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Attualità Guerra&Pace

Per la democrazia e per il petrolio: truppe scelte europee combattono tra le file dei ribelli a Tripoli.

di Enrico Franceschini- blog d’autore.repubblica.it

Nessuno dovrebbe meravigliarsi del fatto che forze speciali occidentali hanno partecipato e partecipano alla guerra in Libia e stanno avendo un ruolo di primo piano nella caccia a Gheddafi. Il compito delle forze speciali è per l’appunto quello di muoversi dietro le linee nemiche, prima di un conflitto o in una fase in cui l’esercito regolare non può apparirvi coinvolto, per esempio per ragioni politiche. La posta in gioco in Libia, per l’Occidente che ha deciso di appoggiare i ribelli, era e rimane altissima. Un prolungamento o inasprimento della guerra, una guerra civile senza fine, una vittoria di Gheddafi, una lotta intestina fra le fazioni che ne prenderanno il posto, sono tutti scenari da incubo per la Nato. L’obiettivo era evitare ad ogni costo una ripetizione di quanto è accaduto in Iraq, da un lato, e dall’altro non interrompere con un risultato negativo la serie di rivolte dal basso che hanno portato alla caduta di regimi autoritari nel mondo arabo, in Tunisia, in Egitto, ora in Libia, forse domani in Siria.

Fonti britanniche indicano che il Regno Unito ha svolto un ruolo di primo piano per aiutare i ribelli libici sul terreno. Le Sas, leggendaria unità di commandos dell’esercito britannico, hanno preso parte alle operazioni di guerra con i loro uomini già da alcune settimane, guidando in particolare l’operazione per conquistare Tripoli. Per l’occasione i commandos britannici vestono abiti civili, cercano di sembrare arabi e usano le stesse armi di cui sono dotati i ribelli: ma sotto quegli abiti ci sono alcuni tra i più formidabili guerrieri della terra, gente che sa usare non soltanto la forza ma anche e soprattutto il cervello, in battaglia. Accanto alle Sas sono entrate in azione le spie dell’MI6, il servizio di spionaggio britannico (quello in cui milita James Bond nella finzione letteraria e cinematografica), con i loro agenti e i loro informatori libici: si sono occupati principalmente di una cosa, scoprire dov’è Gheddafi e come prenderlo. Londra e la Nato non vogliono che il colonnello riesca a ripetere l’impresa di Saddam Hussein, rimasto nascosto per mesi in Iraq dopo la caduta di Bagdad e del suo regime. Con lo stesso scopo, il Gchq, ovvero il servizio di spionaggio elettronico del Regno Unito, ascolta le telefonate fatte con cellulari a Tripoli e le confronta con registrazioni della voce di Gheddafi, per individuare i suoi spostamenti. Tutte informazioni che vengono poi passate sul terreno alle Sas e ai comandanti ribelli. Accanto alle forze speciali britanniche, sempre secondo le indiscrezioni circolate a Londra, partecipano alle operazioni anche forze speciali di Francia, Qatar e di alcuni paesi dell’Europa orientale. L’altro sistema usato dalla Nato per appoggiare sul terreno i ribelli, senza inviare formalmente proprie truppe nel conflitto, è stato quello – ben sperimentato – di creare un fondo (con l’aiuto di altri paesi arabi e dei proventi del petrolio libico in mano ai ribelli) per assumere un certo numero di “contrattisti privati”, ex-commandos britannici e occidentali che ora lavorano per agenzie di guardie del corpo, le quali a volte agiscono come braccio ufficioso dei servizi segreti e delle forze speciali: in genere si limitano a offrire una scorta a uomini d’affari in luoghi pericolosi del mondo, ma quando è necessario mandano i propri uomini in guerra, a dare una mano ai ribelli appoggiati dal loro paese, come una sorta di corpo paramilitare. Se a ciò si aggiunge la taglia di oltre un milione di dollari sulla testa di Gheddafi, vivo o morto, sembra difficile che il colonnello possa fuggire e cavarsela. Tutto ciò può forse indignare qualcuno, ma non dovrebbe meravigliare. La guerra si combatte, e talvolta si vince, anche così.(Beh, buona giornata).

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Di Marco Ferri

Marco Ferri è copywriter, autore e saggista, si occupa di comunicazione commerciale, istituzionale e politica.

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