

complessivi.

E’ evidente che i tempi e le modalità di tale percorso devono essere ben ponderati e che il processo

di avvicinamento deve risultare graduale: le tre organizzazioni hanno infatti storie e prassi diverse

ed anche al loro interno presentano sensibilità non sempre omogenee.

Il permanere di organizzazioni sindacali oggettivamente ancora in concorrenza tra loro, tuttavia,

riduce l’impatto della nostra azione e amplifica la consapevolezza di quanto uno strumento

realmente unitario potrebbe giovare alla causa che ci siamo prefissati.

Qualsiasi processo non è e non può essere immutabile e deve adattarsi alla situazione che lo richiede

o che lo condiziona.

Se è quindi vero che non sarà possibile dare vita a breve ad un unico soggetto, ma se è a questo

che dobbiamo tendere per dare risposte concrete alle necessità dei lavoratori, è indispensabile

considerare lo scenario che si sta delineando in questi ultimi mesi e soprattutto le tendenze di

carattere economico, politico e sociale che stanno investendo l’Italia ed il mondo intero.

La crisi economica ormai conclamata, insieme al contesto politico, sociale e sindacale degli ultimi

mesi impongono, infatti, un salto di qualità nel nostro agire.

Posizioni ed analisi che sino a pochissimo tempo fa erano considerate indiscutibili oggi mostrano la

corda. E così le contraddizioni tra capitale e lavoro, che da sempre le nostre organizzazioni sindacali

hanno individuato come elementi decisivi su cui fare leva nell’azione quotidiana, stanno tornando

drammaticamente di attualità ed è proprio il venir meno dei margini di mediazione su cui la

concertazione dei sindacati confederali aveva potuto ancora parzialmente contare che richiede con

urgenza la messa a disposizione delle lavoratrici e dei lavoratori di uno strumento alternativo

adeguato, per quantità e qualità, a raccogliere la sfida.

La crisi mondiale è soltanto al suo inizio: dopo aver investito la finanza ora sta destabilizzando anche

la cosiddetta economia reale, con conseguenze severe sulle condizioni di centinaia di milioni di

lavoratori in tutto il mondo che già vivono da decenni una realtà di estrema precarietà.

In questo panorama cambia in Italia, come in molti altri Paesi, il rapporto tra lavoratore e sindacato

e tra sindacato e azienda. Flessibilità della manodopera e salario, utilizzati come variabile dipendente

dall’aumento della produttività – dello sfruttamento si sarebbe detto in altri tempi – sono i

fondamentali su cui padroni e governo vogliono costruire un sistema di relazioni industriali/sindacali

del tutto asservito alle necessità/compatibilità aziendali.

Una prospettiva a cui Cisl, Uil e Ugl hanno già dato il loro assenso e che la Cgil, per ragioni

contingenti, oggi dichiara di voler contrastare. Un verbalismo senza progetto, la strumentalità

evidente di chi, dopo aver contribuito a smantellare pezzo dopo pezzo conquiste, tutele e strumenti

di contrattazione esigibili, oggi vede messo in discussione il ruolo del suo stesso apparato. Un

apparato che freme dalla voglia di tornare al tavolo con Governo e Confindustria perché le regole

sulla rappresentanza che la Cgil stessa ha contribuito a definire negli anni, negano fondamentali

diritti sindacali a chi non firma i contratti.

Al “sindacato dei servizi” si accompagna ora il “sindacato notaio” chiamato semplicemente a

ratificare contratti ritagliati sulle esigenze delle aziende.

Il conflitto non è compatibile con il consociativismo cui fanno appello le imprese: le esigenze di chi

lavora devono sottostare a quelle dell’impresa e del mercato. Al sindacato viene offerto al massimo

di entrare con il suo apparato nel business degli enti bilaterali e dei gestori di fondi pensione.

E’ in questo contesto che anche noi dobbiamo ripensare strumenti della rappresentanza che non

siano fini a se stessi, che non prevedano semplicemente l’estrema difesa di un indifendibile

esistente.

Lo strumento principe in mano ai lavoratori è ancora il Sindacato nella sua più nobile accezione. Ma

la conquista di condizioni di vita dignitose necessita di un sindacato in grado di costruire conflitto

reale e non proclami velleitari.

E’ indispensabile mettere da parte le alchimie “organizzative” e ragionare con estrema concretezza a

partire dal fatto che le nuove generazioni entrate nel mondo del lavoro a partire dagli anni ’80,

hanno conosciuto solo il lato arrendevole, burocratico e concertativo dei grandi apparati sindacali e

ne hanno giustamente disgusto. La mutata composizione sociale del lavoro dipendente, la

frantumazione/contrapposizione alimentata ad arte tra i vari segmenti del mondo del lavoro (stabili e

precari, nativi e migranti, operai e impiegati, pubblici e privati …) non può non costringerci a

sperimentare nuove forme organizzative e nuovi strumenti informativi che partano dal denominatore

comune che a noi piace definire come “intercategorialità”.

Per questo motivo crediamo sia indispensabile cogliere l’occasione, forse l’ultima in questo Paese per

i prossimi anni, per accelerare il processo unitario tra SdL intercategoriale, Cub e Confederazione

Cobas, a partire da un lavoro comune nei territori, per arrivare ad una nuova grande Assemblea

nazionale che coinvolga nuovi settori di lavoratori, anche al di là delle aree già organizzate nei tre

sindacati di base.

E’ necessario farlo rapidamente: è indispensabile farlo con il rigore necessario ma senza riserve

mentali, perseguendo con determinazione l’obiettivo, pena la distruzione certa di qualsiasi ipotesi di

alternativa sindacale per i prossimi anni! Proviamoci qui ed ora! (Beh, buona giornata).

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Di Marco Ferri

Marco Ferri è copywriter, autore e saggista, si occupa di comunicazione commerciale, istituzionale e politica.

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