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3DNews/Auditel, un metro inattendibile che affossa la qualità.

La delibera dell’Antitrust riaccende il dibattito sulle rilevazioni degli ascolti

“Per loro ci dividiamo in aspiranti aggrappati, ritirati onnivori, volubili selettivi, provinciali frivoli “

di Roberta Gisotti

Meglio tardi che mai arriva la sentenza dell’Autorità antitrust, su ricorso di Sky.
Con orgoglio ricordiamo che la verità sull’Auditel era già scritta nero su bianco nel libro “La favola dell’Auditel” (edizioni 2002 e 2005) e nel libro di Giulio Gargia “L’arbitro è il venduto” (2003), oltre che nella vasta letteratura sul tema oggi facilmente reperibile in Rete.
Una sentenza che non deve però farci abbassare la guardia se già nel 2005 la Magistratura di Milano – su ricorso di Sitcom, consorzio di quattro emittenti satellitari (Alice, Leonardo, Marco Polo, Nuvolari)- aveva condannato l’Auditel per “abuso di posizione dominante” e “turbativa di mercato”. Ma poi l’Auditel ricorse in Cassazione che annullò la sentenza, come ora annuncia di voler ricorrere al Tar contro l’Antitrust Non è quindi detta l’ultima parola. Del resto a fine 2005 l’Autorità garante per le comunicazioni aveva dato ad intendere di voler e poter riformare l’intero sistema di rilevamento degli ascolti televisivi. Ma non è stato così. Il nodo economico – trasversale agli orientamenti politici – che sottostà al patto dell’Auditel si rivelò più saldo di quanto immaginato. Del resto i controllati sono anche i controllori – come denuncia l’Autorità antitrust – in questa società privata, che pure svolge un ruolo pubblico, se il dato Auditel assume la valenza di consenso perfino politico.

Da 25 anni i rilevamenti Auditel sono funzionali ad un sistema televisivo che si continua a volere immutabile nei tempi, imprigionato nel duopolio (Rai-Mediaset), dove il polo pubblico è stato del tutto assoggettato al polo privato gestito da un unico soggetto, che arrivato al Governo del Paese ha comandato su ambedue i poli. Duopolio insidiato dal 2003 dalla Tv satellitare Sky di Rupert Murdoch, altro potentissimo e discutibilissimo monopolista, che da sempre ‘scalpita’ per qualche punto in più di share, che negli anni a fatica gli è stato concesso ma non abbastanza. Duopolio disperso oggi in uno scenario digitale del tutto trasformato che i dati d’ascolto continuano a registrare come se nulla o quasi fosse accaduto.

Da 7 canali nazionali analogici siamo passati a 37 digitali terrestri e se comprendiamo anche tutti i satellitari ci sono ben 250 canali. Eppure l’Auditel in questi tre anni di sisma televisivo non ha fatto una piega!
L’Auditel è sempre stato un sistema del tutto inaffidabile sul piano tecnico riguardo il campione, le modalità del rilevamento, l’affidamento a comportamenti a umani. Un sistema del tutto distorsivo nel modo di elaborare il dato grezzo – sconosciuto a tutti -minuto per minuto o anche 15 secondi se non si resta sintonizzati almeno 60 secondi, per cui basta restare pochi attimi davanti allo schermo per essere compresi nel pubblico di un programma che non ricordiamo di aver visto, o contribuire ad un picco d’ascolto – quanto spesso un picco di disgusto – che va a premiare proprio il peggio del peggio che non vorremmo aver visto in Tv.

Un sistema del tutto fuorviante per l’uso che se ne fa nelle redazioni televisive, sempre più anche dei Telegiornali, dove le scalette si fanno con i grafici dell’Auditel per compiacere una maggioranza di pubblico che in realtà non esiste, è virtuale, composta nei laboratori della Nielsen-Tv a Milano, ad uso e consumo di chi ci vuole tutti spettatori imboniti piuttosto che cittadini responsabili. Basti citare le categorie nei quali viene compresa nei rapporti dell’Auditel l’intera popolazione italiana: aspiranti aggrappati, ritirati onnivori, volubili selettivi, eclettici esigenti, provinciali frivoli, protettivi interessati, poi c’è il gruppo dei minori di 14 anni e quello dei non classificati, dove spero esserci anch’io. Sono semplificazioni di marketing che non vorremmo – come invece accade ogni giorno – finissero sui tavoli di chi decide i contenuti della Tv pubblica ma anche privata in base a queste idiozie per condizionare i nostri stili di vita e tendenze al consumo.
Basta con la dittatura dell’Auditel che ha mercificato gli uomini e soprattutto le donne di questo Paese.

Chiediamo pluralismo e trasparenza nella gestione del rilevamento e nella gestione dei dati di ascolto, che siano non solo quantitativi ma anche qualitativi per esprimere il gradimento ed anche le attese del pubblico. (Beh, buona giornata),

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Di Marco Ferri

Marco Ferri è copywriter, autore e saggista, si occupa di comunicazione commerciale, istituzionale e politica.

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