Categorie
Cinema Cultura

3DNews/Cinema e Filosofia, “Warrior”: se non ti muovi muori.

Warrior

Per Eraclito non c’è realtà senza movimento e polemos

di Riccardo Tavani

Famosa è la foto della portaerei americana “Enteprise” con l’intero equipaggio schierato sul ponte a comporre la formula della Relatività E=mc2. Scienza e potenza, forza e intelligenza, questo il messaggio esplicito contenuto efficacemente nell’immagine. Oggi quel binomio sembra essersi scisso, proprio mentre l’America attraversa una crisi che ne minaccia la stessa sicurezza economica interna.

Brendan Conlon è un insegnante di fisica, felicemente sposato e padre di due bambine, ma ha acceso un mutuo per pagare la casa e ora la banca lo ha messo in mutande e gliela sta sequestrando. Tom Conlon, fratello di Brendan, invece, riappare una notte dall’abisso della guerra in Iraq dove ha visto tutta la sua squadra e il suo migliore amico massacrati dal fuoco amico dell’aviazione americana. Si è trascinato dentro un potenziale di rabbia incontenibile e distruttivo.

I due fratelli non hanno più rapporti da molti anni. Tom ha seguito la madre quando ha abbandonato il padre alcolizzato e manesco in famiglia. Brendan è rimasto con il padre, perché era già innamorato di Tess che poi ha sposato. Tom e sua madre hanno fatto una vita di stenti che ha portato la donna a morire dopo pochi anni. Anche Brendan appena ha potuto ha rotto completamente con il padre e si è fatto una sua vita lontano da lui. Eppure quel vecchio ubriacone e violento di Paddy Conlon aveva fatto diventare quei due ragazzi campioni di lotta greco romana, essendo uno dei migliori allenatori nel campo.

E ora sia Tom che Brendan, per vie parallele ed entrambi per tirare su soldi tornano a combattere. Il primo per aiutare la vedova dell’amico ucciso in guerra, il secondo per non farsi togliere la casa dagli strozzini della banca. Tom riallaccia i rapporti con il padre ma limitatamente agli allenamenti, Brendan si affida al preparatore Frank Campana. Ad Atlanta è indetto il più micidiale scontro diretto tra i migliori sedici lottatori d’America con una borsa in palio di cinque milioni di dollari.

Il ring è costituito da una grande gabbia metallica ed entrambi i fratelli vi si infileranno dentro. E qui rientra in ballo la questione della forza e dell’intelligenza. Tom si fa preparare dal padre solo dal punto di vista atletico, dell’alimentazione corretta, della resistenza fisica, perché la rabbia e la potenza ce la mette tutta lui e nessuno può fermarlo. Frank, il preparatore di Brendan, ha invece una sua filosofia di allenamento in cui fa uso anche della musica classica, per far capire quale sono i diversi ritmi di un combattimento. Sulla lavagna del suo ufficio c’è scritto: “Se non ti muovi muori”. Muoversi non solo e non tanto con le braccia quanto con la testa, cogliendo i rapidi mutamenti di ritmo, di situazione nella gabbia.

Accanto alla lavagna di Frank con quella scritta c’è anche una foto giovanile di Nietzsche e questo non è certo comune in una palestra di lotta greco-romana. Eppure il filosofo tedesco, che era innanzitutto un docente di filologia greca, è stato uno dei più grandi studiosi ed estimatori di Eraclito.

In Eraclito non solo tutta la realtà è movimento, cambiamento, ma è anche “polemos”, guerra, combattimento. Nel senso più profondo potremmo intendere il movimento non tanto come spostamento nello spazio ma come rottura della uniformità. Muoversi da un abitudine e attitudine statica, uniforme di pensare, guardare, agire. Non solo la realtà è movimento ma senza movimento non si dà proprio realtà. Così la vera staticità è l’uniformità, e il polemos, il combattimento, la rottura è contro questa intesa come vero nulla. Anche la forza se caratterizzata da uniformità d’azione è niente.

Simile alla scritta sulla lavagna di Frank è una frase della coreografa Pina Baush, posta come sottotitolo al film che le ha dedicato Wim Wenders: “Danziamo, danziamo, altrimenti siamo persi”. E niente meglio della danza, del ritmo, della musica rappresenta questo moto di continua rottura dell’uniformità, la quale uccide e smarrisce la realtà. Per questo Brendan entra nella gabbia accompagnato da un poderoso canto di lode al movimento interiore della vita: “L’inno alla gioia” di Beethoven.

°Rispettando le agitazioni sindacali in atto al quotidiano TERRA, questa settimana 3D uscirà solo sul web. Saremo in rete sui siti www.3dnews.it, www.ildiariodilosolo.com, www.marco-ferri.com a partire dalle 24 di oggi.

3DNews, Settimanale di Cultura, Spettacolo e Comunicazione
Inserto allegato al quotidiano Terra. Ideato e diretto da Giulio Gargia.
In redazione: Arianna L’Abbate – Webmaster: Filippo Martorana.
(Beh, buona giornata).

Share
Categorie
Attualità democrazia Finanza - Economia Lavoro Media e tecnologia Popoli e politiche

Rejected by Terra, quotidiano ecologista (questo articolo non è uscito su 3Dnews, inserto del quotidiano Terra: è stato respinto perché “troppo generalista”).

Dopo B ci vuole un piano b.

La sera del giorno in cui Berlusconi sarà costretto alle dimissioni e il suo governo cadrà, Bruno Vespa mostrerà in tv il plastico di Palazzo Grazioli, mentre, in segno di lutto, le tv di Mediaset manderanno in onda il monoscopio, con il sottofondo delle canzoni di Apicella.

Il giorno dopo, Libero e il Giornale saranno in edicola listati a lutto. Negli uffici, nelle fabbriche, nel metrò, nei bar e nei ristoranti non si parlerà d’altro. Poi, la vita di questo Paese scorrerà normale, come dopo la pioggia di monetine che costrinse alla fuga dall’Italia il compianto Bettino Craxi.

Si dirà che Berlusconi e il berlusconismo furono la causa di tutti i mali del Paese (xenofobia, precariato, disoccupazione, disoccupazione giovanile, aumento delle imposte regionali, illegalità dei forti, repressione contro i deboli, violazioni Costituzionali, attacco alla Magistratura, attacco alla contrattazione collettiva, criminalizzazione della FIOM, distruzione del welfare, umiliazione della Cultura, licenziamento di massa degli insegnanti della Scuola, evasione fiscale, aumento parossistico della popolazione carceraria, monnezza, manganellate, caste, cosche, mafie bunga bunga, il crollo di Pompei, l’alluvione di Vicenza). Questa tesi sarà sostenuta da Scalfari, Travaglio, Floris, Santoro, Gabbanelli. Ma anche da Fini, e la Marcegaglia di Confindustria, e don Sciortino di Famiglia Cristiana.

Qualcuno proverà a dire che in realtà Berlusconi e il berlusconismo non furono la causa, ma il prodotto (marcio) della crisi profonda dell’economia italiana, della politica italiana, della cultura italiana, dei poteri forti italiani (imprese, clero, corporazioni, banche).

Che la caduta di Berlusconi favorì il cambio dello scenario politico, utile ai Fini, ai Casini, ai Di Pietro, ai Bersani, e perché no, ai Vendola, (e ancora a Marcegaglia di Confindustria e magari anche a don Sciortino di Famiglia Cristiana) per proporre una cambio della compagine di governo, ma non certamente un cambio della visione politica, né delle contraddizioni della crisi della democrazia, della crisi della produzione di merci, della crisi della produzione di idee, della crisi delle relazione tra le classi sociali, della crisi della difesa dell’ambiente, dello sviluppo delle nuove risorse ambientali, della crisi della prefigurazione di nuove e più promettenti prospettive del ruolo della nostra società nel mare magnum della globalizzazione. (vedi: “Il governo Berlusconi è in crisi. Qui non si tratta della crisi di un governo, questa è la crisi di una intera collettività: “Se poi vogliamo guardare “come stanno le cose” oggi, dobbiamo constatare che siamo caduti più degli altri durante la crisi del 2009 e stiamo ora crescendo decisamente meno della Germania, di Francia e della Gran Bretagna.”- su questo sito: https://www.marco-ferri.com/?p=4143).

E allora i nuovi governi, tecnici o politici, le nuove maggioranze parlamentari torneranno a fare i conti con le proteste dei pastori sardi, dei metalmeccanici, dei precari della scuola, dei cassaintegrati, dei cittadini incazzati per la monnezza, dei migranti, degli internati nei centri di prima accoglienza, degli studenti e dei ricercatori, dei nuovi schiavi dei quello che una volta era il lavoro salariato, e che oggi si chiama “flessibilità”; con le proteste dei precari in tutti i settori produttivi, ma anche dei piccoli imprenditori, le cui piccole aziende sanno fare grandi cose, nonostante le banche e gli enti locali (ancorché “federalisti”). (Beh, buona giornata).

Share
Follow

Get every new post delivered to your Inbox

Join other followers: