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Attualità Società e costume Sport

La calcificazione della politica italiana.

Lo sanno tutti quanto in Italia sia forte l’intreccio tra calcio e politica.
Tanto che negli stadi si fa politica e la politica usa spesso toni da
stadio. Fu la politica a designare Lippi, uomo dell’establishment che portò
al macello la Nazionale in Sud Africa. Fu sempre la politica a salvare i
vertici del calcio italiano: come se nulla fosse successo, ognuno è rimasto
al suo posto, dopo l’ignominiosa debacle africana. Fu il calcio a vaticinare
l’ingresso in politica, o meglio “la discesa in campo” del presidente del
Milan, che poi divenne il presidente del Consiglio. Fu il calcio ad
ammalarsi di politica, come abbiamo visto nelle vicende di Calciopoli.

Dunque, se il calcio si è politicizzato e la politica si è calcificata (in
tutti i sensi), forse è proprio da questo binomio che può venire la
soluzione alla crisi del governo, che è poi la crisi del berlusconismo,
visto che l’attuale squadra di governo è ormai bollita, dunque
irrimediabilmente perdente.

Governo tecnico? Allargamento della maggioranza
conl’Udc? Un neo CLN da Fini a Vendola, passando per Rutelli, Casini, Luca
di Montezemolo? Tremonti, gioca all’attacco o in difesa? Berlusconi vuole
comprare Casini? Basterebbe leggere i titoli dei giornali di queste
settimane, per avere la netta sensazione della calcificazione (in tutti i
sensi) della politica italiana.

Cionondimeno, una soluzione ci sarebbe: è
sotto gli occhi di tutti. C’ è una squadra di calcio in Italia che è stata
capace di vincere tutto, sia sul piano nazionale che su quello europeo.
Proprio quello che servirebbe alla politica italiana, per vincere le
drammatiche difficoltà, in questi frangenti molto critici per l’economia,
per il vivere sociale, per il lavoro, per lo sviluppo. Questa squadra di
calcio ha introdotto un’innovazione che sarebbe molto salutare fosse copiata
pari pari dalla politica italiana. Parliamo dell’Inter di Moratti, nelle cui
fila militano solo giocatori stranieri, allenatore compreso. Ecco allora
l’idea che spariglierebbe le carte (un po’ sporche) della politica
italiana: un governo di soli ministri stranieri, capo del governo compreso.

Una ideale squadra di governo? Presto detto: Nelson Mandela (presidente del
Consiglio); Bono degli U2 (vice presidente); Dave Letterman (portavoce);
Sub Comandante Marcos (Difesa); Baltazar Garzòn (Giustizia); Mark Harmon,
alias Leroy Jethro Gibbs dell’NCIS (Interni); Al Gore (Ambiente); Joska
Fischer (Esteri); dott Hause (Sanità); Woody Allen (Cultura); Dalai Lama (Istruzione); Rigoberta
Manchu (Agricoltura); Aung San Suu Kyi (Pari Opportunità); Steve Jobs
(Sviluppo economico); Kofi Annan (Welfare); Íngrid Betancourt (Attività forestali);Michael Schumacher (Trasporti); Bernard Madoff (Economia);
Mike Tyson (Attuazione del Programma); Dan Brown (rapporti con la Santa
Sede).

La nostra Costituzione dice a chiare lettere che spetta al Capo dello
Stato, il presidente Napolitano, la scelta di chi incaricare per la
formazione di un nuovo governo. Noi rispettiamo la Costituzione e il ruolo
del Presidente della Repubblica.

Ci permettiamo solo di suggerire di lasciar
fuori ministri di nazionalità russa e libica. Niente di personale con i
cittadini di quei paesi, semmai con i rispettivi governanti. Infatti, viste
certe poco chiare frequentazioni, non vorremmo che alla fine Berlusconi
uscisse dalla porta, per poi rientrare negli spogliatoi, e magari tornare in
campo, con un colbacco o un turbante. Beh, buona giornata.

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democrazia

Da Kossiga a Berluskoni, l’Italia è in mezzo al guado (o al guano?).

Addio al Picconatore, al secolo Francesco Cossiga da Sassari, un mediocre funzionario della fu DC, promosso ai ranghi più alti dello Stato, non per meriti, ma per il fatto che non c’era nessuno in quel momento disponibile ai quei ruoli, l’Italia essendo al di qua della Cortina di Ferro. La cosa deve avergli talmente urtato i nervi da renderlo ciclotimico, verboso, narciso: insomma insopportabile.

E’ stato detto che fu uomo di Stato: sì, dello status quo che si voleva imporre all’Italia, all’epoca della Prima Repubblica. La qualcosa non gli ha impedito, allora ministro degli Interni di permettere e poi giustificare l’uso della forza contro gli studenti nel ’77: Francesco Lorusso, 25 anni di Bologna e Giorgiana Masi, 19 anni di Roma furono sparati a morte durante il suo dicastero. La qualcosa non gli ha impedito di far finta di non vedere la P2 annidarsi fra i ranghi alti delle Forze dell’Ordine durante il rapimento Moro. La qualcosa non gli ha impedito neppure di vanagloriarsi dell’ esistenza di Gladio, quella organizzazione paramilitare, nome in codice“staying behind” nata, con il consenso degli Usa, per impedire l’eventualità di una vittoria elettorale del Pci.

Il suo quasi settennale al Quirinale fu caratterizzato dall’attività di “picconatore”: il capo dello Stato si toglieva “sassolini” dalle scarpe criticando aspramente lo Stato, la magistratura, il sistema politico. Fu chiesto l’impeachement. Tutto finì a tarallucci e vino. Se Andreotti fu definito Belzebù (da Indro Montanelli), a buon titolo Cossiga può essere considerato Caronte, quello che traghetta le anime morte verso l’Ade, attraversando l’Acheronte verso la sponda della Seconda Repubblica.

Il suo modo di fare, di parlare e di agire, aldilà o oltre le regole scritte e non scritte della nostra democrazia parlamentare sono state e sono il traghetto tra la prima e la seconda Repubblica. Berlusconi che le “non regole” le ha imparate a memoria (prima nel business con l’appoggio della politica e poi in politica per sostenere meglio i suoi business) è il passeggero più famoso di questo traghetto.

Da Cossiga ha imparato che si può aprire bocca e dire qualsiasi cosa: tanto c’è sempre qualcuno disposto a “interpretare” le parole, farle diventare un fatto politico, sul quale far chiacchierare a lungo commentatori e politologi.

Ma Cossiga passa a miglior vita proprio mentre la barca di Caronte si è incagliata, in mezzo all’Acheronte. E i passeggeri proprio non sanno che fare, dunque barano. Berlusconi, Bossi, Fini, Tremonti, Montezemolo, Casini, Rutelli, Bersani, Di Pietro e Vendola, tutti sulla stessa barca, che non riesce a traghettarli dall’altra sponda del fiume, ingannano il tempo giocando una partita truccata.

Mentre Berlusconi dà le carte (truccate), ogni giocatore pensa di avere un asso nella manica. E allora volano ipotesi di terzo polo, volano desideri di governi di transizione, volano ricatti, volano killeraggi mediatici, volano auto-candidature, vola fango, ma più spesso piove merda.

La situazione politica italiana in questo furioso agosto 2010 è un paradosso, tipico del teatro dell’assurdo: io so che tu sai che io so che se il governo cade in Parlamento si va alle elezioni. Però, io so che tu sai che io so che se si va alle elezioni io le vinco ancora e tu le perdi un’altra volta. E allora? Allora ecco che io so che tu sai che non ti conviene andare al voto adesso. Quindi: io so che tu sai che faccio finta di presentare un bel programma di legislatura, ma guai a chi mi tocca lo “scudo” contro la magistratura. Che fai, caro Fini? La voti o non la voti la fiducia al governo Berlusconi? Che fai, caro Bossi, lo vuoi o non lo vuoi il federalismo? Che fate, cari Casini, Rutelli, Montezemolo, ve la sentite di prendere due spiccioli di voti? Che fai, caro Di Pietro, giochi al tanto peggio tanto meglio? Che fai, caro Bersani, cerchi alleanze con Confindustria, ma trovi Vendola che va cercando il posto tuo, magari solo nella finzione delle primarie (che tanto lo sanno tutti, ormai, che di fronte alla possibilità di andare al governo, quelle le primarie sono semplicemente secondarie.) Insomma, la barca scricchiola, arenata in mezzo al guado dell’Acheronte.

In questa estate infernale, mentre la bara del Picconatore viene tumulala al suono della fanfara della Brigata Sassari, la democrazia italiana sta giocando la partita più pericolosa della sua storia.

Perché chiunque vinca, i giovani senza lavoro, le donne pagate meno degli uomini, i cassaintegrati da 900 euro, i pensionati da meno di 1000 euro, gli italiani che non sono andati in vacanza per pagare il mutuo, i consumatori che non hanno neanche i soldi per fare la grande spesa del sabato, perché le tariffe sono andate su senza controlli, tutti, ma proprio tutti hanno già perso la partita contro la crisi economica. Figuriamoci se, con le regole truccate dall’attuale legge elettorale, riusciranno a vincere la partita contro la crisi profonda del governo Berlusconi.

Dunque? Che la barca vada alla deriva: forse solo allora qualcuno avrà il coraggio di buttarsi, far saltare il banco e rovesciare il tavolo dei bari. Beh, buona giornata.

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Attualità democrazia Leggi e diritto

PierFerdi Casini fa come Forrest Gump. Ma non si ricorda che “stupido è chi lo stupido fa”.

Casini: “Stupida la Trani-opposizione”. Santoro: “In Usa sarebbe Watergate”-blitzquotidiano.il

Pierferdinando Casini, leader dell’Udc, dice che: “Ci sono stupidi all’opposizione”. Non tutti, ma troppi. “Stupidi” quelli che si esaltano e si eccitano per l’inchiesta di Trani, “stupidi” perché non vedono che così offrono a Berlusconi una campagna elettorale che prima non aveva. “Stupidi” con l’aggravante della recidiva perché è più o meno da venti anni che va così: Berlusconi fa la vittima, la sua gente si innervosisce e mobilita e lui raccoglie voti con il secchio e la pala.

Ha ragione Casini, c’è uno “stupido eterno” in campagna elettorale ed abita all’opposizione? Indizi a favore della tesi di Casini ci sono. Due cortei sabato 20 a Roma, obiettivo Piazza San Giovanni e titolo già scritto: “Un milione con Berlusconi”. Ci saranno tutti i ministri e perfino carri allegorici. La Russa la chiama la “Festa della democrazia”. Democrazia da difendere dai “comunisti e dai pubblici ministeri”. Democrazia va ripetendo tre volte al giorno sempre uguale in ogni Tg Berlusconi in persona. Con alle spalle il simbolo elettorale del Pdl il premier annuncia e ripete: “Non vogliono farci parlare dei nostri successi…Vogliono impedirci di votare…Vogliono spiarci al telefono…Un piano ben congegnato…”.

E’ una trama, una sinfonia di campagna elettorale che prima di Trani Berlusconi non aveva. Prima la musica era: tangenti in Lombardia, una, due, dieci volte. E tangenti alla Protezione civile. E Pdl che impiccia e pasticcia con le sue liste. E Tremonti che non ha una lira per abbassare le tasse. E disoccupati che crescono e avanzano. Crescono e avanzano anche i ricchi ma questo in campagna elettorale meglio non dirlo.

Dopo Trani Berlusconi può provare a scuotere i suoi alla riscossa. Dopo Trani può raccontare che ogni volta che si vota i magistrati d’accordo con la sinistra lo accusano e indagano: il complotto. Complotto che se c’è, deve essere davvero “stupido”, infatti accuse, incriminazioni e processi non sono mai costati a Berlusconi neanche un voto. Se il complotto lo fanno per motivi politici ed elettorali devono davvero essere stupidi come zucchine.

Ma non è “stupida”, anzi è drammaticamente banale l’osservazione di Michele Santoro: “In America sarebbe stato Watergate”. In America fu Watergate e cioè dimissioni di un presidente perché quel presidente aveva dato incarico e preteso che pubblici ufficiali controllassero e condizionassero i luoghi e le mosse dell’avversario politico.

Quando si seppe il presidente non poté resistere al suo posto per democratica legge e popolare volontà. In Italia il presidente rivendica la sua fatica e il suo affanno per chiudere trasmissioni televisive, trova naturale e legittimo ordinare e pretendere che sia fatto. Trova disdicevole solo essere ascoltato mentre lo fa. In America sarebbe Watergate e non è “stupido” dirlo e pensarlo. Forse è “stupido” pensare che l’Italia sia l’America o possa mai esserlo. Ma, se così è, è “stupida” l’opposizione e “furbo” il paese?

“Stupida” o meglio stupefacente è la circostanza per cui sembrano elezioni Berlusconi contro Santoro. Sciocchi se non proprio “stupidi” sono argomenti pur di successo in campagna elettorale come quello di Gasparri: “L’inchiesta di Trani serviva a bilanciare lo scandalo della sinistra in Puglia sulla Sanità”. E’ arrivata infatti anche questa: l’arresto per tangenti dell’ex vice di Vendola, del Pd Frisullo. Che magistrati sono questi che arrestano uno di sinistra sotto elezioni? Magistrati “stupidi” che non sanno quello che fanno visto che la sera prima il premier aveva smascherato il piano nazionale della magistratura contro la destra?

Il premier ci dice che saremmo “stupidi” a non vedere il suo meraviglioso ed efficace governo e la odiosa malignità della sinistra e dei pubblici ministeri. L’opposizione ci invita a non commettere la “stupidità” di considerare normale la Rai zittita, il premier che chiama i Carabinieri contro Santoro, l’economia che langue. Instupiditi più che stupidi andiamo tutti verso l’appuntamento elettorale. (Beh, buona giornata).

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democrazia

Quando la politica impazzisce come la maionese.

Il Pdl mente sulla lista “negata”, la Bonino approfitta: gli “orrori” politici nel Lazio
di Mino Fuccillo-blitzquotidiano.it

Spetta ai magistrati decidere ma, comunque decideranno, sarà sempre una decisione “sbagliata”, e non per colpa loro. La brutta, mortificante e patetica storia della lista del Pdl nella Provincia di Roma è di quelle senza apparente soluzione. Ed è subito stata avvolta dall’involucro ingannevole ed omissivo delle opposte propagande. Involucro che nasconde e offusca quel che davvero può accadere.

Prima ipotesi: i magistrati riammettono la lista del Pdl alle elezioni regionali del Lazio nonostante non sia stata presentata nei tempi e nei modi di legge. Si vota il 28 e il 29 marzo, qualcuno vince, qualcuno perde, Polverini o Bonino che sia. A quel punto chiunque può, legittimamente e fondatamente, chiedere la nullità delle elezioni appena svolte. Un’istanza che avrebbe buone possibilità di essere accolta. Ne consegue caos amministrativo e politico, con la prospettiva concreta della ripetizione delle elezioni stesse. Un caos per nulla “calmo”. Con il corollario nefasto di ricorsi ovunque una lista non sia stata ammessa, e sono più di una decina i casi in questa tornata elettorale.

Seconda ipotesi: la lista del Pdl non viene riammessa. Si vota senza i candidati del Pdl. Elezione monca del maggior partito, campagna elettorale che si trasforma e trascina come una sorta di “guerra civica”. La Polverini perde il “traino” dei voti portati dai quarantuno candidati del Pdl (corollario tragicomico: alcuni hanno già speso decine di migliaia di euro per la propaganda e sono fortemente dolenti per l’investimento andato in fumo). Traino stimabile in almeno centomila voti, quindi la Polverini perde anche le elezioni. Diventa governatore la Bonino, in piena legittimità ma in un’atmosfera in cui questa stessa legittimità non le viene riconosciuta dalla metà dell’elettorato. Un disastro. Oppure la Polverini vince lo stesso, nonostante l’assenza della lista del Pdl. Vince ma non ha “suoi” consiglieri oltre a quelli del cosiddetto “listino”. Deve governare con i consiglieri eletti nelle liste di Casini o Storace. Una follia politica e istituzionale.

Terza ipotesi: tutte le forze politiche varano un provvedimento, una difficile legge d’urgenza che consente ai magistrati di riammettere la lista Pdl senza aprire la strada all’altrimenti inevitabile contestazione di nullità del voto. In un paese civile sarebbe l’unica ipotesi praticabile. Ma in Italia è di fatto impraticabile.

Impraticabile perchè il Pdl ha reagito con la bugia e la dissimulazione. Le bugie di Alfredo Milioni che racconta di improbabili “pause panino” quando con tutta evidenza ha mancato l’appuntamento perchè stava mettendo mano alle liste fino all’ultimo minuto ed oltre. Milioni, l’inattendibile incaricato del Pdl, anzi di Forza Italia, non nuovo ad un uso disinvolto di simili incarichi: nel 2006 sparì per una notte con le liste per vendicarsi di una sua mancata candidatura, soprattutto nel 2004 inserì di sua mano un allegato alla delibera di un consiglio municipale romano con cui si dava il via libera a 350mila metri cubi di villette. Ce lo ficcò dentro di mano sua quell’allegato: Milioni uno abituato al gioco della “carta sparisce, carta compare”. Le bugie perfino politicamente più gravi del gruppo dirigente del Pdl che subito si sono aggregate nel grumo propagandistico “la burocrazia non può limitare la democrazia”. Dove la “burocrazia” sono le regole e le leggi, cioè la sostanza della democrazia. Insomma il Pdl mente raccontandosi come vittima. E questo rende difficile un provvedimento bipartisan che riammetta la lista. Altro e diverso doveva essere il primo passo del Pdl: ammettere almeno l’imperizia se non proprio il dolo che sta alla base della mancata presentazione. Poteva, doveva essere la base di “legittimità” sostanziale per chiedere una sanatoria politica.

Sanatoria politica impraticabile anche perchè lo schieramento intorno alla Bonino non disdegna di approfittare della situazione. Ingolosito dalla possibilità concreta di una “vittoria elettorale a tavolino”, con l’alibi delle bugie altrui, il centro sinistra si infila nella apparentemente comoda scorciatoia di una elezione senza la lista Pdl. comodità apparente perchè sarebbe una vittoria avvelenata alla radice e capace di secernere veleno per tutti gli anni della legislatura.

Così stanno le cose, decideranno i magistrati. Chiamati a decidere su quale di questi “orrori” e non “errori” fabbricati dalla politica sia il meno dannoso. Davvero ardua sentenza. (Beh, buona giornata).

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Attualità democrazia Leggi e diritto Pubblicità e mass media

Il governo Berlusconi vara una legge contro la corruzione? Ci avevate creduto, eh!?

Gira a vuoto la vite anti corruzione, la nuova legge dura lo spazio di un mattino, di Lucio Fero-blitzquotidiano.it

Berlusconi annuncia, i giornali registrano: pene più severe per corrotti e corruttori Poi il Consiglio dei ministri riflette, esamina, studia una “bozza” E l’operazione “Liste Pulite” prevede eccezioni, deciderà una commissione interna del Pdl caso per caso e le dimissioni, politiche e non giudiziarie, di Cosentino sono respinte dal premier

Al mattino, alle prime ore del mattino di venerdì 19 febbraio, anno 2010, diciotto anni dopo il “febbraio che inaugurò Tangentopoli”, i giornali, tutti i giornali, raccontano di una grande e significativa “svolta”. La Stampa titola: “Giro di vite sulla corruzione” e specifica: “Pene più dure e fuori dalle liste elettorali chi ha commesso reati”. A decidere e comunicare la “svolta” è stato nel pomeriggio del giovedì precedente il presidente del Consiglio.

Infatti la Stampa accompagna e sostiene l’importante notizia con un commento dal titolo: “Il Cavaliere formato Di Pietro”. L’autore, Michele Brambilla, coglie e sottolinea: “Mai ci saremmo aspettati di vederlo vestito con i panni del giustizialista… il protocollo che intende introdurre nel Pdl somiglia molto a quello screening che è uno dei pilastri portanti dell’Idv: un esame preventivo della moralità giudiziaria dei candidati… ce ne ha dato notizia Libero con due articoli i cui titoli parlano da soli: Esame di onestà per i candidati del Pdl e Il coraggio di far fuori le mele marce…”. Brambilla registra, segnala e spiega: “Berlusconi è uomo di sondaggi, qualcosa deve aver fiutato, sa che alle inchieste non si può sempre rispondere parlando di toghe rosse. Qualche volta forse sì, ma non sempre”.

Esagerati è un po’ ridondanti la lettura e il racconto della realtà da parte de La Stampa? Nelle stesse ore di primo mattino il prudente e compassato quotidiano della Confindustria, il Sole 240re titola: “Berlusconi: ai corrotti pene più alte“. E resoconta: “Il Consiglio dei ministri approverà oggi un disegno di legge sull’inasprimento delle pene, lo ha deciso il premier”. Repubblica annuncia la stessa cosa, con un pizzico di malizia titola: “Berlusconi scopre la corruzione“. Il Fatto Quotidiano la notizia della nuova, imminente legge per dare più galera ai corrotti e corruttori in prima pagina non la dà. A dimostrazione di quanto sia una “notizia” buona per Berlusconi e scomoda per i suoi avversari. Insomma Berlusconi che esclude dalle liste elettorali del Pdl gli indagati e il varo pronto-sforno di una legge con pene più dure per i reati tipici dei “colletti bianchi” è uomo che morde cane. Stampa, Sole 24ore e Corriere della Sera (titolo in prima: “Il premier annuncia misure anti corruzione”) stupiscono e quasi trasalgono, Repubblica incassa e comunica a denti stretti, il Fatto, il giornale più giustizialista che c’è, stranamente ma non tanto si distrae ed omette. Questa la situazione, questa la realtà, fedelmente riportata, sia pure con vari umori, di primo mattino, alle prime ore del mattino.

Ma dura, appunto, lo spazio di un mattino. A mezzogiorno il governo riunito comunica: “Avviato l’esame… fatta una sorta di ricognizione di esame preventivo… il testo è solo una bozza“. Questo è quel che è rimasto della legge-fulmine contro la corruzione. Il ministro Brunetta va in conferenza stampa e chiarisce: “Dobbiamo marginalizzare i fenomeni corruttivi, farli diventare fisiologici”. Chiaro, no? Per gli incontentabili pignoli che aspettavano la legge annunciata Brunetta ha la risposta: “Mettere le procedure on line”. Panico tra i corrotti e i corruttori.

Casini commenta: “Come il piano casa, non si è vista una casa…”. Ma Casini è dell’opposizione, ci si può fidare del suo scetticismo? Certo, la legge e le pene più dure sono rimandate a “più attento esame”. Il governo l’aveva annunciata come legge già fatta, sarà stato frettoloso. Resta comunque l’operazione “Liste Pulite” proclamata dal Pdl. Si legge poi tra le righe che l’esclusione dalle liste di chi è in odor di corruzione sarà “decisa caso per caso” e demandata ad “apposita commissione interna”. Insomma “tolleranza zero” però andiamoci piano, riparliamone anche qui, caso per caso. E Nicola Cosentino che si è dimesso da tutto non è forse la prova, la prima e forte prova della “nuova pulizia”? A voler leggere si apprende che Cosentino ha sbattuto la porta del Pdl e del governo per dissenso politico sulla gestione delle presenti alleanze e futuro potere in Campania. L’insostenibilità morale o giudiziaria dei suoi incarichi nulla c’entra con le sue dimissioni, ci mancherebbe altro. Ad ogni buon conto dimissioni che Berlusconi ha respinto.

Si è fatto pomeriggio dello stesso venerdì di febbraio: la legge più severa con i corrotti e corruttori non c’è, l’operazione “Liste Pulite” prevederà, se del caso, eccezioni, le dimissioni di Cosentino sono tanto “irrevocabili” quanto non operative. Tranquilli dunque, la notizia vera era: cane morde uomo. Berlusconi non adotta il “metodo Di Pietro”. Era probabilmente vero che è preoccupato da qualche sondaggio. Ed ha reagito con il “metodo Berlusconi”. Un grande e deciso annuncio, l’annuncio di una legge a tambur battente come si conviene al “governo del fare”. Poi, tra il dire e il fare, c’è di mezzo il mare. (Beh, buona giornata).

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Attualità democrazia

Gli spacca il culo o la faccia? In Parlamento, la crisi del bipolarismo è lampante, forse anche allarmante.

«Ma che cazzo me ne fotte – è sbottato Brigandì, deputato della Lega Nord (il partito di Umberto Bossi), rivolgendosi a Evangelisti, deputato dell’UDC (il partiro di PierFerdi Casini) – dì una parola che ti spacco il culo e non farti più vedere in giro perchè appena ti incontro da solo ti spacco la faccia».

E’ ancora sconvolto Pier Ferdinando Casini quando esce dall’aula dopo la rissa tra deputati dell’Idv e della Lega. ‘Sono rimasto impressionato’, ha raccontato. E poi si e’ rivolto al ministro dell’Agricoltura Luca Zaia, incrociato in Transatlantico: ‘Un minimo di decenza’, ha detto, ‘ho visto i leghisti venire giu’ come dei pazzi e mi e’ anche arrivato un regolamento in testa. Siamo allo squadrismo, non si puo’ trasformare la Camera dei deputati nella Camera dei fasci’. Beh, buona giornata.

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“Questa è una sconfitta che non tocca, non fa neanche un graffio al governo Berlusconi premier ma che è uno schiaffo, neanche tanto dolce, a Berlusconi uomo pubblico, guida e oracolo degli italiani.”

Elezioni/ Berlusconi primo ma non vince: il 35 per cento non sconfigge il governo ma smentita il leader, ed è colpa sua. Le vittorie della Lega e Di Pietro, il Pd salva la pelle, la sinistra suicida, il miracolo di Casini. In Europa il giorno nero dei socialisti, il vento di destra. E quel seggio che si inchina a Noemi. di Lucio Fero-blitzquotidiano.it

La sorpresa c’è stata: Berlusconi arriva primo ma non vince. Quel 35 per cento è più di quanto abbia raccolto ogni altro partito, ma è poco. E che sia per tutti, lui compreso, poco, proprio poco, è scelta, responsabilità e colpa proprio sua, di Berlusconi.

Tecnicamente è andata così: agli astenuti per stanchezza e sfinimento, malattie tipiche e in certa misura ormai croniche dell’elettorato di centro sinistra, stavolta si sono aggiunti gli astenuti per indigestione e inappetenza. Due malesseri, due indisposizioni forse momentanee e forse no che hanno colto un bel po’ di elettorato di centro destra. Indigestione da premier troppo pimpante, troppo narrante, troppo promettente, troppo tutto… E inappetenza, voglia un po’ calcolata e un po’ casuale di metterlo a moderata dieta di consensi questo premier già autoproclamatosi “santo” e non normale uomo della politica e della storia.

Tecnicamente dunque Berlusconi è stato fermato dall’astensione, stavolta dall’astensione anche della sua gente. Un danno, ma niente di più grave di un’ammaccattura. Se non fosse che altro e più grave danno ha subito Berlusconi: la smentita. I risultati infatti smentiscono non la sua forza ma la sua narrazione. Aveva narrato non solo di altre percentuali, 40 e passa per cento, aveva narrato di un’Italia pronta a risarcirlo in massa delle offese subite. Di un’Italia che faceva ressa ansiosa non per confermarlo premier ma per innalzarlo più in alto, sempre più in alto. Aveva chiesto più voti contro il Parlamento lento e inutile, contro la stampa, i giudici, contro tutto ciò che fa ragine alla sua azione salvifica del paese. Li aveva chiesti questi voti e non li ha avuti, alla sua potente narrazione crede un italiano su tre. Questa è una sconfitta che non tocca, non fa neanche un graffio al governo Berlusconi premier ma che è uno schiaffo, neanche tanto dolce, a Berlusconi uomo pubblico, guida e oracolo degli italiani. La sua insomma è la voce più forte che c’è, ma non è la voce narrante dell’Italia.

C’è stata la vittoria, anzi ce ne sono state due. Quella della Lega e quella di Di Pietro. Sommandole, se ne deduce che il 20 per cento degli elettori vogliono, fortemente vogliono cose impossibili, sognano e chiedono choc sociali. Vogliono la fine dell’immigrazione, l’esenzione non solo dalla crisi economica ma anche dalla riconversione di abitudini sociali ed economiche senza le quali dalla crisi non si esce, l’abolizione per decreto o per frontiera della globalizzazione…Oppure la defenestrazione, l’impeachement giudiziario di Berlusconi, un “Grande Processo” che purifichi l’Italia…E’ la volontà e la voglia di un bel pezzo, anzi di due pezzi crescenti di elettorato, sono due voglie entrambe “matte”. Cioè tanto incontenibili quanto pericolose.

Non c’è stato il funerale, anzi il Pd ha salvato la pelle. Niente di più della pelle, ma tra il restare in vita e chiudere bottega c’è un mare, anzi un oceano di differenza. Sono ancora in tempo a disperderlo quel 26 per cento, quelli che guidano il Pd sono capaci anche di questo. Sarebbero anche in tempo, incredibilmente l’elettorato glielo ha dato ancora il tempo, di diventare una forza riformista davvero. Insomma hanno avuto tempo, che in politica è una forma di “denaro”.

C’è stata la sentenza: hanno disperso e buttato via il 6,5 per cento dei voti. Le due liste di sinistra si sono suicidate non per caso e non per sbaglio. La sentenza è di inaffidabilità politica e culturale, oltre che organizzativa.

C’è stata la conferma: l’Udc di Casini esiste e resiste, anzi avanza. Il centro destra non se la mangia, il centro sinistra non la scalfisce.

Dunque un’Italia alquanto diversa da come lei stessa si aspettava di essere, diversa almeno un po’, più complicata di come veniva narrata dalla versione ufficiale.

E l’Europa? Stanca, illusa, nervosa. Ai governi e ai partiti socialdemocratici non crede più e anzi di loro non sa più tanto bene che farsene. Paga dazio Zapatero, anche se in fondo resiste, l’Spd tedesca si avvia a mollare il governo, il Labour inglese è annichilito, i socialisti francesi sembrano un vecchio partito comunista. Tengono invece i governi di centro destra nei paesi sociallmente più solidi. In quelli di fragile e recente democrazia invece avanza la destra estrema. Ci si soprende che i ceti popolari e anche il ceto medio sotto la pressione della crisi economica guardino a destra. Non è però un fenomeno nuovo, anzi è una costante della storia. E’ un’Europa stanca di dover cambiare, infinitamente stanca di dover correre il rischio che invece gli americani accettano. Illusa di poter restare come sta. Nervosa perchè in realtà non sa a chi chiedere la garanzia dell’immobilità.

Ultima nota, marginale, casalinga e mortificante: quel seggio dove Noemi arriva scortata dai vigili urbani e dalle forze dell’ordine, l’energumeno che spinge via gli altri elettori in attesa, il presidente di seggio che chiude la porta in faccia ai comuni cittadini perchè i vip stanno votando. Piccola, grande scena di un’Italia servile per vocazione, civilmente ignorante e cafona. Una scena triste e avvilente, ma questa, almeno questa, non è certo colpa di Berlusconi. In quel seggio un’Italia eticamente “meridionale” si è mostrata com’è, al naturale. (Beh, buona giornata).

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