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Attualità

Tutto quello che potremmo augurarci per il prossimo anno potrebbe essere già superato dai fatti.

 Scrive Ennio Remondino, noto e bravo corrispondente Rai, su megachip.info:

 “Vivendo in un paese musulmano (la sede di corrispondenza Rai da Istanbul), mi capita inoltre di pensare alla prevaricazione coloniale della nostra cultura cristiano-occidentale sul resto del mondo. Noi ed il nostro “Calendario Gregoriano” per contabilizzare persino lo scorrere del tempo e della vita.

Mi sono documentato ed ho scoperto che esistono almeno altri 10 Calendari. Ad Istanbul, per esempio, dovrei augurare “Buon 1430” , dalla data dell’Egira di Maometto. A Gerusalemme ovest, con gli amici ebrei, dovrei festeggiare il 5770 deciso dalla Bibbia. A Belgrado, il Natale giuliano e liturgico arriva con la nostra Epifania.

Per il mio amico e stimatissimo collega Paolo Longo, da Pechino, buon 4646, ma a partire dal 21 gennaio. Per Raffaele Fichera, dal Sud America, varrebbe l’intraducibile calendario Maya. Buon Capodanno che vi pare a tutti voi, e che le Feste finiscano presto. Col 2009 che ci attende avremo di che sprecare ottimismo.”

In effetti, non sfugge a nessuno che quest’anno è alquanto complicato fare e ricevere gli auguri per il prossimo anno. Uno rischia di fare delle gaffe terribili.

Che razza di buon anno si potrebbe mai augurare a un lavoratore dell’Alitalia, a uno della Fiat, a uno della Telecom, a un lavoratore chimico della Sardegna, a un pubblicitario di Milano, a un ingegnere dell’ex Motorola di Torino, a un alberghiero di Venezia, a un insegnate della scuola pubblica, a uno studente universitario, a un precario della pubblica amministrazione, a un lavoratore dello spettacolo? Auguri di che? Che non venga licenziato? Che ci siano i soldi per la cassa integrazione? Che trovi un altro lavoro? Che riesca a pagare il mutuo? O a comprare i mobili per la casa? O che arrivi alla quarta settimana? O che deve sempre e comunque essere ottimista e avere fiducia?

Meglio lasciar perdere. Bisognerebbe augurarsi che le cose non peggiorino, ma che razza di auguri sarebbero? Sarebbero scongiuri, altro che auguri.

Potremmo augurarci di essere trattati da cittadini, invece che da bambini, ai quali raccontare bugie sulla crisi economica, dopo avercele raccontate sulla crisi finanziaria, sulla crisi ambientale, sulla crisi energetica. Ma anche questi non sono auguri, ma diritti e doveri: primo fra tutti, il diritto di sapere e il dovere di agire.

Potremmo augurarci che scompaiano per consunzione fascisti, razzisti, sessisti, omofobi e xenofobi. Ma quello dipende dall’esercizio singolo e collettivo dei principi democratici della nostra Repubblica: il fatto che la mamma degli imbecilli è sempre incinta, non significa abbassare la guardia. Ma anche in questo caso che razza di augurio sarebbe: di chiudere i conti col passato, invece che guardare al futuro?

Potremmo augurarci di non vedere le solite facce tristi e ascoltare le solita litania di cazzate degli uomini dell’aparatnik del governo, che imperversano nei tg e nei talk show tutti i giorni dell’anno, a cui fanno da contraltare, con la simmetrica geometria della par condicio, altrettante facce tristi e parole scadute come lo yogurt di ieri i vari portavoce dell’opposizione, gli uni e gli altri eterodiretti da conduttori  self-embedded in una sceneggiatura trita e ritrita, tanto lontana dalla realtà economica e sociale, quanto arrogante e autoreferenziale. Ma che razza di augurio sarebbe? Di non dimenticare di acquistare nuove pile del telecomando, per cambiare prontamente canale?

A questo proposito, forse un augurio si potrebbe fare: quello di diminuire le ore davanti alla tv e aumentarle davanti a un buon giornale e a un bel libro.

Meno intrattenimento, più approfondimento, ecco l’augurio che mi sentirei di fare per il 2009. In futuro niente sarà come prima. Tutto quello che potremmo augurarci per il prossimo anno potrebbe già essere rapidamente superato dai fatti. Meglio prepararsi per tempo. Beh, buona giornata.

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Di Marco Ferri

Marco Ferri è copywriter, autore e saggista, si occupa di comunicazione commerciale, istituzionale e politica.

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