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Tv terrestri contro tv satellitari: è scoppiata la guerra dei mondi.

Te lo dò io il decoder: se l’Antitrust indaga sull’Auditel-di Giulio Gargia *

L’Antitrust ha aperto un’indagine sull’Auditel, accusato di monopolio delle rilevazioni dell’audience . Ma la notizia non è tanto questa. Si trattava di un atto quasi dovuto, visto che chi lo chiedeva era Sky, stanca di essere presa in giro dai continui rimandi del comitato tecnico di Auditel. La stessa richiesta era stata fatta – qualche anno fa – da associazioni come Megachip e Articolo 21.

Ora che anche Murdoch, per i suoi interessi, vuole una riforma del sistema, è più difficile per l’Antitrust traccheggiare, come ha fatto in questi anni. Ma la vera notizia è un’altra: che all’Auditel , con l’avvento del digitale per tutti, non sanno più che pesci prendere. Ovvero come fronteggiare l’avvento dei diversi telecomandi che in ogni famiglia servono a vedere tutte le Tv che viaggiano nell’etere. Ricordiamo che il metodo della rilevazione statistica dell’Auditel, con il panel di 5100 famiglie campione che decide i gusti degli italiani, è stato già pesantemente messo in discussione , per motivi sostanzialmente pratici, e definito come inattendibile da più parti. Ora, con l’arrivo dei decoder obbligatori, le cose si complicano ancora. Prendiamo una normale serata Tv di una famiglia- campione, una di quelle che determinano gli indici Auditel, e quindi il successo o l’insuccesso di un programma.

La signora Giuseppina guarda la Tv in cucina, su un apparecchio dove non è stato ancora sistemato il decoder , e dunque non prende, in mezza Italia, né Rete4 né Rai 2. Se c’è un programma che vuol vedere su queste reti, deve spostarsi in soggiorno, dove invece il decoder c’è, ma in quel momento è occupato da Marco, il figlio, che sta vedendo i cartoni animati con un suo compagno. La signora Giuseppina dice allora ai ragazzi di andare a vedere i loro cartoons in cucina, mentre lei si godrà Emilio Fede digitale.

Ma c’è un altro ostacolo: il meter dell’Auditel, che – come ogni volta che si cambia programma – inizia a lampeggiare chiedendo : “ Stesse persone ? “ . La signora allora cerca il comando del meter, ma non lo trova perché i ragazzi lo hanno disperso da qualche parte tra i cuscini del divano. Intanto, l’acqua inizia a bollire e la signora si ritrasferisce in cucina, mentre il meter continua a pulsare senza esito. Buttata la pasta, suonano al campanello, e arriva Giorgio, il marito, che si piazza davanti alla Tv del soggiorno. Vede il meter che lampeggia e , ben addestrato, trova il comando tra i cuscini e schiaccia il tasto “si”.

Così, il meter registra che Emilio Fede è stato visto da 2 ragazzini di 8 anni che stavano invece vedendo i loro Simpson su Italia Uno. Giorgio, nell’attesa della cena, cambia canale e passa su Minzolini. Per potersi godere uno dei suoi editoriali senza interferenze del meter, deve però ritrovare l’altro telecomando, quello del decoder, che la moglie si è portata con sé in cucina appena ha capito che le stava tracimando la pentola. Il marito, allora, va in cucina. “ Pina , è pronto ? “ chiede. “ Due minuti, comincia a chiamare Riccardo, sta in camera sua”, prende tempo la signora. Giorgio, dimenticato il telecomando, attraversa il corridoio e trova l’altro figlio che sta alla sua scrivania davanti al computer, dove sta vedendo Blob su RAI 3 , scaricando un brano degli U2, e chattando con la sua fidanzata di Barcellona.

In questo quarto d’ora tipo di una famiglia campione, non un solo spettatore Auditel è stato correttamente registrato. Una situazione già presente e molto criticata prima, ma che il digitale obbligatorio ha reso ancora più complicata. Oggi, e fino al 2012 quando sarà completata la transizione, una famiglia può avere un telecomando per il digitale terrestre, uno per il satellite Sky, uno per quello RAISET, un altro per la Tv tradizionale, e infine uno per l’IPTV, quella via computer. A questo bisogna aggiungere – per la rilevazione corretta dei dati – il meter dell’Auditel, che implica un altro apparato completo di simil-telecomando per registrarsi ogni volta che si cambia canale.

Le richieste della Tv di Murdoch chiedevano di adeguare le rilevazioni a questa situazione di estrema confusione, contando di ricavarne un vantaggio in termini di proprio audience. “Il procedimento, avviato alla luce di una denuncia presentata da Sky Italia, dovrà verificare se la società abbia assunto un atteggiamento dilatorio o ostruzionistico nei confronti delle proposte avanzate da Sky per migliorare la rappresentatività dei dati rilevati”, dice l’Antitrust in una nota.

Ma il problema non è solo quello di chi sapere chi vede e che cosa. Con il decoder, diventa anche quello di sapere chi NON vede più quello che vedeva prima. E’ notizia di una decina di giorni fa l’istituzione dei “ volontari del decoder” . Ragazzi che – pagati dalla provincia autonoma di Trento – dalla primavera scorsa di lavoro fanno proprio questo: installano decoder a domicilio, gratis, agli over 75. Una fascia di persone che con la tecnologia, anche quella semplice, non va tanto d’accordo. Pare che ne abbiano usufruito in oltre 6.000. Ma l’Italia non è il Trentino, e dobbiamo quindi immaginare cosa stia succedendo in Piemonte, Lazio , Campania e nelle altre regioni già tutte o parzialmente digitalizzate, dove gli “angeli del decoder” non arrivano. Ma l’Auditel tutto questo non lo sa, e continua a registrare i suoi presunti ascolti su cui si fanno palinsesti e programmi. Chissà se e quando l’Antitrust arriverà laddove il buon senso, l’osservazione pratica e perfino Franceschini in campagna per le primarie sono giunti da tempo: dichiarare superato questo meccanismo e voltare pagina. Farebbe un gran bene a tutti, in primis ai telespettatori. (Beh, buona giornata)

• Autore del libro “ L’arbitro è il venduto “ – Audiradio, Auditel, Hit Parades, Audiweb, Audisat
di Editori Riuniti , insegna Giornalismo Internazionale all’Università L’Orientale di Napoli

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La quarta crisi: che succede se Rai e Sky non trovano un accordo sul satellite.

TRA LA RAI E SKY NON METTERE MEDIASET di Giovanni Valentini-la Repubblica.

È una scelta strategica molto delicata e importante, per la Rai, per il mercato dell’ informazione e per tutti noi cittadini telespettatori, quella che il vertice di viale Mazzini si accinge a compiere nei suoi rapporti con Sky. Entro il prossimo luglio, la tv di Stato deve decidere se rinnovare o meno il contratto con l’ emittente satellitare di Rupert Murdoch che offre 474 milioni di euro per i prossimi sette anni, in cambio della trasmissione dei canali pubblici sulla propria piattaforma. E bene ha fatto il Consiglio di amministrazione ad accogliere la proposta del direttore generale, Mauro Masi, di avviare rapidamente una trattativa per cercare di spuntare le condizioni migliori, sulla linea indicata dal presidente Garimberti.

Un eventuale divorzio tra Rai e Sky è destinato ad avere effetti rilevanti sul sistema televisivo italiano, sulle quote di mercato – soprattutto pubblicitario – delle due emittenti, e infine sulle nostre abitudini di teleutenti. Ma fatalmente si ripercuoterebbe anche su Mediaset, la tv del presidente del Consiglio, che seguirebbe subito a ruota sulla stessa strada e ne trarrebbe verosimilmente i maggiori benefici per fronteggiare il crollo della pubblicità. Tanto che si può parafrasare nel caso specifico il motto popolare, particolarmente in voga negli ultimi tempi a proposito delle vicende coniugali di Silvio Berlusconi: tra mogliee marito, con quel che segue.

La valutazione sulla congruità del “quantum” è rimessa naturalmente alla discrezionalità e responsabilità del Cda di viale Mazzini. E tuttavia non si tratta soltanto di un valore economico. In forza del principio della “neutralità tecnologica”, infatti, al pari di tutte le altre televisioni pubbliche d’ Europa la Rai è tenuta a diffondere i suoi programmi sul maggior numero di piattaforme possibili: il nuovo sistema digitale terrestre, quello satellitare, Internet, i telefoni cellulari e quant’ altro.

Se l’ accordo con Sky non dovesse più risultare conveniente, dunque, l’ azienda di Stato dovrebbe comunque attrezzarsi per trasmettere via satellite, sostenendo altri costi e magari accoppiandosi proprio con Mediaset. Per la Rai, in realtà, il problema si pone in termini di danno emergente e lucro cessante, come si dice in linguaggio giuridico. Danno emergente, perché – in caso di fallimento della trattativa con Sky – da qui al 2016 l’ azienda pubblica perderebbe 474 milioni di euro. A cui vanno aggiunte, come già detto, le spese per un nuovo satellite. E per un’ azienda che prevede di chiudere il bilancio 2009 con un deficit di oltre cento milioni, non è evidentemente una bazzecola.

Poi, c’ è – per così dire – il lucro cessante: cioè l’ effetto negativo, sul piano degli ascolti e quindi della raccolta pubblicitaria, di una separazione dalla televisione di Murdoch. Non solo perché in molte regioni non arriva né il vecchio segnale analogico né il nuovo segnale digitale, a cominciare proprio dalla Sardegna dove è già scattato il fatidico switchoff, il passaggio o la transizione da un sistema all’ altro, per cui il satellite resta l’ unica piattaforma utilizzabile. Ma ancor più per il fatto che ormai una buona parte del pubblico, in Italia o dall’ estero, utilizza abitualmente la parabola di Sky per scegliere attraverso lo stesso telecomando i canali in chiaro della Rai, di Mediaset e della 7 oppure quelli criptati nel bouquet della tv a pagamento. È più che opportuno, allora, che il vertice della Rai compia un’ analisi approfondita dei costi e dei benefici: ci mancherebbe altro. Con un “buco” del genere, sarebbe un delitto rifiutare l’ offerta di Murdoch, sopportare i costi di un nuovo satellite e per di più rischiare di perdere audience e pubblicità. Per fortuna, c’ è ancora la Corte dei conti o magari la magistratura ordinaria a cui ricorrere.

Ma, a parte i compiti istituzionali della Rai, i suoi legittimi interessi e le sue scelte autonome, non vorremmo proprio che l’ azienda di Stato – come il marito che vuole fare un dispetto alla moglie – per indebolire Sky si privasse degli attributi o comunque si danneggiasse da sola, alla maniera di Tafazzi, il personaggio televisivo incline al masochismo. A differenza di Mediaset, la nostra tv pubblica – come ha giustamente rilevato l’ ex ministro Paolo Gentiloni – non ha un’ offerta di pay-tv. E perciò, al di là delle migliori intenzioni, un eventuale divorzio da Sky finirebbe per avvantaggiare principalmente il suo più diretto concorrente, l’ altro incumbent del vecchio duopolio analogico e del nuovo duopolio digitale. Nel libro di memorie citato all’ inizio, è l’ ex consigliere di amministrazione della Rai, Carlo Rognoni, a evocare lo spettro dell’ Alitalia. E non è affatto rassicurante per il futuro della televisione pubblica.

«È il mercato – predica ora Rognoni – che impone alla politica di fare un passo indietro e prendere atto dei suoi doveri: fissare con chiarezza la missione del servizio pubblico nell’ era della rivoluzione digitale; impedire che la Rai perda credibilità; non lasciare che una grande azienda finisca come l’ Alitalia, nel giro di qualche anno». Tutto ciò è vero oggi. Ma era vero anche nel 2005, quando il centrosinistra partecipò alla maxi-lottizzazione e insediò i suoi uomini al vertice di viale Mazzini. Ed era vero, purtroppo, anche prima. (Beh, buona giornata).

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“L’audience come misura del mondo.”

Televisione misura del mondo
di MARCO BELPOLITI da lastampa.it

Uno degli aspetti che più colpiscono nell’attuale processo d’omologazione in corso è l’idealizzazione del banale e dell’insignificante. Certo c’è stata «la casalinga di Voghera», assurta al rango d’intellettuale di riferimento dopo il patronage d’Alberto Arbasino, ma adesso tocca agli intellettuali di X Factor. Secondo Walter Siti, che ne ha scritto sulla Stampa sabato scorso, si tratta di un programma seguito da nutriti gruppi d’ascolto di cui farebbero parte scrittori e intellettuali di grido, che dibattono tra loro, non più di Marx e Nietzsche, di Adorno e Horkheimer, bensì di Morgan e Mara Maionchi.

Colpisce il fatto che le persone esposte allo sguardo ammirato di molti, se non di tutti, non siano più modelli alti, personaggi di rilievo intellettuale o morale, quanto piuttosto uomini e donne modesti, anonimi, assolutamente identici all’uomo della strada o alla donna della porta accanto. Realtà e spettacolo si avvicinano sempre più, così che il secondo ha inglobato la prima. Del resto, lo spettacolo non assolve più alla sua naturale funzione di rappresentare, drammatizzare, far riflettere, appassionare, svolgendo il ruolo catartico per cui era nato, ma s’identifica sempre più con la realtà stessa, così che non esiste più alcuna differenza tra le due cose: tutto è spettacolo, anche la vita, soprattutto quella intima.

Gli psicoanalisti, interessati a quello che accade fuori dalle loro stanze, da tempo ci stanno indicando un aspetto della trasformazione in corso, di cui il voyeurismo e l’esibizionismo televisivo, tipico dei nuovi programmi, ne è la spia più diffusa: una progressiva carenza di identità prima ancora che di valori. Anna Maria Pandolfi, in un preveggente studio di qualche anno fa, postulava per la società attuale un assetto narcisistico estremamente fragile e povero, per il quale «essere visti e conosciuti o solo guardati, quale che sia il prezzo che per ciò si paga, sembra essere l’unico rimedio a un pericoloso vissuto di non valore o addirittura di non esistenza».

L’audience come misura del mondo. La televisione, meglio la neotelevisione berlusconiana – modello straordinario di un ordinario «pensiero unico» -, ha realizzato proprio questo, secondo una tendenza omologante e appiattente a cui anche gli intellettuali raffinati – o presunti tali – si sono equiparati e genuflessi: tutti osservano la stessa cosa. Chi dice, o mostra, cose diverse, chi esce dal coro, con provocazioni oppure con un persistente silenzio, viene immediatamente eliminato. Non è più solo un’invenzione da intellettuali francesi, bensì un dato inconfutabile: la realtà mediatica ha sostituito nella testa di menti illuminate e di scrittori, che si vorrebbero trasgressivi, la realtà fattuale.

Jean Baudrillard, ci ricorda Anna Maria Pandolfi, in alcune pagine illuminanti e terribili, peraltro inascoltate, ci aveva avvisato diversi anni fa: quando tutto è esposto alla vista, non c’è più nulla da vedere. Il nulla sotto forma di rumore di fondo, schiamazzo, pseudo-discussione, è diventato la forma stessa della società italiana dell’inizio del XXI secolo attraverso il suo strumento mediatico più efficace: la televisione. Qualche giorno fa un’importante personalità istituzionale ha sostenuto con una boutade che non era il caso d’insistere sulle responsabilità nei crolli delle case, degli ospedali, degli edifici pubblici dell’Aquila.

Il senso di colpa o la vergogna, sottintendeva l’intervento autorevole dell’uomo politico, non hanno più alcun senso perché rivolti verso il passato. Il futuro è quello che conta. Ma quale futuro? Chi è capace di reggere la presenza del proprio o altrui errore, di ammetterlo o combatterlo, possiede, ricorda la psicoanalista Pandolfi, un Sé sufficientemente saldo e un’identità abbastanza definita per poter entrare nell’area della conflittualità, tollerare la colpa e sopportare la depressione che ne consegue.

Al contrario, chi rigetta tutto questo, dimostra il bisogno «di essere visto e parlato, per garantirsi della sua propria esistenza e negare il vuoto e la futilità del suo mondo interno e, ora, anche di quello esterno, tra i quali peraltro la distinzione non è più così netta». C’è solo da augurarsi che intellettuali intelligenti e acuti, scrittori bravi e di successo, si risveglino dal sonno della ragione che, non partorisce solo mostri, come ci avvisava Goya, ma anche e soprattutto il vuoto di una pseudo-vita omologante e banale. (Beh, buona giornata).

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Sky vs Mediaset: se son gossip fioriranno.

da dagospia.com

CHE AFFARE! – 15 MILIONI € IN TASCA A FIORELLO E SKY RICEVE LE SUE PERFOMANCE ’CHIAVI IN MANO’ TUTTO COMPRESO – SKY NON RISCHIA COL ’RISCHIATUTTO’ DI MIKE (SARà PRESENTE SUL PALCO I PRIMI DUE GIORNI DI RECITE ROMANE) – E IL GIOVEDì TV VA IN TILT…

Fiorello1 – 15 MILIONI DI EURO TUTTO COMPRESO A FIORELLO E SKY RICEVE LE SUE PERFOMANCE DA MANDARE IN ONDA – SKY NON RISCHIA COL ‘RISCHIATUTTO’ DI MIKE (SARà PRESENTE SUL PALCO I PRIMI DUE GIORNI DI RECITE ROMANE)
L’indiscrezione di Carlito Rossella, presidente della Medusa berluscona, di un compenso Sky di 15 milioni di euro nelle tasche di Fiorello è vero, verissimo. Si tratta infatti di un ‘chiavi in mano’: per quella sommetta il comico siculo consegna la perfomance a Sky che deve solo mandarla in onda. Un’abile mossa d’affari: perché le recite di Fiorello sono pagate dal pubblico e quindi dei 15 milioni gran parte entreranno nei conti correnti delle sue società. Per ciò che concerne Bongiorno, l’indiscrezione del Corriere della Sera di una rinascita del “Rischiatutto” sulla piattaforma di Murdoch è smentita da Sky. C’è stato un solo abboccamento con la responsabile dei programmi: Mike ha finora trattato con Sky sempre attraverso Fiorello.

2 – TUTTI CONTRO FIORELLO, E IL GIOVEDì TV VA IN TILT…
Marco Molendini per “Il Messaggero”

Fiorello si scalda e Canale 5 prepara i bastoni da mettergli fra le ruote. Spiegazione: Rosario da stasera va in scena a piazzale Clodio. Un riscaldamento con il pubblico pagante (i biglietti sono abbondantemente volati) in vista del debutto ufficiale del primo.

Quanto all’esordio televisivo resta fissato per giovedì 2 alle 21,15 (sembra escluso che ci possa essere Mike Bongiorno come ospite) su Sky Uno con quattro appuntamenti settimanali (giovedì, venerdì, sabato e domenica con un meglio di…), due repliche al giorno sulla stessa rete e una finestra aperta su Sky Tg24.

Quanto all’ammiraglia Mediaset sta affilando i coltelli e così, per rovinare la festa di Sky, ha già varato un raddoppio del Grande fratello che andrà in onda la prossima settimana non solo al lunedì ma anche al giovedì con l’aggiunta di Mai dire Grande fratello della Gialappa’s che dopo aver sbancato su Italia 1 passa alla rete maggiore.

Dunque il varo televisivo di Fiorello (ha raccontato che la puntata dovrebbe durare circa 25 minuti ma con tendenza a dilagare) rende la serata televisiva del giovedì particolarmente densa visto che ci sono anche la fiction Butta la luna su Raiuno e Anno zero su Raidue. Una concentrazione paradossale tenendo conto della segmentazione che caratterizza gli ascolti dei canali satellitari.

Per quanto Fiorello possa andare bene, la sua platea sarà irrisoria rispetto ai milioni di spettatori del Gf. Ricordiamo che quando andava in onda su Raisat extra il record è stato di 280 mila spettatori (che resta il massimo ascolto di quella rete satellitare). Improbabile che Rosario possa fare subito di più (chissà, poi, con l’abitudine).
Insomma, si spara con il bazooka contro uno sciame di mosche, ma si sa che quando le mosche sono tante possono diventare fastidiose. E il clima polemico è indubitabile, come ha ribadito Piersilvio («Sky è un concorrente temibile»), come ha punzecchiato Carlo Rossella in tv (che l’altra sera ha parlato di un compenso di 15 milioni di euro per il buon Fiorello).

La verità è che quello che preoccupa è il progetto, un’alternativa di peso e di qualità alla programmazione dell’intrattenimento visto che Sky Uno punta a mettere in pista oltre a Fiorello (che avrà modo di convocare sul suo palco a piazzale Clodio un bel po’ di illustri ospiti), Panariello, la Cuccarini e chissà che un giorno non possa arrivare anche Celentano rendendo Sky1 una sorta di contraltare generalista satellitare. Per ora comunque il canale continuerà a dare peso alla sua programmazione sfruttando anche le finestre del Gf 9 made in Mediaset.

3 – TV: MIKE BONGIORNO MUOVE I PRIMI PASSI A SKY, REGISTRA UN PROMO PER LA NASCITA DEL NUOVO CANALE…
(Adnkronos) – ‘Come peraltro annunciato gia’ la scorsa settimana, Mike Bongiorno sara’ tra i protagonisti della partenza di Sky Uno, secondo il suo stile inconfondibile’. E’ quanto affermano a Sky riguardo al ‘caso Mike’. Ieri Bongiorno e’ stato negli studi a Santa Giulia non per discutere di un contratto, bensi’ per registrare un promo (intervento) sulla nascita del canale. E’ stata anche una prima occasione per parlare di possibili progetti futuri da realizzare assieme, secondo lo stile innovativo che caratterizza i programmi di Sky e caratterizzera’ quelli di Sky Uno. ‘Sky -si afferma negli ambienti della tv satellitare- sarebbe ovviamente ben lieta di collaborare con un protagonista assoluto della tv quale e’ Mike”. (Beh, buona giornata).

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Sky contro Auditel. Tom Mockridge ha letto “L’arbitro è il venduto”?

E’ successo giorni fa, durante la seconda giornata del convegno romano sulla pubblicità, intitolato ”Tutto cambia. Cambiamo tutto?”. Se ai più il primo giorno è risultato alquanto noioso, a movimentare le schiene sulle poltrone dell’ Auditorium ci ha pensato l’amministratore delegato di Sky Italia, Tom Mockridge, che ha attaccato frontalmente l’assetto proprietario di Auditel.

«Non è possibile avere una performance dei programmi televisivi – ha detto l’ad di Sky – finché la società di rilevazione è controllata al 60% da Rai e Mediaset, che ne controllano le decisioni attraverso il Cda: è un assetto, quello di Auditel, che riflette il mercato com’era 15 anni fa. Le emittenti tv, tutte, dovrebbero scendere sotto al 50% del capitale, lasciando la maggioranza ad altri soggetti. Nel Cda potrebbero entrare consiglieri indipendenti, come avviene in altri grandi mercati».

La guerriglia tra Sky e Mediaset è stata scatenata dall’introduzione dell’Iva sugli abbonamenti della tv satellitare, decisa settimane fa dal governo Berlusconi. Le ostilità si sono via via intensificate fino alla costruzione di una nuova piattaforma, nata da una società con Mediaset, Rai e Telecom, che permetterà di non trasmettere più sul satellitare Sky i programmi in chiaro del canale commerciale e di quello pubblico. Lo scopo sembrerebbe sgonfiare la quota di mercato che Sky ha conquistato negli ultimi anni, arrivando a lambire il 10%. Sky ha reagito arruolando star della tv generalista, come la Cuccarini e addirittura Fiorello, il quale, invitato a Palazzo Grazioli si è sentito chiedere da Berlusconi: “Perché vai a lavorare col nemico?”

Gli ultimi dati ufficiali danno una calo di raccolta pubblicitaria da parte di tutte le reti televisive. Tranne che di Publitalia, la concessionaria di Mediaset. Di qui, l’attacco all’Auditel da parte di Sky: Auditel fornisce i dati ufficiali di ascolto che servono a fare il prezzo degli spazi pubblicitari sulla tv. E Sky si sente penalizzata e quindi attacca a testa bassa, alzando il livello dello scontro con le tv di Berlusconi.

E’ singolare che Tom Mockridge, l’ad di Sky, nell’attaccare Auditel usi gli stessi argomenti di un libro intitolato
“L’arbitro è il venduto” di Giulio Gargia (Editori Riuniti, 2005). All’epoca il libro scatenò le ire dei manager di Auditel, e il plauso degli addetti alla televisione e alla comunicazione, nonché di associazioni di intellettual e operatori dell’informazione democratica, tra cui Megachip di Giulietto Chiesa e Articolo 21 di Giuseppe Giulietti.

Oggi “L’arbitro è il venduto” di Gargia sembra essere diventato un cavallo di battaglia nella guerra di ascolti tra Sky e Mediaset. Potenza della concorrenza. Beh, buona giornata.

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