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Nella Russia del “mio amico Vladimir” si continua impuniti ad ammazzare giornalisti.

Russia e diritti, omissione di soccorso

di PAOLO LEPRI da corriere.it

Mentre il mondo è giustamente in ansia per le imprese di un eroe di carta—il reporter svedese Mikael Blomkvist, protagonista della Trilogia Millennium, braccato e minacciato dai poteri forti e dai servizi segreti di Stoccolma—c’è un luogo reale, la Russia, dove i giornalisti che cercano di sfidare il potere vengono uccisi in mezzo alla strada.

È accaduto ancora ieri a Mosca. È successo molte altre volte nell’era del putinismo. Sembrano essersene accorti solo i radicali italiani, qualche intellettuale controcorrente, come Bernard-Henry Lévy o André Glucksmann, e alcune organizzazioni umanitarie internazionali. Due anni fa Anna Politkovskaya, la donna che denunciava sulla Novaya Gazeta i soprusi delle autorità russe e del governo installato dal Cremlino in Cecenia, fu assassinata nell’ascensore del suo palazzo. Il killer fuggì sulle scale, come Raskolnikov dopo aver colpito a morte la vecchia usuraia. Era l’8 ottobre 2006. Putin tacque. Solo due giorni dopo la richiesta di una «indagine approfondita». Per l’opinione pubblica mondiale Anna è diventata un simbolo, per lui una persona «che non aveva influenza nella vita politica russa».

Nel novembre scorso è iniziato un processo farsa che ha coinvolto alcuni pesci piccoli. Ieri è stata la volta di Anastasia Barburova, 25 anni, considerata l’erede della Politkovskaya, uccisa mentre tentava di inseguire il killer dell’avvocato Stanislav Markelov, difensore dei ceceni finiti nella morsa rabbiosa e implacabile delle milizie filorusse. Ma delitti e trame oscure non sono che il segnale più evidente della malattia di un Paese dove quello che si può chiamare, in sintesi, il «deficit democratico» sta toccando livelli di pericolosità allarmante. Revival di volontà di potenza, aggressività economica, nostalgie autoritarie, indulgenze post-sovietiche, disprezzo per le regole delle società aperte sono le caratteristiche del regime guidato dall’ex agente del Kgb: un uomo che ha cambiato negli ultimi tempi solo il taglio dei suoi vestiti.

Il nuovo presidente americano Barack Obama è chiamato da oggi a tentare di risolvere tutti i problemi del mondo. Non sarà facile riuscirci, ma gli va subito chiesto di mettere il dossier Russia in testa alle pratiche da sbrigare con urgenza. Il successore di Bush sa che i diritti umani sono un valore universale e che i loro principi sono vincolanti anche se tradotti in cirillico. Se necessario, come ha scritto Lévy, imparando a trattare Putin non come un partner ma come un avversario. (Beh, buona giornata).

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Di Marco Ferri

Marco Ferri è copywriter, autore e saggista, si occupa di comunicazione commerciale, istituzionale e politica.

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