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Si pensa già a un futuro senza Berlusconi?

“Gli alleati di Berlusconi pensano a un futuro senza di lui” di ENRICO FRANCESCHINI-Repubblica.

“Non siamo ancora al fuggi fuggi, ma importanti alleati di Silvio Berlusconi nella coalizione di governo stanno già contemplando un futuro senza di lui”. E’ uno scoop che in Italia varrebbe la prima pagina, quello che il Financial Times pubblica stamane, dedicando una pagina intera (la nona) al tema “il futuro di Berlusconi”. Parlando con “alte fonti governative” a Roma, il quotidiano finanziario londinese raccoglie un messaggio che a quanto pare qualcuno, dall’interno del centro destra, ha deciso sia tempo di far diventare pubblico, scegliendo come megafono il giornale universalmente riconosciuto come il più autorevole e imparziale d’Europa.

“Sussurri spaventano la coalizione italiana”, s’intitola la news analysis di Guy Dinmore. “Fedeli sostenitori di Silvio Berlusconi negano che si sarà un “fuggi fuggi” (in italiano nel testo originale) come conseguenza degli scandali che circondano la sua vita privata, ma importanti alleati nella coalizione di centro destra italiana stanno già contemplando un futuro politico senza il loro leader”. Parlando con il Ft a condizione di mantenere l’anonimato, queste “alte fonti di governo” premettono di non credere che il 72enne presidente del Consiglio si dimetterà “presto”. Eppure “ministri chiave” stanno iniziando a “posizionarsi” per l’eventualità che rivelazioni più dannose lo inducano a dimettersi. “Questo è uno scenario completamente nuovo, il panorama sta mutando”, dice al quotidiano della City una delle fonti governative.

Un’altra fonte, definita “un collaboratore” di Berlusconi, dice che il governo teme che i magistrati annunceranno l’apertura di un’indagine giudiziaria formale nei confronti del premier proprio mentre egli ospiterà in Italia i leader mondiali per il summit del G8 del mese prossimo. “Paralleli vengono tracciati”, osserva il FT, con il 1994, quando un tribunale inoltrò una comunicazione giudiziaria per corruzione a Berlusconi mentre il premier, all’epoca nel suo primo mandato, ospitava una conferenza internazionale sulla lotta alla criminalità: “il suo governo”, ricorda il giornale, “cadde un mese più tardi, quando la Lega Nord uscì dalla coalizione”.

L’articolo aggiunge che vari ministri hanno paura che le affermazioni di Patrizia D’Addario, la escort che afferma di essere andato a letto con Berlusconi a Palazzo Grazioli la notte dell’elezione di Obama, quando dice di avere foto e registrazioni del suo incontro con il premier, “si rivelino vere e dannose”, o che le accuse che riguardano Giampolo Tarantini, l’imprenditore pugliese che accompagnò la D’Addario da Berlusconi, “si allarghino”.

La “dinamica è cambiata”, dicono le stesse fonti al FT. Primo, “c’è la sensazione che l’ambizione di Berlusconi di diventare presidente della repubblica al termine del suo mandato da primo ministro sia stata infranta”. Secondo, “le elezioni europee hano dimostrato che gli elettori si stanno allontanando” dal Pdl. Infine, “l’immagine internazionale dell’Italia è peggiorata” e la Chiesa cattolica sta cominciando a “fare pressioni”. Nonostante la sua reputazione di anfitrione miliardario che vizia gli amici con doni e fantastiche feste, gli alleati di Berlusconi “lo descrivono come un uomo isolato, con nessuno che si azzarda a dargli consigli”. Il quotidiano londinese coglie una certa “malinconia” nell’intervista rilasciata dal premier al settimanale di sua proprietà “Chi”, quando ricorda che nell’ultimo anno ha perso la madre e la sorella, oltre a sua moglie per il divorzio.

L’articolo si conclude con una suddivisione degli schieramenti all’interno del governo. I ministri la cui sopravvivenza politica dipende da Berlusconi sono i più accesi nel difenderlo: come Maurizio Sacconi (Lavoro), Claudio Scajola (Sviluppo Economico), Franco Frattini (Esteri). Le donne, incluse Maria Carfagna (Pari Opportunità) e Stefania Prestigiacomo (Ambiente), gli sono fedeli, ma nelle “attuali circostanze”, ovvero nel mezzo di uno scandalo a base di call-girls e incontri con minorenni, “sono a disagio a parlare” in sua difesa. “Poi ci sono figure chiave che sono rimaste per lo più in silenzio, vedendo un futuro oltre Berlusconi, con la speranza che una successione sia ordinata”. Gianni Letta, scrive il FT, sta già facendo di fatto le funzioni di primo ministro. Giulio Tremonti, il ministro delle Finanze, ha il vantaggio di stretti legami con la Lega Nord.

Ma le fonti interpellate dal quotidiano della City notano un serio ostacolo alle dimissioni del premier, a parte la sua ostinazione personale: l’immunità dalle incirminazioni, varata dalla sua larga maggioranza in parlamento, “dura solo fino a quando lui rimane in carica”.

Un secondo articolo, sempre sul Financial Times, firmato da James Blitz, ex-corrispondente da Roma e ora corrispondente diplomatico, osserva che la questione critica per i governi occidentali non è tanto che Berlusconi si stia “gravemente danneggiando” a causa dei suoi legami con “modelle e starlette”, non è quello che egli fa nella sua vita privata, ma se può aiutarli a risolvere i pressanti problemi con cui si confrontano gli Usa e l’Unione Europea. Per Barack Obama, Berlusconi è un leader con cui “è necessario mettersi d’accordo”, e il FT cita l’impegno militare italiano in Afghanistan e la recente decisione del premier di accettare nel nostro paese alcuni detenuti di Guantanamo a testimonianza dell’importanza che l’Italia ha per Washington. “Ma Obama è chiaramente meno preso da Berlusconi di quanto fosse George W. Bush”, prosegue l’articolo, rilevando come il presidente americano abbia incontrato vari leader nel suo tour europeo in aprile, ma non il premier italiano.

La minore influenza di Berlusconi sull’America “non è interamente colpa sua”, afferma una fonte diplomatica consultata da Blitz: oggi in Francia e in Germania ci sono governi più pro-americani rispetto a due anni fa, e dunque gli Usa hanno meno bisogno del sostegno italiano. In più, ci sono azioni intraprese da Berlusconi che lo hanno reso “un alleato difficile”. Una è la sua decisione di firmare un accordo con la Russia per portare il gas in Europa, in competizione con un gasdotto occidentale che passerà dal’Asia Centrale. “Il sostegno di Berlusconi per Putin su questo causa molta rabbia a Washington e Bruxelles” dice un diplomatico della Ue. Altri aspetti dello stile di Berlusconi che irritano gli Usa e la Ue sono “la sua ossessione di poter essere un mediatore tra Obama e il suo amico Putin” e il tentativo di stabilire un dialogo autonomo con l’Iran. Non ultima, la sua decisione di tenere il summit del G8 all’Aquila “sta provocando nervosismo” nelle capitali mondiali. Riassume il Ft nel titolo: pur alleato indispensabile, Berlusconi “sta mettendo alla prova la pazienza di Usa e Ue”.

Un altro articolo di rilievo appare oggi sulla stampa britannica: una news analysis di Richard Owen, il corrispondente da Roma, sul Times, che commenta il “grande vantaggio” di cui Berlusconi dispone come proprietario e controllore politico dei media, in particolare televisivi. “Se Berlusconi dovesse dimettersi domani”, comincia l’articolo, “la grande maggioranza degli italiani che ricevono le informazioni solo dalla tivù ne saprebbero poco o nulla”. Owen riporta il fatto, di cui l’opinione pubblica britannica e mondiale non sono perfettamente a conoscenza, che Berlusconi possiede i tre canali televisivi di Mediaset e controlla la maggior parte dell’informazione televisiva della Rai in quanto capo della coalizione di governo.

L’analisi del Times nota che il Tg1, “il principale telegiornale Rai”, ha ignorato o dato un basso profilo alle notizie sullo scandalo che riguarda il premier, e riferisce le critiche espresse dal presidente della Rai, Paolo Garimberti, ad Augusto Minzolini, direttore del Tg1, “per avere mancato di dare ai telespettatori l’informazione completa e trasparente che è richiesta al servizio pubblico”.

Tra gli articoli sul caso Berlusconi pubblicati da altri giornali britannici, spicca poi la vignetta del Sun: un parcheggio pieno di limousine per il summit del G8, ciascuna con una bandierina della nazione che rappresenta sul cofano; quella italiana è letteralmente ricoperta di giovani ragazze maggiorate e seminude, che lavano la macchina brindando con calici di champagne. (Beh, buona giornata).

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“È soltanto malinconico il tentativo del presidente del Consiglio e degli obbedienti corifei di liquidare questo affare come “spazzatura”, come violazione della privacy presidenziale.”

L’utilizzatore finale di GIUSEPPE D’AVANZO-la Repubblica.

UNA vita disordinata spinge sempre di più e sempre più in basso la leadership di Silvio Berlusconi. In un tunnel da cui il premier non riesce a venir fuori con decoro. Nel caleidoscopio delle verità rovesciate le ugole obbedienti accennano al consueto e oggi inefficace gioco mimetico. Creano “in vitro” un nuovo “caso” nella speranza che possa oscurare la realtà. S’inventano così artificialmente un “affare D’Alema” per alzare il polverone che confonda la vista. Complice il telegiornale più visto della Rai che, con la nuova direzione di un dipendente di Berlusconi, ha sostituito alle pulsioni gregarie di sempre una funzione più schiettamente servile.

Dicono i corifei e il Tg1: è stato lui, D’Alema, a parlare di possibili “scosse” in arrivo per il governo, come sapeva dell’inchiesta di Bari? Il ragionamento di D’Alema era con tutta evidenza soltanto politico. Chiunque peraltro avrebbe potuto cogliere lo stato di incertezza e vulnerabilità in cui è precipitata la leadership di Berlusconi che vede diminuire la fiducia che lo circonda a petto del maggiore consenso che raccoglie non lui personalmente – come ci ha abituato da quindici anni a questa parte – ma l’offerta politica della destra.

Legittimo attendersi che quel nuovo equilibrio – inatteso fino a sette settimane fa, fino alla sua visita a Casoria – avrebbe prodotto ai vertici di quel campo un disordine, quindi un riassestamento. In una formula, sussulti, tensioni, una nuova stabilità che avrebbe ridimensionato il gusto del plebiscito, un cesarismo amorfo che, come è stato scritto qui, ha creduto di sostituire “lo Stato con un uomo, il governo con il comando, la politica con il potere assoluto e carismatico”.

Era questa idea di politica, questa fenomenologia del potere che, suggeriva D’Alema, riceverà presto delle “scosse” e gli esiti potrebbero essere drammatici.

Vediamo come questa storia trasmuta nella propaganda che manipola e distrae, ora che salta fuori come a Palazzo Grazioli, dove garrisce al vento il tricolore degli edifici di Stato, siano invitate per le cene e le feste di Berlusconi donne a pagamento, prostitute. Le maschere salmodiano la solita litania: l’opposizione, e il suo leader, più le immarcescibili toghe rosse di Magistratura democratica aggrediscono ancora il presidente del Consiglio. Ma è così?

I fatti fluttuano soltanto se la memoria deperisce. Se si ha a mente che è stato il ministro Raffaele Fitto, per primo, a suggerire che Berlusconi poteva essere coinvolto a Bari in un’inchiesta giudiziaria, si può concludere che non D’Alema, ma il governo sapeva del pericolo che incombeva sul premier e oggi lo rovescia in arma contro l’opposizione e, quel che conta di più, in nebbia per abbuiare quel che tutti hanno dinanzi agli occhi: Berlusconi è pericolosamente – per il Paese, per il governo, per le istituzioni, per i nostri alleati – vulnerabile. Le sue abitudini di vita e ossessioni personali (qual è il suo stato di salute?) lo espongono a pressioni e tensioni. A ricatti che il capo del governo è ormai palesemente incapace di prevedere e controllare, come ha fatto sempre in passato immaginando per se stesso un’eterna impunità.

È soltanto malinconico il tentativo del presidente del Consiglio e degli obbedienti corifei di liquidare questo affare come “spazzatura”, come violazione della privacy presidenziale. Se il presidente riceve prostitute nelle sue residenze private diventate sedi del governo (è così per Villa Certosa e Palazzo Grazioli), la faccenda è pubblica, il “caso” è politico. Non lo si può più nascondere sotto il tappeto come fosse trascurabile polvere fino a quando ci sarà un giornalismo in grado di informare con decenza il Paese. Di raccontare che la vulnerabilità di Berlusconi è ormai una questione che interpella la credibilità delle istituzioni e minaccia la sicurezza nazionale.

Quante sono le ragazze che possono umiliare pubblicamente il capo del governo? Dove finiscono o dove possono finire le informazioni – e magari le registrazioni e le immagini – in loro possesso?

Da sette settimane (e a tre dal G8) non accade altro che un lento e progressivo disvelamento della vita disordinata del premier e della sua fragilità privata che si fa debolezza e indegnità della sfera pubblica. La festa di Casoria; le rivelazioni degli incontri con Noemi allora minorenne che lo costringono a mentire in tv; i book fotografici che gli vengono consegnati per scegliere i “volti angelici”; la cerchia di prosseneti che gli riempie palazzi e ville di donne a pagamento; migliaia di foto che lo ritraggono, solo, circondato da decine di ragazze di volta in volta diverse; i ricordi imbarazzati e imbarazzanti di capi di Stato che gli hanno fatto visita.

E ora, svelata dal Corriere della Sera, anche la confessione di una donna che è stata pagata per una cena e per una notte con in più la promessa di una candidatura alle Europee e poi in consiglio comunale. La storia può essere liquidata, come fa l’avvocato Ghedini, dicendo Berlusconi comunque non colpevole e in ogni caso soltanto “utilizzatore finale” come se una donna fosse sempre e soltanto un corpo e mai una persona?

Che cosa deve ancora accadere perché la politica, a cominciare da chi ha sempre sostenuto la leadership di Berlusconi, prenda atto che il capo del governo è vittima soltanto di se stesso? Che il suo silenzio non potrà durare in eterno? Che presto il capo del governo, trasformatosi in una sola notte da cigno in anatra zoppa, non è più la soluzione della crisi italiana, ma un problema in più per il Paese. Forse, il dilemma più grave e più drammatico se non si riuscirà a evitare che la crisi personale di una leadership divenga la tragedia di una nazione. (Beh, buona giornata).

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